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Autore: lucille94    20/09/2017    0 recensioni
Bois-Guilbert è a terra, immobile, nel fango di Templestowe. Ma non è ancora la fine...
Il mio vuole essere un sequel di Ivanhoe incentrato sulle vicende di Rebecca (e Bois-Guilbert) dopo il duello a Templestowe. Perché non dare una seconda possibilità a questi due inguaribili orgogliosi? E' quello che intendo fare! Perciò, dopo Templestowe seguiranno altre avventure... Perché Bois-Guilbert non è affatto morto. E Rebecca dovrà farsene una ragione.
Genere: Avventura, Drammatico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Rebecca si sentiva terribilmente vulnerabile e tuttavia rispose ai suoi occhi fissi con uno sguardo altrettanto intenso.
«Io, Brian de Bois-Guilbert, sono il primogenito di Vincent de Bois-Guilbert. Nacqui quando mio padre era un vassallo potente, un nome grande in tutta la Normandia. Mia madre era francese, imparentata con la famiglia di Philippe II. Nelle mie vene corre un sangue tra i più nobili di tutta l’Inghilterra. Ma quanto ha contato questo?»
Rebecca stentò, all’inizio, a capire cosa importasse. Ormai credeva che l’avrebbe aggredita e violentata. Invece, Bois-Guilbert si appoggiò alla parete della capanna che stava dietro di lui e distolse gli occhi da lei, puntandoli alla finestrella.
«Dopo di me nacquero un fratello e tre sorelle, poi mia madre si ammalò e non poté più avere figli. La mia vita non fu diversa da quella dei miei coetanei: allenamenti e preghiere soprattutto, perché mia madre aveva una fede molto profonda e voleva che i suoi figli la maturassero allo stesso modo. Tuttavia, io ero il figlio ribelle, il figlio scavezzacollo che sfuggiva spesso alla sorveglianza dei tutori e galoppava solitario nel bosco... Non mi rendevo conto dei pericoli cui mi esponevo, non mi preoccupava l’angoscia in cui lasciavo i miei genitori. Talvolta mi capitò di venire a rissa in qualche locanda e di portare a casa i lividi, e mia madre piangeva perché, in fondo, non ero che un ragazzino. Mio padre cominciò a punirmi sempre più severamente, ma solo per il grande affetto che nutriva per me. Doveva essere orgoglioso di un erede così animoso com’ero io, perché dimostravo di comprendere l’importanza della mia famiglia e del mio ruolo nel regno. Vedeva per me un futuro di gloria e prestigio»
E qui, giù un altro mezzo bicchiere di vino.
«Poi comparve Adelaide nella mia vita. Io avevo vent’anni, lei sedici. Era bella, bionda con occhi azzurri come il cielo d’estate. Una bellezza fuori dal comune, una bellezza fatale si direbbe. Molti avevano già avanzato una domanda di fidanzamento, ma suo padre la teneva per sé in attesa del colpo di fortuna»
Rebecca reclinò il capo, cercando di seguire il filo della storia che sembrava saltare da un estremo all’altro.
«Adelaide non mi amava, non mi ha mai amato – continuò lui – Si è presa gioco di me fin dal principio e mi ha convinto a lasciare ciò che avevo di più caro, mio padre e la mia famiglia. Mi chiedeva la gloria, la fama del suo nome oltre i confini dei regni cristiani. Mi disse di andare in Palestina a conquistare i luoghi santi, a riportarle come pegno del mio amore una reliquia delle più preziose che avessi potuto trovare. Mio padre mi rimproverò duramente, mi chiuse nelle segrete del castello, mi ammonì dicendo che se fossi partito allora non sarei più dovuto tornare. Credeva che fosse la mia ennesima ribellione; non gli dissi che lo facevo per Adelaide»
Si interruppe, si versò un altro bicchiere e ne bevve una sorsata.
«Fu a causa di un’epidemia, fu così che ci conoscemmo. Eravamo giovani, accesi dalla passione, ma lei mi resistette. Diceva che si sarebbe concessa solo a un uomo, a un vero uomo, un uomo non solo ricco come potevo essere io; un uomo famoso. Solo ora mi accorgo di quanto le lodi per la sua bellezza mi confondessero, precipitandomi nel suo intrigo: certo, mi dicevo, una tale beltà si conquista con le armi, con l’onore. Ma non le bastavano le mie vittorie ai tornei, non le bastavano i doni, non le bastava nulla che venisse da me. Lei voleva avere un uomo, diceva. Partii per le crociate di notte, senza farmi scoprire dai servi di mio padre. Le lasciai un messaggio che diceva più o meno: “Parto ragazzo e tornerò uomo, e tu sarai la mia donna”. Feci il mio dovere di soldato, di cavaliere. Pagai i migliori poeti della corte del re di Francia perché componessero le sue lodi e le diffondessero in tutta Europa con le loro rime. Conquistai tesori, corone, titoli... Tornai in Normandia seguito dall’ammirazione dei compagni e dei superiori. E cosa trovo al mio ritorno?»
Si soffermò nuovamente con lo sguardo su Rebecca. I suoi occhi ardevano di rabbia: era la rabbia di dieci anni prima.
«Eccola nel mio castello, vestita come una regina grazie ai doni che io le avevo inviato durante la mia assenza. Aveva un gioiello al collo, un gioiello che veniva da Costantinopoli, fatto interamente d’oro e di pietre preziose. Accanto a lei c’era una nutrice con in braccio un bambino: bello, robusto, biondo. Molto somigliante a me a un anno di età. E sempre accanto a lei, dall’altra parte, vidi che sedeva un giovane. Suo marito, ovviamente»
Non riuscì a continuare; lo sguardo infuocato di rabbia si spense nelle lacrime che cominciarono a solcare le sue guance. Rebecca, ritratta contro la parete opposta, rimase atterrita e spaventata.
«Bevi, Rebecca, bevi» ordinò indicandole il bicchiere ancora pieno di vino. Lei obbedì, ma prese ancora una volta un solo sorso.
«Chi era quel giovane?» domandò con un filo di voce. Temeva di essere stata audace. Bois-Guilbert accennò un ghigno beffardo, poi alzò il bicchiere di legno che rigirava tra le dita: «Bevi tutto il vino, Rebecca. Tutto»
«Perché?»
«Ho detto di bere» ribadì scandendo ogni parola.
Rebecca guardò il bicchiere, ma scosse leggermente il capo. Al suo rifiuto, Bois-Guilbert si levò in ginocchio e la raggiunse muovendosi carponi. Afferrò il bicchiere e glielo portò alle labbra.
«Bevi, Rebecca. Fallo per il tuo bene»
Rebecca aveva il cuore in tumulto, cercò di sottrarsi ma lui, con la mano libera, le cinse le spalle; poi le premette il bicchiere contro la sua bocca e lo inclinò, lasciando che il vino scorresse giù. Rebecca bevve, mentre parte della bevanda cadeva in rivoli lungo il mento e il collo. Quando ebbe bevuto tutto il vino Bois-Guilbert scagliò via il bicchiere. Lei tossì e una vampata di calore risalì le sue guance; in più, lui era ancora accanto a lei e le cingeva le spalle con il braccio.
«Quel giovane era mio fratello, Rebecca. Guillaume de Bois-Guilbert»[1]
 
[1] I lettori del libro ricorderanno che Bois-Guilbert racconta a Rebecca la sua storia d’amore con Adelaide de Montmare durante il loro primo colloquio a Torquilstone. Ho deciso, in questo caso, di seguire il film del 1982: non essendoci nessuna allusione ad Adelaide, ho potuto reinventare questa parte della storia per renderla funzionale alla mia trama... Ho cercato di mantenere gli elementi fondamentali del libro, ma ho voluto dare una svolta molto più tragica al tutto.
   
 
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