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Autore: Chiaro_di_Luna07    20/09/2017    0 recensioni
"Amami o odiami, entrambi sono a mio favore.
Se mi ami, sarò sempre nel tuo cuore,
se mi odi, sarò sempre nella tua mente."
(Sogno di una notte di mezza estate)
[Personaggi: Jhin, Nuovo Personaggio; scusate non sono riuscita a trovarli nell'elenco TT-TT]
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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cap 3 a dangerous pact

“L’odio è un veleno prezioso più caro di quello dei Borgia; perché è fatto con il nostro sangue, la nostra salute, il nostro sonno e due terzi del nostro amore.”

(Charles Baudelaire)

 

Con molta fatica, Selene riaprì gli occhi. La luce del giorno entrava prepotentemente dalla finestra, illuminando la piccola stanza e il letto matrimoniale su cui era sdraiata; ci mise qualche minuto prima di rendersi conto di indossare il suo pigiama e di non avere più indosso la sua armatura, lasciando in piena vista i suoi tatuaggi. Si stropicciò gli occhi e riluttante si mise a sedere, spostando dalle gambe il candido lenzuolo; solo allora si rese effettivamente conto delle fasciature che avvolgevano il polso e la caviglia destri. I suoi muscoli erano intorpiditi e la testa le doleva, questo era il risultato dell’abuso di potere e del fatto che ancora non era padrona delle arti del Buio; pensò per un momento agli avvenimenti precedenti del giorno prima, ricordava di essere caduta in uno stato di semi incoscienza e di aver sentito delle parole indistinte del pistolero, infine solo il nero più assoluto. Sospirò pesantemente, probabilmente avrebbe sentito i rimproveri di Hadmon che subito si sarebbe operato per sottoporla ad allenamenti intensivi.

Si fece forza e si mise in piedi. La caviglia le doleva ma fortunatamente riusciva a camminare, così si diresse verso lo specchio di fronte al letto, posto vicino all’armadio in cui aveva disposto le sue cose. Guardò la sua figura, aveva i capelli scompigliati e il viso graffiato, il pantalone corto e grigio del pigiama e la canottiera bianca lasciavano scoperte le sue lunghe gambe, in particolare il simbolo di Guardiana della Notte, un dragone nero che si attorcigliava lungo il suo piede e sul cui muso spiccava un occhio scarlatto. Le braccia nude, dal polso in su erano percorse da simboli arcaici, ovvero i suoi sigilli. Improvvisamente si soffermò a guardare i suoi vestiti, indossava l’intimo però una domanda sorse più spontanea di tutte: chi l’aveva spogliata e cambiata?

Con quel pensiero in testa senza cambiarsi, si diresse verso la porta, la aprì e lasciò la stanza; zoppicante si diresse verso le scale, e mantenendosi al mancorrente a fatica, scese ogni singolo scalino. Dalla cucina sentì alcune voci, così si affrettò, purtroppo però non fece attenzione e inciampò all’ultimo scalino, cadendo in avanti; improvvisamente alle sue spalle una mano la afferrò per il braccio e la tirò indietro, facendole riprendere l’equilibrio. Si voltò aspettandosi di incontrare Hadmon, ma sussultò, spaventandosi non appena incontrò l’occhio scarlatto di Jhin; la quasi familiare vulnerabilità accompagnò il momento in cui lo vide, sospirò pesantemente, passandosi le mani sugli occhi e riacquistando la calma.

-Sembra tu abbia appena visto un fantasma – disse Jhin con tono derisorio, scrutando il viso pallido di lei e mantenendo la presa.

-Non ti ho sentito arrivare… – rispose Selene, percependo il gelo degli artigli dorati dell’altro sulla sua pelle; proseguì abbozzando un sorriso – ad ogni modo, grazie per avermi afferrata prima che cadessi-

- Non illuderti, sarebbe stato solo tedioso averti tra i piedi mentre scendevo le scale, ecco tutto – commentò infastidito l’altro, la sua armatura si era di nuovo graffiata e appena piegata nell’istante in cui l’aveva afferrata di getto. Iniziava a odiare quell’effetto che aveva su di lui.

Detto così, Jhin si avviò lasciandola da sola e voltandole le spalle; l’espressione dispiaciuta sul suo viso e infastidita fu una vittoria per lui e questo bastò a sanare i graffi sulla sua corazza. Dal canto suo Selene, lo fissò allontanarsi e uscire dalla casa, prima mostrava la sua gentilezza per poi ferirla, non curandosi dei suoi pensieri e prendendosi la libertà di calpestarla in qualsiasi momento. Sospirò bruscamente e si avviò verso la cucina, dove vide Hadmon appoggiato al davanzale in marmo intento a leggere un giornale e Ana, leggere una lettera; non appena varcò la soglia della cucina entrambi sollevarono lo sguardo.

-Buongiorno, Selene – disse Ana, sorridendole affettuosamente, adoperandosi subito per prepararle la colazione.

-Ben svegliata – commentò Hadmon, piegando le labbra in un dolce sorriso, aiutandola a sedersi.

-Buongiorno – rispose Selene, entrambi la misero di buon umore e subito accantonò l’avvenimento precedente.

-Come è andata la missione di ieri? – chiese Ana, notando le fasciature e i graffi sul suo viso.

-Abbiamo portato a termine l’incarico, fortunatamente – rispose Selene, incrociando le braccia sul tavolo.

-Ieri notte mi sono preoccupata quando Jhin ha bussato alla mia porta, svegliandomi. Non appena ti ho vista svenuta tra le sue braccia mi sono subito adoperata per le tue ferite e cambiarti vestiti – dichiarò Ana, dandole un caldo bicchiere di latte e alcuni biscotti, sorridendo non appena l’altra la ringraziò.

-Anche io mi sono alzato e sono venuto a vedere che succedeva, ho curato con la magia il tuo polso e la caviglia, adesso è rimasto solo il livido e un po' di gonfiore – intervenne Hadmon, sedendosi vicino a lei; non appena la notte precedente aveva visto le labbra sporche di sangue e la cicatrice incisa aveva capito che aveva usato le arti oscure, perciò non appena Ana li avrebbe lasciati soli avrebbe parlato privatamente con la compagna.

-Vi ringrazio per l’aiuto. Quindi sei stata tu Ana a cambiarmi? – domandò Selene, imbarazzata.

-Si, tranquilla. Ho lavato la tua armatura– rise Ana, divertita dal suo viso rosso, poi prese la lettera sul tavolo e la borsa che aveva appeso alla sedia – se mi volete scusare ragazzi io devo andare a fare alcune commissioni, ci vediamo più tardi –

Detto così Ana si congedò, lasciando soli i due Guardiani che la salutarono educatamente; mentre mangiava Selene scrutò Hadmon, quella mattina indossava una maglia bianca dallo scollo largo che lasciavano intravedere i tatuaggi nonché simboli arcaici sul suo petto; il morbido tessuto aderiva al suo torace, mentre le maniche tirate su, lasciavano scoperti i suoi avambracci. Aveva lunghi pantaloni neri, che aderivano ai muscoli delle sue gambe toniche e alti stivali; un lungo cappotto nero smanicato ricadeva sul suo corpo, con rinforzi metallici sulle spalle da cui prendevano forma dei piccoli aculei. Infine i suoi capelli neri erano tirati indietro eccetto qualche ciuffo che ricadeva sul suo viso. Dalla sua espressione seria comprese che c’erano alcune cose che voleva chiederle, infatti non appena finì la colazione le disse di andare a indossare gli abiti che presto gli avrebbe applicato un unguento in grado di medicarle ulteriormente le ferite, poi le avrebbe dovuto parlare della battaglia del giorno prima e di alcune questioni importanti. Non appena Selene ebbe finito di mangiare, andò nella sua stanza, si sfilò il pigiama poi dall’armadio prese e indossò la sua armatura secondaria ovvero una tutina nera in pelle, col il collo alto, un ampio spacco sul seno e intrecciata sulla schiena. Completamente smanicata lasciava in vista i suoi sigilli quindi prese dei lunghi guanti tagliati sulle dita, con dei rinforzi metallici sulle nocche e li indossò; si sistemò i capelli in un’alta coda e infine prese un paio di calzini e un paio di alti stivali neri che avrebbe indossato dopo le medicazioni di Hadmon.

Una delle doti di Hadmon, erano le magie curative e grazie a quelle le sue ferite guarivano sempre nel giro di qualche giorno invece che nell’arco di settimane; tuttavia doveva mantenersi sempre a riposo, qualsiasi mossa brusca l’avrebbe riportata nelle condizioni iniziali. Date le sue condizioni e non potendo allenarsi con il dragone, nel pomeriggio sarebbe andata a fare una passeggiata nella foresta intorno all’abitazione e si sarebbe rilassata da qualche parte, leggendo. Prima però doveva parlare con Hadmon, così lasciata la stanza lo raggiunse in cucina, posati gli stivali vicino al tavolo si sedette accanto a lui. Delicatamente le prese il piede e il polso destro, le tolse le fasciature e da una piccola boccetta che aveva sul tavolo prese un unguento dall’intenso profumo di lavanda e glielo applicò sui punti lividi, finché questo non fu assorbito completamente. Infine le riavvolse le bende, richiudendo la boccetta e infilandola in una sacchetta attaccata alla sua cinta.

-Di cosa volevi parlarmi? – chiese Selene, indossando i calzini e gli alti stivali in pelle.

-Seguimi, non voglio parlarne in casa – rispose l’altro, alzandosi e dirigendosi verso l’uscita dell’abitazione.

Usciti di casa, si sedettero vicino al piccolo lago sotto un albero di ciliegio, Hadmon controllò che nessuno ci fosse nei paraggi in particolare Jhin, poi si preparò a parlare.

-Ieri grazie al tuo amuleto ho percepito che hai usato le arti del Buio. Selene sai che se abusi di quel potere senza allenarti a fondo metti a rischio la tua vita – sospirò Hadmon bruscamente, passandosi la mano destra sugli occhi per poi inchiodarli su di lei – so che hai richiamato a te Ammit… -

-Non ho avuto altra scelta, era una situazione critica e non potevo contare su nessuno – ribatté Selene, facendo spallucce; era dispiaciuta e sapeva che non era stata prudente, perché i suoi muscoli le dolevano a causa di tutto lo sforzo cui aveva sottoposto il suo corpo.

-I demoni che te controlli non possono essere risvegliati senza prudenza, ognuno di loro risponde a Thànatos e rischiare di richiamare lui significherebbe farti divorare dall’interno – continuò l’uomo, poi vedendola chinare lo sguardo a terra, le posò la mano sinistra sul capo sorridendole affettuosamente – se non altro sei stata brava a dominare Ammit, brava guardiana –

Nonostante sapesse che Selene aveva fatto poca attenzione, non riusciva ad essere troppo severo con lei; conosceva il fardello che portava sulle spalle nell’essere la custode del Buio, nessuno era mai stato in grado di contenere la ferocia e la sete di sangue e distruzione del demone che portava nel suo corpo. Nessuno dei precedenti guardiani, tra cui sua madre erano mai riusciti a sfruttare i suoi poteri senza che il mostro ne approfittasse, divorando piano piano i loro corpi e la loro anima. Thànatos agognava a raggiungere un solo obiettivo: riavere indietro il suo cuore e nel farlo, il guardiano doveva stringere con lui un patto di sangue; nessuno ci aveva mai provato e lui non intendeva lasciarlo fare a Selene, fintanto che la sua compagna non fosse stata abbastanza forte e padrona nel dominare i demoni dell’oscurità. Da anni ricercava nei più antichi manoscritti delle Biblioteche dei Guardiani metodi alternativi per evitare di stipulare il patto e salvarla, tuttavia non aveva mai trovato alcuna soluzione. Inoltre dovevano fronteggiare coloro che ambivano a liberare il potere di Thànatos, tra cui la setta di Zwey e con buona probabilità anche il Demone d’Oro: nel giro di poco tempo ne sarebbe rimasto affascinato o forse già ne era attratto.

-Quando queste ferite saranno guarite, riprenderemo ad allenarci… inoltre ieri a Tuula ho scoperto l’esistenza di una biblioteca, credo che oggi pomeriggio mi recherò lì per continuare le mie ricerche…  – chiese gentilmente Hadmon, appoggiandosi al tronco dell’albero.

-Hadmon, sai che non c’è alcuna soluzione… - disse Selene, abbozzando un triste sorriso.

-Io la troverò. So cosa è successo ai tuoi predecessori e ci deve essere un modo… c’era un guardiano a cui aveva obbedito Thànatos, l’unico, purtroppo ancora non trovo sue testimonianze. Si dice che abbia girato i vari continenti in cerca di una risposta e che infine l’avesse trovata proprio qui a Ionia, quindi non mollerò la presa proprio ora. Non ti lascerò in pasto a mio fratello- commentò Hadmon, volgendo lo sguardo verso il cielo azzurro.

-Grazie, Hadmon... lascia che venga con te oggi pomeriggio – disse Selene, posando una mano sulla sua spalla e appoggiandosi sul tronco accanto a lui. Appoggiò la testa sulla sua spalla e chiuse gli occhi rilassandosi.

-No devi stare a riposo Selene, inoltre per quel che riuscirai devi tenere d’occhio il Demone d’Oro… da stamattina è scomparso – ribatté Hadmon, incantato dai petali che si adagiavano sul letto d’erba – vieni, facciamo pratica sulle magie elementali–

-Va bene, poi mi lascerai riposare come si deve? – sbuffò Selene sorridendogli.

-Può darsi pigrona – chiosò Hadmon, sollevando un sopracciglio e mostrando un ghigno beffardo.

Sotto il sole di mezzogiorno, Selene si sfilò gli stivali e i lunghi guanti e li depose; essere a diretto contatto con il suolo e la natura circostante le permetteva di controllare al meglio le sue abilità, come doveva fare un qualsiasi Guardiano. Si mise in piedi sul piede sinistro e sollevò il destro, in contemporanea alzò la mano destra, agitò le dita e nel schioccarle una lingua di fuoco si materializzò e avvolse il suo braccio. La fiamma lentamente si allontanò da lei e iniziò a girarle intorno, assumendo la forma di un piccolo drago. Successivamente la mano destra la tenne all’altezza del seno e successivamente con la sinistra, fece un movimento in avanti come a colpire a qualcuno e una lingua d’acqua si levò in aria e iniziò a roteare intorno a lei. Successivamente unì le mani e parte dei due elementi si fusero creando uno sbuffo di vapore, così prontamente Selene ci soffiò sopra e da esso si originò un vortice di vento che si dispose insieme agli altri. Hadmon di fronte a lei la osservava silenzioso, ormai aveva sviluppato una certa abilità nel controllare gli elementi perciò sapeva che ciò a cui lui mirava adesso era il controllo del Buio e non i poteri elementali. Per richiamare a sé la terra, posò infine il piede destro a terra e delle lunghe radici verdi avvolsero il suo tatuaggio di Guardiana del Buio. Sollevate le mani le quattro fiamme si alzarono in aria e si disposero in cerchio; da esse presero forma quattro dragoni eterei dal possente corpo squamato e le zampe artigliate. Più file di aculei partivano dal capo dei draghi e si estendevano fino alla coda, ognuno aveva imponenti corna grigie, occhi ghiaccio e immense ali.

Hadmon le sorrise e rimase contento dell’espressione soddisfatta di Selene, che si mise a ridere: era riuscita a dominare i quattro elementi e il fatto che fosse in grado di richiamare a sé i detentori di quel potere ne era l’ulteriore conferma. L’altezza delle creature era di circa tre metri e a malapena rientravano nel giardino così Selene agitò in aria la mano e i draghi si dissolsero in fiamme che poi scomparvero. Il suo compagno le continuava a sorridere soddisfatto, sentiva di aver raggiunto un traguardo ora doveva solo divenire padrona del tempo e delle arti oscure e poi sarebbe stata a tutti gli effetti la Guardiana del Buio. Indossò i suoi stivali e i suoi guanti e si avvicinò al compagno.

-Per stavolta posso lasciarti riposare. Non abituartici troppo- scherzò Hadmon, riavviandosi i capelli corvini.

-Hadmon, sei troppo severo con me – disse Selene, alzando gli occhi al cielo fingendosi scocciata; con qualche difficoltà si avviò versol’abitazione, prima che l’altro la prendesse in braccio da sotto le gambe.

-Non credo proprio, sono troppo buono – affermò il custode, sorridendole amichevolmente per poi metterla a sedere sull’erba.

Nonostante Selene obiettò, Hadmon la portò fino alla sua stanza e la adagiò sul letto; le disse che avrebbe preparato il pranzo dato che Ana sarebbe stata fuori fino a tardo pomeriggio. Una volta sola Selene si alzò e, preso un libro, si sedette accanto alla finestra aperta; una piacevole brezza investì il suo viso seguita dal profumo intenso di fiori. Jhin era scomparso nella foresta e dato il suo compito avrebbe dovuto indagare, questo la scocciava considerato che poco tollerava la sua presenza. Per un momento pensò quale evento passato lo avesse reso una folle furia omicida. Guardò il cielo azzurro, voleva conoscere per guardare agli eventi da diversi punti di vista; per quel momento però decise di mettere da parte l’idea. Ritornò a osservare il giardino poi aprì un libro di un lontano Guardiano del Buio, Elias, sulla dominazione delle arti oscure e iniziò a leggere le righe. I Guardiani del Buio avevano una sorprendente abilità nel dominare le svariate arti, purtroppo però di guardiano in guardiano arrivava un momento in cui il demone sigillato in loro si risvegliava durante le evocazioni, piano piano divorava il loro corpo e accorciava la loro vita. Loro non avevano lunga vita e Hadmon negli ultimi tempi stava cercando informazioni circa il modo di fronteggiare il problema e circa un Guardiano che era riuscito a stringere un patto con Thanatos, trascorrendo così una vita longeva. Lette alcune pagine sul demone Ammit, guardò fuori dalla finestra: non aveva mai voluto quell’incarico che le aveva strappato via sua madre e costretta ad allenarsi e a stare lontana dalle persone care per evitare che venissero coinvolte in eventuali agguati da parte di sette segrete, come l’ordine di Zwey. Ogni anno percepiva il peso di quel potere crescere seguita dalla paura di venir distrutta da essa. Per fortuna aveva conosciuto Hadmon che era sempre stato al suo fianco, non lasciandola mai sola.

Presa dai suoi pensieri non sentì la voce di Hadmon chiamarla dal soggiorno, al punto che l’altro fu costretto a salire le scale per avvisarla che il pranzo era pronto. Si scusò con lui, non confessò i suoi pensieri e il dragone non parve accorgersi di nulla, fortunatamente. Prestando attenzione Selene posò il piede a terra e si accorse che l’unguento di Hadmon aveva fatto effetto: il dolore era quasi scomparso del tutto e poteva camminare normalmente. Insieme scesero le scale e andarono in cucina, da cui proveniva un buon profumo, si sedettero e iniziarono a mangiare. Non appena Selene assaggiò la pasta, Hadmon vide il suo viso illuminarsi.

-Wow! È squisita, ti rinomino Guardiano dei fornelli, Hadmon- scherzò Selene, divertita dalla sua espressione: aggrottò le sopracciglia, prima che un sorriso malizioso si dipinse sulle sue labbra.

-Lasciarti preparare il pranzo, significava intossicazione alimentare assicurata – ribatté Hadmon, addentando un’altra forchettata di pasta.

-Ti sorprenderò un giorno vedrai – rispose Selene, tirandogli una pacca sulla spalla nuda.

-Si avvelenandomi – rise Hadmon e la sua risata riecheggiò profonda nella stanza, poi proseguì – appena finiamo, devo andare alla biblioteca… –

-Penso che studierò il libro sul Guardiano Elias, prima devo capire dove è andato Khada Jhin – affermò Selene, sospirando pesantemente.

-Ana stamattina mi raccontava che i precedenti membri dell’ordine di Hanzai che avevano tentato di convivere con lui e controllarlo, erano fuggiti poco dopo tempo. Ha un profondo odio verso Hanzai e il consiglio, nonché verso Shen… -

-Chissà cosa sarà accaduto in passato, Hanzai ci ha detto poco sugli avvenimenti precedenti al nostro arrivo – rifletté Selene, finendo di mangiare e posando il piatto nel lavandino, iniziando a lavare le posate.

-Non appena ci incontreremo con lui, ci informeremo… mi spiace doverti lasciare sola con psycho – concluse Hadmon, appoggiandosi al bancone in marmo vicino a lei.

-Tranquillo Hadmon, mi riposerò e poi sono in grado di difendermi – disse la guardiana, sorridendogli amichevolmente.

Finito di sistemare la cucina, Selene e Hadmon salirono le scale, lei avrebbe fatto un bagno caldo, mentre l’altro presa una piccola sacca in tela con all’interno manoscritti, si avviò verso l’uscita. Selene lo salutò, dopo che l’altro si era raccomandato di chiamarlo tramite il loro patto, nel caso di necessità. Lo vide allontanarsi, scendendo le scale, poi una volta sola si recò nella sua stanza e prese dall’armadio un grande telo da doccia. Dopo di che attraversò il corridoio ed entrò nel bagno posto di fronte alla stanza di Hadmon. Il bagno era di medie dimensioni, in fondo vi era un’ampia vasca circolare e ai lati destro e sinistro rispettivamente i sanitari e il lavabo con lo specchio; accanto ad esso vi erano alcuni armadietti e scaffali privati. Riempì la vasca e vi si immerse, velocemente si lavò, asciugò i capelli e indossò la tutina.

Una volta pronta prese il libro del Guardiano, i suoi pugnali e scese le scale. Fuori il sole era ancora alto in cielo e c’era molto caldo ma restare sola nell’abitazione non le piaceva, così come non gradiva la solitudine; riportava alla memoria solo ricordi non felici che lei preferiva dimenticare. In silenzio, si avviò verso la foresta, intendeva ritornare al punto in cui il giorno prima era entrata nella Landa degli Evocatori; così ripercorse gli stessi sentieri, accompagnata dai sussurri del vento. Giunta a destinazione si trovò di fronte alla cascata, si guardò intorno alla ricerca di un posto tranquillo ove studiare e lo trovò: vicino al lago vi era un gruppo di scogli disposti in modo tale da permetterle di sedersi e contemplare la bellezza della natura circostante. Subito si sedette e iniziò ad analizzare il contenuto di quelle pagine, ricche di sigilli per l’evocazione dei vari demoni dell’oscurità.

Il tempo sembrò volare e senza accorgersene, cullata dai suoni dell’acqua che si infrangeva sugli scogli, Selene finì per addormentarsi con in braccio il libro. Sognò la sua isola, ritornando al momento in cui per la prima volta aveva evocato Ammit; accanto a lei c’era Hadmon che nella sua forma umana era sdraiato su un’amaca accanto all’entrata del dojo del maestro. Non appena il dragone etereo si era materializzato era scattato in piedi, ma subito il maestro gli aveva fatto cenno di stare fermo, convinto che nulla fosse accaduto. Così fu, dopo essersi mostrato Ammit si dissolse. Nel sogno si avvicinò ad Hadmon con in mano la lancia e improvvisamente lo trafisse in prossimità del cuore. L’uomo si accasciò di fronte a lei, mentre il sangue macchiava le sue dita. Paralizzata, iniziò a piangere a dirotto, subito si precipitò su Hadmon ma non appena lo prese tra le braccia il buio più profondo la avvolse e il dragone si dissolse tra le sue braccia.

Un vento caldo d’improvviso la avvolse e fu proiettata in uno scenario ancor più terrificante. Di fronte a lei il palazzo reale, in fiamme era tempestato dagli attacchi di un imponente demone. Il viso della creatura era un teschio dalle lunghe corna su cui spiccavano due occhi viola; da esso prendeva forma il corpo nero squamato e ricoperto di aculei e terminante con una lunga coda. Le sue mani unghiate troncavano alberi e piante del giardino, sottostante al palazzo. A ogni battito d’ali, una parte della costruzione cedeva su sé stessa e migliaia di urla disperate si levavano in aria. Il ruggito della bestia la fece rabbrividire, il mostro divorava le anime dei guardiani, trafiggendo i loro cuori. Tentava di muoversi ma delle lingue di oscurità la immobilizzavano. Vide il demone bloccarsi di fronte all’unico balcone intatto della reggia, su di esso un anziano guardiano si preparava ad affrontarlo: suo padre, Eredith. Tentò di urlare e muoversi ma nulla: era di nuovo immobile. Sentì il suo corpo venir smosso e una profonda voce chiamarla, aveva un timbro melodioso appena distorto; per un istante le sembrò familiare ma non riuscì a identificarla. Le lingue abbandonarono il corpo di lei e si mise in piedi correndo nella direzione del palazzo. Giunta vicino al demone, chiamò il padre ora intrappolato nella stretta della creatura pronta ad artigliare il suo cuore. Eredith le rivolse un ultimo sguardo, sorridendole poi la bestia divorò senza alcuna pietà il suo corpo e la sua anima. Selene urlò, scoppiando in lacrime, ma dalle sue labbra non proveniva alcun suono.

 Disperata cadde inginocchio e d’improvviso il demone che fino allora sembrava non aver fatto caso alla sua presenza, si voltò vedendola. Prima che potesse far qualcosa, il mostro si parò di fronte a lei e allungò i suoi lunghi artigli su di lei.

-Selene, preparati perché presto reclamerò ciò che di diritto mi spetta – ringhiò la creatura, preparandosi a trafiggerla con l’artiglio destro.

Conosceva alla perfezione la creatura che aveva di fronte a lei, era quella che albergava nel suo corpo: Thanatòs, il demone sovrano dell’oscurità e della notte. Urlò contro di lui e stavolta la sua voce uscì prepotente dalle sue labbra come le lacrime che ora solcavano le sue guance senza fermarsi.

-Non avrai mai niente da me- sbottò la guardiana, ma suscitò solo una profonda risata del demone.

Dal corpo di Thanatòs delle lingue oscure la avvolsero e lentamente la trascinarono nel suo petto in prossimità del cuore. In ogni modo la donna tentò di divincolarsi; improvvisamente l’artiglio della creatura la trafisse da parte a parte inchiodando il suo corpo a quello di Thanatòs. Il suo urlo tranciò l’aria, mentre lentamente veniva inglobata dal corpo della bestia. Presto si ritrovò al suo interno e l’oscurità più profonda progressivamente la inghiottì, mentre migliaia di anime dannate attraversavano il suo corpo. Urlò e cercò di respirare ma nell’aprire la bocca l’oscurità si insinuò tra le sue labbra, percorrendo la gola e poi varcando i suoi polmoni. Nuovamente si sentì strattonare, la stessa voce di prima la chiamò, cercò aiuto ma fu tutto inutile il buio l’aveva già avvolta: lei aveva smesso di respirare e il suo cuore era stato ormai divorato.

Di botto Selene si svegliò, portandosi subito una mano al petto. Il suo cuore batteva all’impazzata e respirava affannosamente, inconsciamente nel sonno aveva trattenuto il respiro e quindi adesso aveva un gran bisogno di ossigeno. A causa dello spavento non si era accorta della presenza di qualcuno di fronte a lei e quando chinò il capo sul libro, scorse dei familiari stivali dorati; alzò il capo e sussultò non appena trovò di fronte a sé il volto mascherato di Khada Jhin. D’istinto indietreggiò di fronte al suo occhio scarlatto, trovandosi schiacciata contro la roccia; tuttavia stavolta nel suo sguardo non colse alcun disprezzo anzi la scrutava silenziosamente, in attesa di una sua risposta. Perché era lì inginocchiato di fronte a lei?

-Cosa ci fai qui… - chiese Selene, prendendo il libro e stringendolo a sé, come a difendersi dal suo sguardo divenuto più intenso.

-Dovrei chiederlo io a te – rispose Jhin con voce profonda, nel suo tono c’era un pizzico di ironia.

La giovane lo guardò con espressione interrogativa, era evidente che non capiva a cosa si riferisse; si mise in piedi, incrociando le braccia, squadrando la sua figura: il colore ghiaccio dei suoi occhi si era tinto di una sfumatura più fredda, era come spaventata dall’incubo di cui era stata vittima fin quando non l’aveva riportata alla realtà.

-Questo è il luogo di accesso alla Landa per molti combattenti e nonostante siano Ioniani, tra loro ci sono alcuni poco raccomandabili…- confessò Jhin, posando l’attenzione sullo specchio d’acqua ai suoi piedi, sarebbe stato abbastanza noioso se fosse rimasta coinvolta in avvenimenti spiacevoli.

Sollevatasi da terra, Selene si avvicinò di un passo all’uomo; ormai grazie all’unguento applicato, riusciva a camminare normalmente. Quando fu abbastanza vicina, l’altro posò l’attenzione sulla copertina del suo libro, scrutandola attentamente. Il suo occhio parve appena ridursi nell’osservare sospettamente il titolo “Elias, Il Guardiano”.

-Guardiani? Non dirmi che credi a queste storie. Hanzai non aveva niente di meglio a parte consigliarti libri ridicoli – sussurrò Jhin, posando le mani sui fianchi.

Per quanto gli riguardava, non credeva a una parola circa l’esistenza dei Guardiani, non c’erano mai state testimonianze circa le loro apparizioni, creature invisibili che agivano di nascosto e che vivevano in un luogo ai confini del mondo: a dir poco che ridicolo. Vide gli occhi di lei chiudersi e le sue labbra curvarsi verso l’alto, cosa c’era da sorridere? I modi gentili che mostrava con chiunque e anche con lui lo infastidivano terribilmente, nella sua mente si ripeteva che tanto la sua era l’ennesima finzione; la donna altro non era che un’altra marionetta del Consiglio, il suo temperamento era una messa a scena: lei era un’attrice come tutti. Lui non sarebbe caduto nella trappola.

-A dire la verità mi interessava conoscere qualcosa in più sulla storia dei Guardiani ne ho sentito parlare così tanto, Hanzai non c’entra nulla nella scelta dell’argomento. Non riesci proprio a sopportare quel povero vecchietto, eh? – scherzò Selene mentendo e inarcando un sopracciglio, mentre incrociava le braccia.

-Trovo la compagnia di Hanzai piacevole quanto le ortiche, lascio a te le conclusioni – ribatté il pistolero, avviandosi verso la casa – rientriamo –

-Perché trovi ridicole queste storie? – chiese Selene, raggiungendolo a passo veloce.

-Sono storie raccontate ai popoli per consolarli e ritardare leggermente il fatto che a breve esaleranno il loro ultimo respiro. Guardiani che rendono giustizia e portano dell’ordine, ma nell’arco della mia esistenza…- commentò Jhin, il suo tono si faceva più carico di disprezzo mentre immagini cruente che solo lui conosceva balenavano nella sua mente -… ho avuto l’onore di poter appurare personalmente che la giustizia è un concetto relativo e che nessuno ti salverà dall’oblio fintanto che non sarai un automa obbediente senza intelletto-

All’udire quelle parole e il rancore che adesso esprimeva Jhin, Selene rabbrividì, per un istante le parve di poter sfiorare l’aura di disprezzo e odio dietro cui si celavano i suoi profondi misteri, ma subito quella possibilità di accedervi svanì, accompagnata dal gelido silenzio del Demone d’Oro. In verità il motivo per cui i Guardiani non si mostravano mai era legato alle loro immense abilità che potevano attirare chiunque e mettere a repentaglio la loro vita e soprattutto quella di chi li circondava, per questo i custodi vivevano su un luogo posto ai confini del mondo.

-Non credi che non si mostrano per evitare di metterci in pericolo? – chiese Selene, timorosamente, vedendolo bloccarsi.

La calda luce del pomeriggio illuminava la grigia maschera di Khada Jhin, ma la luce era in grado di scaldare solo il suo corpo ma non la sua gelida anima; quello che gli era stato fatto era imperdonabile e lo aveva reso un Demone pieno di rancore e nessuno era intervenuto mentre il Consiglio di Ionia lo distruggeva lentamente; ma da allora l’odio e la follia erano la sua forza e alimentavano le sue azioni e presto la sete di vendetta e di distruzione sarebbero state soddisfatte. Le favole certo non avrebbero placato il suo riserbo.

-          Ho smesso di credere alle favole molto tempo fa, nell’esatto istante in cui sono diventato quello che sono – sussurrò Jhin, stringendo i pugni e voltandosi verso di lei.

Gli occhi ghiaccio di lei si posarono sui suoi e per un momento sembrarono placare la ferocia emanata dalla sua pozza scarlatta; era come se tentasse silenziosamente e gentilmente di accedere ai suoi segreti e per un momento percepì la quasi familiare sensazione della sua armatura di ghiaccio piegarsi di fronte a lei. Lui che era stato sempre un cacciatore feroce adesso si sentiva vulnerabile di fronte a quella donna. Distolse lo sguardo e lo rivolse in avanti, ormai erano quasi arrivati al cancello dell’abitazione.

Una volta arrivati, Selene percorse silenziosamente il giardino, forse il Consiglio di Ionia non le aveva comunicato tutto su Khada Jhin, in lui c’era solo rancore e lei voleva scoprire il motivo e cosa gli era stato fatto, ma soprattutto se gli artefici erano proprio i membri del Consiglio. Pensierosa si voltò verso il sole all’orizzonte bloccandosi di fronte alla vista di un dragone alato spiegare le sue ali.

Davanti a lei il pistolero si bloccò e si girò nella sua direzione; studiò i suoi lineamenti armoniosi illuminati dalla calda luce del tardo pomeriggio su cui spiccavano le lunghe ciglia nere che incorniciavano gli occhi e le sottili labbra rosse; curioso di sapere cosa si agitava nella sua testa e di chiederle alcuni chiarimenti sul giorno precedente, si avvicinò di qualche passo.

-Che posto è quello lì giù? – chiese Selene, riflettendo che stranamente quel pomeriggio parlare con il Demone d’Oro non la spaventava.

-La Landa degli Evocatori, è situata vicino alle isole fluttuanti dei draghi; uno dei luoghi di potere più sacri per gli Ioniani – rispose Jhin, vedendo gli occhi dell’altra illuminarsi.

-Ci si può accedere? – domandò Selene, distogliendo lo sguardo dall’orizzonte e posandolo sull’altro.

-Si, ma non è affatto un luogo accogliente, ti faresti ammazzare… si dice che solo alcuni maestri dominatori possono andare lì e uscirne illesi, non credo che tu sia una di loro –

Detto così Jhin si voltò e fece per avviarsi verso l’abitazione, Selene rimase per un momento in silenzio riflettendo sulle sue parole e sugli avvenimenti del giorno precedente nella Landa; aveva bisogno di qualcuno che gli insegnasse a muoversi in quel luogo e apprendere nuovi stili di combattimento e l’uomo davanti a lei era l’unico che poteva insegnarglieli. Non le piaceva molto l’idea ma quello era l’unico modo, anche in vista di futuri incarichi, considerando che a breve ne avrebbero ricevuti altri.

-Jhin – chiamò Selene, con tono fermo.

-Che c’è? – ribatté il pistolero girandosi e incrociando le braccia, in attesa delle sue parole.

-Insegnami a combattere come fai tu e a usare le tue armi –

Per un istante l’occhio di Jhin parve dilatarsi appena, seguì un momento di silenzio che fu interrotto dalla profonda risata del Demone d’Oro.

-Non saresti all’altezza e non avrei motivo di insegnare le mie tecniche a una seguace del Consiglio – disse Jhin, avvicinandosi a lei con fare minaccioso. La vide indietreggiare di qualche passo poi le afferrò il mento con la mano artigliata imprigionandolo in una morsa – dimmi… Perché dovrei? –

Spaventata Selene sentì il cuore mancare di un battito e accelerare velocemente, ma subito riprese il controllo di sé, non gradiva l’idea che in futuri incarichi doveva farsi aiutare da lui cosciente del fatto che gliel’avrebbe rinfacciato nei giorni a seguire. Lo fissò intensamente e tentò di svincolarsi ma l’uomo la tratteneva e pretendeva una sua risposta.

-Non voglio farmi salvare da te, come è successo nella Landa. Inoltre…– affermò Selene, scostando la sua mano quando la presa si fece meno forte - … se può interessarti, non sono direttamente collegata al Consiglio –

-Che intendi dire? – chiese l’altro con circospezione, analizzando la proposta.

-Rispondo ad Hanzai e lui al Consiglio, a loro interessano i resoconti delle missioni e sapere se puoi collaborare con noi. Sono una specie di custode, vedila così; non vengo qui per ingannarti…- sorrise lei, tralasciando il particolare della collaborazione con Shen.

Jhin rimase per un secondo in silenzio, se avesse accettato sarebbe riuscito a scoprire di più sul suo conto e sui piani del consiglio. Avrebbe iniziato a tessere la sua tela e lentamente avrebbe ottenuto da lei le informazioni che lui cercava; forse sarebbe riuscito anche a convincerla di schierarsi contro il Consiglio, del resto le sue abilità su cui presto avrebbe indagato, gli erano sembrate molto utili. Sorrise sotto la sua maschera, un sorriso malizioso e sinistro: si stava intrappolando da sola. “Povera stupida” pensò Jhin.

-Mi hai convinto, a un solo patto però… - sussurrò Jhin, con tono profondo e chinandosi lievemente su di lei per afferrarle con gentilezza il mento - … tu mi insegnerai i tuoi incantesimi elementali –

Selene sentì di nuovo il cuore battere forte di fronte all’intensità dei suoi occhi, ma stavolta sorrise divertita, sviluppare quelle abilità richiedeva molto sforzo e alcuni requisiti indispensabili.

-A fare fatto, vediamo se saprai tenermi testa – rispose Selene, scostando la sua mano, vedendolo voltarsi e avviarsi verso la casa.

-Non farmi ridere. Domani mattina ti voglio qui, staremo a vedere quanto riesci ad apprendere –

Detto così Jhin si allontanò, sollevando una mano; il sorriso sinistro della sua maschera rifletteva quello dipintosi sul suo viso nascosto, si dissolse dietro la porta nel buio sebbene fosse cosciente la sua armatura di ghiaccio si era di nuovo piegata.

  
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