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Autore: RickyChance98    20/09/2017    0 recensioni
Un'epoca lontana, un regno dimenticato. Vivi la storia di amore e coraggio di Celia alla ricerca del suo posto del mondo, al confine tra il bene e il male, fra luce e oscurità.
Genere: Avventura, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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EPISODE XI – Ciò che siamo

“Vorrei capire, Celia, ma proprio non riesco!” – disse Theo, grattandosi la testa.
“Non ne sono sicura… ma credo che questa spada distrugga l’oscurità nelle persone! In qualche modo la annulla!” – gli spiegò Celia.
Theo guardò la spada: “Wow… forte!” – esclamò sorpreso.
“Comunque, non possiamo restare qui, Cel! Quelle creature si stanno rigenerando!” – continuò Theo, mentre guardava le guardie che avevano ripreso a combattere contro i mostri di pietra.
“Dove altro possiamo andare?” – commentò Celia, ascoltando i rumori di lotta tra le guardie e quei mostri.
“Non so, forse…” Theo venne bloccato non appena vide qualcosa spuntare dal pavimento – “Cel, Cel, guarda qua!!”
Theo si girò: “Ops, si scusami, mi ero dimenticato!” – disse, riferendosi alla cecità dell’amica.
“Dalla terra… sta crescendo qualcosa, sembra una pianta!” - Da una fessura stava infatti crescendo un fiore.
“Non è certo la cosa più strana che abbia visto oggi” – aggiunse Theo, sorridendo.
Il fiore sbocciò, ma non si smise di crescere e in pochi istanti si trasformò in una figura femminile.
“Ciao, tesori. Mi chiamo Falya!” – Era lei, la fata.
“Ok, questo però è strano…” -  si corresse.
“Falya? Chi sei, da dove spunti?” – chiese Celia, sorpresa da questa nuova strana presenza.
“Non c’è molto tempo, devo portarvi via da qui!” – disse la donna.
“E loro? Stanno combattendo per noi!” – esclamò la ragazza.
“Non preoccuparti, avranno una mano!” – rispose Falya, e in quell’istante nacquero numerosi altri fiori che si tramutarono in altre bellissime fate.
“Presto, datemi la vostra mano!” – Falya strinse la mano a Celia e a Theo (che nel frattempo accudiva il piccolo Piffy, che si era addormentato).
I quattro scomparvero magicamente, mentre le altre fate affiancarono Nell e il resto delle guardie buone per contrastare quelle forze maligne.
 
“SPARITI.” – urlò Balzeff, facendo volare una sedia contro il muro, frantumandola.
“Spariti? Come sarebbe a dire?” – chiese Charlotte.
“Qualcosa è intervenuto… qualcuno… non li sento più, non sono più in questo dannato castello.” – disse il demone.
“Chi può essere stato?”
“Avrei una mia idea, ma non c’è più tempo per parlare. Bisogna contrattaccare. E se la memoria non mi inganna, oggi, c’è un compleanno da festeggiare… Sarà una grande festa, immagino…” – commentò Balzeff, guardando Charlotte.
“La più grande che si sia mai vista qui dentro…” – rispose la ragazza.
“Beh, allora faremo in modo che gli abitanti del villaggio la ricordino per sempre!” – esclamò Balzeff, sorridendo diabolicamente.
 
“Dove ci troviamo?” – chiese Celia, muovendo il viso cercando di scrutare rumori o odori che potessero aiutarla ad orientarsi.
“Cel, se lo sapessi io ti risponderei…” – disse Theo, ammirando il posto in cui si erano magicamente trasferiti. Si trovavano sopra un bellissimo prato fiorito che sembrava non avere fine. Dal nulla cominciarono a crescere dal terreno dei rami, fino a formare una bellissima casa, davanti agli occhi increduli di Theo.
“Non abbiate paura” – li rassicurò Falya – “Qua siete al sicuro”.
“Come hai fatto? E’ magia??” – chiese ancora incredulo il ragazzino.
“E’ molto di più” – rispose la fata, poggiando la sua mano sul petto del bambino – “Magia è un termine riduttivo, non devi credere in lei per farlo, devi credere in te stesso”.
“Vuoi dire che posso farlo anch.” – Theo venne bloccato da Celia.
“Allontanati da lui.” – Celia puntò la spada contro la donna.
“Cel, che cosa fai??” – chiese Theo, abbassandogliela subito.
“Non sappiamo chi sia, Theo, non ci possiamo fidare. E io non posso nemmeno guardarla negli occhi!” – rispose sospettosa la ragazza.
“Celia, lo so che non è facile, ma devi fidarti. So quant’è difficile questo momento, ma se c’è una cosa che posso prometterti è che presto i tuoi occhi saranno guariti e tu potrai ricominciare una nuova vita.” – cercò di convincerla Falya.
Celia rimase in silenzio.
“Cel, dai, ci ha salvati!” – continuò Theo, toccandole la spalla.
“Questo è da vedere.” – commentò lei.
“Celia, non c’è molto tempo, ma se c’è qualcosa che posso fare per convincerti che sono, che noi, siamo dalla vostra parte, dimmi pure.” – disse Falya.
“Beh, sì, qualcosa c’è. Raccontami tutto. Io sono confusa, non ci capisco più niente. Ho bisogno di sapere chi sei tu, chi era mia madre e soprattutto chi sono io. Perché ormai non lo so più…” – disse, mentre le scendevano silenziose delle lacrime dagli occhi.
 
Il sole era intanto tornato a splendere su Rallahes, e all’alba le campane erano risuonate in tutto il villaggio per ricordare agli abitanti che quello non sarebbe stato un giorno qualunque. 
“Oggi è il tuo giorno, mio tesoro” – disse Re Nelmo, entrando nella camera di Charlotte.
“Padre! Entra pure, aspettavo proprio te.” – rispose, sorridendo.
“Buon compleanno, figlia mia” – le disse, baciandole la fronte e porgendole un dono da scartare.
“Padre… grazie, mi rendi già felicissima!” – disse, accettandolo e ricambiando il bacio.
Charlotte snodò il pacchetto e aprì la scatola. I suoi occhi si illuminarono quando vide ciò che le era stato regalato.
“Era di tua madre, e diverrà tuo quando sarai Regina. E sarai una splendida Regina”.
Charlotte prese la bellissima corona reale che le era stata regalata e la provò, specchiandosi e sorridendo poi al padre.
“Ti ringrazio. Oggi, come avete detto, è il mio grande giorno. Ma non è solo il giorno del mio compleanno, sarà anche il giorno della mia incoronazione. Non può certo funzionare un regno senza una re o una regina a guidarlo…” – disse Charlotte, alzandosi e dando le spalle al padre.
“Ma cara…”.
“Ssshh, non avete sentito la Regina?” – una voce spaventosa arrivò da dietro di lui. Nelmo si girò e rimase pietrificato dalla paura alla vista di Balzeff.
“Che cosa sta succedendo qua, Charlotte?” – chiese immobilizzato, non riuscendo a distogliere lo sguardo da quel demone.
“Nulla di vostro interesse padre, e adesso, se volete scusarmi, ho tante cose da fare” – gli rispose girandosi e uscendo dalla stanza, dalla quale pochi istanti dopo fuoriuscì un urlo che ripiombò in tutto il palazzo.
   
 
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