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Autore: Philly123    20/09/2017    0 recensioni
Fu una sera di autunno, pioveva, per terra era bagnato. Sono i miei primi ricordi, i primi ricordi di quando incontrai i Ghoul. Di quando incontrai Uta.
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[N.d.A. Salve a tutti, questa è la mia storia! E' un periodo un po' pesante e scrivo solo e unicamente per rilassarmi quindi perdonate le sviste, non rileggo molto. Per il resto adoro il personaggio di Uta ma credo che al momento sia molto piatto. Ho deciso di renderlo un figo frustrato come lo immagino nella mia mente. Spero che l'idea vi piaccia. Commentate se volete!]
Genere: Avventura, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Uta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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Voci.

Sangue.

Allungo una mano verso una giovane donna. Le mie mani sono grandi, enormi, non sono le mie. Sangue. Gli occhi neri mi guardano senza luce.

Voci.

Gli occhi neri mi guardano preoccupati. Sono grandi. Le ciglia sono così lunghe che sembrano toccarmi. Chiudo gli occhi per paura che mi graffino.

Sangue.

Sembra che io stia scavando per terra. Cerco qualcosa, è importantissimo. Non posso assolutamente perderlo. Il sangue si mischia con la terra. Affondo le mani ma continuo a rimanere deluso. Le dita affondano e affondano.

Le dita. Se cerco di muoverle sento un dolore atroce, come se mille pezzi di vetro entrassero e uscissero contemporaneamente da me.

Ho il volto di Uta davanti, mi sta parlando. No. Forse urla a qualcun altro, ma io non riesco a sentirlo. Cerco di accarezzarlo ma non riesco a muovermi.

Buio.

 

Un fischio.

Chi è che fischia? è una persona che emette quel suono oppure un apparecchio? Non sembra un suono che potrebbe emettere un essere vivente. Forse sono le mie orecchie.

Comincio a ricordare di tutto quello che è successo: il ghoul che entra in casa, inizia ad attaccarmi, i morsi, Asa! Dov’è Asa?

Riesco ad aprire gli occhi a fatica. Sembrano appiccicati. Li ciglia sembrano staccarsi quando provo ad aprirli, tento di aiutarmi con il braccio ma non riesco a muoverlo. Alla fine, riesco a guardarmi attorno.

Non sono a casa. Avrò ancora una casa, poi?

Sono nella stanza di Uta? No. L’avrei già riconosciuta.

Provo a smuovermi e ci riesco. È strano, non sono morta e posso anche muovermi. Fa male tutto. Come se ogni singola cellula del mio corpo si ribellasse al movimento. Fa male qualsiasi parte del corpo. Per un momento fa così male che non ci vedo, non ci sento. Mi sembra di stare in una bolla di vetro. A poco a poco i miei sensi tornano. C’è Uta accanto a me, su una sedia. Sta dormendo profondamente, so che non si sveglierà mai, ha il sonno troppo pesante.

Dov’è Asa? Sarà viva? Ricordo di essermene accertata prima di svenire, eppure non ne posso essere certa, devo cercarla.

-Cosa pensi di fare?- chiede una voce assonnata.

Al minimo rumore, Uta si è svegliato. Non è da lui.

-Sono stato qui per giorni e tu pensi di svignartela appena riprendi coscienza?-

Finalmente ricollego i pezzi. Me ne sono andata. Prima dell’attacco, io ero scappata senza dire niente da casa di Uta. Lui era venuto a salvarmi. Mi aveva salvato la vita! mentre ero in quello stato d’incoscienza avevo visto sempre i suoi occhi. Non era un sogno, come avevo pensato, era rimasto sempre accanto a me quando stavo per morire.

-Stavo per morire…- ripeto ad alta voce.

-Allora l’hai capito.-

-Dov’è Asa?-

-Chi? La tua amica? Sta benone. Ha riportato un lieve trauma cranico. Le abbiamo detto di andare all’ospedale e dire che era caduta da una sedia. È a casa e si sta riposando.-

“Le abbiamo”

-Chi?- chiesi.

Uta si era avvicinato a me, mentre parlava, anche perché non sentivo bene.

-Chi sono gli altri?- ripetei, mentre mi aggrappavo alla sua felpa.

Lui mi guardò quasi con pena. Abbassò gli occhi su di me e pensai di sentirmi più tranquilla adesso che mi aveva guardata.

-Avevo capito che era successo qualcosa. Non so perché, ma sentivo che qualcosa ti andava male. Non sapevo che pericolo ci fosse, ma dovevo correre da te. In ogni caso, andare da solo poteva non essere sufficiente. Ho chiamato degli altri ghoul. In effetti, sarei bastato da solo.-

-Che ne è stato di quello?-

Che dolore alle mani. Stringevo così forte quella felpa da sentire i punti della cucitura che si strappavano, non sapevo nemmeno perché.

-Nulla. È andato, morto. Era un essere inutile, non mi sono nemmeno divertito.-

Posò le mani sulle mie, come per chiedermi di mollare la presa.

-Cosa è successo alle tue mani, Midori?-

Mi guardai. Erano completamente fasciate, bagnate di sangue, probabilmente per quella stretta così forte. Ricordai di aver infilato le dita nel collo di quel ghoul.

-Ma io…- c’erano dei suoni che uscivano dalla mia bocca, ma non sapevo di essere io ad emetterli.

-Quello era già ferito quando sono arrivato. Come hai fatto?-

Lo guardai dritto negli occhi, senza risposta. Avevo preso a tremare. Il cuore sembrava uscirmi dal petto e sentii pizzicare gli occhi.

-Va bene, lasciamo stare- concluse Uta con voce tranquilla.

Mi mise una mano sulla testa e non riuscii a trattenermi, scoppiai a piangere tra le sue braccia come una bambina. Non smettevo più. Tutte le ansie e le paure che avevo provato sembravano riversarsi fuori attraverso i miei occhi. Il petto sembrava squarciarsi nuovamente, anche la pancia faceva incredibilmente male ogni volta che contraevo gli addominali. Infine tossii. Quasi mi affogai poiché sentii irrorare la bocca da un liquido strano.

-Midori!- urlò Uta.

Prese un fazzoletto dal comodino e mi pulì il viso. Diventò tutto rosso. Perfino le mie mani erano diventate rosse, così come parte della mia maglietta.

-Ma cosa… ?- biascicai.

-I tuoi organi interni! Quello stava per mangiarti la pancia, abbiamo cercato di curarti ma non dovevi fare nulla. Nulla. Non dovevi piangere.-

Era seriamente preoccupato.

-Perché non sento dolore?-

-Non ne ho idea.-

Il suo sguardo era sgranato su di me. Aveva paura, era preoccupato. D’improvviso, però, i suoi occhi si irrorarono di sangue e lui sembrò famelico. Si girò di scatto, coprendosi il volto con una mano.

-Scusa- sussurrò.

-Non fa niente, lo capisco. C’è troppo sangue qui per te. Se te ne vuoi andare non te ne faccio una colpa.-

-No! Devo stare qui per te. Non cederò.-

Si girò di nuovo verso di me, gli occhi sembravano diversi. Mi rimise distesa, dato che io non riuscivo più a muovermi. Mentre mi spostava sentii il suo fiato addosso. Sapeva di buono. Poggiò gli occhi su di me e io fissai quelle iridi rosse in un campo nero. Sentivo la sua eccitazione. Avevo capito che per i ghoul la voglia di mangiare non equivaleva alla fame, era più simile a un istinto sessuale. Chiuse gli occhi e quel momento passò.

-Scusami- mi sussurrò all’orecchio, ancora chinato su di me.

-Non dovresti stare così, Uta- esclamò una voce potente da dietro le sue spalle.

Sussultai. Sentii dolore.

Uta era già scattato in piedi prima che potessi vederlo. Stava di fronte al vecchio ed era estremamente teso.

Yoshimura l’avrebbe quasi sicuramente ripreso, ma al momento si limitava ad avere uno sguardo grave.

-Devo andare?- chiese Uta.

No! Non andare, ti prego!

Non potevo dire quelle parole, non avrebbero risolto niente, mi sarei soltanto messa in ridicolo.

-No, Uta, rimani, forse la signorina si sentirà più propensa a parlare con te vicino.-

  
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