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Autore: Lupe M Reyes    21/09/2017    2 recensioni
A Blair piace fare i turni di notte alla biblioteca dell'Arca. Fino alla sera in cui il Cancelliere Jaha non si presenta alla sua porta... Per impedirgli di inviare sulla Terra John Murphy, Blair cede al ricatto e contribuisce al progetto sui Cento. Ma l'incontro con Bellamy Blake cambierà ogni equilibrio. Fino al giorno in cui non diventerà lei stessa la persona numero 101 a raggiungere la Terra.
[Arco temporale: prima stagione]
Personaggi principali: Blair (personaggio nuovo), Murphy, Bellamy, Raven, Clarke, Jaha
Personaggi secondari: Finn, Octavia, Kane, Abby, Sinclair, Jasper, Monty
Genere: Drammatico, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, John Murphy, Raven Reyes
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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20. RISVEGLI

Prima di uscire dalla quarantena, mi sveglio per tre volte.

La prima, quando torno cosciente, ho la sensazione di aver dormito per giorni interi. E forse non è solo una mia impressione.
Ho davanti a me immagini sgranate, figure scure in movimento… Richiudo gli occhi prima che il giramento di testa si prenda il mio stomaco e lo ribalti.
Qualcuno sta parlando e mi serve qualche momento prima di rendermi conto che stanno parlando di me.
“Avevi detto che avrebbe funzionato.”
Ha funzionato.”
“Non su di lei.”
Non ancora, Murphy. Stai tranquillo.”
“Perché gli altri saltellano in giro per il campo e lei è ancora in coma?”
“Non è in coma.”
“Risparmiami la lezione di medicina, Principessa. Sai cosa voglio dire.”
La terza voce si intromette all’improvviso, entrando a gamba tesa come solo lei sa fare:
“Secondo me devi darti una regolata.”
“Ma tu chi sei? Sei l’infermiera? Doc, abbiamo assunto un’infermiera?”
“No, stronzetto, io sono un meccanico. Sono quella che ha portato qui la tua bella. Sono quella che ha aggiustato la radio e sta salvando il culo a tutti. E se ti avvicini di nuovo con quella faccia da schiaffi, la tua faccia da schiaffi avrà ciò che si merita.”
“Che sarebbe?”
“Ragazzi, non è il momento.”
“Ma non l’avete vista? Scotta più di ieri, a malapena si muove, ha perso conoscenza da due giorni… E la ragazzina che è morta…”
“Te l’ho già detto, abbiamo dato la stessa dose a tutti. L’antidoto ha avuto effetti molto diversi. Così come la malattia ha avuto effetti molto diversi… Credo che su Blair l’antidoto fatichi a funzionare a causa di un’infezione.”
“Credi? O sei sicura?”
“Non sono sicura di niente, Murphy. Non sono un vero medico.”
“Parla con tua madre, allora! Fatti dire cosa…”
“Non parlerò con mia madre.”
“E lascerai che Blair muoia?”
“Sto per piantarti un chiodo in fronte.”
“Raven!”
“Vieni qui, superdonna, vieni da me.”
“Murphy! Basta così. Fuori! Esci di qui! Blair deve riposare e non la stai aiutando.”
“Dimmi cosa devo fare e lo farò.”
“Non c’è niente che tu possa fare. Solo aspettare. E non disperare.”
“Vedi di salvarla, Doc. Vedi di salvarla o te ne farò pentire fino all’ultimo dei tuoi giorni.”
Mentre ascolto i passi di John che si allontanano ed escono dalla navicella, il mio cervello intorpidito registra tre informazioni fondamentali.
Raven si è messa in contatto con l’Arca.
Io sono ancora malata anche se ho assunto l’antidoto.
Tutti sono guariti, tranne una ragazza. Che è morta.
Credo di aver mugolato, nel dormiveglia, perché Clarke e Raven mi sono subito addosso. Devo sforzarmi di sollevare le palpebre.
“Ciao, genietti…”,
sussurro, cercando di essere intellegibile.
“Non ti sforzare, Blair.”
Lo sguardo allarmato di entrambe mi gela il sangue nelle vene, nonostante la febbre. Sono abituata a vedere Clarke preoccupata; quella ragazza vive d’apprensione nei confronti del prossimo. Ma scorgere il moto d’ansia nelle pupille di Raven, la donna d’acciaio… Mi agita più di quanto possa dire.
“Dov’è…?”
“Muprhy è uscito un momento, torna tra…”
“Bellamy.”
Clarke si sporge sul mio viso.
“Come, scusa?”
“Bellamy. Dov’è Bellamy?”
Raven prende la parola, perché Clarke credo stenti a trovare una risposta che non mi sconvolga troppo e che allo stesso tempo non sia una bugia.
“È andato a cercare…”
“Lo so. Ma una ragazza è morta e lui non è stato visitato…”
Lo sforzo che mi è costato arrivare in fondo alla frase mi debilita al punto che sono costretta a richiudere gli occhi.
“Raven, hai trovato Sinclair?”
“Sì, ho intercettato la frequenza giusta ieri sera.”
La mano di Clarke mi scosta i capelli bagnati dalla fronte. Raven me li aggiusta meglio.
“Voglio parlare con Jaha.”
“Tu ora devi riposare.”
“Raven, prepara tutto. Appena Griffin riesce a mettermi in piedi dobbiamo parlare.”
“Sentito, Principessa? La bibliotecaria si è messa a dare ordini. Sarà meglio obbedire, quando i buoni cominciano a comportarsi così diventano pericolosi… Chiedi a Jaha. O a tua madre.”
“Intanto fatti dire se sono vivi Adam e Hannah Foer. E Doug Lehman. E Christina Murphy. E poi chiedigli udienza da parte mia, il prima possibile.”
“Perché Jaha dovrebbe accettare?”
“Perché non eri l’unica ad avere un piano B.”
Apro un occhio e ne trovo due paia che mi fissano. Due azzurri come il fiume che scorre, due castani come i rami del bosco. Entrambi spalancati, bellissimi e… sorridenti.
“Lo sapevo che eri un ingegniere mancato.”
“Foer, come fa il tuo amico a preoccuparsi che tu muoia? Ti ha mai incontrata?”

La seconda volta accade di sera. La luce delle stelle rischiara l’ingresso come un velo iridescente, filtrando a stento. Sono stordita come se avessi bevuto due bottiglie di Monty Green da sola. Riesco comunque a riconoscere la figura che sta armeggiando all’imbocco della navicella. Non so se sono più sollevata o incazzata nera.
“Fermo.”
Lui mi ignora e scosta il pannello di rami intrecciati che abbiamo costruito per creare la porta. Una volta dentro lo rimette al suo posto e fa qualche passo nella mia direzione.
Mi ritrovo seduta sul tavolo prim’ancora di rendermene conto. Non credo di aver dato ordine ai muscoli di sollevarmi. Non sento né nausea né stordimento, la testa non sta girando. Per la sorpresa, anche il ragazzo di fronte a me si è bloccato. Ci distanziano ancora cinque o sei metri.
“Non ti avvicinare.”
“Blair…”
“Ho detto non ti avvicinare. Non sappiamo se si trasmette per via aerea o solo per contatto.”
Gli occhi di Bellamy risplendono nel buio. Qualcosa dentro di me torna al suo posto, come se non avessi aspettato altro che farmi guardare da lui per potersi ricomporre. Quanto odio questa sensazione, la certezza che ho qui ed ora di essere tra i presenti quella che ha meno potere su Blair Foer.
“Sei un idiota.”
Bellamy incrocia le braccia al petto e quel gesto così familiare mi consola, come un approdo sicuro in tutto quello che sta saltando in aria nella mia vita.
Il che non rende meno stupido ciò che ha fatto.
“Te ne sei andato a spasso per il bosco a cercare una specie di alga antibatterica o che cavolo so io, cinque minuti dopo un attacco dei Terrestri che è riuscito ad arrivare dentro il campo, e prima che Clarke potesse controllare stessi bene. Cosa ti ha detto il cervello?”
Lui mi fissa, immobile. Potrei giurare che sta per sorridermi. Il che mi fa tremare le gambe, peggio di quanto la malattia abbia mai fatto finora. Bellamy è più forte della febbre.
“Cosa sarebbe successo se ti fossi sentito male in mezzo alla foresta, circondato da Terresti assetati di sangue?”
“Che non avresti più avuto bisogno di spararmi tu.”
La sua risposta mi lascia a labbra dischiuse.
Torno composta più in fretta che posso e ricaccio indietro la tosse. L’ultima cosa di cui ho bisogno adesso è un nuovo accesso. Già immagino la sua reazione spropositata di fronte a un po’ di sangue.
Lui riprende il suo intento di raggiungermi e io salto giù dal tavolo, inciampando miseramente. La flebo, la non-flebo, si schianta in terra insieme a me. Ma prima che lui possa accorrere in mio soccorso, caccio una mano nella cassetta di Clarke e ne estraggo la cosa più simile ad un’arma che trovo. Credo sia un bisturi. Glielo punto contro, anche se la febbre mi costringe a restare carponi.
“Esci immediatamente di qui. Trova Clarke e fatti visitare.”
Lui ha alzato le mani. Io stento a tenere la punta del bisturi nella giusta direzione: mi trema il braccio e una goccia di sudore mi percorre la guancia come una lacrima. Sto ansimando per lo sforzo.
E quando non riesco più a trattenermi, un colpo di tosse mi percuote il petto. A cui ne segue un altro. E un altro, e un altro ancora. Stringo gli occhi e cerco di trarre il fiato che mi serve a non svenire di nuovo. Sento Bellamy che mi sfila in fretta il bisturi dalle dita e il tintinnio della lama sul pavimento. Mi solleva e invece di adagiarmi di nuovo sul mio letto di fortuna, si allontana verso un angolo della navicella e si siede con la schiena contro la parete. A gambe incrociate, mi tiene in grembo come fossi una bambina di cinque anni. Appoggio il viso nell’incavo del suo collo e ho il tempo di notare la scia di sangue che gli ho lasciato sulla maglietta e poi crollo addormentata, prima di riuscire ad arrabbiarmi di nuovo con lui.

La terza volta, mi sveglio tra le sue braccia.
Lui sta dormendo. Con l’orecchio appoggiato sul suo petto, ascolto il ritmo regolare del cuore. Il battito si rifrange per tutto il suo corpo e mi culla come una marea morbida.
Inspiro più profondamente che posso e percepisco un odore di erba bagnata, pietre riscaldate dal sole, sudore e sangue. Non riesce a sembrarmi sgradevole. È il profumo di Bellamy che rischia la vita per cercare la mia medicina.
Non distinguo il mio battito e per un attimo mi illudo si sia finalmente attenuato, che sia sintomo dell’abbassamento della temperatura. Invece mi rendo conto che siamo in sincrono e che si sono confusi l’uno nell’altro, così come intrecciate sono le nostre braccia, le gambe, le mani. Siamo un groviglio, una fusione. Credo che persino i miei capelli si siano mescolati ai suoi ricci. Mi immagino il suo nero e il mio rubino scuro formare nodi. Sbircio tra le ciglia la mia carnagione bianca a contrasto sulla sua, olivastra, abbronzata dal sole della Terra.
Non mi sono mai sentita così in pace in vita mia.
Sfrego il naso contro il suo collo. Lo ascolto schiarirsi leggermente la voce. Fa un verso di gola, lento e lungo, piano.
All’improvviso sento le sue labbra premersi sulla mia fronte. Mi strappa un gemito di sorpresa, di piacere.
“La febbre è scesa.”,
sussurra.
Dio, è questa la sua voce quando è appena sveglio?
In un gesto così intimo da togliermi il fiato, spinge la punta del naso contro la mia tempia, annegando il viso tra i miei capelli, sfregandosi sul mio orecchio.
“Mi hanno detto che la mia bibliotecaria ha un piano B segreto.”,
mormora, soffiandomi sul lobo.
La mia bibliotecaria?
Inclino il collo senza riuscire a controllare l’istinto di offrirlo alle sue labbra.
“Sto meglio grazie alla tua alga?”
“Stai meglio grazie all’idea di Clarke.”
“Quando me l’ha somministrata?”
“Ieri, mentre dormivi, attraverso la flebo.”
“Non è una flebo.”
Bellamy inspira e io vengo sollevata dal suo petto in movimento. Apro gli occhi.
La mia non-flebo mi ha seguita qui addosso a lui come la coda di un cagnolino. Riversa in terra, credo lui abbia avuto cura di sistemarla così da non lacerarla. D'istinto mi porto una mano al petto, per controllare che non mi abbiano sfilato il Pass di Shenden. Lo stringo tra le dita in un sospiro di sollievo. È il mio amuleto, l’omaggio che indosso per l’uomo a cui devo la vita. Thomas Shenden è stato la mia guardia scelta, non quella di Jaha.
“Bell?”
Intercetto con la coda dell’occhio il principio di un sorriso che sta cercando di nascondermi; preferirebbe non sapessi quanto piacere gli provoca che io sia tornata a chiamarlo così. Da anche a me un senso di normalità del tutto inspiegabile.
“Grazie.”
“Per aver rotto i bracciali con dentro il tuo lavoro o per aver cercato di impiccare John dopo che avevo promesso di proteggerlo?”
Come uno schiaffo ben assestato, come quelli che lui si è preso da me, quella domanda mi paralizza. Sento il braccio che mi cinge la schiena irrigidirsi. Il mio corpo reagisce come una sinfonia accordata alla perfezione, tendendosi.
“Blair, non ho scuse che tu possa accettare.”
Ho così paura che sia vero che torno a chiudere gli occhi. Come se questo potesse impedire alla realtà di accadere.
Bellamy resta in silenzio, mi da spazio per reagire. Io non riesco a fare altro che ripetermi una sequenza infinita di no, nella testa.
“Octavia è venuta da me.”
Bellamy allontana il viso dal mio per potermi guardare in faccia.
“Non ti ha presa a calci, vero?”
“Ne sarebbe capace?”
“Te lo sto chiedendo apposta.”
Una risata mi svicola tra i denti. Lui si illumina e una scintilla corre dai miei occhi ai suoi.
“Tua sorella è un bel tipo, lo sapevi?”
“Sì, O è…”
Lo osservo cercare la parola giusta, finché non si arrende. Sospira, sorridendo. Basta la sua espressione a dire tutto.
“Mi ha raccontato un po’ di cose.”
“Quali cose?”
“Niente di che. Che sei un piccolo nerd omerico.”
“Non direi, no.”
“E che ti senti responsabile.”
“Per cosa?”
“Per tutto, a quanto pare.”
Il suo sguardo si affila, gli occhi si assottigliano. È tornato sulla difensiva. Vorrei non sentisse il costante bisogno di proteggersi. Non da me.
La mia mano gli copre la guancia, con tutta la dolcezza di cui sono capace, che spero di trasmettere anche nella voce:
“Sei tu che tieni in piedi il campo, Bell. È evidente. Tutti ti guardano e si aspettano da te le risposte come se fossi un mago sempre pronto a tirare fuori una soluzione dal cappello. Li ispiri, ti rispettano. Sei nato per guidare, così come Clarke è nata per prendersi cura degli altri. Come per Monty la chimica, come per Raven le macchine.”
Lo faccio sorridere, per un attimo.
“Come per te i libri.”
E così è lui a far sorridere me. Annuisco.
“Sì, come per me i libri. Tu sei il loro punto di riferimento. E dev’essere difficile. Specie se tendi ad addossarti la colpa per qualsiasi cosa.”
“Per Murphy era colpa mia.”
“Sì, per quello sì.”
Siamo occhi negli occhi, e voglio che resti con me fino alla fine del discorso, perché ho come l’impressione che mai nessuno si sia preso la briga di occuparsi di lui, nemmeno per dirgli la più semplice delle verità:
“Non per tua madre.”
La sua espressione si ammborbidisce, in un battito di ciglia.
“Non per tua sorella.”,
aggiungo. So di affondare le mani in tutti i nervi che può avere scoperti, ma è un dolore che va affrontato: non posso permettere che soffra. Per giunta, che soffra senza ragione. Lui è corso nel bosco attraverso i Terrestri per portarmi indietro una medicina. Questo è il balsamo che io posso dare a lui.
“Blair…”
“No, ascolta. Non è colpa tua se vivevamo sotto un Governo che uccide per fare giustizia. Non è colpa tua se Jaha e Kane e tutti gli altri non si sono opposti ad una legge assurda. Che sia sufficiente nascere per essere colpevoli. Che questo meriti l’espulsione della propria madre. Sei responsabile della sua morte tanto quanto lo è Octavia. Cioè affatto.”
La mia mano è ancora sulla sua guancia.
“Hai mai letto 1984?”
Bellamy ride, scuotendo appena la testa. Strofina il viso contro il mio palmo, baciandomi leggermente le dita. È bellissimo. Lui, e tutto ciò che sto vivendo in questo momento.
Una sua mano è scivolata sul mio fianco.
“Cos’è questo?”,
mormora, ancora con un bel sorriso stampato in viso, soffiandomi sulle labbra. Stringe la stoffa dei miei pantaloni, toccando un quadrato spesso di…
Mi ero dimenticata di aver infilato la lettera di John nella tasca. Bellamy la sfila, lasciando che sporga. Io la prendo e la lascio cadere sul pavimento.
“Niente.”,
sussurro, gustandomi ogni millimetro del suo volto, i suoi occhi notturni e le lentiggini da bambino. Bellamy sta per schiudere di nuovo le labbra e io non sono sicura se sia per farmi vibrare con la sua voce roca o per baciarmi, quando l’elettricità si spezza ed entrambi sussultiamo al suono di una manciata di parole gelide, impassibili:
“Quella è la mia lettera.”



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21/09/17
Buongiorno, EFPnauti. Ci stiamo avviando alla conclusione di questa storia, che coinciderà circa con la fine della prima stagione della serie. Ma ancora manca qualche capitolo, e c'è il tempo per far succedere la qualunque

Comincio a diventare ripetitiva e melensa ma non posso non ringraziare come sempre, di cuore, Pixel, Sky, Fede27, Nina Ninetta e Spettro94 che seguono questa storia e si prendono anche il tempo per dirmi cosa ne pensano. E le opinioni di scrive bene valgono doppio, perciò a tutti loro va un doppio grazie. 

OK, non sto riuscendo a trovare un'immagine di una possibile Blair... Comunque, per capirci, è un po' tipo la Nancy Wheeler di Stranger Things, solo con gli occhi scuri e con i capelli più lunghi e sul rossiccio... Però le occhiaie sono quelle, lo sguardo, pallida, il suo essere una ragazza carina ma normale, ecco. Non una bambolona, poco ma sicuro. E anche come stile, direi che si somigliano! 



 

   
 
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