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Autore: Snix91    20/09/2017    0 recensioni
In assenza di Wynonna Earp pubblico questa storia nella categoria The100 dove ho già scritto "Hope" fanfiction sulle Clexa/Elycia.
Trama: Racconto breve sulle Wayhaught (per chi non lo sapesse sono Weaverly e Nicole una coppia del telefilm Wynonna Earp). La storia è ambientata nel mondo di Wynonna ma senza l'esistenza di demoni.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I successivi mesi li trascorsi riabituandomi alla mia vera vita. Rosita mi riprese a lavoro e a casa le cose erano tornate alla normalità. Sentivo Nicole ogni giorno, che mi aggiornava sulla sua situazione. Mi mancava, questo non potevo negarlo, ma c’erano cose che dovevo risolvere riguardo la mia situazione sentimentale.

 

Erano ormai trascorsi 6 mesi da quando avevo rimesso piede a Purgatory e quel giorno decisi di rimanere a casa e passare del tempo con mia nipote Alice e mia sorella. Avevo deciso di accompagnare Alice al parco giochi per fare tanti pupazzi di neve e stavamo indossando le giacche per uscire quando fui attirata da Wynonna che era seduta sul ripiano della cucina intenta a guardare fuori dalla finestra. 

 

“Weaverly?” mi anticipò chiamandomi come se avesse visto un fantasma.

 

“Che c’è?” le chiesi mentre infilavo la giacca a mia nipote.

 

“Dimmi che la sto vedendo e non è un’allucinazione.” mi disse con sarcasmo.

 

Mi sporsi verso di lei, scostai di più la tendina e la vidi.

 

Ebbi un sussulto quando davanti a me in lontananza vidi Nicole in piedi, braccia conserte, poggiata sulla sua auto di servizio della polizia, in attesa di qualcuno.

 

Indossava un jeans, scarponcini, maglia a righe bianca e blu, e giacca sbottonata di colore beige. I capelli sciolti sulle spalle leggermente mossi sempre della stessa lunghezza di come l’avevo lasciata mesi prima. 

 

Non credetti ai miei occhi.

 

Era un sogno ad occhi aperti.

 

“Devo dire che è uno schianto.” scherzò su Wynonna, le diedi una pacca sulla spalla.

 

Lei sorrise.

 

Mi allontanai dalla finestra ed uscii subito dalla porta. Ero totalmente imbottita nel mio cappotto. Sciarpa attorno al collo arrancavo in mezzo la neve cercando di raggiungerla.

 

Nicole notò subito la mia presenza e si sollevò appena dalla sua postazione.

 

“Nicole! Che ci fai qui?” ora anche io avevo assunto l’espressione di chi aveva appena visto un fantasma.

 

Tutto quello mi sembrò un vecchio ricordo.

 

Era serena, solare, e mi sorrideva. 

 

Era di nuovo lei.

 

“Sono qui.” mi disse con simpatia alzando di poco le braccia.

 

Corrucciai il viso estasiata.

 

“Che significa tutto questo?” le domandai indicando l’auto del dipartimento di polizia.

 

“Ehmm..” balbettò poi prese a parlare “…sono tornata a vivere qui e ho fatto richiesta per il reinserimento nel corpo di polizia….” l’ascoltavo senza parole “…..ovviamente nelle mie condizioni non potrò più essere capo del dipartimento però posso lavorare sui casi e magari chissà…” esitò “…anche tornare all’azione.” Mi regalò uno dei suoi sorrisi spettacolari.

 

“E come va con la gamba?” le chiesi non credendo a quello che stavo sentendo. 

 

“La gamba va bene….” si guardò in basso per un momento “…devo solo superare il test fisico per rientrare a tutti gli effetti e infatti ogni giorno ho gli allenamenti al campo sportivo con un fisioterapista proprio del settore.” mi spiegò.

 

Ero confusa.

 

“Perché non me l’hai detto?” domandai.

 

“Volevo farti una sorpresa.” a quel punto lasciò cadere le braccia lungo i fianchi.

 

Tremai al solo pensiero di riaverla lì come una volta.

 

Wynonna ci raggiunse insieme ad Alice fermando il nostro incontro.

 

“Ehi, Agente Haught!” scherzò su mia sorella e Nicole sorrise. Si abbracciarono ed io rimasi fisse a guardarle vedendo anche mia nipote interagire con lei.

 

Se quello era un sogno non avrei mai voluto più svegliarmi ma fortunatamente ero perfettamente sveglia.

 

Nei giorni successivi tutto tornò come sempre e nella piccola cittadina tutti si riabituarono ad avere Nicole in giro.

 

Tornare a vederla nel mio locale in uniforme mi faceva sempre mancare il fiato. Ogni mattina ordinava sempre il suo solito cappuccino e ogni volta mi tornava alla mente il nostro primo incontro, quando mi lasciò il suo biglietto da visita con su scritto il suo nome.

 

Era bella come non mai e miei occhi erano sempre in cerca di lei.

 

Avere la sua presenza mi faceva diventare una cretina e nello stesso tempo volevo che lei mi cercasse cosa che quella mattina finalmente fece.

 

Mi invitò a cena a casa sua ed io non ci pensai due volte nel dirle di si.

 

Quando uscì dal locale fui triste nel non vederla più e fui subito riportata nella realtà dalla voce di Rosita.

 

“Adesso devi spiegarmi a che gioco stai giocando.” quelle parole bastarono per ferirmi nel profondo.

 

“E’ solo una cena.” le risposi continuando ad asciugare i bicchieri.

 

“E’ la tua ex….” disse fulminandomi con lo sguardo. Esitò “….o no?” aggiunse.

 

“Si.” esclamai abbassando il capo e concentrandomi sul parquet.

 

Terminai ad asciugare i bicchieri e proseguii con le posate.

 

“Hai intenzione di dirglielo?” mi chiese finendo di sistemare alcune bottiglie di liquore.

 

A quel punto la fissai a causa delle sue insistenze.

 

“Si…” mi voltai di nuovo a guardare il bicchiere che avevo tra le mani.

 

“…glielo dirò.” aggiunsi tristemente.

 

La sera dopo arrivò nel breve tempo possibile e per l’occasione indossai un vestito nero a tubino. Avevo l’esigenza di vestirmi bene ed essere a mio agio al 100%.

 

Quando raggiunsi l’entrata della sua vecchia casa ringraziai il calore che emanava. Fuori la temperatura era sotto lo zero ed io intelligente, avevo pensato bene di vestirmi non troppo pesante.

 

Mi accolse nel migliore dei modi sfilandomi la giacca dalle spalle e appendendola sull’appendi abiti posto all’ingresso.

 

Non la smetteva di guardare il mio fondoschiena ed io questo l’avevo notato.

 

Sorrisi appena.

 

Con gentilezza mi fece accomodare ed io mi comportai come se fosse la prima volta che avevo messo piede in quella casa.

 

Dopo aver assaggiato la sua fantastica cena raggiunsi il divano e notai tutti i suoi movimenti, a partire dalla camminata, fino al modo in cui versò il vino nei due calici. Persino il suo modo di vestire notai. Capelli raccolti in una coda, camicetta blu infilata in un paio di jeans tenuti stretti da una cintura in pelle. 

 

Era davvero sexy.

 

Mi porse il bicchiere e trascorremmo gran parte della serata a bere e chiacchierare come se il tempo non fosse mai passato.

 

Il vino mi stava dando leggermente alla testa. Decisi di alzarmi per andare in bagno a darmi una rinfrescata.

 

Quando uscii non la trovai più sul divano e d’istinto mi incamminai verso l’ingresso per cercarla e ci scontrammo come due ragazzine.

 

Sorridemmo come due sceme.

 

“Ehi.” mi tenne per le spalle.

 

“Scusa. Non ti trovavo e quindi ti stavo cercando.” le dissi socchiudendo gli occhi.

 

“Sei ubriaca?” mi chiese scherzosamente.

 

“Cosa? No.” la rimproverai, inarcando le sopracciglia.

 

Ridemmo. Non ridevamo così da tempo.

 

Nel momento in cui le nostre risate si affievolirono ci guardammo per interminabili secondi e d’istinto mi alzai in punta di piedi e la baciai tenendola per il collo. Lei fu sorpresa dal mio gesto e mi tenne per i polsi. Proseguii a baciarla e finalmente socchiuse la bocca permettendomi di assaporarla. Le nostre lingue si toccarono e si cercarono come non mai. Era da più di un anno che non accadeva una cosa del genere tra noi. Sentire le sue mani stringere i miei fianchi fu bellissimo. Il suo sfiorarmi era delicato e i suoi baci sempre carichi di dolcezza.

 

Continuavo a prenderla e a stringerla più verso di me fin quando le mie mani furono decise ad andare verso la camicetta che cominciai a sbottonare. Le mie dita sfiorarono la sua pelle calda del petto e incessanti brividi attraversarono tutto il mio corpo. Mi staccai dalle sue labbra concentrandomi sulla sua cicatrice che aveva sul collo. La percorsi tutta accarezzandola e lei si lasciò toccare non togliendomi mai gli occhi di dosso.

 

Era eccitata ed io con lei.

 

Osservai la sua cicatrice, poi guardai le sue labbra e tornai a baciarla famelica.

 

Subito dopo le mie mani scesero sulla sua cintura pronte a slacciarla, ma lei anticipò il mio movimento mettendo le sue mani sopra le mie.

 

Mi tirai subito indietro.

 

“Scusa.” mi chiese tenendomi le mani.

 

“E’ che non sono ancora pronta.” aggiunse non sentendosi ancora a suo agio con il suo fisico.

 

Ad un tratto realizzai che forse avevo un pò esagerato.

 

“No, sono io che devo scusarmi, non so cosa mi sia preso.” chiusi gli occhi mettendo una mano sulla fronte e l’altra su un fianco.

 

Lei si ricompose e tornò ad abbottonarsi la camicetta.

 

Nel breve silenzio decisi che forse la scelta migliore era quella di andare via.

 

“Forse è meglio che io vada. Avevo promesso a mia nipote che le avrei letto un racconto prima di andare a dormire.” le dissi afferrando la giacca dall’appendiabiti.

 

Lei mi osservò dispiaciuta della mia decisione.

 

“Va bene.” disse dolcemente. Mi sporsi per afferrare la sciarpa ma lei fu più veloce di me. La prese e cominciò ad arrotolarla attorno al mio collo.

 

Era la stessa sciarpa che indossai la prima volta che la baciai nel suo ufficio.

 

Imbarazzata glielo lasciai fare. Il mio viso si colorò di un rosso vivido ripensando anche a quel ricordo.

 

Mi sorrise.

 

“Sicura di voler guidare?” mi chiese con premura.

 

“Sto bene.” la rassicurai.

 

Mi accarezzò il viso ed io mi sciolsi del tutto.

 

“Allora ci vediamo.” mi ritrassi dal suo tocco. Dovevo andar via.

 

“Ci vediamo.” disse permettendomi di uscire.

 

Tornata a casa mi salì il senso di colpa. Prima di fare qualunque cosa doveva sapere ciò che era successo. Mi maledii nell’averla baciata, ma ormai il danno era stato fatto.

 

NICOLE:

 

Da quando Weaverly era venuta a cena a casa mia, pian piano tornai ad innamorarmi di quello splendido visino che non lasciava mai in pace le mie fantasie.

 

Ogni giorno prima di recarmi nel mio ufficio andavo nel suo posto di lavoro con la speranza di vederla e di parlare con lei ma puntualmente la sentivo distante e fredda cosa che mi preoccupò molto a tal punto da volerle organizzare una sorpresa nel nostro vecchio posto che lei tanto amava. Ormai ero decisa e pronta nel voler stare con lei.

 

Entrai in questo piccolo negozio che vendeva ogni genere di cose. Cominciai a pensare a cosa prepararle ed afferrai più oggetti possibili elaborando delle idee. Presi alcune candele e delle lucette di colore bianche da addobbo. Nel mentre sceglievo fui sorpresa di vedere la figura di Wynonna davanti a me intenta a scegliere roba per bambini.

“Wynonna!” esclamai e lei si voltò verso di me non dandomi più le spalle.

 

“Nicole!” mi salutò. Ormai anche a lavoro ci vedevamo di meno dato che lei era sempre di pattuglia.

 

“Cosa ci fai qui?” le domandai curiosa.

 

“Sto scegliendo un peluche per mia figlia. Volevo farle un regalo.” disse.

 

“E tu?” aggiunse poco dopo e a quel punto fui costretta a dirle cosa stavo organizzando.

 

Osservai gli oggetti che avevo tra le mani e sorrisi.

 

“Sto organizzando una sorpresa per Weaverly, ma io non ti ho detto nulla.” la rimproverai poco dopo.

 

Inizialmente fu entusiasta ma la sua espressione si spense poco dopo.

 

“Ho capito.” mi rispose.

 

La guardai stranita.

 

Rimanemmo un altro pò a parlare fin quando di fretta e furia mi salutò lasciandomi lì con alcuni dubbi per la mente.

 

WEAVERLY:

 

Feci sedere la piccola Alice a tavola pronta per assaporare la cena che avevo preparato con tanto amore. Wynonna non fece altro che fissarmi per tutta la sera quasi rendendomi nervosa.

 

“Mi spieghi che hai? E’ tutta la sera che mastichi chewing gum e mi osservi senza dire nulla.” le dissi nervosa.

 

“Nicole lo sa?” mi chiese e a quel punto alzai la testa sgranando gli occhi.

 

“Cosa c’entra adesso?” le chiesi. Sistemando meglio la sedia alla piccola.

 

“Non gliel’hai detto.” Questa volta guardò attraverso la finestra. Aveva qualcosa da dirmi ma non disse nulla.

 

Mi precipitai verso di lei.

 

“Mi dici cosa c’è da sapere?” mi misi le mani sui fianchi.

 

“Gliel’hai detto?” mi ripete.

 

“No, non l’ho fatto.” Ero infastidita.

 

“Allora dovresti.” non aggiunse altro.

 

“Quando sarà il momento glielo dirò.” tornai a sentirmi in colpa.

 

Deglutii.

 

“Dovresti sbrigarti.” guardò di nuovo la finestra.

 

“Mi spieghi perché cavolo mi stai mettendo fretta?” le domandai impaziente.

 

“Nicole sta organizzando una sorpresa per te e credo sia decisa nel fare quel passo avanti.” Me lo disse scendendo dal ripiano della cucina e oltrepassandomi.

Io rimasi a bocca aperta e non ebbi nemmeno il coraggio di chiederle come lo sapesse.

 

Come aveva detto Wynonna, Nicole aveva seriamente organizzato una sorpresa per me e senza oppormi fui costretta a seguirla.

 

Desideravo più che mai trascorrere del tempo insieme a lei ma nello stesso tempo ripensavo a ciò che mi aveva detto mia sorella.

 

“Dove stiamo andando?” le chiesi dal lato del passeggero mentre Nicole guidava rispettando le segnaletiche.

 

“Adesso, lo vedrai. Non essere cosi impaziente.” mi rispondeva sempre con dolcezza.

 

La osservai con la coda dell’occhio.

 

Quella sera era tremendamente bella.

 

Tornai a guardare la strada e capii subito di cosa si trattasse. Spalancai la bocca e lei mi sorrise.

 

“Si, stiamo andando in quel posto.” disse capendo la mia reazione.

 

Il posto di cui parlava era uno dei miei preferiti dove mio padre portava me e mia sorella da piccole. Era un lago ghiacciato con uno scorcio incantevole. 

 

Pensai subito a quanto fossi fortunata ad avere accanto una persona così premurosa, sempre pronta a sorprendermi. Cercai di non pensare a nulla.

 

Arrivate a destinazione, Nicole parcheggiò la macchina e in lontananza notammo subito il panorama. Il sole stava per tramontare e la luce giallo arancio rifletteva sull’acqua ghiacciata conferendole un colore d’orato. Il tutto fu completato da una serie di lucette attaccate su due alberi vicino la sponda e delle piccole candele che segnavano il percorso verso la riva.

 

Scesi dall’auto estasiata.

 

Senza dire nulla presi a percorrere lentamente quella strada segnata dalle piccole fiammelle fino ad arrivare davanti un pic nic improvvisato su una coperta.

 

Mi fermai e sentii Nicole arrivare da dietro subito dopo di me.

 

“E’ meraviglioso. Sono senza parole.” le dissi guardando ogni singolo dettaglio preparato da lei. Le mani strette in un pugno per cercare di stemperare il freddo.

 

“Tu sei meravigliosa.” mi rispose e lì mi mancò il respiro.

 

Mi voltai con il cuore in gola e lei era là, di fronte a me che mi sorrideva.

 

Da quel momento passammo una delle serate più belle della mia vita dove provai emozioni del tutto diverse. 

 

Tra una chiacchiera e l’altra, seduta l’una di fronte l’altra a mangiare alcune prelibatezze mi strinsi nelle spalle in cerca di calore. Lei lo notò subito e prontamente si alzò in piedi andando verso la macchina.

 

“Aspetta, ho una giacca in più dentro la macchina.” disse.

 

Le sorrisi e lei tornò subito poco dopo con la giacca del dipartimento di polizia. Con mia sorpresa la posò sulle mie spalle e me l’avvolse, poi si sedette dietro di me allargando le gambe e permettendomi di stare in mezzo. Cinse le sue braccia intorno a me ed io mi feci cullare dal suo abbraccio.

 

“Va meglio?” mi chiese dopo qualche minuto.

 

“Si.” le dissi ormai presa dall’imbarazzo.

 

“Nicole?” la chiamai, voltandomi dietro verso di lei. La vicinanza tra noi due aveva oltrepassato il limite. I nostri nasi si sfiorarono appena.

 

“Mmh..” fece un cenno per farmi capire che era li per ascoltarmi. Mi strinse più forte.

 

Quando i nostri sguardi s’incrociarono non ebbi più il coraggio di fermare quel momento magico.

 

Avevo tante cose da dirle ma mi morirono in gola.

 

“Io…” iniziai a parlare ma lei mi zittì di colpo portando una mano sopra la mia guancia. Il pollice sfiorò le mie labbra.

 

“Shh, non parlare. Godiamoci questo momento.” disse non staccando gli occhi dalle mie labbra. Ed è lì che annullò le distanze. Mi baciò con lentezza quasi fosse inesperta. Mi sfiorò più volte prima di approfondire il bacio. Le luci ad intermittenza illuminavano i nostri visi e chiudendo gli occhi mi feci trascinare da quel forte sentimento che mai aveva cessato di esistere.

 

Mi accoccolai sul suo petto continuando a baciarla. Ebbi persino la prontezza di afferrare il suo viso tra le mani e accarezzarle i capelli sciolti. 

 

Rimanemmo strette e avvinghiate per un lungo tempo senza dire nulla, dato che i nostri cuori avevano già parlato per noi.

 

Il mattino seguente mi precipitai a lavoro con qualche minuto di ritardo. In fretta e furia mi vestii ancora sconvolta dalla sera prima. Non optai per nessuna acconciatura. Lasciai i capelli sciolti, mi misi la giacca e corsi alla macchina il più veloce possibile.

 

Arrivata al locale, scesi dall’auto e percorrendo il lungo marciapiede cominciai a rovistare nella borsa in cerca delle chiavi del locale. Quel giorno avrei dovuto aprire io.

 

Senza che me ne accorgessi davanti a me apparve Nicole in divisa. Alzai lo sguardo e la vidi.

 

Mi venne un colpo.

 

“Wave.” Mi chiamò con un sorriso. Non sentivo da parte sua chiamarmi così da molto tempo.

 

“Ehi.” dissi sorpresa.

 

Era così sexy nella sua nuova divisa.

 

“Pensavo che il locale fosse già aperto.” mi disse con una mano sulla cintura e l’altra con il pollice alzato, indicando l’entrata.

 

“Si…” iniziai a balbettare “…mi sono svegliata tardi e ho fatto più veloce che potevo.”

 

Lei annuì con la testa tornando a sorridere.

 

Conosceva bene il mio motivo del ritardo, dato che la sera prima eravamo rientrate a tarda notte.

 

Improvvisamente accade ciò che non avrei voluto. Rosita sbucò dal vicolo adiacente il bar già con il grembiule addosso.

 

Ci osservò da lontano venendoci in contro. Io e Nicole guardammo nella stessa direzione scrutandola.

 

“Rosita, che ci fai qui?” chiesi nel panico.

 

“Ho aperto io il locale. Alla fine ho visto che non arrivavi e ho provveduto. Ho già buttato la pattumiera.” mi rispose stizzita.

 

Nicole mi guardò come se avessi combinato un bel guaio.

 

“Ciao, Nicole.” salutò lei leggermente infastidita.

 

“Rosita.” la chiamò in segno di saluto, inarcando le sopracciglia, data la sua strana reazione.

 

Questa volta portò entrambe le mani sulla cintura mostrando tutta la sua autorità.

 

Rosita a quel punto mi fissò.

 

“Hai intenzione di venire a lavoro oppure devo ancora fingere che vada tutto bene?” A quelle parole sgranai gli occhi fulminandola con lo sguardo. Non era proprio il caso di iniziare una discussione davanti a Nicole.

 

“Non gliel’hai ancora detto.” disse sconvolta senza voler più reggere quella situazione.

 

Nicole rivolse prima l’attenzione su di lei e poi su di me non capendo più nulla.

 

“Cosa devo sapere?” chiese.

 

“Nulla.” intervenni.

 

“Io ora devo andare.” le dissi abbassando lo sguardo. Corsi all’interno del Shortys bar senza voltarmi.

 

Ero amareggiata.

 

Rosita mi seguì a ruota ed entrambe lasciammo Nicole a bocca aperta.

 

Una volta all’interno buttai la giacca e la borsa sopra il bancone.

 

Ero furiosa.

 

“Spiegami perché cavolo te ne sei uscita in quel modo.” le dissi con rabbia.

 

“Credevo che dopo tutto questo tempo gliel’avessi detto che ci frequentiamo.” A quell’ultima parola non fui molto d’accordo. Lei lo lesse dalla mia espressione.

 

“Ah, non è così? Con chi sono stata allora? Con un’altra Weaverly?” mi chiese, slacciandosi il grembiule e dirigendosi all’altro lato del bancone.

 

Mi misi nella mia solita posa, con le mani lungo i fianchi.

 

“Non sto negando questo, ma devi capire la mia situazione.” Portai una mano sulla fronte.

 

“La tua situazione?” corrucciò le sopracciglia. “Ti ho lasciata il più libera possibile. Sei andata con lei a Toronto, pur andando contro la mia volontà, ti sei presa la briga di accettare il suo invito a cena, è sempre qui come se non fosse mai cambiato nulla. Mi spieghi come mi devo comportare?” Alzò troppo la voce e in quel preciso istante Rosita alzò gli occhi verso l’entrata. Si ammutolì di colpo.

 

Ero di spalle. Mi voltai seguendo il suo sguardo e ciò che vidi mi ferì nel profondo.

 

Nicole era lì, sopra i tre gradini che separava l’entrata dal locale. Ci guardava sbalordita e nello stesso tempo delusa.

 

Il mio cuore cominciò a pulsare velocemente. Non avrei mai voluto arrivare fino a quel punto.

Nicole non perse tempo. Uscì dal locale senza nemmeno rivolgermi uno sguardo.

 

“Nicole.” la chiamai cercando di fermarla.

 

Non mi misi nemmeno la giacca. 

 

Stavo per uscire fuori quando Rosita parlò di nuovo.

 

“Sai cosa c’è?” alzò di nuovo la voce per farsi sentire. Le rivolsi per un attimo l’attenzione.

 

“Io non potrò mai competere con lei.” disse quasi in lacrime.

 

Mi dispiaceva da morire ma non potevo farci nulla. Avrei dovuto solo avere il coraggio di parlare prima.

 

“Mi dispiace.” Le dissi tra le lacrime ed uscii fuori dal locale. 

 

La paura di perdere Nicole era più forte di qualunque altra cosa.

 

Una volta fuori la vidi a qualche metro di distanza, pronta già a salire in auto. La chiamai più volte ma non si girò.

 

Salii dal lato del passeggero senza il suo consenso e lei mi guardò malissimo.

 

“Scendi dalla macchina.” mi disse guardando dritta davanti a se.

 

“No, lascia che ti spieghi.” le risposi infreddolita.

 

“Non voglio sentire spiegazioni. Per favore scendi dalla macchina.” Non voleva ripeterlo.

 

“No.” mi puntai. Finalmente riuscii a conquistare i suoi occhi che mi guardavano con rabbia.

 

Sospirò stringendo la mascella e allargando leggermente il naso.

 

Ci fu qualche minuto di silenzio. 

 

“Ora capisco perché non mi hai mai risposto quando ti chiedevo cosa avessi fatto durante il tempo che ero in coma.” aggiunse, scuotendo la testa.

 

“Non è come pensi.” cercai di trovare una giustificazione ma la mia cazzata era palese.

 

“Ah no? Pensi che sia stupida? Pensi che non l’abbia notato o capito che qualcosa non andava?” adesso era seriamente arrabbiata.

 

I suoi occhi erano diventati di colore scuro.

 

“Non penso che tu sia stupida.” non sapevo che altro dirle. Abbassai la testa colpevole.

 

“State insieme?” mi chiese dopo averci riflettuto.

 

Dovevo dirle la verità.

 

“E’ successo qualcosa tra di noi, ma non è mai stata definita come una relazione. Posso solo dirti che mi è stata molto vicino quando ne avevo bisogno.”

 

Lei annuì non rivolgendomi lo sguardo.

 

“Perché non me l’hai detto prima? Non mi sarei mai comportata in quel modo, nemmeno davanti a Rosita.” mi disse riferendosi al fatto di flirtare con me davanti a lei.

 

Era cosi premurosa e nonostante i miei errori si preoccupava anche di Rosita che in quel momento era diventata la sua rivale.

 

“Mi sono comportata male e questo non me lo perdonerò mai.”

 

Mi sentii una stupida.

 

Nicole mi guardò con dolcezza ma non volle aggiungere altro.

 

“Io devo andare a lavoro.” mi disse accendendo la macchina.

 

La conoscevo molto bene. Non voleva piangere davanti a me.

 

Mi limitai solo ad annuire e la lasciai andare.

 

Da quel giorno non ci sentimmo per buone due settimane. Non si presentò ne al locale e ne la incontrai nel suo ufficio.

 

Ogni volta che uscivo i miei occhi vagavano in cerca di lei, ma pensai che probabilmente aveva avuto solo il bisogno di riflettere senza essere influenzata.

 

Con Rosita le cose fortunatamente furono chiarite e ora mi ritrovai nuovamente al bar a parlare tranquillamente con lei.

 

“Dovresti provare ad andare da lei.” mi disse poggiando a terra una cassetta con bottiglie vuote.

 

“Non lo so.” le risposi pensierosa.

 

“Lo sai che da parte di Nicole, per te, la porta è sempre aperta.” mi rassicurò.

 

Dopo tutto quello che avevo combinato, Rosita c’era sempre per me. Sapeva in cuor suo che non avrebbe mai avuto una possibilità con me, per questo mi aveva lasciata molta libertà con Nicole. Dovevo solo avere il coraggio di capirlo e mettere in chiaro la situazione, ma puntualmente per paura scappavo.

 

Ora che le cose si erano sistemate non mi restava altro che tentare e provare solo a seguire il mio cuore.

 

Passati una ventina di giorni decisi che era arrivato il momento di andare da lei. Presi coraggio e bussai alla sua porta con la speranza che fosse lì.

 

Fortunatamente c’era e nel momento in cui la vidi non riuscii neanche a dire una parola. 

 

Fui ammaliata dalla sua costante bellezza e il mio cuore cominciò nuovamente a battere forte.

 

Anche lei aveva il respiro leggermente più alto. Era da un pò che non ci vedevamo.

 

Ci fissammo per interminabili secondi fin quando lei, senza dire nulla, mi fece cenno di entrare.

 

Nel momento in cui misi piede nella sua dimora oltrepassandola da sotto il braccio chiuse la porta.

 

Si girò di scatto e senza farmi parlare mi baciò.

 

Non capivo esattamente cosa stava succedendo ma mi concessi senza esitazioni.

 

Le cinsi il collo con le braccia continuando a baciarla e lei guidata dall’istinto mi prese in braccio portandomi verso la sua camera da letto.

 

Mi adagiò sul letto e facemmo l’amore come se fosse la prima volta. Lei sempre dolcissima e io attenta per paura di farle male alla gamba. Mi sorrise quando ebbi quel pensiero. La sentivo sicura sotto la mia stretta.

 

Era pronta.

 

Quel pomeriggio non parlammo per niente e una volta terminato quel tenero momento la strinsi più forte per paura che scappasse via da me. Avevo la testa poggiata sul suo petto e lei di tanto in tanto mi lasciava dei baci sul capo in segno di affetto.

 

“Mi sei mancata da morire.” mi uscii dalla bocca senza pensarci.

 

“Anche tu.” mi rispose baciandomi ancora e ancora.

 

Ero così minuta fisicamente rispetto a lei che mi cinse le braccia coprendomi completamente. Alzai il capo e la guardai negli occhi.

 

“Vorrei rimanere qui per sempre.” Ora stavo facendo la parte della sdolcinata.

 

Lei rise di gusto mostrando il suo sorriso in tutto il suo splendore. 

 

“Adoro quando fai la parte della sdolcinata.” mi disse mettendo una mano sotto il mio mento e tirandomi su verso di lei.

 

Baciò le mie soffici e piccole labbra.

 

Persa in quel tocco le accarezzai la guancia.

 

Non volevo scendere da quel letto.

 

Il telefono prese a squillare ed entrambe ci staccammo di malavoglia. Mi sporsi andando sopra di lei ed afferrai il mio cellulare che avevo lasciato sul comodino tempo prima.

 

“E’ Wynonna.” le dissi. Cominciai a digitare un messaggio.

 

“Ma tua sorella arriva sempre nei momenti meno opportuni?” mi rispose e insieme ridemmo di gusto.

 

“Non sarebbe mia sorella.” e le lasciai un bacio frettoloso.

 

Non avrei mai più rinunciato al tempo trascorso con Nicole e da quel giorno tutto andò per il verso giusto tornando finalmente ad avere quella complicità che avevamo perso.





FINE
  
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