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Autore: _Joanna_    20/09/2017    0 recensioni
Fan fiction ambientata durante la II guerra magica.
Una nuova minaccia si allunga su tutto il mondo magico, ancora più terribile di quella rappresentata da Lord Voldemort, che al momento regna quasi indisturbato, con l'unico intento di porre fine una volta per tutte alla vita del Ragazzo-che-è-Sopravvissuto.
Ma le cose stanno per cambiare: un nuovo personaggio entrerà in scena nella lotta per il potere e per la libertà.
Sarà forse uno dei nuovi servi del potente mago oscuro a rivoltarsi contro il suo padrone? E a cosa sarà disposto a rinunciare Voldemort pur di salvarsi?
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Avvertimento: è tutto "lievemente" OOC
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Nuovo personaggio, Tom Riddle/Voldermort, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: OOC, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo, Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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8.8

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Capitolo VII
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PAIN
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«Sei impazzito!» urlò Harry, la bacchetta ancora puntata contro Voldemort, ma nessun incantesimo venne lanciato.

Non riusciva a connettere e il suo cervello sembrava lavorare a rilento.
Dimentico del fatto che decine di Mangiamorte si erano appena Materializzati all’interno della casa, Harry si chiese come avesse fatto Voldemort a liberarsi e che ne fosse stato delle persone a guardia della soffitta. Il dolore alla cicatrice era stato talmente violento e improvviso, che non era riuscito a distinguere alcuna emozione precisa.
L’immagine di una lunga scia di cadaveri si disegnò nella sua mente; era la sua fantasia o si trattava di una reale visione ricevuta dalla sua nemesi?
Non ebbe modo di rifletterci ancora, perché, proprio in quell’istante, due uomini mascherati fecero irruzione nella stanza.
«Mio signore» esordì uno, profondendosi in un rigido inchino; un po’ troppo rigido, osservò Harry.
«Ah» sospirò Voldemort soddisfatto «miei fedeli amici, sapevo che i miei leali servitori non avevano abbandonato il loro padrone»  
Avanzò verso i due Mangiamorte, ma quelli, anziché farsi da parte, puntarono le bacchette verso il Lord Oscuro.
Voldemort aprì la bocca, l’indignazione dipinta sul suo volto mostruoso, ma il suo disappunto venne soffocato dai fruscii delle mute Maledizioni.
I due, ormai ex, Mangiamorte cominciarono a scagliare incantesimi a raffica; Voldemort, colto alla sprovvista, riuscì a sollevare la bacchetta di Piton appena in tempo, intercettando così i brutali colpi inferti dai suoi vecchi seguaci.
Harry non sapeva che cosa fare, chi colpire; individuò Piton, che, semicosciente e disarmato, stava rannicchiato dietro al letto, cercando di farsi scudo contro le Maledizioni che piovevano da tutte le parti. Cercò poi con lo sguardo Fleur, ma la ragazza non c’era; immaginò che avesse avuto i riflessi più rapidi rispetto a loro e avesse seguito Remus fuori dalla stanza dopo che era stato dato l’allarme.
Harry sperò con tutto il cuore che stessero bene.
Voldemort, intanto, indietreggiava: nonostante il suo enorme potere, probabilmente per la prima volta, era costretto sulla difensiva, lottando per la propria stessa vita.
La bacchetta di Piton, inoltre, per quanto sottratta con la forza, non sembrava rispondere perfettamente ai comandi dell’Oscuro, che così non poteva caricare troppo i propri incantesimi.
«Sei morto, vecchio!» ruggì uno dei due uomini, togliendosi la maschera: era Travers, riconobbe Harry; il compagno lo imitò, rivelandosi come Selwyn.
I tre continuarono a combattere, senza fare il minimo caso agli altri maghi presenti nella stanza.
Un lampo di luce verde passò a pochi centimetri dalla guancia di Harry: Voldemort aveva appena deviato un mortale Anatema, non senza difficoltà però. Travers approfittò del momento e lanciò una Maledizione Non Verbale che centrò in pieno Voldemort, il quale venne scagliato con forza contro il muro. Travers non perse tempo e si avventò su di lui, ma il Lord fu più veloce; strisciò dietro al letto, accanto a Piton, proprio nell’istante in cui un altro Anatema Mortale sfrigolava nell’aria, mancando il bersaglio.
Selwyn raggiunse il compagno, pronto a sferrare il colpo decisivo. Entrambi però, erano troppo concentrati sul loro vecchio Signore, e, quando si avventarono, finirono col dare le spalle a Harry che, rapido, ne approfittò. Scagliò uno Schiantesimo, colpendo Travers alle spalle, in pieno: quello cadde bocconi sul letto, svenuto.
Selwyn si voltò subito dopo per fronteggiarlo, ma proprio allora due incantesimi gli passarono accanto: Remus e Arthur erano appena comparsi davanti alla soglia, bacchette puntate contro il nemico, che, ritrovandosi circondato, cominciò a menare Maledizioni alla cieca. Harry si accucciò a terra per evitare i letali lampi verdi, quando un grido di dolore pose fine all’attacco selvaggio: Selwyn era a terra, agonizzante, e Voldemort torreggiava su di lui.
«Come hai osato tradire il tuo Signore, patetico ammasso di carne?» sibilò Voldemort, i terribili occhi rossi puntati sull’uomo che continuava a contorcersi sul pavimento, urlando, in balia della spietata Cruciatus.
Intanto, i rumori della battaglia li avevano raggiunti; Harry si precipitò fuori dalla stanza, proprio nel momento in cui le grida di Selwyn cessavano: era svenuto o morto? Scoprì che non gli importava.
Nel corridoio vide Hermione e Ginny, impegnate a duellare contro un altro Mangiamorte; Harry gli giunse alle spalle e lo colpì con un altro Schiantesimo.
«Harry, stai-» stava dicendo Hermione, ma Harry era già sulle scale e, senza voltarsi, gridò «Andatevene, ora!»
Di sotto la situazione era, se possibile, anche peggiore; la battaglia infuriava terribile e gli incantesimi volavano da tutte le parti.
Harry superò di corsa la signora Weasley che sembrava cavarsela piuttosto bene contro il mal capitato avversario. Raggiunse il corridoio d’ingresso, che si era trasformato in un angusto, letale budello.
Harry lanciò su di sé un Sortilegio Scudo e cominciò a farsi strada tra i duelli e le Maledizioni, cercando di individuare Ron.
Un corpo venne scagliato dall’altra parte del corridoio e Harry ebbe la fugace visione di macchia scarlatta, ma era tutto troppo confuso perché potesse riconoscere il Weasley colpito.
«Prendete Ginny e Smaterializzatevi!»
Udì all’improvviso, sopra tutto quel frastuono, la voce del Signor Weasley e, quando si voltò, vide Fred e George impegnati in una lotta contro Roockwood. Ginny era alle loro spalle, risoluta e fermamente intenzionata a dare il proprio contribuito.
Harry sciolse il Sortilegio, deciso a tornare indietro, quando improvvisamente  si ritrovò la strada sbarrata. La porta della cucina venne spalancata e da essa ne emerse il profilo aguzzo di Yaxley, che, salendo le scale a ritroso, continuava a combattere contro Ron e un’agguerrita Fleur.
Harry stava per unire le proprie forze alle loro, quando un grido terribile, quasi primitivo, sembrò lacerare l’aria.
Voldemort piombò in mezzo alla battaglia, tra vecchi amici e antichi nemici.
Avanzò verso Yaxley, che prese a scagliare Maledizioni contro di lui; alcune mancarono il bersaglio, mentre altre si abbatterono sul Lord Oscuro, ma questo non sembrò arrestare la sua corsa furiosa.
«CRUCIO!» urlò l’ex Mangiamorte «ZILERIUS … DIFFINDO» l’ultima Maledizione lacerante colpì in pieno Voldemort, che fu costretto a rallentare.
Yaxley si concesse un ghigno di soddisfazione, convinto di aver atterrato il suo vecchio Signore.
Fu un grave errore.
Voldemort non cadde e l’altro rimase, per un istante, sbigottito.
Un istante di troppo.
«AVADA KEDAVRA!» ruggì Voldemort e il lampo di luce smeraldina centrò in pieno Yaxley che, con un’ultima espressione ottusamente sorpresa, si accasciò a terra, morto.
«CHI ALTRI OSA ATTACCARMI!» strillò Voldemort, mentre il sangue, quasi nero, fluiva rapido dalle numerose ferite aperte; anche le vecchie cicatrici avevano ripreso a sanguinare e metà del suo viso era ricoperto da una rilucente e viscida maschera cremisi. Ma il mago oscuro si sentiva più vivo che mai, e i suoi occhi brillavano sinistri sul suo volto mostruoso e spettrale.
Un altro Mangiamorte si avventò contro di lui che, rapido, cambiò posizione, pronto a scagliare un altro Anatema Mortale.
«NO!»
Un altro grido squarciò l’aria, tanto che tutti i duelli si interruppero bruscamente.
La voce, orribilmente familiare, strillò ancora «Mio Signore, aspettate!»
Bellatrix Lestrange, animata dalla sua insana passione, si lanciò verso di loro, prostrandosi ai piedi del suo Lord. Il Mangiamorte fece lo stesso, togliendosi la maschera: era Rodolphus, il marito di Bellatrix.
«Mio signore» cinguettò la donna «Siete vivo, lo sapevo!»
«Smettila Bella» ringhiò Voldemort, scrollandosi di dosso la Mangiamorte che si era aggrappata con forza alla sua tunica « Uccidete i traditori! UCCIDETELI!» strillò, spalancando gli occhi vermigli.
Harry non perse tempo; mentre i combattimenti venivano ripresi, riuscì ad agguantare Ron, trascinandolo verso l’uscita. Hermione, Ginny e Remus li seguirono e insieme varcano la soglia.
Il gruppo apparve dal nulla in una Grimmauld Place stranamente popolosa.
Al debole chiarore dall’aurora, Harry riconobbe alcune facce: membri del Ministero, alcuni Auror, un intero esercito di Maghi attendeva davanti al numero 12.
“Siamo salvi” sospirò Harry tra sé, finché un Auror, di cui non conosceva il nome, chiese «Dov’è?»
Il suo tono urgente suonava quasi minaccioso, ma prima ancora che Harry potesse rispondere, un’altra domanda fece eco alla prima «Sì Potter, dicci dov’è»
Avrebbe riconosciuto ovunque quella disturbante vocetta infantile.
Dolores Umbridge e il suo fiocco onnipresente si fecero strada tra i ranghi.
«Dov’è che cosa?» chiese Harry, riprendendosi dalla brutta sorpresa, ponendo la stessa domanda che gli era stata fatta dalla quella donna due anni prima.
«Lui, signor Potter, dove lo nascondi?» rispose dolcemente la Umbridge.
Non ci fu neanche il tempo per riflettere.
La porta del numero 12 venne aperta di nuovo e sulla soglia comparve Voldemort, attorniato dai suoi fedelissimi: Bellatrix, Rodolphus e, accucciato tra le pieghe del mantello del suo Lord, Codaliscia.
«Aveva ragione!» esclamò qualcuno.
«Ci ha traditi!» disse un altro.
«É alleato con l’Oscuro!» gli fecero eco in molti.
Urla indignate serpeggiarono tra la folla e fu allora che Harry scorse, ai margini della piazza gremita, alcuni volti a lui tristemente noti: Scabior, un Capo Ghermidore e, animalesco come non mai, Fenrir Greyback.
Ron aprì la bocca per dire qualcosa, probabilmente per tentare, inutilmente, di dare spiegazioni ai maghi infuriati, ma proprio allora il resto degli abitanti del numero 12 si riversò in strada; dei Mangiamorte che li avevano attaccati non c’era traccia.
«Arrestateli!» urlò qualcuno e rapidi tutti gli altri puntarono le bacchette contro Harry e i suoi, pronti a eseguire l’ordine.
«Aspettate!» gridò Ron, ma la sua supplica rimase inascoltata.
E poi accadde.
Voldemort, inferocito, ma anche ritemprato dalla lotta, attaccò per primo; la risposta degli Auror non si fece attendere e in pochi secondi la situazione degenerò.  
Harry rotolò giù dalle scale per evitare una brutta Fattura, ma gli incantesimi gli piovevano addosso da ogni parte e fu costretto a difendersi e, talvolta, a contrattaccare.
La piazza, satura di grida, strilli di dolore e lampi di magia di mille colori, divenne un vero e proprio campo di battaglia.
Ben presto, poi, lo scontro cominciò a esigere il suo tributo di sangue. I primi morti caddero, ma nessuno sembrò prestar loro molta attenzione: il fulcro di tutta l’azione era Voldemort, che roteava la bacchetta in aria, scagliando Anatemi, Imperdonabili e ogni genere di incantesimo oscuro. Bellatrix, letale quanto folle, era nel suo elemento: accanto al suo Lord, completamente ubriaca della sua presenza, scagliava Maledizioni a ripetizione, per nulla preoccupata dai bagliori sinistri che le strisciavano vicino.
Alcuni Babbani, terrorizzati, ancora in pigiama e camicia da notte, erano usciti dalle case lì intorno, riversandosi in strada, ritrovandosi quindi intrappolati in quell’inferno di fuoco e lampi; anche le sirene della polizia Babbana risuonarono in lontananza e poco dopo le volanti fecero irruzione in una Grimmauld Place devastata.
«Ginny, sta giù!» urlò Hermione e Harry si voltò di scatto, in tempo per vedere la sua migliore amica salvare la sua ragazza da una potente Fattura Lacerante.
«Devi andare via, Harry!» era Remus, che gli si affiancò, continuando a combattere.
«Mi hai sentito?» chiese il Licantropo.
«Non posso – IMPEDIMENTA! – lasciarvi qui!» ribatté Harry.
«Sì che puoi, non– EXPULSO! – non preoccuparti per noi» disse l’altro, appoggiandogli una mano sulla spalla e stringendola per un istante, prima di rigettarsi nella mischia.
Il colpo di pistola di un agente Babbano gli sibilò accanto all'orecchio; la polizia stava sparando alla cieca, cercando di riportare l'ordine, confusa da quello scontro combattuto con armi che non conosceva.
«HARRY POTTER!»  una voce ruggì il suo nome; Harry si guardò intorno più volte, finché non individuò la persona che lo aveva chiamato.
Torreggiante su una distesa di cadaveri, almeno una mezza dozzina, c’era Lord Voldemort; brandiva ancora la bacchetta, ma l’assalto di tutti quei maghi era troppo forte da respingere, persino per l’Oscuro. Stava indietreggiando e sanguinava copiosamente.
«Portami via da qui e ti aiuterò!» gridò di nuovo Voldemort, prima di scagliare una tremenda Maledizione contro un Auror, che si accasciò a terra urlando, il corpo che velocemente si ricopriva di piaghe, che altrettanto rapidamente si gonfiavano e si infettavano.
«Mi hai sentito, Harry Potter?!»
Harry rifletté rapidamente, quindi prese una decisione.
«SCAPPATE! SMATERIALIZZATEVI!» urlò, con quanta voce aveva in gola, sperando che fosse sufficiente a sovrastare il frastuono dei combattimenti.
Remus si voltò a guardarlo, scoccandogli uno sguardo d’intesa; Harry non perse tempo e si diresse verso Voldemort, dall’altro lato della piazza.
«CONJUNCTIVITIS!»
La fattura lambì i capelli di Harry prima di continuare la sua corsa e colpire un Ghermidore, accecandolo; Hermione gli fu subito accanto «Che vuoi fare?» gli chiese.
Harry non rispose e continuò a correre, evitando le Maledizioni che si riversavano su di loro incessantemente.
«Harry, no!» gridò la ragazza quando capì i suoi propositi «Non puoi farlo!»
«Hai un’idea migliore?» le chiese, spazientito, quindi, senza attendere risposta, raggiunse Voldemort; era in condizioni pietose ed era chiaro perché avesse chiesto l’aiuto di Harry, anziché approfittare della confusione e fuggire: non era in grado di Materializzarsi, non da solo almeno.
Voldemort ghignò quando lo vide arrivare, quindi atterrò due maghi contemporaneamente.
«Vogliamo andare?» chiese.
Harry esitò; che diamine stava facendo?
«Non abbiamo tutto il giorno, Potter» strillò Voldemort, indicando gli Auror che, poco lontano, si stavano rapidamente riorganizzando per un nuovo attacco.
«Conosci un luogo sicuro?» replicò Harry, ormai mosso dal terrore più che dalla ragione. Hermione si teneva a distanza, anche lei spaventata, ma non al punto da guardare al Lord Oscuro come l’ultima speranza.
«Riddle Manor» sibilò Voldemort, artigliando il braccio di Harry.
Harry, quasi senza volontà, afferrò Hermione e si preparò per la Materializzazione Congiunta, quando udì un grido tremendo e vide Bellatrix, colpita da almeno una mezza dozzina di potenti incantesimi, contorcersi e urlare, ma non di dolore, quanto di rabbia, cieca e furiosa, inumana.
Respinse i suoi avversari e strisciò verso di loro. Era ferita, ma lo sguardo fiero e folle era lo stesso; Harry si ritrovò a pensare a quella notte, al Ministero, quando aveva cercato di torturare Bellatrix, senza però riuscirci.
«Mio Signore, portatemi con voi!» disse la donna, rivolgendosi con occhi adoranti al suo Signore, il suo Maestro.
Voldemort ricambiò il suo sguardo con una smorfia di assoluto disprezzo.
«Andiamo!» disse alla fine, stringendo ancora di più la presa sul braccio di Harry.
«No, mio Signore, non lasciatemi!» supplicò Bellatrix, la voce rotta dalla disperazione: il suo Lord la stava abbandonando.
«Mi dispiace, Bella» dichiarò Voldemort, ma non c’era nessuna traccia di rammarico in lui.
Harry non perse altro tempo e, proprio nell’istante in cui una decina di lampi verdi colpivano una sconvolta Bellatrix, si Smaterializzò.
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Buio e la famigliare, quanto sgradevole sensazione di essere infilati a forza in un tubo di gomma troppo stretto.
Per la terza volta in quell’eterna giornata, Harry si Materializzò a Riddle Manor.
«Ci siamo tutti?» chiese, dopo aver ripreso fiato.
«Piton non è ancora tornato» rispose Ginny, lasciando quindi intendere che il signor Weasley non era ancora stato rintracciato; era l’unico Membro dell’Ordine a mancare all’appello e, man mano che le ore passavano, gli animi si facevano sempre più cupi.
Fleur lo ringraziò stancamente per averla portata lì, quindi si affrettò dietro la signora Weasley che le indicò la stanza in cui era stato sistemato Bill; era sua, la chioma rossa che Harry aveva intravisto nel corridoio di Grimmauld Place. Era stato colpito dalla Maledizione di Dolohov, che consisteva in una sorta di sferzata, come una frusta di fuoco che colpiva l’avversario, ferendolo gravemente. Bill si era già ripreso del tutto, ma Piton gli aveva ordinato di stare a riposo e la signora Weasley aveva concordato, irremovibile.
Harry si sedette accanto a Ginny e le passò un braccio intorno alle spalle.
«Andrà tutto bene» le disse.
Ginny gli sorrise con gli occhi, quegli occhi grandi, color nocciola che tanto amava. Appoggiò la testa sul suo petto e Harry le diede un bacio in fronte, sentendosi completamente inutile.
Si era già trovato in quella situazione, intruso nel dolore della famiglia; quella volta si era risolto tutto per il meglio.
Ma adesso era tutto diverso: Grimmauld Place era perduta, così come Sirius, Silente, Malocchio; e poi la guerra, Voldemort, senza contare che ora l’intera comunità magica sembrava odiare lui e il resto dell’Ordine.
Harry si guardò attorno; il grande salotto di Villa Riddle era infestato dalle ragnatele e ogni cosa, dai mobili, ai quadri, ai candelabri era ricoperto da uno spesso strato di polvere, nera e dura. Doveva essere stata una dimora elegante e maestosa, ma i lunghi decenni di abbandono non la rendevano molto diversa da Grimmauld Place o dalla Stamberga Strillante.
I vetri alle finestre erano stati riparati, ma qua e là si rinvenivano ancora le tracce degli atti vandalici: la parete destra era annerita dal fumo e sul soffitto si aprivano delle crepe, attorno alle quali si erano formate larghe chiazze di umidità.
Un basso tavolino, senza una gamba, giaceva rovesciato su un fianco e tutt’intorno erano sparsi dei cocci di porcellana, alcuni grossi, altri più piccoli, quasi polverizzati.
La pietra dura del pavimento poi, era foderata di polvere, la cui uniformità era stata intaccata dalle impronte dei loro piedi. Tuttavia, neanche prima del loro arrivo, quella era stata una coltre perfetta: c’erano tre punti ben distinti, ancora visibili ora, dove la polvere sembrava non riuscire a insinuarsi. Tre ombre scure, grandi ciascuna come la sagoma di uomo, si allargavano sull’impiantito e Harry era abbastanza sicuro che si trattasse delle tracce degli Anatemi Mortali scagliati dal sedicenne Voldemort. Non lo turbava restare lì, comunque, anche se non aveva potuto fare a meno di chiedersi se anche a Godric’s Hollow, nella casa dei Potter, ammesso che esistesse ancora, ci fossero i contorni delle Maledizioni che avevano ucciso i suoi genitori.
Un debole crack lo fece sobbalzare. Anche gli altri si riscossero dal torpore nervoso in cui erano caduti e Ginny si rizzò a sedere, evidentemente inquieta.
Piton entrò nella stanza, solo.
«Papà?» chiese Ron a mezza voce, chiaramente spaventato dalla risposta.
La Signora Weasley era ricomparsa sulla soglia, seguita da Bill, leggermente pallido, e da Fleur, che lo aiutava a sorreggersi.
Un rumore di passi li fece trattenere il respiro, ma l’alta figura che sopraggiunse non era Arthur Weasley.
Kingsley Shacklebolt, dopo un lungo, teso silenzio, rispose «Non ce l’ha fatta, mi dispiace»
Harry sentì il cuore perdere uno o due battiti.
Ginny, sempre accanto a lui, rimase zitta e impassibile, come se non avesse udito una parola; un secondo dopo, era tra le braccia di Harry, in lacrime.
Ron era in piedi davanti a una delle grandi finestre a bovindo, lo sguardo vuoto e perso; Hermione era dietro di lui, con le mani tese in avanti, incapaci di raggiungere il ragazzo.
Fred e George, piangevano l’uno sulla spalla dell’altro.
La signora Weasley invece, era stata portata nella stanza di Bill, ovviamente devastata dalla tremenda notizia.
«Vieni, Potter» si sentì chiamare Harry dopo qualche minuto; Piton era a pochi passi da lui e stava facendo segno a Hermione di seguirlo.
«Ho bisogno che qualcuno rimanga lucido adesso» esordì l’ex Maestro di Pozioni, chiudendosi la porta alle spalle.
Si trovavano nella biblioteca della villa e il fuoco magico evocato da Kingsley gettava ombre spettrali sugli scaffali polverosi, stipati di grossi volumi di letteratura Babbana.
Hermione aprì la bocca per protestare, ma Piton la zittì con un sguardo cupo e severo.
«La perdita di Arthur è un duro colpo» disse Kingsley, con voce profonda e tranquillizzante, nonostante il tono urgente «Ma dobbiamo agire adesso se non vogliamo che accada di nuovo»
«Di che si tratta?» chiese Harry, cercando di ignorare il magone che gli opprimeva il petto.
«Il Ministro Babbano» rispose «Credo sia vittima di qualche Sortilegio, forse un Cofundus molto potente, o la Maledizione Imperius» dichiarò.
Harry e Hermione si scambiarono uno sguardo perplesso, mentre le possibili implicazioni del fatto cominciavano a farsi strada nelle loro menti.
«Quando Severus mi ha avvertito di quello che è successo a Grimmauld Place, sono corso dal Primo Ministro» continuò Kingsley «La notizia era arrivata anche alle autorità Babbane, anche se ovviamente non erano in grado di darsi una spiegazione. Il Primo Ministro era infuriato, si contavano quattro vittime tra i Babbani, senza considerare i morti e i feriti tra i maghi. Ha cominciato a dire alcune cose molto strane, borbottava tra sé, era nervoso e aggressivo. Mi ha cacciato via, dicendo che non ne voleva più sapere di Signori Oscuri e che presto la verità sarebbe venuta a galla.
   «E al nostro Ministero le cose non vanno certo meglio» continuò dopo una pausa «Questo mago, che si fa chiamare Damon, ha aizzato la comunità magica contro di te, Harry, e contro l’Ordine. Ci credono dei traditori e sinceramente non so per quanto tempo riuscirò a mantenere la mia posizione. Per ora non sospettano nulla, ma dovevate vederli, erano tutti impazziti, la morte di Arthur è stata accolta con gioia, come una vittoria» concluse, scuotendo il capo.
«Che facciamo allora?» chiese Harry. Gli eventi di quella giornata si erano susseguiti con una velocità impressionante e Harry sentiva il bisogno di agire, di prendere il controllo, o almeno di provare a farlo.

     Dopo quattro ore di discussioni, congetture e pianificazioni, giunsero a una decisione.
«Allora è deciso» riassunse Harry «Domani andremo a Londra e fermeremo il Ministro Babbano»
Hermione, Piton, Kingsley, Remus e Bill, che si erano uniti a loro, annuirono gravemente, ma ormai risoluti.
«Credo sia meglio andare a riposare, domani sarà una giornata impegnativa» dichiarò Kingsley e gli altri accettarono di buon grado la proposta.
“Se falliamo domani” pensò Harry, dopo essere salito al piano di sopra ed essersi infilato in un letto roso dai tarli “Tutto sarà perduto”
E con questa inquietante osservazione, sprofondò nel sonno.
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«Ancora in piedi Severus?» sibilò Voldemort.
Severus ignorò il commento. Non era il momento di stare al gioco del Signore Oscuro, né di provocarlo più del necessario.
«Perché hai detto a Potter di venire qui?» esordì senza mezzi termini.
«Perché continuate a tenermi prigioniero in casa mia?» ribatté l’Oscuro.
«Non ci fidiamo di te, mi pare ovvio» rispose «Tu avevi un piano» riprese, senza dare modo al suo vecchio Signore di replicare «Pensavi che sarebbe successo qualcosa, qualcosa che invece non è accaduto» concluse.
Voldemort rimase impassibile alla sua affermazione.
“Dannazione” pensò Severus “Non sono mai stato bravo in queste cose, dov’è Silente quando serve?” si chiese, rispondendosi che il ritratto del Preside doveva ormai essere andato distrutto. “Questa non ci voleva, non ci voleva davvero”.
«Ho imposto io stesso gli incantesimi su questa dimora» disse Voldemort all’improvviso «Tu sai come funzionano i miei Scudi, non è vero?»
Severus rifletté un momento, quindi annuì.
Solo poche persone potevano accedere alla villa; il Signore Oscuro, naturalmente, i possessori del Marchio Nero e i prigionieri condotti lì dai Mangiamorte. Chiunque avesse cercato di introdursi di nascosto o avesse tentato di Materializzarsi direttamente dentro le mura sarebbe stato completamente disintegrato, ricordò.
Voldemort era stato portato lì con la Materializzazione congiunta di Potter, quindi era evidente che il Lord Oscuro si aspettasse che gli Scudi svolgessero il loro compito, eliminando i due ragazzi per lui. Ma non era successo e, a giudicare dall’atteggiamento di Voldemort, neanche lui sapeva il perché.
Severus e Potter avevano poi fatto la spola, portando lì tutti i sopravvissuti della battaglia, che quindi erano entrati senza problemi.
Rimasero entrambi in silenzio, per un lungo, teso momento, quindi Severus decise di raggiungere gli altri: dovevano sostituire gli scudi, o al risveglio avrebbero potuto trovare una sgradita sorpresa.
«Severus,» lo richiamò Voldemort «Non potete sconfiggerli senza di me» affermò, quindi scomparve tra le ombre della sua cella sotterranea.
Severus si allontanò in fretta, con la spiacevole sensazione di essere seguito da quegli occhi vermigli.
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«Mio Signore, sono fuggiti» lo informò Roockwood, inchinandosi «Travers, Yaxley e Selwyn sono morti»
Octavio assottigliò gli occhi, furioso.
Il numero 12 di Grimmauld Place era stato ridotto a una rovina fumante; scale franate, muri sventrati, mobili e suppellettili distrutti. Tre dei suoi uomini erano stati uccisi e tutto per niente.
«Mio Signore, abbiamo un prigioniero» disse Rowle, trascinando un uomo ai suoi piedi.
Arthur Weasley, legato con funi invisibili, gli lanciò un’occhiata di sfida.
«Arthur,» esordì Octavio «Il tuo prezioso Potter ti ha dimenticato qui?» lo sbeffeggiò.
«Traditore» ringhiò Weasley.
Octavio ignorò il commento «Dove sono andati?»
«Non lo so» rispose l’uomo «E anche se lo sapessi non lo te verrei di certo a dire» aggiunse, con sorprendente risolutezza.
«Naturalmente» commentò Octavio con leggerezza.
«Che ne facciamo di lui, mio Signore?» chiese Rowle.
«Torturiamolo» propose Roockwood, rabbioso.
«No» decise Octavio «Sarebbe uno spreco di tempo e di energie, non parlerà mai»
I due ex Mangiamorte si guardarono l’un l’altro, perplessi, ma non contestarono.
«Sei un brav’uomo, Arthur» riprese Octavio, quindi, voltando già le spalle al prigioniero, sentenziò «Uccidetelo»
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Narcissa Malfoy percorreva a piccoli, nervosi passi il piccolo salotto.

Avevano trovato rifugio a casa di Peter Minus dopo l’aggressione a Villa Malfoy; Rabastan era stato ucciso quasi subito, mentre Lucius e Macnair erano rimasti indietro, nel tentativo di rallentare i loro ex compagni e consentendo così a lei e a Draco di fuggire.
Rodolphus li aveva raggiunti qualche ora dopo, comunicando loro che Macnair era morto e Lucius fatto prigioniero. Narcissa sperava che il peggio non fosse accaduto.
Decise di tornare nella stanza dove suo figlio stava dormendo. Aveva dovuto somministrargli una potente pozione di Sonno Senza Sogni, per alleviare il tremendo dolore al braccio sinistro, dove il Marchio Nero aveva preso a bruciare e a pulsare improvviso:

     «Hai controllato a Riddle Manor?» chiese Rodolphus per quella che Narcissa credeva fosse la cinquantesima volta.
«Sì, sì ci sono andato subito, ma non c’era nessuno» rispose Minus, tremante «È morto, sono morti tutti e due» aggiunse nervoso.
«No!» esclamò Rodolphus «Sei cieco? Lo vedi il Marchio è vivido, non è morto!»
«Va bene» concesse l’altro «Ma non ha senso cercarlo se non sappiamo nulla di quello che è successo»
«Codardo» ringhiò Rodolphus.
Per un po’ nessuno parlò, finché Minus non ululò terrorizzato «Il Marchio» piagnucolò, artigliandosi il braccio.
«Lo so, idiota, lo sento anch’io» ringhiò Rodolphus.
«Anche io» disse Draco, guardando sua madre spaventato.
«Che facciamo?» mugolò Peter.
«Andiamo» rispose Lestrange, deciso.
«Ma potrebbe essere una trappola» intervenne Narcissa «Non sappiamo che cosa-»  
«Il Signore Oscuro ci sta chiamando, ha bisogno di noi» la interruppe Rodolphus, ormai pienamente risoluto  «Vieni Draco»
«Mamma …»
«No, Rodolphus, è troppo giovane» tentò Narcissa.
«È un Mangiamorte, deve venire anche lui» ribatté lui.
«Ho già perso Lucius, non posso mettere in pericolo anche mio figlio» disse lei, alzandosi in piedi e frapponendosi tra il figlio e il cognato.
«Molto bene» concesse Rodolphus alla fine «Ma il Signore Oscuro ne sarà informato. Muoviti Codaliscia!» aggiunse con un ringhio.
Minus, titubante, si affiancò al compagno nel centro del salotto; quindi, con un debole crack, entrambi scomparvero.

     Narcissa aveva dato la Pozione a Draco che, lentamente, era scivolato nell’oblio.
Ora dormiva sereno e non sembrava molto diverso da un qualunque altro ragazzo della sua età.
Narcissa accarezzò il viso di suo figlio, così simile a quello di Lucius, pregando che tutto si risolvesse per il meglio.
“Noi gli siamo rimasti fedeli” si disse “Che questo possa servire a qualcosa”
Dalla piccola finestra filtrava la debole luce della Luna; Narcissa si alzò e scostò le semplici tende grigie, guardando di fuori. La notte era muta e tranquilla, l’esatto opposto del suo cuore, che gridava inquieto di paura e di disperazione.
Tornò accanto al figlio e prese la sua mano tra le proprie.
Per Narcissa iniziò la lunga attesa, ma quando i primi raggi del sole squarciarono la tenebra vellutata della notte, nessuno aveva ancora fatto ritorno.
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«Riproviamo, forse questa volta sarò più fortunato» disse Octavio, serafico, abbassando la bacchetta e interrompendo l’incantesimo «Dove sono tua moglie e il tuo moccioso?»
«Vai a farti fottere» ringhiò Lucius, sputando un grumo di sangue.
«Più tardi» ribatté Octavio, con voce misurata, prima di lanciare una nuova Cruciatus sul biondo.
Malfoy prese a contorcersi sul pavimento, ma tenne la bocca sigillata, senza lasciarsi sfuggire neanche un gemito.
“Ha del coraggio” concesse a sé stesso “E un orgoglio, del tutto inutili”
Gabrielle era rannicchiata nell’angolo opposto e osservava la tortura in atto.
«Se no ti decidi a parlare» disse Octavio, ponendo fine alla Maledizione «Non c’è ragione per cui dovrei tenerti in vita, lo sai non è vero?»
«Allora uccidimi» lo sfidò Lucius, sputando ancora sangue insieme a un dente spezzato «Che aspetti, è quello che vuoi, no?» ghignò, con voce rasposa.
«Non ancora, non oggi» ripose Octavio «Ho tutto il tempo che voglio» aggiunse, inginocchiandosi davanti al suo prigioniero e afferrandogli il mento tra le dita. Occhi grigi contro occhi marroni, disperata determinazione contro fredda spietatezza.
«Domani verrà dichiarata guerra al nostro mondo» annunciò «Dimmi dove si trova la tua famiglia o loro saranno i primi a morire per la causa» minacciò.
Malfoy lo ricambiò con uno sguardo di puro disprezzo e disgusto.
“Molto bene, se ti piace giocare” si disse, prima di gridare, richiamando a sé tutto il proprio potere «CRUCIO!»
Questa volta, Malfoy urlò.

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Angolo Autrice

Salve a tutti quanti!
Eccomi di nuovo qui con un altro capitolo, che spero tanto vi sia piaciuto (o non dispiaciuto, quanto meno!)
Grazie come sempre a tutti coloro che seguono la storia, sia ai lettori silenziosi sia a chi riesce a trovare il tempo e la voglia di lasciarmi un commento; davvero GRAZIE di cuore.

A presto con un nuovo aggiornamento,

_Jo
  
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