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Autore: ViKy_FrA    21/09/2017    1 recensioni
"Ma quell’anno, a settembre, non si sarebbero riviste in classe o a mensa, e poi Katniss era sopravvissuta a un’arena degli Hunger Games dalla quale sarebbe potuta tornare in una cassa di legno, e Madge era riuscita soltanto a salutarla frettolosamente al suo ritorno al Distretto: il resto del tempo c’erano stati sempre in giro telecamere, truccatori e Peeta Mellark. Così, quando Katniss aprì la porta della misera casetta alla fine della strada, Madge trattenne il respiro, in attesa di una reazione dell’amica.
Amica.
Gli amici si vanno a trovare, no? Soprattutto quando sopravvivono a un’arena, no?
"
*
Un po' di spazio alla nostra Madge, che è stata trattata tanto male nei film e nei libri.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katniss Everdeen, Madge Undersee
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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1. Capitolo

MERENDA

 

 

 

 

Attirando occhiate incuriosite dalle porte socchiuse e dalle finestre spalancate nel caldo di agosto, Madge stava attraversando il Giacimento vagamente a disagio, ma mantenendo un passo sostenuto. Era la prima volta che vi si recava e iniziava a pensare che aver indossato un vestito a righe bianche e blu fosse stata una pessima idea: non per la polvere, che sembrava essere ovunque, ma per la sensazione di essere maledettamente in vista. Già che la figlia del sindaco si facesse un giretto nella zona più povera e malmessa del Distretto era un evento quantomeno insolito – per non dire impossibile, ci mancava solo un segnale addosso che ne sottolineasse la presenza. Madge accelerò il passo, diretta all’ultima casa del Giacimento, al confine col Prato.

Aveva rovistato tra le carte dell’ufficio tecnico – deserto – del Municipio per un pomeriggio intero per trovarla, approfittando della carica di suo padre e della costante penuria di impiegati: non solo nessuno le aveva chiesto cosa ci facesse nell’edificio, ma nemmeno qualcuno era venuto a disturbarla. Così, quando Madge bussò alla porta della misera casetta alla fine della strada, era abbastanza certa che avrebbe aperto Katniss Everdeen.

Nei pochi istanti di attesa, nella testa di Madge riaffiorò il dubbio se quella fosse una buona idea. Del resto non si erano mai incontrate fuori dalla scuola – commercio di fragole a parte, non si erano mai cercate durante la breve sospensione estiva delle lezioni e nemmeno avevano mai provato a darsi appuntamento nel tempo libero. Sapevano entrambe che si sarebbero incontrate di nuovo a scuola, e tanto bastava. Ma quell’anno, a settembre, non si sarebbero riviste in classe o a mensa, e poi Katniss era sopravvissuta a un’arena degli Hunger Games dalla quale sarebbe potuta tornare in una cassa di legno, e Madge era riuscita soltanto a salutarla frettolosamente al suo ritorno al Distretto: il resto del tempo c’erano stati sempre in giro telecamere, truccatori e Peeta Mellark. Così, quando Katniss aprì la porta della misera casetta alla fine della strada, Madge trattenne il respiro, in attesa di una reazione dell’amica.

Amica.

Gli amici si vanno a trovare, no? Soprattutto quando sopravvivono a un’arena, no?

«Madge! Ciao!» esclamò Katniss, visibilmente sorpresa.

«Ciao!» sorrise lei.

Ci fu un istante di esitazione da parte di entrambe, come se non sapessero bene cosa fare, ma durò il tempo di un respiro, e Katniss aggiunse: «Entra, accomodati…».

La ragazza si fece da parte, mostrando l’interno della casupola: un’unica stanza per cucina e soggiorno, invasa da scatoloni e bagagli, e due porte sulla parete opposta che Madge suppose portassero alla stanza da bagno e alla camera da letto.

«Scusa per il casino, ma con tutte queste apparizioni in pubblico ho racimolato più vestiti in un mese che in tutta la mia vita…».

Madge ridacchiò, registrando distrattamente come l’amica fosse vestita coi suoi soliti abiti sobri, neutri e un po’ lisi: un paio di pantaloni corti e una canottiera nera. «Ho portato del tè» aggiunse, mostrando un pacchetto di carta marrone.

Katniss lo prese e indicò il tavolo della cucina, prima di dirigersi al fornello a gas per riscaldare l’acqua e trafficare con gli sportelli della credenza. «Ho dei biscotti, dei biscotti veri! Santo cielo, improvvisamente sono ricca e questa casa non ha mai visto tanto cibo e tanti vestiti! Mia madre è in un perenne stato di agitazione, e mia sorella guarda tutto come se potesse addentarla!» aggiunse portando in tavola due tazze e una scatola di carta piena di frollini di forme diverse.

Madge ridacchiò ancora, pensando che probabilmente quella era la frase più lunga che le avesse mai rivolto. «Sono in casa?».

«Sono uscite. Mia madre doveva aiutare a partorire una donna. Credo…» sembrò pensarci un istante, poi si strinse nelle spalle. «In ogni caso, Prim l’ha accompagnata».

Madge lasciò vagare lo sguardo nella stanza e notò che anche sulle poltrone davanti al camino spento erano posate delle cose. «Quando ti devi trasferire nella casa al Villaggio dei Vincitori?».

«Settembre. A festeggiamenti finiti, in ogni caso. Non chiedermi il perché… Ora come ora, mi tirano a lucido nelle sale del Palazzo di Giustizia…». La voce di Katniss si smorzò piano: non le piaceva quel luogo, e Madge non faticava ad immaginarne il motivo. Aveva assistito alla cerimonia di consegna delle medaglie ai figli primogeniti delle vittime, quando era crollata la miniera quattro anni e mezzo prima; era rimasta colpita dal dolore silenzioso di Katniss, domandosi se avesse finito le lacrime, o se ancora dovessero iniziare a cadere. Ed era stata presente anche ai saluti dopo l’ultima mietitura, quando le aveva regalato la spilla.

«Verranno con te anche tua sorella e tua madre». Katniss si limitò a sorridere: non era una domanda. Madge tamburellò con le dita sul tavolo, esitante, finché non si decise a dire: «Peeta andrà a starci da solo». Credeva avrebbe voluto saperlo, ma temeva di passare per pettegola: non avevano mai parlato di ragazzi, e dal canto suo Madge non aveva intenzione di cominciare ora. Se Katniss avesse voluto confidarle qualcosa l’avrebbe fatto. Probabilmente.

La ragazza si mostrò sorpresa: «Come fai a saperlo?», le chiese, ignorando il contenuto della frase in sé. Forse non le importava.

«Mi sono divertita tra le scartoffie dell’ufficio tecnico, in questi giorni». Non specificò di averlo fatto per cercare casa sua. «Avrò molto tempo libero, da ora in poi…».

«Credo l’avrò anch’io…» sospirò, sfiorando con lo sguardo la stanza, improvvisamente invasa da vestiti eleganti e cibo vero.

«Oh! A proposito…», Madge si infilò le mani nelle tasche, alla ricerca di qualcosa. «Nella casa nuova dovreste avere un telefono. Ce l’abbiamo anche noi. Se vuoi… questo è il mio numero», disse, allungando un biglietto vergato con la sua grafia tonda.

Katniss lo prese stranita e lo fissò qualche istante. «Grazie…» sussurrò.  Si guardò attorno: «Devo trovare un posto dove metterlo… Un libro di scuola» scelse e si diresse allo scaffale. «Che materia preferisci?».

«Musica» rispose subito Madge, senza pensarci, e se ne pentì un istante dopo. Katniss aveva smesso di cantare da quando era morto suo padre, e se di questo forse era inconsapevole, c’era sempre la storia di Peeta nella grotta durante i Giochi, e quando aveva cantato la ninna nanna per la sua piccola alleata, e il richiamo di quattro note tra loro. Si voltò immediatamente per scoprire la sua reazione, ma Katniss sembrava serena mentre prendeva in mano lo spartito e inseriva il foglietto tra le pagine, lasciandolo sporgere un po’.

«Lo metto tra i libri di Prim, così sono sicura di non lasciarlo qui» le sorrise.

Il bollitore fischiò dopo qualche istante, e Madge prese a preparare gli infusi nelle tazze. «Forse un tè caldo in agosto non è stata una grande idea…» commentò esitante.

«Oh, non preoccuparti: dopo ci aggiungiamo acqua fredda», Katniss riempì le tazze fino a metà. «Quella non manca mai» e batté una mano sul rubinetto.

Madge sogghignò di nuovo davanti alla scanzonata ironia dell’amica. Probabilmente quella era la conversazione più lunga che avessero mai avuto.

Bevvero tè e mangiarono i biscotti in silenzio, come erano solite fare a scuola. La situazione così familiare le rilassò del tutto, e Madge mise da parte definitivamente il dubbio di aver infastidito Katniss con quella visita a sorpresa. Smise anche di cercare qualcosa da dire.

Un improvviso rumore metallico le fece sobbalzare e voltare verso il lavello: Ranuncolo era entrato dalla finestra, urtando indifferente delle pentole sul ripiano che avevano sbatacchiato tra loro. Subito soffiò contro Katniss.

«Stupida bestia!» sibilò lei in risposta. «Il gatto di mia sorella» spiegò poi, rivolta a Madge.

Ranuncolo saltò sul tavolo e annusò il contenuto delle tazze, prima che Katniss lo scacciasse con un gesto della mano. Madge invece allungò la sua per accarezzarlo dietro la nuca, cosa che il gatto sembrò apprezzare; strizzò gli occhi e si accucciò sul legno.

«Oddio, ma è… è bruttissimo!»

«Vero?» Katniss non poteva credere che finalmente qualcuno la comprendesse!

«Sembra abbia fatto un frontale con un muro…» Ciononostante, Madge non smetteva di coccolarlo.

«Parliamo del pelo? Il suo colore mi ricorda tante cose, tranne i ranuncoli. Il nome l’ha scelto Prim», aggiunse, come spiegazione.

«Però è bello morbido».

«Mangia meglio di me…».

«Solo Prim poteva adottare un gatto del genere!» ridacchiò Madge.

«Già…», finalmente Katniss abbandonò il tono caustico per un piccolo sorriso dolce.

All’improvviso Madge ricordò che non solo aveva davanti un tributo vincitore, ma anche un tributo volontario. Se nell’arena fosse scesa Prim, con le sue probabilità di sopravvivenza praticamente inesistenti, sarebbe mai stata seduta nella loro cucina a bere un tè con Katniss? Se dall’arena Prim non fosse più tornata, sarebbe stata in grado di reggere il dolore dell’amica? Katniss gliel’avrebbe permesso?

C’era dell’affetto tra loro. Ma a un’amicizia basta l’affetto?

Madge batté le palpebre per scacciare quei pensieri. «Dimmi quando inizi il trasloco. Così vi do una mano».

«Ok. Così sarà ancora più rapido!» Katniss stessa si meravigliò per aver accettato così di buon grado, ma allo stesso tempo si rese conto che quella proposta di aiuto, quella intromissione, stranamente non la infastidiva.

Finirono il tè, ma continuarono i silenzi rilassati intervallati dalle chiacchiere leggere – la forma di un frollino venuto male, l’ombra del telaio della finestra che cadeva esattamente sul cucchiaino di Madge, Ranuncolo che aveva ripreso a soffiare contro Katniss appollaiato sfacciatamente sui vestiti di Cinna.

La figlia del sindaco lasciò il Giacimento solo all’ora di cena, quando l’odore di zuppe di fortuna messe sui fornelli iniziò ad entrare dalle finestre. Entrambe le ragazze si stupirono di quanto si fosse già abbassato il sole, si salutarono sulla porta con un sorriso spontaneo.

«Grazie per il tè. E’ stata una bella idea».

«Grazie… Ciao Ranuncolo!» aggiunse Madge, sporgendosi nella stanza. Il gatto si voltò verso di lei, la raggiunse e la degnò di qualche breve fusa sulle gambe prima di sparire per la strada.

«Portatelo via» bisbigliò Kaniss come se qualcuno potesse davvero sentirle. Risero, per l’ennesima volta quel pomeriggio.

La figlia del sindaco lasciò il Giacimento solo all’ora di cena, senza più curarsi delle occhiate incuriosite che attirava il suo vestito bianco e blu.

 

«Hai fatto il tè?» chiese la madre di Katniss, quella sera, poco dopo essere rientrata, notando le tazze nel lavello e i biscotti ancora sulla tavola.

Katniss si ricordò in quel momento di aver abbandonato a metà il riordino della tavola, distratta dal disordine delle sue nuove cose, che tentava inutilmente di sistemare. Lasciò cadere l’ennesimo straordinario vestito di Cinna nella sua scatola, e raggiunse sua madre in cucina.

«Sì, l’ha portato Madge oggi pomeriggio e l’abbiamo bevuto coi biscotti…»

«Ma è magnifico! Hai invitato un’amica per merenda!» sorrise la donna.

Di primo acchito, Katniss fu infastidita da tutto quell’entusiasmo. Ci stava davvero provando a permetterle di rientrare nella sua vita: nell’arena, prima di crede veramente di poterne uscire viva, si era magramente consolata col pensiero di quel vi voglio bene detto dopo la mietitura; sopravvissuta, aveva di nuovo la possibilità concreta di dimostrarlo, ma la sensazione di essere trattata come una bimba piccola incapace di fare amicizia la urtava. Pensò di specificare che Madge era venuta di testa sua, ma l’immagine della ragazza seduta davanti a lei con la tazza tra le mani le balenò in mente e all’improvviso lasciò perdere tutto.

«Sì. Ho fatto merenda con un’amica…» confermò, assaporando le parole, sorridendo tra sé.

 

 

 

 

***

 

BHA! BUBBOLE!

 

Ultimo giorno d’estate, e ci pensa una fic su Madge e Katniss a salutare questa stagione in cui mi sono innamorata di Hunger Games <3

 

La mia Madge, che è stata bistrattata non solo nei film (Dove. Non. C’è.), ma anche nei libri, perché nel terzo se la nominano 2 volte è tanto (Tipo: “E’ la figlia del sindaco! Sicuramente è evacuata!” e “Ah, è morta? R.I.P.”). Portano un lutto più stretto per Lady. -_-

 

E’ una multi capitolo, e il piano originare era di scriverla tutta e poi postarla pian piano, e invece… Ma del resto il piano originale era anche quello di non mandare mai esami a settembre, e invece… XD Il secondo capitolo arriverà in una decina di giorni, due settimane al massimo! ("E invece…" Scherzo! Arriva, arriva!=P )

L’idea di base viene dal progetto per una fanfic demenziale, idea che ho coccolato tanto da aver bisogno di una storia tutta per lei, e per nulla demenziale. Il problema è che non so se questa storia è adatta per questa idea. Vedremo. Io intanto scrivo. ;) E voi, se vi fa piacere, lasciatemi un commento! ^_^

   
 
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