“L’odio è un veleno prezioso più caro di quello dei Borgia;
perché è fatto con il nostro sangue, la nostra salute, il nostro sonno e due
terzi del nostro amore.”
(Charles Baudelaire)
Con molta fatica, Selene riaprì gli occhi. La luce del
giorno entrava prepotentemente dalla finestra, illuminando la piccola stanza e
il letto matrimoniale su cui era sdraiata; ci mise qualche minuto prima di
rendersi conto di indossare il suo pigiama e di non avere più indosso la sua
armatura, lasciando in piena vista i suoi tatuaggi. Si stropicciò gli occhi e
riluttante si mise a sedere, spostando dalle gambe il candido lenzuolo; solo
allora si rese effettivamente conto delle fasciature che avvolgevano il polso e
la caviglia destri. I suoi muscoli erano intorpiditi e la testa le doleva,
questo era il risultato dell’abuso di potere e del fatto che ancora non era
padrona delle arti del Buio; pensò per un momento agli avvenimenti precedenti
del giorno prima, ricordava di essere caduta in uno stato di semi incoscienza e
di aver sentito delle parole indistinte del pistolero, infine solo il nero più
assoluto. Sospirò pesantemente, probabilmente avrebbe sentito i rimproveri di
Hadmon che subito si sarebbe operato per sottoporla ad allenamenti intensivi.
Si fece forza e si mise in piedi. La caviglia le doleva ma
fortunatamente riusciva a camminare, così si diresse verso lo specchio di
fronte al letto, posto vicino all’armadio in cui aveva disposto le sue cose.
Guardò la sua figura, aveva i capelli scompigliati e il viso graffiato, il
pantalone corto e grigio del pigiama e la canottiera bianca lasciavano scoperte
le sue lunghe gambe, in particolare il simbolo di Guardiana della Notte, un
dragone nero che si attorcigliava lungo il suo piede e sul cui muso spiccava un
occhio scarlatto. Le braccia nude, dal polso in su erano percorse da simboli
arcaici, ovvero i suoi sigilli. Improvvisamente si soffermò a guardare i suoi
vestiti, indossava l’intimo però una domanda sorse più spontanea di tutte: chi
l’aveva spogliata e cambiata?
Con quel pensiero in testa senza cambiarsi, si diresse verso
la porta, la aprì e lasciò la stanza; zoppicante si diresse verso le scale, e
mantenendosi al mancorrente a fatica, scese ogni singolo scalino. Dalla cucina
sentì alcune voci, così si affrettò, purtroppo però non fece attenzione e inciampò
all’ultimo scalino, cadendo in avanti; improvvisamente alle sue spalle una mano
la afferrò per il braccio e la tirò indietro, facendole riprendere
l’equilibrio. Si voltò aspettandosi di incontrare Hadmon, ma sussultò, spaventandosi
non appena incontrò l’occhio scarlatto di Jhin; la quasi familiare
vulnerabilità accompagnò il momento in cui lo vide, sospirò pesantemente,
passandosi le mani sugli occhi e riacquistando la calma.
-Sembra tu abbia appena visto un fantasma –
disse Jhin con tono derisorio, scrutando il viso pallido di lei e mantenendo la
presa.
-Non ti ho sentito arrivare… – rispose
Selene, percependo il gelo degli artigli dorati dell’altro sulla sua pelle;
proseguì abbozzando un sorriso – ad ogni modo, grazie per avermi afferrata
prima che cadessi-
- Non illuderti, sarebbe stato solo tedioso
averti tra i piedi mentre scendevo le scale, ecco tutto – commentò infastidito
l’altro, la sua armatura si era di nuovo graffiata e appena piegata nell’istante
in cui l’aveva afferrata di getto. Iniziava a odiare quell’effetto che aveva su
di lui.
Detto così, Jhin si avviò lasciandola da sola e voltandole
le spalle; l’espressione dispiaciuta sul suo viso e infastidita fu una vittoria
per lui e questo bastò a sanare i graffi sulla sua corazza. Dal canto suo
Selene, lo fissò allontanarsi e uscire dalla casa, prima mostrava la sua
gentilezza per poi ferirla, non curandosi dei suoi pensieri e prendendosi la
libertà di calpestarla in qualsiasi momento. Sospirò bruscamente e si avviò verso
la cucina, dove vide Hadmon appoggiato al davanzale in marmo intento a leggere
un giornale e Ana, leggere una lettera; non appena varcò la soglia della cucina
entrambi sollevarono lo sguardo.
-Buongiorno, Selene – disse Ana,
sorridendole affettuosamente, adoperandosi subito per prepararle la colazione.
-Ben svegliata – commentò Hadmon, piegando
le labbra in un dolce sorriso, aiutandola a sedersi.
-Buongiorno – rispose Selene, entrambi la
misero di buon umore e subito accantonò l’avvenimento precedente.
-Come è andata la missione di ieri? –
chiese Ana, notando le fasciature e i graffi sul suo viso.
-Abbiamo portato a termine l’incarico,
fortunatamente – rispose Selene, incrociando le braccia sul tavolo.
-Ieri notte mi sono preoccupata quando Jhin
ha bussato alla mia porta, svegliandomi. Non appena ti ho vista svenuta tra le
sue braccia mi sono subito adoperata per le tue ferite e cambiarti vestiti –
dichiarò Ana, dandole un caldo bicchiere di latte e alcuni biscotti, sorridendo
non appena l’altra la ringraziò.
-Anche io mi sono alzato e sono venuto a
vedere che succedeva, ho curato con la magia il tuo polso e la caviglia, adesso
è rimasto solo il livido e un po' di gonfiore – intervenne Hadmon, sedendosi
vicino a lei; non appena la notte precedente aveva visto le labbra sporche di
sangue e la cicatrice incisa aveva capito che aveva usato le arti oscure,
perciò non appena Ana li avrebbe lasciati soli avrebbe parlato privatamente con
la compagna.
-Vi ringrazio per l’aiuto. Quindi sei stata
tu Ana a cambiarmi? – domandò Selene, imbarazzata.
-Si, tranquilla. Ho lavato la tua armatura–
rise Ana, divertita dal suo viso rosso, poi prese la lettera sul tavolo e la
borsa che aveva appeso alla sedia – se mi volete scusare ragazzi io devo andare
a fare alcune commissioni, ci vediamo più tardi –
Detto così Ana si congedò, lasciando soli i due Guardiani
che la salutarono educatamente; mentre mangiava Selene scrutò Hadmon, quella
mattina indossava una maglia bianca dallo scollo largo che lasciavano
intravedere i tatuaggi nonché simboli arcaici sul suo petto; il morbido tessuto
aderiva al suo torace, mentre le maniche tirate su, lasciavano scoperti i suoi
avambracci. Aveva lunghi pantaloni neri, che aderivano ai muscoli delle sue
gambe toniche e alti stivali; un lungo cappotto nero smanicato ricadeva sul suo
corpo, con rinforzi metallici sulle spalle da cui prendevano forma dei piccoli
aculei. Infine i suoi capelli neri erano tirati indietro eccetto qualche ciuffo
che ricadeva sul suo viso. Dalla sua espressione seria comprese che c’erano alcune
cose che voleva chiederle, infatti non appena finì la colazione le disse di
andare a indossare gli abiti che presto gli avrebbe applicato un unguento in
grado di medicarle ulteriormente le ferite, poi le avrebbe dovuto parlare della
battaglia del giorno prima e di alcune questioni importanti. Non appena Selene
ebbe finito di mangiare, andò nella sua stanza, si sfilò il pigiama poi
dall’armadio prese e indossò la sua armatura secondaria ovvero una tutina nera
in pelle, col il collo alto, un ampio spacco sul seno e intrecciata sulla
schiena. Completamente smanicata lasciava in vista i suoi sigilli quindi prese
dei lunghi guanti tagliati sulle dita, con dei rinforzi metallici sulle nocche
e li indossò; si sistemò i capelli in un’alta coda e infine prese un paio di
calzini e un paio di alti stivali neri che avrebbe indossato dopo le
medicazioni di Hadmon.
Una delle doti di Hadmon, erano le magie curative e grazie a
quelle le sue ferite guarivano sempre nel giro di qualche giorno invece che
nell’arco di settimane; tuttavia doveva mantenersi sempre a riposo, qualsiasi
mossa brusca l’avrebbe riportata nelle condizioni iniziali. Date le sue
condizioni e non potendo allenarsi con il dragone, nel pomeriggio sarebbe
andata a fare una passeggiata nella foresta intorno all’abitazione e si sarebbe
rilassata da qualche parte, leggendo. Prima però doveva parlare con Hadmon,
così lasciata la stanza lo raggiunse in cucina, posati gli stivali vicino al
tavolo si sedette accanto a lui. Delicatamente le prese il piede e il polso
destro, le tolse le fasciature e da una piccola boccetta che aveva sul tavolo
prese un unguento dall’intenso profumo di lavanda e glielo applicò sui punti
lividi, finché questo non fu assorbito completamente. Infine le riavvolse le
bende, richiudendo la boccetta e infilandola in una sacchetta attaccata alla
sua cinta.
-Di cosa volevi parlarmi? – chiese Selene,
indossando i calzini e gli alti stivali in pelle.
-Seguimi, non voglio parlarne in casa –
rispose l’altro, alzandosi e dirigendosi verso l’uscita dell’abitazione.
Usciti di casa, si sedettero vicino al piccolo lago sotto un
albero di ciliegio, Hadmon controllò che nessuno ci fosse nei paraggi in
particolare Jhin, poi si preparò a parlare.
-Ieri grazie al tuo amuleto ho percepito che
hai usato le arti del Buio. Selene sai che se abusi di quel potere senza
allenarti a fondo metti a rischio la tua vita – sospirò Hadmon bruscamente,
passandosi la mano destra sugli occhi per poi inchiodarli su di lei – so che
hai richiamato a te Ammit… -
-Non ho avuto altra scelta, era una
situazione critica e non potevo contare su nessuno – ribatté Selene, facendo
spallucce; era dispiaciuta e sapeva che non era stata prudente, perché i suoi
muscoli le dolevano a causa di tutto lo sforzo cui aveva sottoposto il suo
corpo.
-I demoni che te controlli non possono essere
risvegliati senza prudenza, ognuno di loro risponde a Thànatos e rischiare di
richiamare lui significherebbe farti divorare dall’interno – continuò l’uomo,
poi vedendola chinare lo sguardo a terra, le posò la mano sinistra sul capo
sorridendole affettuosamente – se non altro sei stata brava a dominare Ammit,
brava guardiana –
Nonostante sapesse che Selene aveva fatto poca attenzione,
non riusciva ad essere troppo severo con lei; conosceva il fardello che portava
sulle spalle nell’essere la custode del Buio, nessuno era mai stato in grado di
contenere la ferocia e la sete di sangue e distruzione del demone che portava
nel suo corpo. Nessuno dei precedenti guardiani, tra cui sua madre erano mai riusciti
a sfruttare i suoi poteri senza che il mostro ne approfittasse, divorando piano
piano i loro corpi e la loro anima. Thànatos agognava a raggiungere un solo
obiettivo: riavere indietro il suo cuore e nel farlo, il guardiano doveva
stringere con lui un patto di sangue; nessuno ci aveva mai provato e lui non
intendeva lasciarlo fare a Selene, fintanto che la sua compagna non fosse stata
abbastanza forte e padrona nel dominare i demoni dell’oscurità. Da anni
ricercava nei più antichi manoscritti delle Biblioteche dei Guardiani metodi
alternativi per evitare di stipulare il patto e salvarla, tuttavia non aveva
mai trovato alcuna soluzione. Inoltre dovevano fronteggiare coloro che ambivano
a liberare il potere di Thànatos, tra cui la setta di Zwey e con buona
probabilità anche il Demone d’Oro: nel giro di poco tempo ne sarebbe rimasto
affascinato o forse già ne era attratto.
-Quando queste ferite saranno guarite,
riprenderemo ad allenarci… inoltre ieri a Tuula ho scoperto l’esistenza di una
biblioteca, credo che oggi pomeriggio mi recherò lì per continuare le mie
ricerche… – chiese gentilmente Hadmon, appoggiandosi
al tronco dell’albero.
-Hadmon, sai che non c’è alcuna soluzione…
- disse Selene, abbozzando un triste sorriso.
-Io la troverò. So cosa è successo ai tuoi
predecessori e ci deve essere un modo… c’era un guardiano a cui aveva obbedito
Thànatos, l’unico, purtroppo ancora non trovo sue testimonianze. Si dice che
abbia girato i vari continenti in cerca di una risposta e che infine l’avesse
trovata proprio qui a Ionia, quindi non mollerò la presa proprio ora. Non ti
lascerò in pasto a mio fratello- commentò Hadmon, volgendo lo sguardo verso il
cielo azzurro.
-Grazie, Hadmon... lascia che venga con te oggi
pomeriggio – disse Selene, posando una mano sulla sua spalla e appoggiandosi
sul tronco accanto a lui. Appoggiò la testa sulla sua spalla e chiuse gli occhi
rilassandosi.
-No devi stare a riposo Selene, inoltre per
quel che riuscirai devi tenere d’occhio il Demone d’Oro… da stamattina è
scomparso – ribatté Hadmon, incantato dai petali che si adagiavano sul letto
d’erba – vieni, facciamo pratica sulle magie elementali–
-Va bene, poi mi lascerai riposare come si
deve? – sbuffò Selene sorridendogli.
-Può darsi pigrona – chiosò Hadmon,
sollevando un sopracciglio e mostrando un ghigno beffardo.
Sotto il sole di mezzogiorno, Selene si sfilò gli stivali e
i lunghi guanti e li depose; essere a diretto contatto con il suolo e la natura
circostante le permetteva di controllare al meglio le sue abilità, come doveva
fare un qualsiasi Guardiano. Si mise in piedi sul piede sinistro e sollevò il
destro, in contemporanea alzò la mano destra, agitò le dita e nel schioccarle
una lingua di fuoco si materializzò e avvolse il suo braccio. La fiamma
lentamente si allontanò da lei e iniziò a girarle intorno, assumendo la forma
di un piccolo drago. Successivamente la mano destra la tenne all’altezza del
seno e successivamente con la sinistra, fece un movimento in avanti come a
colpire a qualcuno e una lingua d’acqua si levò in aria e iniziò a roteare
intorno a lei. Successivamente unì le mani e parte dei due elementi si fusero
creando uno sbuffo di vapore, così prontamente Selene ci soffiò sopra e da esso
si originò un vortice di vento che si dispose insieme agli altri. Hadmon di
fronte a lei la osservava silenzioso, ormai aveva sviluppato una certa abilità
nel controllare gli elementi perciò sapeva che ciò a cui lui mirava adesso era
il controllo del Buio e non i poteri elementali. Per richiamare a sé la terra,
posò infine il piede destro a terra e delle lunghe radici verdi avvolsero il
suo tatuaggio di Guardiana del Buio. Sollevate le mani le quattro fiamme si
alzarono in aria e si disposero in cerchio; da esse presero forma quattro
dragoni eterei dal possente corpo squamato e le zampe artigliate. Più file di
aculei partivano dal capo dei draghi e si estendevano fino alla coda, ognuno
aveva imponenti corna grigie, occhi ghiaccio e immense ali.
Hadmon le sorrise e rimase contento dell’espressione soddisfatta
di Selene, che si mise a ridere: era riuscita a dominare i quattro elementi e il
fatto che fosse in grado di richiamare a sé i detentori di quel potere ne era
l’ulteriore conferma. L’altezza delle creature era di circa tre metri e a malapena
rientravano nel giardino così Selene agitò in aria la mano e i draghi si
dissolsero in fiamme che poi scomparvero. Il suo compagno le continuava a
sorridere soddisfatto, sentiva di aver raggiunto un traguardo ora doveva solo
divenire padrona del tempo e delle arti oscure e poi sarebbe stata a tutti gli
effetti la Guardiana del Buio. Indossò i suoi stivali e i suoi guanti e si
avvicinò al compagno.
-Per stavolta posso lasciarti riposare. Non
abituartici troppo- scherzò Hadmon, riavviandosi i capelli corvini.
-Hadmon, sei troppo severo con me – disse
Selene, alzando gli occhi al cielo fingendosi scocciata; con qualche difficoltà
si avviò versol’abitazione, prima che l’altro la prendesse in braccio da sotto
le gambe.
-Non credo proprio, sono troppo buono –
affermò il custode, sorridendole amichevolmente per poi metterla a sedere
sull’erba.
Nonostante Selene obiettò, Hadmon la portò fino alla sua
stanza e la adagiò sul letto; le disse che avrebbe preparato il pranzo dato che
Ana sarebbe stata fuori fino a tardo pomeriggio. Una volta sola Selene si alzò
e, preso un libro, si sedette accanto alla finestra aperta; una piacevole
brezza investì il suo viso seguita dal profumo intenso di fiori. Jhin era
scomparso nella foresta e dato il suo compito avrebbe dovuto indagare, questo
la scocciava considerato che poco tollerava la sua presenza. Per un momento
pensò quale evento passato lo avesse reso una folle furia omicida. Guardò il
cielo azzurro, voleva conoscere per guardare agli eventi da diversi punti di
vista; per quel momento però decise di mettere da parte l’idea. Ritornò a
osservare il giardino poi aprì un libro di un lontano Guardiano del Buio,
Elias, sulla dominazione delle arti oscure e iniziò a leggere le righe. I
Guardiani del Buio avevano una sorprendente abilità nel dominare le svariate
arti, purtroppo però di guardiano in guardiano arrivava un momento in cui il
demone sigillato in loro si risvegliava durante le evocazioni, piano piano
divorava il loro corpo e accorciava la loro vita. Loro non avevano lunga vita e
Hadmon negli ultimi tempi stava cercando informazioni circa il modo di
fronteggiare il problema e circa un Guardiano che era riuscito a stringere un
patto con Thanatos, trascorrendo così una vita longeva. Lette alcune pagine sul
demone Ammit, guardò fuori dalla finestra: non aveva mai voluto quell’incarico
che le aveva strappato via sua madre e costretta ad allenarsi e a stare lontana
dalle persone care per evitare che venissero coinvolte in eventuali agguati da
parte di sette segrete, come l’ordine di Zwey. Ogni anno percepiva il peso di
quel potere crescere seguita dalla paura di venir distrutta da essa. Per
fortuna aveva conosciuto Hadmon che era sempre stato al suo fianco, non
lasciandola mai sola.
Presa dai suoi pensieri non sentì la voce di Hadmon chiamarla
dal soggiorno, al punto che l’altro fu costretto a salire le scale per
avvisarla che il pranzo era pronto. Si scusò con lui, non confessò i suoi
pensieri e il dragone non parve accorgersi di nulla, fortunatamente. Prestando
attenzione Selene posò il piede a terra e si accorse che l’unguento di Hadmon
aveva fatto effetto: il dolore era quasi scomparso del tutto e poteva camminare
normalmente. Insieme scesero le scale e andarono in cucina, da cui proveniva un
buon profumo, si sedettero e iniziarono a mangiare. Non appena Selene assaggiò
la pasta, Hadmon vide il suo viso illuminarsi.
-Wow! È squisita, ti rinomino Guardiano dei
fornelli, Hadmon- scherzò Selene, divertita dalla sua espressione: aggrottò le
sopracciglia, prima che un sorriso malizioso si dipinse sulle sue labbra.
-Lasciarti preparare il pranzo, significava
intossicazione alimentare assicurata – ribatté Hadmon, addentando un’altra
forchettata di pasta.
-Ti sorprenderò un giorno vedrai – rispose
Selene, tirandogli una pacca sulla spalla nuda.
-Si avvelenandomi – rise Hadmon e la sua
risata riecheggiò profonda nella stanza, poi proseguì – appena finiamo, devo
andare alla biblioteca… –
-Penso che studierò il libro sul Guardiano
Elias, prima devo capire dove è andato Khada Jhin – affermò Selene, sospirando
pesantemente.
-Ana stamattina mi raccontava che i
precedenti membri dell’ordine di Hanzai che avevano tentato di convivere con
lui e controllarlo, erano fuggiti poco dopo tempo. Ha un profondo odio verso
Hanzai e il consiglio, nonché verso Shen… -
-Chissà cosa sarà accaduto in passato,
Hanzai ci ha detto poco sugli avvenimenti precedenti al nostro arrivo –
rifletté Selene, finendo di mangiare e posando il piatto nel lavandino,
iniziando a lavare le posate.
-Non appena ci incontreremo con lui, ci informeremo…
mi spiace doverti lasciare sola con psycho – concluse Hadmon, appoggiandosi al
bancone in marmo vicino a lei.
-Tranquillo Hadmon, mi riposerò e poi sono in
grado di difendermi – disse la guardiana, sorridendogli amichevolmente.
Finito di sistemare la cucina, Selene e Hadmon salirono le
scale, lei avrebbe fatto un bagno caldo, mentre l’altro presa una piccola sacca
in tela con all’interno manoscritti, si avviò verso l’uscita. Selene lo salutò,
dopo che l’altro si era raccomandato di chiamarlo tramite il loro patto, nel
caso di necessità. Lo vide allontanarsi, scendendo le scale, poi una volta sola
si recò nella sua stanza e prese dall’armadio un grande telo da doccia. Dopo di
che attraversò il corridoio ed entrò nel bagno posto di fronte alla stanza di
Hadmon. Il bagno era di medie dimensioni, in fondo vi era un’ampia vasca
circolare e ai lati destro e sinistro rispettivamente i sanitari e il lavabo
con lo specchio; accanto ad esso vi erano alcuni armadietti e scaffali privati.
Riempì la vasca e vi si immerse, velocemente si lavò, asciugò i capelli e
indossò la tutina.
Una volta pronta prese il libro del Guardiano, i suoi
pugnali e scese le scale. Fuori il sole era ancora alto in cielo e c’era molto
caldo ma restare sola nell’abitazione non le piaceva, così come non gradiva la
solitudine; riportava alla memoria solo ricordi non felici che lei preferiva
dimenticare. In silenzio, si avviò verso la foresta, intendeva ritornare al
punto in cui il giorno prima era entrata nella Landa degli Evocatori; così
ripercorse gli stessi sentieri, accompagnata dai sussurri del vento. Giunta a
destinazione si trovò di fronte alla cascata, si guardò intorno alla ricerca di
un posto tranquillo ove studiare e lo trovò: vicino al lago vi era un gruppo di
scogli disposti in modo tale da permetterle di sedersi e contemplare la
bellezza della natura circostante. Subito si sedette e iniziò ad analizzare il
contenuto di quelle pagine, ricche di sigilli per l’evocazione dei vari demoni
dell’oscurità.
Il tempo sembrò volare e senza accorgersene, cullata dai
suoni dell’acqua che si infrangeva sugli scogli, Selene finì per addormentarsi
con in braccio il libro. Sognò la sua isola, ritornando al momento in cui per
la prima volta aveva evocato Ammit; accanto a lei c’era Hadmon che nella sua
forma umana era sdraiato su un’amaca accanto all’entrata del dojo del maestro.
Non appena il dragone etereo si era materializzato era scattato in piedi, ma
subito il maestro gli aveva fatto cenno di stare fermo, convinto che nulla
fosse accaduto. Così fu, dopo essersi mostrato Ammit si dissolse. Nel sogno si
avvicinò ad Hadmon con in mano la lancia e improvvisamente lo trafisse in
prossimità del cuore. L’uomo si accasciò di fronte a lei, mentre il sangue macchiava
le sue dita. Paralizzata, iniziò a piangere a dirotto, subito si precipitò su
Hadmon ma non appena lo prese tra le braccia il buio più profondo la avvolse e
il dragone si dissolse tra le sue braccia.
Un vento caldo d’improvviso la avvolse e fu proiettata in
uno scenario ancor più terrificante. Di fronte a lei il palazzo reale, in
fiamme era tempestato dagli attacchi di un imponente demone. Il viso della
creatura era un teschio dalle lunghe corna su cui spiccavano due occhi viola; da
esso prendeva forma il corpo nero squamato e ricoperto di aculei e terminante
con una lunga coda. Le sue mani unghiate troncavano alberi e piante del
giardino, sottostante al palazzo. A ogni battito d’ali, una parte della
costruzione cedeva su sé stessa e migliaia di urla disperate si levavano in
aria. Il ruggito della bestia la fece rabbrividire, il mostro divorava le anime
dei guardiani, trafiggendo i loro cuori. Tentava di muoversi ma delle lingue di
oscurità la immobilizzavano. Vide il demone bloccarsi di fronte all’unico balcone
intatto della reggia, su di esso un anziano guardiano si preparava ad
affrontarlo: suo padre, Eredith. Tentò di urlare e muoversi ma nulla: era di
nuovo immobile. Sentì il suo corpo venir smosso e una profonda voce chiamarla,
aveva un timbro melodioso appena distorto; per un istante le sembrò familiare
ma non riuscì a identificarla. Le lingue abbandonarono il corpo di lei e si
mise in piedi correndo nella direzione del palazzo. Giunta vicino al demone,
chiamò il padre ora intrappolato nella stretta della creatura pronta ad
artigliare il suo cuore. Eredith le rivolse un ultimo sguardo, sorridendole poi
la bestia divorò senza alcuna pietà il suo corpo e la sua anima. Selene urlò,
scoppiando in lacrime, ma dalle sue labbra non proveniva alcun suono.
Disperata cadde
inginocchio e d’improvviso il demone che fino allora sembrava non aver fatto
caso alla sua presenza, si voltò vedendola. Prima che potesse far qualcosa, il
mostro si parò di fronte a lei e allungò i suoi lunghi artigli su di lei.
-Selene, preparati perché presto reclamerò ciò che di
diritto mi spetta – ringhiò la creatura, preparandosi a trafiggerla con
l’artiglio destro.
Conosceva alla perfezione la creatura che aveva di fronte a
lei, era quella che albergava nel suo corpo: Thanatòs, il demone sovrano dell’oscurità
e della notte. Urlò contro di lui e stavolta la sua voce uscì prepotente dalle
sue labbra come le lacrime che ora solcavano le sue guance senza fermarsi.
-Non avrai mai niente da me- sbottò la guardiana, ma
suscitò solo una profonda risata del demone.
Dal corpo di Thanatòs delle lingue oscure la avvolsero e
lentamente la trascinarono nel suo petto in prossimità del cuore. In ogni modo
la donna tentò di divincolarsi; improvvisamente l’artiglio della creatura la
trafisse da parte a parte inchiodando il suo corpo a quello di Thanatòs. Il suo
urlo tranciò l’aria, mentre lentamente veniva inglobata dal corpo della bestia.
Presto si ritrovò al suo interno e l’oscurità più profonda progressivamente la
inghiottì, mentre migliaia di anime dannate attraversavano il suo corpo. Urlò e
cercò di respirare ma nell’aprire la bocca l’oscurità si insinuò tra le sue
labbra, percorrendo la gola e poi varcando i suoi polmoni. Nuovamente si sentì strattonare,
la stessa voce di prima la chiamò, cercò aiuto ma fu tutto inutile il buio
l’aveva già avvolta: lei aveva smesso di respirare e il suo cuore era stato
ormai divorato.
Di botto Selene si svegliò, portandosi subito una mano al
petto. Il suo cuore batteva all’impazzata e respirava affannosamente,
inconsciamente nel sonno aveva trattenuto il respiro e quindi adesso aveva un
gran bisogno di ossigeno. A causa dello spavento non si era accorta della
presenza di qualcuno di fronte a lei e quando chinò il capo sul libro, scorse
dei familiari stivali dorati; alzò il capo e sussultò non appena trovò di
fronte a sé il volto mascherato di Khada Jhin. D’istinto indietreggiò di fronte
al suo occhio scarlatto, trovandosi schiacciata contro la roccia; tuttavia stavolta
nel suo sguardo non colse alcun disprezzo anzi la scrutava silenziosamente, in
attesa di una sua risposta. Perché era lì inginocchiato di fronte a lei?
-Cosa ci fai qui… - chiese Selene, prendendo
il libro e stringendolo a sé, come a difendersi dal suo sguardo divenuto più
intenso.
-Dovrei chiederlo io a te – rispose Jhin con
voce profonda, nel suo tono c’era un pizzico di ironia.
La giovane lo guardò con espressione interrogativa, era
evidente che non capiva a cosa si riferisse; si mise in piedi, incrociando le
braccia, squadrando la sua figura: il colore ghiaccio dei suoi occhi si era
tinto di una sfumatura più fredda, era come spaventata dall’incubo di cui era
stata vittima fin quando non l’aveva riportata alla realtà.
-Questo è il luogo di accesso alla Landa per molti
combattenti e nonostante siano Ioniani, tra loro ci sono alcuni poco
raccomandabili…- confessò Jhin, posando l’attenzione sullo specchio d’acqua ai
suoi piedi, sarebbe stato abbastanza noioso se fosse rimasta coinvolta in
avvenimenti spiacevoli.
Sollevatasi da terra, Selene si avvicinò di un passo
all’uomo; ormai grazie all’unguento applicato, riusciva a camminare
normalmente. Quando fu abbastanza vicina, l’altro posò l’attenzione sulla
copertina del suo libro, scrutandola attentamente. Il suo occhio parve appena
ridursi nell’osservare sospettamente il titolo “Elias, Il Guardiano”.
-Guardiani? Non dirmi che credi a queste storie.
Hanzai non aveva niente di meglio a parte consigliarti libri ridicoli –
sussurrò Jhin, posando le mani sui fianchi.
Per quanto gli riguardava, non credeva a una parola circa
l’esistenza dei Guardiani, non c’erano mai state testimonianze circa le loro
apparizioni, creature invisibili che agivano di nascosto e che vivevano in un
luogo ai confini del mondo: a dir poco che ridicolo. Vide gli occhi di lei
chiudersi e le sue labbra curvarsi verso l’alto, cosa c’era da sorridere? I
modi gentili che mostrava con chiunque e anche con lui lo infastidivano
terribilmente, nella sua mente si ripeteva che tanto la sua era l’ennesima
finzione; la donna altro non era che un’altra marionetta del Consiglio, il suo
temperamento era una messa a scena: lei era un’attrice come tutti. Lui non
sarebbe caduto nella trappola.
-A dire la verità mi interessava conoscere
qualcosa in più sulla storia dei Guardiani ne ho sentito parlare così tanto,
Hanzai non c’entra nulla nella scelta dell’argomento. Non riesci proprio a
sopportare quel povero vecchietto, eh? – scherzò Selene mentendo e inarcando un
sopracciglio, mentre incrociava le braccia.
-Trovo la compagnia di Hanzai piacevole
quanto le ortiche, lascio a te le conclusioni – ribatté il pistolero,
avviandosi verso la casa – rientriamo –
-Perché trovi ridicole queste storie? –
chiese Selene, raggiungendolo a passo veloce.
-Sono storie raccontate ai popoli per
consolarli e ritardare leggermente il fatto che a breve esaleranno il loro
ultimo respiro. Guardiani che rendono giustizia e portano dell’ordine, ma
nell’arco della mia esistenza…- commentò Jhin, il suo tono si faceva più carico
di disprezzo mentre immagini cruente che solo lui conosceva balenavano nella
sua mente -… ho avuto l’onore di poter appurare personalmente che la giustizia
è un concetto relativo e che nessuno ti salverà dall’oblio fintanto che non
sarai un automa obbediente senza intelletto-
All’udire quelle parole e il rancore che adesso esprimeva
Jhin, Selene rabbrividì, per un istante le parve di poter sfiorare l’aura di
disprezzo e odio dietro cui si celavano i suoi profondi misteri, ma subito
quella possibilità di accedervi svanì, accompagnata dal gelido silenzio del
Demone d’Oro. In verità il motivo per cui i Guardiani non si mostravano mai era
legato alle loro immense abilità che potevano attirare chiunque e mettere a
repentaglio la loro vita e soprattutto quella di chi li circondava, per questo
i custodi vivevano su un luogo posto ai confini del mondo.
-Non credi che non si mostrano per evitare di
metterci in pericolo? – chiese Selene, timorosamente, vedendolo bloccarsi.
La calda luce del pomeriggio illuminava la grigia maschera
di Khada Jhin, ma la luce era in grado di scaldare solo il suo corpo ma non la
sua gelida anima; quello che gli era stato fatto era imperdonabile e lo aveva
reso un Demone pieno di rancore e nessuno era intervenuto mentre il Consiglio di
Ionia lo distruggeva lentamente; ma da allora l’odio e la follia erano la sua
forza e alimentavano le sue azioni e presto la sete di vendetta e di
distruzione sarebbero state soddisfatte. Le favole certo non avrebbero placato
il suo riserbo.
-
Ho smesso di credere alle favole molto tempo fa,
nell’esatto istante in cui sono diventato quello che sono – sussurrò Jhin,
stringendo i pugni e voltandosi verso di lei.
Gli occhi ghiaccio di lei si posarono sui suoi e per un
momento sembrarono placare la ferocia emanata dalla sua pozza scarlatta; era
come se tentasse silenziosamente e gentilmente di accedere ai suoi segreti e
per un momento percepì la quasi familiare sensazione della sua armatura di
ghiaccio piegarsi di fronte a lei. Lui che era stato sempre un cacciatore
feroce adesso si sentiva vulnerabile di fronte a quella donna. Distolse lo
sguardo e lo rivolse in avanti, ormai erano quasi arrivati al cancello dell’abitazione.
Una volta arrivati, Selene percorse silenziosamente il
giardino, forse il Consiglio di Ionia non le aveva comunicato tutto su Khada
Jhin, in lui c’era solo rancore e lei voleva scoprire il motivo e cosa gli era
stato fatto, ma soprattutto se gli artefici erano proprio i membri del
Consiglio. Pensierosa si voltò verso il sole all’orizzonte bloccandosi di
fronte alla vista di un dragone alato spiegare le sue ali.
Davanti a lei il pistolero si bloccò e si girò nella sua
direzione; studiò i suoi lineamenti armoniosi illuminati dalla calda luce del
tardo pomeriggio su cui spiccavano le lunghe ciglia nere che incorniciavano gli
occhi e le sottili labbra rosse; curioso di sapere cosa si agitava nella sua
testa e di chiederle alcuni chiarimenti sul giorno precedente, si avvicinò di
qualche passo.
-Che posto è quello lì giù? – chiese Selene,
riflettendo che stranamente quel pomeriggio parlare con il Demone d’Oro non la
spaventava.
-La Landa degli Evocatori, è situata vicino
alle isole fluttuanti dei draghi; uno dei luoghi di potere più sacri per gli
Ioniani – rispose Jhin, vedendo gli occhi dell’altra illuminarsi.
-Ci si può accedere? – domandò Selene,
distogliendo lo sguardo dall’orizzonte e posandolo sull’altro.
-Si, ma non è affatto un luogo accogliente,
ti faresti ammazzare… si dice che solo alcuni maestri dominatori possono andare
lì e uscirne illesi, non credo che tu sia una di loro –
Detto così Jhin si voltò e fece per avviarsi verso
l’abitazione, Selene rimase per un momento in silenzio riflettendo sulle sue
parole e sugli avvenimenti del giorno precedente nella Landa; aveva bisogno di
qualcuno che gli insegnasse a muoversi in quel luogo e apprendere nuovi stili
di combattimento e l’uomo davanti a lei era l’unico che poteva insegnarglieli.
Non le piaceva molto l’idea ma quello era l’unico modo, anche in vista di
futuri incarichi, considerando che a breve ne avrebbero ricevuti altri.
-Jhin – chiamò Selene, con tono fermo.
-Che c’è? – ribatté il pistolero girandosi
e incrociando le braccia, in attesa delle sue parole.
-Insegnami a combattere come fai tu e a usare
le tue armi –
Per un istante l’occhio di Jhin parve dilatarsi appena,
seguì un momento di silenzio che fu interrotto dalla profonda risata del Demone
d’Oro.
-Non saresti all’altezza e non avrei motivo di
insegnare le mie tecniche a una seguace del Consiglio – disse Jhin,
avvicinandosi a lei con fare minaccioso. La vide indietreggiare di qualche
passo poi le afferrò il mento con la mano artigliata imprigionandolo in una
morsa – dimmi… Perché dovrei? –
Spaventata Selene sentì il cuore mancare di un battito e
accelerare velocemente, ma subito riprese il controllo di sé, non gradiva
l’idea che in futuri incarichi doveva farsi aiutare da lui cosciente del fatto
che gliel’avrebbe rinfacciato nei giorni a seguire. Lo fissò intensamente e
tentò di svincolarsi ma l’uomo la tratteneva e pretendeva una sua risposta.
-Non voglio farmi salvare da te, come è
successo nella Landa. Inoltre…– affermò Selene, scostando la sua mano quando la
presa si fece meno forte - … se può interessarti, non sono direttamente
collegata al Consiglio –
-Che intendi dire? – chiese l’altro con
circospezione, analizzando la proposta.
-Rispondo ad Hanzai e lui al Consiglio, a
loro interessano i resoconti delle missioni e sapere se puoi collaborare con
noi. Sono una specie di custode, vedila così; non vengo qui per ingannarti…-
sorrise lei, tralasciando il particolare della collaborazione con Shen.
Jhin rimase per un secondo in silenzio, se avesse accettato
sarebbe riuscito a scoprire di più sul suo conto e sui piani del consiglio.
Avrebbe iniziato a tessere la sua tela e lentamente avrebbe ottenuto da lei le
informazioni che lui cercava; forse sarebbe riuscito anche a convincerla di
schierarsi contro il Consiglio, del resto le sue abilità su cui presto avrebbe
indagato, gli erano sembrate molto utili. Sorrise sotto la sua maschera, un
sorriso malizioso e sinistro: si stava intrappolando da sola. “Povera stupida”
pensò Jhin.
-Mi hai convinto, a un solo patto però… - sussurrò
Jhin, con tono profondo e chinandosi lievemente su di lei per afferrarle con
gentilezza il mento - … tu mi insegnerai i tuoi incantesimi elementali –
Selene sentì di nuovo il cuore battere forte di fronte all’intensità
dei suoi occhi, ma stavolta sorrise divertita, sviluppare quelle abilità
richiedeva molto sforzo e alcuni requisiti indispensabili.
-A fare fatto, vediamo se saprai tenermi
testa – rispose Selene, scostando la sua mano, vedendolo voltarsi e avviarsi
verso la casa.
-Non farmi ridere. Domani mattina ti voglio
qui, staremo a vedere quanto riesci ad apprendere –
Detto così Jhin si allontanò, sollevando una mano; il
sorriso sinistro della sua maschera rifletteva quello dipintosi sul suo viso
nascosto, si dissolse dietro la porta nel buio sebbene fosse cosciente la sua
armatura di ghiaccio si era di nuovo piegata.