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Autore: Always_sisters    19/06/2009    2 recensioni
Sullo sfondo di una Parigi in cui nemmeno la figura imponente di Note-dame riesce più a mantenere l'ordine, le vite di due ragazzi molto diversi finiranno per intrecciarsi fra loro in seguito ad un tragico evento.
Questa ff è una rivisitazione del classico di Victor Hugo: "il gobbo di Notre-dame". Per maggiori dettagli guardare all'interno^^
AVVERTENZA: fanfic sospesa fino a settembre. Ci scusiamo per l'inconveniente^^"
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: L, Light/Raito
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Prefazione: Partiamo dal concetto che questa fic è nata in maniera alquanto bizzarra; in poche parole è frutto di un qualche delirio, quindi non aspettatevi nulla di che. La nostra idea è quella di fare una rivisitazione del classico di Victor Hugo: "Il gobbo di Notre-dame". Tuttavia, è opportuno precisare alcune cose:
1) essendo una rivisitazione, la trama non segue fedelmente le vicende del libro, ma ne prende solo ispirazione.
2) Suddetta storia non si ispira soltanto al classico, ma anche al film disney e ad altre fonti
3) la storia, invece di essere ambientata nel 1482 è ambientata in un avanzato 1800
4) essendo delle frane in storia, avrete l'opportunità di morire dalle risate o dall'orrore (a vostra scelta XD) assistendo ad una quantità sproporzionata di anacronismi.
5) eccetto per i personaggi, la storia non si ricollega a death note
6) in conclusione di questa infinita lista che vi starà sicuramente snervando, per evitare incomprensioni, volevamo avvisare che Light si dovrebbe ispirare al personaggio di Frollo, mentre L dovrebbe ricondursi a quello del gobbo.
7) YAOI perevisto! Siete stati avvisati XD
Detto questo,finalmente (XD) buona lettura^^


Nel tempo delle cattedrali
-capitolo 1-



Non riusciva ancora a capacitarsi di quanto la vita, in un solo batter di ciglio, potesse cambiare radicalmente, trasformandosi in qualcosa di inimmaginabile fino a qualche attimo prima. Difatti, gli sembrava a dir poco irreale il fatto di trovarsi a condividere un simile delicato momento con un individuo che, nonostante gli anni trascorsi nella stessa dimora, gli sembrava un totale sconosciuto.
Per di più, estremamente bizzarro.
Il ragazzo in questione, appena diciassettenne, era appollaiato su una delle sfarzose sedie del salotto e, rifugiandosi sempre di più in quella nicchia creatasi fra il suo petto e le ginocchia premute contro di esso, lo guardava incuriosito, la testa leggermente reclinata contro la spalla. Per quanto lui stesso non potesse fare a meno di sentirsi alquanto interessato a quella nuova figura entrata a far parte della sua vita, trovava quasi irrispettosa la naturalezza dei gesti di quel nuovo compagno. A dire il vero, nemmeno lui, che era addirittura il figlio dei defunti, riusciva a sentirsi addolorato, o quantomeno coinvolto in quella tragedia; tuttavia, non sopportava il fatto che colui che magnanimamente era stato accolto dai suoi familiari non si struggesse per l'accaduto.

Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto dalla mano affusolata e pallida del ragazzo che si allungava ad afferrare avidamente i biscotti che una cameriera aveva portato poco prima, adagiati accanto ad un paio di tazze colme di un rassicurante e fumante thè. L'irritazione del ragazzo, a quel punto, non potè più essere contenuta:

-Ti sembra forse il momento di mangiare? - disse acido

-E' successo una settimana fa.

-Beh, non è comunque il caso di sminuire il tutto. Anche se, a giudicare dal tuo comportamento l'evento è per te del tutto irrilevante.

-Vorresti forse dire che per te è differente?

-Cosa intendi?

-Quante lacrime hai versato fino ad ora, Light? - chiese L, introducendosi in bocca un dolcetto, e biascicando le parole tra un morso e l'altro.

Il ragazzo rimase un attimo basito all'udire quelle parole, non sapendo bene cosa rispondere. Aveva cominciato a conoscere quella specie di fratellastro da appena qualche minuto, e già avrebbe voluto vederlo sparire.

L, notando l'esitazione del compagno, si lasciò sfuggire un sorriso soddisfatto mentre nuovamente allungava con lentezza , quasi ad enfatizzare il gesto, una mano
verso il vassoio.

-Sarò io a dovermi occupare di te, d'ora in poi - disse, trovando opportuno cambiare discorso

-Una buona occasione per conoscerci?

-No. E' solo un dovere.

-E cosa ti obbliga?

-...i miei genitori.

-Sono morti, Light - disse l'altro impassibile.

-E' proprio questo il punto- rispose l'altro, gongolando di una soddisfazione puerile nell'aver azzittito il suo interlocutore.Percepiva il dolore quasi come un elemento marginale, come fosse stato un inutile accessorio rispetto alla soddisfazione derivante anche solo da pochi minuti di un sottomesso silenzio proferito da L. Tuttavia, svanita quella piacevole sensazione, gli bastarono pochi attimi per realizzare l'effettiva situazione: lui, da quel momento, era davvero divenuto responsabile del destino di quel giovane ragazzo con cui non aveva avuto mai nulla a che fare e con cui mai avrebbe voluto rapportarsi.
Dopotutto, era un comune gitano, come quei disperati che affollavano le strade di Parigi e che, invano, invocavano la pietà di Notre-dame.

I minuti trascorsero avvolti da un consapevole silenzio, talmente gravoso per quelle due figure, da incurvare ancor di più la schiena di L, come fosse stata schiacciata da un enorme macigno. Light, osservando quella figura, ingobbita dagli eventi di una vorticosa vita, si ritrovò a considerarsi quasi grato della presenza del più giovane. Non che avesse un animo filantropico come quello dei suoi genitori, e nemmeno gli interessava particolarmente di lui. Semplicemente, privato della sua famiglia, si sentiva quasi svuotatato di qualcosa, e questo, più che causargli dolore, animava in lui un moto di enorme fasitdio a cui solo un appiglio come quel gitano poteva porre rimedio.Occuparsi di lui in quell'istante sembrò quasi essere l'unico scopo della sua vita, l'unica fonte di salvezza da un baratro di insopportabile monotonia.

Quasi l'avesse fatto apposta, L interruppe nuovamente i suoi pensieri, alzandosi delicatamente dalla sedia e avvicnandosi al davanzale dell'imponente finestra che dava sulla piazza. I suoi profondi pozzi neri vagavano attenti su ogni piccolo angolo di quel luogo frenetico e nuovo, guizzando vivi e curiosi, volenterosi di conoscere qualcosa mai visto. E fu allora che il più grande realizzò che non avrebbe mai potuto permettere qualcosa di simile. Non avrebbe mai potuto permettersi di perdere anche lui e scivolare definitivamente nel nulla.

-Pensi forse che vi sia qualcosa d'interessante lì fuori? O quantomeno meglio di questo posto?

-Non è forse così?

Rise di gusto, quasi trattenendo le lacrime.

-qui hai un rifugio e tutto ciò che puoi desiderare. Cosa pensi di trovare là fuori?

-Io...non so...

-appunto. Credimi, non ne vale la pena.

-Perchè non lasci che sia io a giudicare?

Per un attimo, fu quasi tentato di porgli un secco divieto, di stabilire nuovamente la sua tanto decantata superiorità su di lui. Ma poi, soffermandosi su quello sguardo freddo e al tempo stesso impertinente, si rese conto che sarebbe stato come regalargli una vittoria sicura. Così, invece di gettarsi in un'avventata risposta, sorrise caldamente.

-Sei libero di farlo. Ma una volta fuori chi pensi che si prenderà cura di te? Credimi: la pietà, il mondo là fuori non la conosce.

L'altro rimase immobile per qualche attimo, per poi abbassare la testa impercettibilmente. II sorriso di Light crebbe a dismisura, divendendo quasi rassicurante.

-Sei un gitano, L; nessuno ti vuole. Ma non ti preoccupare: io mi prenderò cura di te.

E così dicendo, abbandonò la stanza, sentendo lo sguardo dell'altro indugiare sulle sue spalle, quasi riconoscente.

***

Light, in quanto uno dei nobili più influenti di tutta Parigi, aveva preso, da alcuni mesi a quella parte, o, per meglio dire, dal decesso dei suoi genitori, l'abitudine di frequentare alcuni dei personaggi più importanti della città, e, quindi, di occuparsi di politica. Come se ciò non bastasse, avendo ricevuto un'educazione cattolica, frequentava assiduamente Notre-Dame, cercando un capro espiatorio per giustificare le sue colpe e tutte quelle dei suoi concittandini. Perciò, passava spesso del tempo fuori dalla dimora, per poi venire avvolto da un caloroso senso di tranquillità una volta che vi aveva rimesso piede. E' da ammettere che parte di quella piacevole sensazione era dovuta alla presenza di L.

Una sera, rientrato poco prima del tramonto, trovò il compagno ad aspettarlo seduto sulle scale interne dell'ingresso, accovacciato nella solita posizione, mentre si mordicchiava freneticamente il pollice. I suoi gesti tradivano una certa impazienza, quasi come se avesse passato l'intero pomeriggio ad aspettarlo, ma al tempo stesso apparivano contenuti, nel tentativo di non darlo a vedere. Light sorrise a quella scena, mentre Watari, uno dei suoi più fedeli e dediti maggiordomi, gli sfilava di dosso il cappotto, per poi esibirsi in un lieve inchino. Nel frattempo, il ragazzo, facendo scivolare le ossute mani nelle tasche dei suoi umili jeans, si diresse verso il compagno, in un tentativo rudimentale di accoglierlo.

-Buonasera L

-Buonasera Light. Stanco?

-Più che altro affamato - rispose l'altro sbuffando.

- mi unisco volentieri a te per la cena- concluse L.

Accomodati a tavola, servita la cena, presero a mangiarla di buona lena, anche se Light, delle volte, si trovava a dover reprimere qualche risatina nell'osservare la mania per dolciumi dell'altro: infatti, era già alla terza fetta di torta e, le due povere dita che utilizzava per impugnare la forchetta, apparivano ormai esauste e tremolanti.

-La situazione tra i gitani e la chiesa non cambierà, vero? - chiese ad un tratto.

-Non saprei, L. Non tutti loro sono brave persone: creano innumerevoli disordini e Parigi non può sopportare una simile situazione. Vanno repressi.

-Ma...

-Non tutti sono come te, inutile prendere le loro difese. Tu sei diverso.

L'altro chinò il capo, titubando prima di addentare il boccone successivo.
Light, dal canto suo, non era affatto soddisfatto quando l'amico gli poneva domande simili. Avrebbe preferito che semplicemente ignorasse qualsiasi cosa accadesse al di fuori. Ma, avendo imparato che reprimere la curiosità di L portava soltanto ad una reazione ostile da parte di questo, aveva cominciato a concedergli qualche piccola notizia sulla vita Parigina, badando che lui si accontentasse solo di ciò, senza indagare ulteriormente.

-Sai, ho sempre trovato buffa la tua passione per i dolci!

-E perchè? tu hai sempre avuto un'ossessione per le mele! - disse in tono ovvio.

-Beh, le mele fanno bene.

-Anche i dolci!

-Certo...e come? facendoti venire la carie?

-No...lenendo le pene dell'animo

-filosofico!- esclamò Light, annegando nel suo stesso sarcasmo.

Finita la cena, si trasferirono, come di consueto, nel salotto, per leggere un buon libro. Si adagiarono sul divanetto, l'uno accanto all'altro.
Durante gli innumerevoli momenti che condividevano, non potevano fare a meno di notare come le loro occhiate si facessero poco a poco più intense, quasi a portare un lieve alito di imbarazzo quando si trovavano a fissarsi anche solo incuriositi l'uno dall'altro. E questo accadeva soprattutto quando, immersi in intrepidi duelli di chissà quali paesi e tempi lontani, osavano sollevare gli occhi dal libro per scrutarsi. Si beavano della semplicità di quei momenti, senza trovare la necessità di fare altro, nè di comprenderne il perchè.

D'improvviso, Watari entrò nella stanza e si avvicinò a Light, sussurrandogli qualcosa all'orecchio. Qualunque cosa fosse, il ragazzo ne rimase sconvolto, tanto che, spalancati gli occhi, si alzò bruscamente e lasciò la stanza in tutta fretta, senza proferire parola.
L abbassò il libro, osservando basito la scena e ricercando sul volto dell'anziano signore una qualche spiegazione. Tuttavia, quello si limitò a dire:
-il signorino sistemerà tutto.

Nel frattempo, il suddetto, arrivato nel suo studio, afferrò con rabbia il telegramma adagiato sulla sua scrivania, leggendo le righe con una furiosa frenesia. Ciò che aveva temuto si stava realizzando: persino  Notre-dame aveva perso il controllo di ciò che stava accadendo, e ora che la confusione creata da quel pugno di miserabili stava strozzando Parigi in una morsa feroce, il destino dell'intera città era nelle sue mani.              
  
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