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Autore: nainai    19/09/2017    1 recensioni
Rose rosse. Ambizioni. Desideri.
...il bisogno di attingere alla vita per essere vivi davvero.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Placebo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi
Incarnerò tutti i tuoi sogni,
come la più dolce delle amanti.

-Brian!
L'esclamazione di Stefan suonò molto come un sospiro di sollievo. Così come lo sguardo dello svedese su di lui, quando apparve nella sala dove avrebbero suonato quella sera, sembrò a Brian terribilmente simile a quello che gli avrebbe rivolto sua madre nel vederlo tornare da una di quelle “festicciole” che amava frequentare da ragazzino.
Tutto perfettamente normale.
Ma Brian era quasi certo che Bowie si fosse preoccupato di far avere notizia ai suoi amici di dove lui fosse e con chi, per cui Stef avrebbe anche potuto farla più semplice!
Stava anche per dirlo ad alta voce, quando si rese improvvisamente conto di non averne nessuna voglia. Si sentiva stranamente sereno e poco incline alla provocazione, per la verità. Si ritrovò a sorridere al bassista molto prima di rendersene conto, facendo spallucce davanti alla sua preoccupazione eccessiva.
-Ehi, guarda che Dave non mi mangia mica!- esclamò con leggerezza.
Se in altri momenti quell'affermazione – ne era sicuro – avrebbe suscitato battutacce oscene, adesso cadde in un silenzio inspiegabile.
Brian girò lo sguardo da Stefan a Steve, che fissava con apprensione il bassista, ed infine a Levi, che era l'unico a ricambiare con altrettanta tranquillità il suo sorriso.
-E' successo qualcosa mentre ero via?- chiese a questo punto.
Steve scosse la testa, dedicandogli solo una brevissima occhiata, e Stefan si sforzò di sorridere a sua volta.
-No. Figurati.- mormorò.- Stai bene?
Brian annuì soltanto, stabilì che fosse abbastanza inutile continuare a cercare di capire cosa fosse successo a quei due in sua assenza e si concentrò sul lavoro in programma per quel giorno.
-Allora!- esordì spiccio, facendo per arrampicarsi per primo sul palco enorme che torreggiava alle loro spalle.- Ci diamo da fare?
Le prove andarono meglio del solito. Il buon umore evidente di Brian non poté che influenzare positivamente il resto del gruppo e Levi si sperticò in lodi riguardo l'energia travolgente che il cantante riusciva a tirare fuori “quando era in buona”. Brian rise, batté una pacca sulla spalla del tecnico e si allontanò in cerca di una bottiglia di acqua.
Quando tornò, Levi era scomparso e Steve e Stef erano da soli, seduti dietro la batteria, e parlavano fitto tra loro, premurandosi di mantenere un tono basso.
A Brian sembrò che si stessero nascondendo da lui.
Rimase in disparte, valutando se fosse il caso di raggiungerli e, addirittura, di cercare di avvicinarsi senza farsi sentire per ascoltare cosa stessero dicendo. Non gli era mai piaciuto essere oggetto delle chiacchiere degli altri, nonostante ci avesse fatto il callo secoli prima, meno che meno se si trattava dei suoi migliori amici. Qualcosa, però, glielo impedì.
La faccia di Stef, per la precisione.
Non ricordava di aver mai visto il batterista così affranto. Per qualche assurda ragione, Brian si convinse che Steve stesse cercando di...consolarlo o rassicurarlo e sentì che sarebbe stato cattivo ed inopportuno intromettersi.
...lui non era mai stato bravo ad offrire a Stef lo stesso sostegno che l'altro dava a lui ogni volta che si sentiva semplicemente incapace di andare avanti.
Era un pensiero abbastanza triste, ma realistico. Difficilmente Brian faceva sconti a sé stesso se doveva considerare i propri limiti e non aveva difficoltà a riconoscere di essere un pessimo amico per Stefan. O anche per Steve. La maggior parte delle volte aveva rappresentato solo un grosso guaio da gestire.
Tornò sui propri passi assicurandosi che loro non lo vedessero. Le prove erano andate abbastanza bene da potergli concedere ancora qualche minuto.
Mentre vagava con un caffè recuperato da una delle macchinette posizionate lungo i corridoi interni, Brian fu intercettato da un ragazzo dello staff ristretto di Bowie ed avvisato che lui lo cercava; così buttò il caffè e cambiò strada e, invece di tornare dai propri compagni di band, si avviò ai camerini. Bussò discretamente per annunciarsi, ma non aspettò la risposta ed entrò immediatamente dopo nella stanza riservata alla star.
Sentì, quindi, le ultime battute di quella che appariva come una lite furibonda tra lui ed Eno.
-Mi sembra la più grande stronzata che tu abbia mai pensato, Dave! E ne hai pensate tante nella tua carriera!- stava affermando con veemenza il produttore.
-Sai perfettamente che questo non cambierà di una virgola le mie decisioni.- ascoltò rispondere ad un Bowie pacato ma inflessibile.
-Oooh! Se avessi anche solo sperato di farti cambiare decisione, col cazzo che quel moccioso sarebbe qui adesso!
Quando si voltò per imboccare la porta, lo sguardo del produttore si incastrò perfettamente in due occhi grigi, enormi, che lo fissavano con un'espressione tanto innocua ed ingenua quanto fasulla. Brian Eno provò l'impulso fortissimo di tirargli un ceffone.
-Mi chiedo davvero come i tuoi genitori siano riusciti a non strangolarti nella culla.- sfiatò, esausto.
Brian sbatté gli occhioni, inclinando il capino di lato.
-La mia mamma mi adorava.- affermò leziosamente.
Il produttore lo superò di slancio, si gettò a capofitto nel corridoio e si chiuse la porta alle spalle con un tonfo tanto violento che il vetro della toilette oscillò rumorosamente.
David Bowie e Brian Molko si guardarono attraverso la stanza. Il più anziano con le mani sui fianchi ed un'espressione stanca sul viso tirato. Il più giovane mantenendo la posa composta assunta a beneficio del terzo attore appena uscito di scena: braccia dietro la schiena, visino pulito e sorrisetto innocente.
Poi scoppiarono a ridere all'unisono.
-Tu sarai la mia rovina!- esclamò David riprendendosi per primo e camminando velocemente in direzione del tavolo da toilette.
Si versò da bere da una bottiglia di champagne che qualcuno gli aveva consegnato prima e che era già per buona parte vuota, notò Brian. Si chiese se fosse lui la ragione di quel bisogno di tranquillità alcolica. In ogni caso, nonostante le parole appena dette, l'altro non sembrava davvero preoccupato.
-Sì, ne sembra convinto anche Eno.- considerò ironicamente il ragazzo.
-E forse dovrei seriamente ascoltarlo.- insinuò Bowie, osservando attentamente la sua reazione.
-Dovresti.- acconsentì Brian senza alcuna difficoltà – Sono davvero un'inesauribile fonte di problemi, io!- riconobbe lamentevole.
-Piantala di recitare questa parte!- lo rimproverò il più anziano.
E Brian si rese conto che scherzava solo a metà; ma era vero che l'incontro con Eno era riuscito a riportare a galla il suo bisogno di nascondersi dietro maschere più familiari e confortevoli.
David dovette seguire in qualche modo il filo dei suoi pensieri perché gli sorrise con affetto e versò da bere anche per lui. Brian accettò con un ringraziamento a fior di labbra, ma si limitò a bere un sorso e mise via il flute quasi intonso.
Stava bene, lì.
Vedere David litigare con Eno e scherzare con lui restituiva anche all'uomo un po' di umanità più autentica, privandolo per un istante di quell'alone di perfezione e superiorità che, comunque, aveva sempre mantenuto nel loro rapporto. Effettivamente, gli sembrava di vedere per la prima volta un Bowie meno plastificato, ingessato e irraggiungibile. E non era male. Non era per niente male. La stanchezza sul viso dell'altro, mentre raggiungeva il divano al centro della stanza e ci si lasciava cadere con un sospiro pesante, le braccia sullo schienale imbottito ed il capo reclinato all'indietro, lo rendeva più...bello. Brian si concesse il lusso di guardarlo mentre David se ne stava immobile ad occhi chiusi, canticchiando a labbra serrate qualcosa che lui non riconobbe se non dopo un po', rimanendone stupito.
-...è “I Know”!
Lui lo guardò con un sorrisetto divertito che spense quasi del tutto l'entusiasmo di Brian nell'aver riconosciuto la propria canzone.
-Credo sia la mia preferita.- spiegò David, terminando in un sorso lo champagne e posando il bicchiere sul bracciolo accanto a sé.- Dai, vieni qui.- lo invitò poi, battendo una mano sul posto vuoto accanto a sé.
La semplicità di quell'invito colse del tutto impreparati entrambi.
Brian rimase esattamente dove si trovava, fissandolo stupito, e David stesso sollevò lo sguardo di scatto subito dopo averlo detto, come non credesse lui per primo al modo in cui si stava comportando quel mattino.
Brian considerò le proprie opzioni.
Pensò che doveva inventarsi una scusa e uscire da lì immediatamente.
“Ho da finire le prove”. “I ragazzi mi aspettano”...
… “stai diventando sentimentale, Dave?!”.
Un po' di sano sarcasmo avrebbe rimesso le cose nella giusta prospettiva. Distacco, controllo...
Quando si accoccolò sul divano, sfilando le scarpe e ritirando le gambe sotto il sedere, David gli passò un braccio attorno alle spalle e Brian pensò che non era l'unico a starsi arrendendo al corso imprevedibile degli eventi. Respirò piano l'odore dell'uomo affianco a sé e si sentì incredibilmente bene. Sicuro, come non si sentiva da tempo.
-Fai un buon profumo.- riconobbe Brian a voce bassa, senza guardarlo.
Dave gli scoccò un'occhiata divertita che lui non vide e, poi, tornò a chiudere gli occhi, sospirando soddisfatto.
-E tu sei morbido.- ridacchiò stupidamente.
-...che cosa idiota!- esclamò Brian sollevando gli occhi al cielo e fingendosi esasperato.
David non gli credette e continuò a ridere.
-Sul serio! Fai e dici solo cose idiote!- insistette Brian proseguendo nello stesso tono eccessivo - Come quei dannati fiori la prima sera! Come accidenti puoi aver pensato di regalarmi dei fiori?!
-Sai che non lo so ancora...- mentì David.
-Perché sei idiota.- confermò il più giovane, cattedratico.
-Ma voi “Brian” dovete per forza essere stronzi?

Dopo il concerto, Brian vide David Bowie puntare dritto nella sua direzione, ignorando palesemente la piccola folla di tecnici, musicisti, giornalisti e fan che lo aspettava giù dal palco.
Pensò che aveva voglia di scomparire sotto terra.
Solo che non fece a tempo a scavare una buca abbastanza profonda.
-Bri.- lo chiamò Bowie, utilizzando con facilità un diminuitivo che lui non lo aveva mai autorizzato nemmeno a pensare.- Ti unisci a noi stasera?- lo invitò fermandosi giusto davanti a lui.
Brian boccheggiò. Dietro di sé aveva Steve e Stefan in attesa della sua risposta. Alle spalle di Bowie c'era un'intera folla di curiosi che allungava il collo nella loro direzione.
“Ok, adesso lo ammazzo”, pensò serenamente la parte del suo cervello ancora in grado di razionalizzare la situazione.
Eno, in mezzo alla folla dei curiosi, stava letteralmente diventando paonazzo. La parte razionale di Brian cambiò direzione ai propri pensieri.
-Certo.- rispose con una spavalderia che non credeva di avere.
“Wow! Certo che sei figa, Parte Razionale!”. Poi, considerò che, tanto, non veniva in suo soccorso troppo spesso. Quindi, meglio non farci affidamento.
-Stupendo!- stava commentando Bowie allegramente, già voltandosi in direzione della propria corte in attesa.- Faccio una doccia e ci vediamo alla macchina.- lo istruì andando via.
Brian si voltò in tempo per vedere la delusione sul viso di Stef prima che lo svedese la sostituisse con un sorriso incerto e spento.
Lungo la strada per raggiungere la location dell'after show Brian si rese conto di una cosa che gli era sfuggita fino a quel momento.
Fissò l'uomo seduto sul sedile di fronte al suo e che non lo guardava, gli occhi puntati sulla strada che scorreva fuori dai finestrini oscurati.
Erano soli. Questa volta David non gli aveva nemmeno chiesto se volesse o meno la presenza di altri con loro, si era limitato a prenotare una seconda ed una terza limousine che portassero alla festa Eno ed il resto della crew più ristretta. Poi, lui e Brian erano saliti sull'auto guidata da Jeff.
-Lo hai fatto apposta, vero?
David si voltò verso di lui, fissandolo interrogativo.
-Ho fatto apposta cosa?- chiese tranquillamente quando Brian, sorridendo sornione, continuò a fissarlo senza parlare.
-Stamattina. Mi hai fatto cercare perché ti raggiungessi nel tuo camerino quando c'era Eno.
David non rispose subito.
-Sì.
-Vuoi che lui mi odi o c'è altro?- ridacchiò Brian, senza apparire eccessivamente preoccupato.
-No, non voglio che lui ti odi.- scosse la testa David, prendendo la cosa più seriamente di quanto l'altro avrebbe pensato.- Vorrei che lui ti vedesse come ti vedo io.- ammise, invece. Per poi aggiungere in tono più leggero- Anche se diventerei estremamente geloso.
-E se mi fossi arrabbiato? Se mi avesse dato fastidio che tu e lui stesse lì a parlare di me a mia insaputa?!
-Non era a tua insaputa, ti ho fatto chiamare perché lo sapessi!- osservò Bowie, divertito.
-Oooh! Piantala!- sbuffò Brian, infantilmente.
-Non lo so perché ti ho fatto chiamare, ma so che volevo che fossi lì mentre gli dicevo che non l'avrebbe spuntata.- ammise David con più sincerità.
Brian rimase in silenzio. David ricominciò a guardare la strada fuori dal finestrino, considerando tra sé e sé che stava decisamente esagerando. Non sapeva come riuscisse quel ragazzino a fargli ammettere con tanta semplicità debolezze che nemmeno sospettava di poter avere.
Eno, quel mattino, lo aveva raggiunto per sapere come fossero andate le cose il giorno prima. Era sinceramente preoccupato per lui e David si era sentito un po' in colpa. Gli aveva raccontato brevemente della cena, ma non aveva fornito dettagli. La sua evasività, il fatto che sembrasse molto contrariato all'idea di parlare di Brian con lui, avevano allarmato ancora di più l'amico. Aveva insistito nel dire che avrebbe fatto bene a portarselo a letto, togliersi lo sfizio e rispedirlo a casa quanto prima, perché stava diventando una fissazione senza senso.
A David, questa volta, aveva dato molto fastidio sentirlo parlare in quei termini del più giovane ed aveva reagito malissimo, informandolo stringatamente che, al momento, non solo non era sua intenzione rispedire Brian dove lo aveva trovato, ma intendeva passarci molto più tempo assieme.
Da qui il litigio.
-Grazie.
David non fu certo, all'inizio, di averlo davvero sentito dire quella parola. Lo guardò e l'espressione tranquilla ma intensa di Brian lo rassicurò che sì, lui lo aveva davvero ringraziato. E che mai come in quell'istante, probabilmente, era stato onesto nel dirgli qualcosa.
Così lo ripagò allo stesso modo.
-Non mi devi nulla, Brian. Non vi sto regalando niente. È la vostra musica quella che portate sul palco tutte le sere e quella musica mi piace davvero.
Quando arrivarono al locale, Brian non ebbe nessuna esitazione nel seguire David all'interno del privé che gli era stato riservato, né nell'affrontare il fuoco incrociato degli sguardi e dei sorrisini della crew. Sedette affianco al più anziano senza che lui facesse alcunché per metterlo in imbarazzo, limitandosi a trattarlo allo stesso identico modo in cui trattava tutti gli altri, con rispetto e cortesia impeccabili. David mandò a chiamare anche Stefan e Steve perché si unissero a loro e si accorse che la cosa fece a Brian molto piacere, perché assunse immediatamente un tono allegro e disinvolto e, quando i due amici arrivarono, si buttò loro addosso con una felicità infantile e spensierata che lo fece sorridere di nascosto.
Se Stef era ancora deluso o arrabbiato, Brian non se ne accorse neppure. Gli rimase appiccicato tutta la sera, scherzando con lui e obbligandolo ad andare in pista a ballare ogni volta che mettevano su una canzone che gli piacesse o che piacesse al bassista. Dopo un paio di ore, il clima teso di quel mattino era solo un brutto ricordo.

-E' davvero bello.
David spostò lo sguardo da Brian, che ballava al centro della pista appeso al corpo magro e sudato di Stefan, ad Eno, seduto accanto a lui nel privè ormai vuoto. Qualcosa nel tono dell'altro gli fece capire che quella era un'offerta di pace, per cui decise di lasciare da parte le loro divergenze ancora una volta.
-Non è una grande osservazione!- lo prese in giro, rilassandosi contro lo schienale del divano mentre il produttore versava da bere per entrambi.
Eno gli scoccò un'occhiataccia e Bowie rise.
-Emily dice che finirai per innamorarti di lui.
-Temo che Emily sia in ritardo sui tempi, con le sue previsioni.- ammise ingenuamente il cantante.
-...non hai nemmeno idea di chi sia davvero.
David annuì, sospirando faticosamente mentre si faceva avanti. Prese il bicchiere che gli veniva passato dall'amico e bevve.
-Non è solo perché è bello.- considerò Eno a voce alta.- Hai avuto di meglio...puoi avere qualsiasi donna...o uomo tu voglia...!
-Quindi, non è perché è bello.- convenne David pianamente.- Lo hai detto tu.
-Non è...stabile! Gli manca qualche venerdì o... E' fuori di testa!
-E' solo molto fragile.
-Non hai già abbastanza problemi?!
-Non vorresti impedire che qualcosa di bellissimo vada distrutto?
Lo zittì.
-Sì.- rispose dopo qualche momento Eno.- Quindi, vedi di non farti male.
***

-Buonanotte, Brian.
Si sentì afferrare per il bavero della camicia e riportare indietro di peso.
Si ritrovò a meno di mezzo metro da due occhi brillanti, che, nella luce tenue del corridoio dell'hotel, apparivano blu e profondi come un cielo d'estate. Lo inchiodarono lì nonostante tutti i propri buoni propositi.
Brian gli sorrise. Le sue labbra, umide e gonfie, si tesero in quel sorriso perfetto, ammiccante, allusivo, che avrebbe fatto impazzire l'uomo più inflessibile del mondo.
E lui era tutto meno che inflessibile.
-No, stanotte niente “buonanotte”, Dave.- sussurrò il suo aguzzino, continuando a tenerlo per la camicia nonostante lui non accennasse affatto ad andarsene.
Appoggiato contro il battente della propria stanza, Brian occupava lo spazio stretto del vano della porta, protendendosi verso di lui in modo fin troppo esplicito.
-Sei ubriaco.- provò David senza nessuna convinzione.
-Non ho toccato un goccio di alcol e tu lo sai!- lo rintuzzò Brian, ridendo divertito.- Non provarci.- intimò subito dopo.
-...sono ubriaco io.
-Meglio. Mi renderà tutto più facile.- sussurrò suadente l'altro, senza farsi scoraggiare.
Poi lo guardò con una serietà ed un'intensità che resero nuovamente luminosi i suoi occhi, quasi intollerabili da sostenere...o impossibili da eludere.
-Sono stanco di rincorrerti.- ammise con una dolcezza improbabile nella voce.
David sentì il terreno mancargli sotto i piedi. Scosse la testa, provando, senza intenzione reale, a farsi indietro. Si ritrovò ancora più vicino a quel corpo magro di quanto non fosse prima e non seppe nemmeno come fosse successo.
-Non sei obbligato.- ci tenne a precisare.
Brian stabilì che fosse il caso di smorzare il tono serioso dell'altro e osservò divertito: Certo che no! Abbiamo firmato un contratto con il tour manager!
Mentre Brian apriva la porta, David stava già assaggiando il sapore intenso di quella bocca carnosa per scoprirlo molto più dolce di quanto avesse immaginato.
Era così facile arrendersi ai propri desideri!
Brian non faceva altro che assecondarlo. Lo guidò al buio verso la camera da letto, abbandonando la presa sui suoi vestiti e le sue labbra solo quando ne ebbero raggiunto la soglia. David avvertì quasi dolorosamente la sua assenza quando Brian si scostò per raggiungere il letto ed accendere una delle abat-jour sui comodini. La luce fioca gli sembrò impossibile da sostenere, in quella luminosità aranciata Brian gli apparve come uno spettro pallido, che si arrampicò, lento ed invitante, sul materasso enorme.
In ginocchio al centro del letto, Brian lo chiamò perché lo raggiungesse.
David ciondolò fino a lui, prendendosi tutto il tempo di cui aveva bisogno per osservare i contorni sfuggenti di quella figura farsi più nitidi nella sua mente ancor prima che nel suo sguardo.
-Sei così bello.- sfiatò quando fu arrivato ai piedi del letto.
Brian sorrise. Non c'era alcuna malizia in quel sorriso, era la cosa più autentica ed innocente che David ricordasse di avergli visto fare.
-Io?- si schernì divertito. Si sollevò per arrivare nuovamente al colletto della camicia dell'uomo ed al suo viso – Tu sei David Bowie.- gli ricordò, come se fosse sufficiente a racchiudere qualsiasi altro complimento.
Quando si baciarono di nuovo, David seppe che era davvero sufficiente. L'adorazione di Brian era evidente nella devozione con cui gli si offriva, arrendevole eppure affamato. Lo trascinò con sé, su di sé, abbandonandosi morbidamente sotto il suo corpo. Gli lasciò tutto il tempo del mondo perché potesse scoprire lentamente e assaporare in punta di polpastrelli e sulla bocca le forme allungate, magrissime di quel fisico minuto; e si prese a sua volta tutto il tempo che gli serviva per accarezzare il corpo snello e tonico dell'uomo.
David pensò, qualche ora dopo, che c'era qualcosa di magico nel modo in cui Brian poteva incastrarsi alla perfezione nella sua vita, nei suoi pensieri ed ora anche nel suo letto. Avvolto in un profumo completamente estraneo che scoprì assolutamente inebriante, ripensò ai suoi sospiri profondi, alla sua voce che sussurrava parole oscene con la grazia di un adolescente mentre si inarcava per assecondare le sue spinte, e capì che no, non sarebbe stato affatto facile lasciarlo andare.

Ma tu, in cambio, sarai in grado di tenere la mia mano?
Non ti chiedo che questo,
non lasciare le mie dita

-E sarà tutto come prima?
-...tu come vorresti che fosse?
Silenzio.
Dalle finestre entrava l'alba. Aveva un colore opaco. Come la neve nel giardino.
-...non lo so...
Silenzio ancora.
Fruscio di lenzuola. Faceva freddo e le coperte furono tirate su, fin sotto il mento. Due occhi brillanti, verdissimi, si fissarono in alto, contro il soffitto, e poi tornarono giù, dentro ai suoi.
C'era qualcosa di troppo giovane in quel viso.
Non sapeva se erano gli occhi. Se era la bocca. Se era il colorito pallidissimo o forse quei capelli neri, che, disordinati, sfuggivano dentro e fuori le coperte.
-Hai paura?
-Non credi che sia quel genere di domanda che non si dovrebbe fare?!
-Ho difficoltà a capirti.- Pausa.- Per la verità, ho difficoltà enormi a gestirti.- Una risatina leggera in risposta, soffocata dalla stoffa.- Immagino che tu ti sia reso conto di riuscire piuttosto facilmente a disorientarmi.
-“Facilmente”...no.
-Non ti sto lusingando a caso.
-Ah, erano lusinghe?!
Stavolta fu lui a ridere, di gusto. Gli piaceva un sacco quando metteva su quell'atteggiamento vezzoso, da Lolita impudente.
-Sarai la mia rovina!- sfiatò, continuando a ricambiare senza alcuna esitazione lo sguardo vivace che lui gli rivolgeva.
-Questo lo hai già detto ieri...
Si voltò a baciarlo in mezzo alle coperte, scomparendo con lui in quel mare soffice e caldo che cacciava via ogni voglia di alzarsi dal letto ed uscire a ritrovare un mondo in cui, nonostante i buoni propositi, sarebbero stati necessariamente più lontani di così.
E non solo in senso fisico.
-E, dunque, di cosa dovresti avere paura?- gli chiese a fior di labbra quando si separarono.
Il sorriso che ricambiò il suo era ancora incredibilmente autentico ed innocente.


  
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