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Autore: lucille94    21/09/2017    0 recensioni
Bois-Guilbert è a terra, immobile, nel fango di Templestowe. Ma non è ancora la fine...
Il mio vuole essere un sequel di Ivanhoe incentrato sulle vicende di Rebecca (e Bois-Guilbert) dopo il duello a Templestowe. Perché non dare una seconda possibilità a questi due inguaribili orgogliosi? E' quello che intendo fare! Perciò, dopo Templestowe seguiranno altre avventure... Perché Bois-Guilbert non è affatto morto. E Rebecca dovrà farsene una ragione.
Genere: Avventura, Drammatico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Bois-Guilbert asciugò il mento di Rebecca con le dita, poi si sedette accanto a lei e guardò un punto indefinito davanti a sé. Lei prese respiri profondi e si scostò leggermente. Le bruciavano gli occhi e non sapeva se spiegarlo con il vino che non era abituata a bere o con la paura che lui le incuteva con la sola vicinanza.
«Quel bambino era mio nipote. Era nato un anno e mezzo prima, quando io ero a farmi ammazzare per un pezzo di terra desertica. Forse, se fossi morto, quei due avrebbero fatto festa. Il loro problema sarebbe scomparso senza scandali. Scandali, comunque, non ce ne furono. Venni a sapere che si erano sposati quattro anni prima del mio ritorno. Ora, devi sapere che sono stato lontano da casa grossomodo cinque anni: impossibile pensare che si sia trattato di un’improvvisazione. Era preparato, ben preparato. E pensare che Guillaume era il mio amico più fidato; fu un continuo tradimento, il loro. Guillaume ed Adelaide avevano pensato a tutto, spingendomi a farmi ammazzare in ogni modo affinché potessero godere insieme dell’amore e della ricchezza. Con me primogenito lontano e il denaro sufficiente a pagare qualcuno che sostenesse la mia morte non fu difficile convincere mio padre ad accettare le nozze. E così fu...»
Una brevissima pausa, poi di nuovo: «Mio padre pensò di trovarsi davanti un fantasma quando mi vide. Ma che senso aveva ormai spiegargli cos’era successo? Spiegargli in quale tranello fossimo caduti entrambi? Spiegargli che sua nuora non era altro che una scaltra volpe assetata di denaro? Pover’uomo. Mi spiacque lasciarlo quando partii per diventare un Templare. Lo vidi piangere come un bambino; tuttavia, quando mi dissero che era morto, non provai un gran dolore. Per me mio padre era già morto il giorno del nostro addio...»
Dopodiché, silenzio. Rebecca prese coraggio per vincere la titubanza e sussurrò: «E cosa ne era stato di vostra madre?»
Bois-Guilbert trattenne un singhiozzo e parlò piano: «Morì quando avevo quindici anni»
«Anche mia madre morì quando ero molto giovane» ribatté lei, guardando nella stessa direzione di lui. Sentiva che era giunto il suo momento: «Si chiamava Rachel, come vi ho detto, ed era di York. Mio padre l’amava molto e non era avaro con lei, come non lo era con me del resto. Lei aveva sempre bellissimi gioielli e abiti, aveva serve che la accudivano e una stanza piena di preziosi regali. Seppi poi che aveva sempre avuto difficoltà a partorire e che dei cinque figli che aveva dato alla luce nel corso del matrimonio con mio padre solo io ero sopravvissuta. E morì così, dando alla luce un bambino prematuro quando io avevo solo sette anni; e pensare che sono già passati sedici anni da allora! Allora non capivo cosa stesse succedendo in quei giorni drammatici: d’un tratto mia madre era bianca come il latte e non si muoveva più. Mio padre non voleva che mi avvicinassi, perché la nostra fede ci dice di non entrare in contatto con i morti. L’ultimo ricordo che ho di lei è quando mi assicurò che sarebbe andato tutto bene, che presto si sarebbe ripresa dalla malattia e avrebbe ricominciato a viziarmi»
Nonostante il dolore che quei ricordi ridestavano in lei, Rebecca provava nel petto ancora il calore del vino e ne traeva giovamento.
«Vuoi ancora?» le domandò Bois-Guilbert, riempiendo il proprio bicchiere a metà e porgendoglielo. Rebecca ringraziò e bevve lentamente.
«Mio padre non fu più lo stesso: vendette tutto ciò che era stato di mia madre perché la sola vista di qualcosa che gliela rammentasse lo faceva soffrire infinitamente. Liberò le sue serve e ne acquisì altre cui affidare la mia educazione. A quindici anni, poi, partii per andare a Costantinopoli a imparare l’arte di guarire da Miriam e rimasi lontana per due anni. Quando le cose cominciarono a mettersi male per noi, per via del processo alla mia maestra, mio padre mi fece tornare in Inghilterra. Solo una volta giunta a York mi rivelarono la fine di Miriam e piansi, piansi tanto!»
I singhiozzi le impedirono di continuare.
«Tu sei più fortunata di me – bisbigliò Bois-Guilbert dopo l’ennesimo bicchiere di vino – Tu hai ancora qualcuno che si preoccupa per te a Sheffield e che può offrirti protezione. Ho sempre invidiato questa solidarietà tra ebrei, anche in Palestina»
Rebecca fece una faccia contrita a quella considerazione, ma Bois-Guilbert non se ne accorse. La bottiglia era ormai quasi vuota e lui tracannò le ultime gocce senza usare il bicchiere.
«Io gliel’avevo detto di non fidarsi di quegli uomini – proseguì, mentre lui abbassava il fiaschetto e lo riponeva in un angolo – Glielo dissi subito; ma lui temeva che voi poteste seguirci e raggiungerci. Eravate voi il problema di mio padre...»
Bois-Guilbert appoggiò il gomito al ginocchio e abbandonò la testa nella mano, fissandola per un istante con occhi persi: «Ha deciso di fidarsi delle persone sbagliate» osservò con sufficienza.
Rebecca annuì: «Solo ora mi accorgo che la vostra scorta sarebbe stata l’unica veramente affidabile in quel momento»
Il normanno decise che ne aveva avuto abbastanza dei ricordi tristi del passato: quanto c’era da dire era stato detto da entrambi e soffermarsi a ripensare alle stesse cose per troppo tempo avrebbe guastato ulteriormente il loro umore. Perciò sospirò profondamente, così da attirare la sua attenzione.
«Il vino ha il pregio di mettere sonno – disse, apprestandosi a coricarsi – Questo, poi, era abbastanza forte per arrivare dalla bisaccia di un chierico – quindi, una volta sdraiato, afferrò Rebecca per il braccio – Stenditi qui, di fianco a me»
Rebecca non era così confusa da accettare e preferì uscire e raggiungere Marian e le altre donne. Bois-Guilbert, un po’ abbattuto, la salutò e chiuse gli occhi.
«Rebecca! – trasalì Beth, che fu la prima a vederla uscire – Cos’è successo?! Eravamo in pensiero!»
«Aveva bisogno di parlare con qualcuno, tutto qui. Non mi ha fatto nulla di male» la rassicurò, poi ammise di aver bevuto del vino con lui e di non sentirsi perfettamente lucida.
«So io di cosa hai bisogno – sopraggiunse Marian – Abbiamo tutta la giornata per andare al laghetto. Prendiamo un poco di cibo e ci avviamo; un bagno freddo ti farà svegliare per bene»
   
 
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