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Autore: Alison92    21/09/2017    0 recensioni
Susan Winter, ventitreenne dal travagliato passato e da un presente senza attrattive, viene lasciata in tronco dal suo fidanzato Henry. Senza più un lavoro, rimasta sola nella sua grande città e priva di uno scopo per il quale andare avanti, Susan comprende che per lei è arrivato il tempo di ricominciare.
Non crede più nell'amore, non confida che qualcuno possa cambiare la sua situazione, ripartire da sé stessa è l'unico modo che ha per riprendere in mano la sua vita che l'ha trascinata lontano da qualsiasi gioia.
In biblioteca: è qui che Susan intravede la sua opportunità, fra gli scaffali polverosi e nei volumi che fin da piccola aveva adorato.
Fra lettere mai inviate, opportunità sfumate e vecchi sentimenti che non hanno mai abbandonato il suo cuore, Susan incontra le uniche due ancore di salvezza che possono condurla alla felicità: l'amore e la speranza.
"Lettere a uno sconosciuto", quella che reputa una curiosa trovata della biblioteca cittadina per attirare nuovi visitatori, le concede l'opportunità di cambiare vita, di far pace con se stessa e di scoprire che l'amore non è solo una fievole fiamma destinata a spegnersi.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Quando si risvegliò, la luce del sole filtrava da una tenda pesante blu. Non era la sua stanza e quando cercò di richiamare ciò che era avvenuto la sera precedente, si accorse che la sua memoria non aveva serbato molto. Aveva ceduto alla stanchezza poco dopo che quelle braccia l’avevano circondata, non ricordava tanto altro. Aveva ancora addosso la sua felpa dalle sfumature ametista e i pantaloni sportivi scuri. Le lenzuola, che le erano state rimboccate, erano finite sul pavimento. Susan guardò la stanza, cercando di capire dove si trovava. Le pareti bianche erano spoglie, con l’unica eccezione di un dipinto marino difronte a lei. Un grande armadio nero era appoggiato alla parete di sinistra, dal lato opposto la finestra coperta dalla tenda riempiva la parete. Alcuni vestiti erano sparpagliati su una sedia e sulla scrivania di fronte a lei non poche carte e vari oggetti erano disposti senza un preciso ordine. Si alzò e indossò le sue scarpe, poggiate accanto al letto a due piazze. Quando uscì dalla camera, la luce la investì e restò per qualche secondo con gli occhi socchiusi.
-Buongiorno!
Susan vide Felix dal corridoio che armeggiava con qualche padella nella cucina. Non badò molto ai capelli arruffati e all’aspetto devastato che doveva avere il suo viso, si diresse nella cucina minimalista e bianca di Felix.
-Perché sono qui?
Felix si voltò verso di lei e le rivolse un sorriso.
-Perché non dovresti?
Susan stava per ribattere, ma Felix alzò una mano per fermarla.
-C’è il bagno a sinistra, prenditi tutto il tempo che vuoi e poi ne riparleremo.
Non se lo fece ripetere due volte. Sciacquò il viso con l’acqua gelata e legò i suoi capelli in una coda, poi si specchiò. Il suo riflesso era distorto, i suoi occhi castani erano iniettati di sonno e un’espressione malinconica traspariva. Quando uscì dal bagno, l’odore di pancake e cioccolato le risollevò l’umore. Felix stava sistemando qualche piatto sulla tavola di legno chiaro. La piccola cucina era luminosa, ricolma di piantine verdeggianti e predominavano i colori chiari. Susan prese posto accanto a Felix e fissò i suoi occhi su di lui. Indossava una maglia a maniche corte, nonostante l’inverno fosse alle porte e sembrava avere un aspetto sereno.
-Allora?
Felix si sedette e incontrò il suo sguardo.
-Sapevo che eri lì, ho sentito dell’incidente e immaginavo che avessi bisogno di qualcuno, che non avresti voluto rimanere sola.
Susan abbassò gli occhi sul suo piatto ricolmo di dolci e sentì la fame che le attanagliava lo stomaco.
-Perché sono qui?
-Avevi bisogno di aiuto e non potevo lasciarti da sola, tu non lo avresti mai fatto.
-Io sto bene.
Felix intercettò subito la sua bugia e alzò le sopracciglia. Susan sospirò, prima di far ricadere nuovamente il suo sguardo sul piatto.
-Ho sentito la notizia al telegiornale e mi sono precipitato alla scuola di musica, appena finito di lavorare.
-Perché non in stazione?
-Non era il tuo luogo, sapevo saresti andata lì.
Felix prese uno dei pancake ancora caldi e la incoraggiò a fare lo stesso. Susan addentò il dolce e sentì l’aroma della cannella che la rallegrò.
-Perché hai nominato l’incidente, cosa c’entra?
-Ho visto come hai guardato la mia macchina la prima volta che ci sei salita, la fretta che hai avuto nell’allacciare la cintura di sicurezza e lo stesso sguardo di chi soffre di claustrofobia.
Per Susan non bastava quella risposta, anche se rimase interdetta quando Felix le disse di quei dettagli che lei stessa non aveva mai notato.
-Hai ricevuto decine di chiamate qualche ora fa, così ho deciso di rispondere io. Era la tua amica, Ashley Ridway, era preoccupata per te. Le ho detto di averti portato a casa mia e che stavi dormendo in quel momento. Mi ha chiesto se avevi bisogno di qualcuno che ti accompagnasse a casa, o se necessitavi di qualcosa, ma le ho detto di non preoccuparsi. Mi ha detto di tuo padre, di cosa è successo e del perché avevi reagito in tal modo alla vicenda.
Le lacrime minacciarono di rigare il viso di Susan, ma lottò contro sé stessa per non mostrare le proprie debolezze ancora una volta. La sera precedente si era lasciata andare alle braccia di Felix, noncurante di celare il suo dolore.
-Hanno poi parlato di te ieri sera, hanno detto che tu hai assistito all’incidente e aiutato le autorità, oltre che soccorso le vittime. Se non ci fossi stata tu l’uomo…
-Una donna è morta davanti ai miei occhi e io non ho potuto far nulla.
-Tu non potevi fare altro, hai avuto il coraggio di aiutare nonostante quello che è successo a tuo padre. Sei stata senza paura Susan.
Tornò a prestare attenzione al suo piatto, perché non voleva richiamare il ricordo della giornata precedente.
-Come stai?
Le chiese, appoggiandole la mano destra sulla spalla. Susan incontrò il suo sguardo, scorgendo la sofferenza del suo cuore specchiarsi negli occhi di Felix. Lui sentiva il suo dolore, lui vedeva le sue mani sporche di sangue e avvertiva le lacrime calde sulle guance come lei.
-Come se mio padre fosse morto, una seconda crudele volta.
Felix non aggiunse altro, sapevano entrambi che le parole non aiutavano più. Susan avrebbe ricucito quell’ennesima ferita, con la consapevolezza che la strada aveva preso un’altra vittima e per poco non aveva scalfito anche lei. Finì la sua colazione, aveva fame e voglia di dimenticare. Aiutò Felix a sparecchiare, decisa a rivolgergli altre domande.
-Hai per caso due letti?
Felix scosse la testa mentre adagiava i piatti nel lavandino.
-Però ho un divano confortevole.
Aveva visto solo qualche stanza della casa di Felix, ma le apparve più grande e ospitale della sua.
-Ti pagano bene al pub?
Felix rise e si voltò verso di lei.
-Era la casa di mia nonna, ma lei non la abita più da molti anni, così ha deciso di regalarla a me. Con qualche aggiustatina e qualche mobile polveroso in meno, sembra quasi la casa adatta a me.
-Perché indossi abiti di seconda mano e logori, se non sei nella mia stessa condizione?
Felix non comprese subito a cosa si riferisse, ma poi Susan gli accennò delle diverse iniziali sulla maglia.
-Non mi occorrono abiti nuovi, fino a qualche tempo fa indossavo ancora le magliette di quando avevo tredici anni. Alcuni dei miei vestiti erano di mio cugino, non gli servivano più.
Susan annuì, poi prese il suo cellulare e mandò un messaggio ad Ashley, per ringraziarla e chiederle di non preoccuparsi per lei.
-Felix.
Lui si voltò, aveva appena finito di riordinare. Susan si mosse di qualche passo, fino a quando il ragazzo non era che a un metro di distanza da lei. Se avesse potuto, avrebbe annullato il distacco fra loro, ma si trattenne dal farlo.
-Mi hai detto che io avrei fatto lo stesso e forse è così, ma tu hai fatto più del dovuto. Non mi hai lasciata sola, mi hai ceduto il tuo letto e ti sei occupato di me, che ho rivisto la morte in faccia. Non so come potrei mai ringraziarti.
Felix le sorrise e si avvicinò di un passo, fino a far sfiorare le sue dita con quelle di Susan.
-Non potevo lasciati sola, eri talmente affranta. Vorrei poter estirpare il tuo dolore, ma non posso, come tu non hai potuto nulla difronte a quella donna. Abbiamo i nostri limiti Susie, siamo pur sempre umani.
Non aveva altro d’aggiungere, così si lasciò stringere nuovamente da Felix, abbandonandosi alla sua sicurezza. La maglia del ragazzo aveva un vago odore di cannella e zucchero, mentre le sue braccia erano accoglienti come la sera precedente, erano il suo nuovo luogo sicuro.
Tornò a casa alle sei del pomeriggio, pronta per la serata di lavoro che l’attendeva. Non voleva lasciarsi cadere una seconda volta, sapeva che non avrebbe potuto permetterlo. Aveva passato gran parte della giornata con Felix, a parlare e a ridere l’uno dell’altra, finché non era giunta l’ora di pranzo. Felix era un cuoco provetto, più capace di quanto avrebbe mai potuto esserlo lei. Il resto del pomeriggio lo avevano trascorso su confortevole divano sul quale lui aveva dormito tutta la notte, guardando qualche film e discorrendo sulle loro letture attuali. Per Susan era chiaro che non si trattasse più di un’infatuazione, bensì di amore. Amore, era la parola adatta per racchiudere ciò che provava per Felix? Susan non s’interrogò oltre, sapeva che non occorrevano altre domande. Leo, lo aveva amato e continua ad amarlo, di un amore che trascendeva gli anni e la fisicità, che l’aveva condotta alla sofferenza e alla gioia. Poteva amare Felix allo stesso modo? Non rispose alla sua domanda, conosceva già la risposta.             
  
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