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Autore: neversaythree    22/09/2017    1 recensioni
Harry ha 21 anni, gli ultimi 4 passati a viaggiare per gli Stati Uniti e, suo malgrado, ogni tanto gli capita di aver bisogno di un lavoro. Louis ne ha 23, è quasi tanto ricco quanto triste, e non assume di persona i propri dipendenti.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il suono della sirena della polizia è quasi sovrastato dal pulsare del cuore di Louis nelle proprie orecchie, da un paio di respiri affannati e due paia di scarpe a incespicare sul selciato. Louis sente Zayn dietro di sé e si volta ad afferrarlo per una manica della giacca di pelle. La sirena è sempre più vicina, ma è una sola, alle loro spalle. Ce la possono fare, pensa Louis, nonostante loro siano a piedi e la polizia no, nonostante i suoi polpacci brucino dalla fatica, nonostante né lui né Zayn sappiano dove stanno andando. Trascina Zayn in un vicolo sulla sinistra, la volante sparisce dietro l'angolo per pochi secondi. La presa sulla giacca di pelle scivola dalle sue mani sudate, quando Zayn inciampa sull'asfalto, un grido mozzato che sfugge dalle sue labbra, e le gambe di Louis non riescono a fermarsi se non metri dopo. Quando si volta, la polizia è alle spalle di Zayn. Louis esita per una frazione di secondo, prima di muoversi per raggiungerlo, ma quel momento di esitazione dà a Zayn il tempo di "Vattene!", gridare. Da lì in poi è tutto confuso. Louis sente delle mani spingerlo via, la voce di Zayn biascicare, concitata: "Ricordati le regole, vattene, cazzo, vattene" e gli agenti sono solo due, e Louis se ne va prima di vederli prendere Zayn. Se le ricorda bene, le regole. Continua a correre, senza fiato, gli occhi lucidi a impedirgli di vedere bene, un unico pensiero a rimbombargli in testa come un mantra: Torno a prenderlo, lo faccio uscire prima che chiunque lo sappia.

"Salve, desidera?"

"Vorrei pagare la cauzione per Zayn Malik, è stato arrestato stano-"

"Oh, non sarà necessario. La cauzione del signor Malik è stata pagata da suo padre poco meno di un'ora fa."

 

***

 

I wanna be your guilty 90s' playlist.
I wanna be that drink you sneak before dinner.
I wanna be that thing you tried in the shower that one time.
I wanna be the dirty photos you hide in your "documents" folder.
I wanna be the fake name in your cellphone.
I wanna be that Real Housewives episode you watched the all way through 'cause you said the remote control was too far away, but you could've reached it. 
You could've reached it. 
No, it doesn't make you lazy, it makes you human. 
Damn, damn human. 
We're all damn, damn humans.

[John Mayer, The late late show]

 

Of leather and gold

 

Vivere senza fissa dimora, in giro per gli Stati Uniti per quattro anni, tra le numerose cose, fornisce di una certa capacità di adattamento, se non un minimo di stamina per le situazioni spiacevoli. Quando Nick ferma la propria Opel Corsa davanti al cancello in ferro battuto, la prima cosa che lui ed Harry notano, ovviamente, è la lucida e dorata che troneggia sopra la serratura, in una grafia piena di fronzoli. Nick fischia, Harry ridacchia, poco impressionato. È qui per un lavoro. Uno di quelli provvisori che gli permettano di comprarsi da mangiare e mettersi un materasso sotto il culo per il periodo in cui soggiornerà a Manhattan. Non troppo breve, stavolta, ha deciso Harry. "Sono ricchi, pagano bene," gli ha detto Nick. Non che ad Harry importi. Quando i cancelli vengono aperti, Harry scende dall'auto, si volta all'inizio del viale per mandare un bacio canzonatorio in direzione dell'Opel Corsa, ricevendo un dito medio in risposta.

La casa è intimidatoria. L'uomo che gli apre la porta e lo scorta nel salone lo è. I soffitti troppo alti lo sono, così come i lampadari di cristallo eccessivi, i quadri alle pareti. Harry, lasciato da solo con un impersonale "Non tocchi niente, per cortesia", tocca pressappoco qualsiasi cosa. Le sue dita tracciano il pattern della spessa stoffa che riveste le pareti, i bordi dei mobili, il velluto dei divani, su cui si siede, accavallando le gambe. Tutto grida dorato, perfetto, costoso. Ed Harry, stretto nei propri skinny jeans e con una delle camicie di Nick, per la prima volta da molto non riesce a fare a meno di sentirsi leggermente fuori luogo. Fa in tempo ad abbassarsi tutte le cuticole della mano sinistra e ad annoiarsi, prima che qualcuno entri nella sala. Di primo acchitto sono due ragazzi, sui venti e qualcosa, ben vestiti. Harry si alza, più per cortesia che per etichetta, un "Oh, salve" formale e cortese al punto giusto.

"Salve. Devi essere Harry" fa il primo, porgendogli una mano da stringere. Ha i capelli perfettamente in ordine, un sorriso cordiale che non gli coinvolge gli occhi nocciola, imperscrutabili sotto un folto paio di sopracciglia.

"In persona."

"Liam," si presenta. Indica con un cenno l'altro ragazzo, "Questo è Louis," dice. E Louis solleva dal proprio cellulare lo sguardo più annoiato che Harry abbia mai avuto l'onore di incrociare, nonché gli occhi più azzurri. E se Liam appare ricco, Louis è l'incarnazione dello stesso aggettivo. Indossa un golfino nero, in qualche modo elegante, ed ha i capelli tirati indietro in un ciuffo alto, che fa guadagnare un paio di centimetri alla sua statura piccina. È più basso di Harry, infatti, ma è anche talmente bello che Harry non riesce ad evitare di sentirsi in soggezione. Un bello evidente ma composto, che grida dorato, costoso, perfetto.

Non dice una parola durante tutto l'arco di tempo in cui Liam descrive il tipo di lavoro che dovrà svolgere. Che a quanto pare è fare l'autista. Gli chiede se è disposto a rimanere a disposizione 24 ore su 24, a percorrere lunghe distanze, ad indossare una giacca. Harry ridacchia, all'ultima richiesta, prima di realizzare la serietà delle parole di Liam. Quest'ultimo, ad un certo punto, gli scrive su un rettangolo di spessa carta color crema la cifra che gli sarà consegnata in contanti mensilmente, ed è tutto così formale e ridicolo ed Harry non vede l'ora di raccontarlo a Nick. Quando legge il biglietto, però, l'umorismo viene sostituito da un leggero shock, ed evidentemente deve essere leggibile nella sua espressione, perché persino Liam sorride, in maniera passabilmente sincera.

"Ti sembra una cifra adeguata?"

"Sì, cioè, ehm" si schiarisce la voce, incerto se ridere o ingaggiare con Liam una seria discussione sui veri valori della vita. "Adeguata, sì" risponde invece, pensando distrattamente che, be', costano tanto, gli affitti a Manhattan. Vede Liam toccare la coscia di Louis per attirare la sua attenzione. Quello gli rivolge uno sguardo lungo giusto il tempo necessario a fare spallucce, come se non gliene fregasse niente. Harry comincia ad esserne vagamente irritato.

"Bene" fa Liam, battendo una volta le mani, "Dovrai mandare i tuoi recapiti e le fotocopie dei tuoi documenti a questo indirizzo e-mail, ed entro questa sera ti saranno messe a disposizione l'auto di servizio e la dependance-"

Harry aggrotta le sopracciglia, "Scusa, la dependance?"

Liam gli sorride, accondiscendente, "Be', sì. Disponibilità 24 ore su 24, no? La domenica è libera, a proposito. Non dovrai lavorare, ma puoi restare comunque all'interno della villa. Nick mi ha accennato della tua necessità di un alloggio."

Niente affitto, dunque. Uno sbuffo proviene dal lato del divano su cui è seduto Louis. Tiene gli occhi ancora sullo schermo del telefono, ed è così raro che Harry lanci occhiatacce alla gente, che quasi gli dispiace che non lo stia guardando. Liam finge spettacolarmente di non accorgersene: "Andrebbe bene, per te, iniziare lunedì?"

Harry non fa in tempo a pensarci, prima che il suono del maledetto iPhone di Louis li interrompa, portandolo a chiedersi come si possa apparire così maleducati senza un minimo sforzo. Sia lui che Liam si voltano a guardare Louis, che si è già alzato dal divano di velluto di fronte ad Harry, e da quell'angolazione, quasi per sbaglio, Harry lo vede, in piedi, annoiato, fiero, e perfettamente identico al giovane uomo raffigurato nel quadro sulla parete, alle sue spalle.

"Scusatemi," fa Louis, prima di voltarsi e uscire dalla stanza.

Un quadro di se stesso. Chi ha un fottuto quadro di se stesso in casa propria? Ad Harry sembra di trovarsi in un episodio di The Royals. Forse solo un pelino più trash.

"Allora, per lunedì?" chiede Liam, dando un taglio ai suoi pensieri.

"Sì. Lunedì va bene."

Non sarebbe andato bene, in altre circostanze. Si può dire che avere a che fare con delle persone che non salutano un estraneo appena lo vedono non è mai stato tra le massime aspirazioni di Harry. Di solito, quando nei posti in cui va si ferma più di qualche settimana, Harry opta per lavorare part-time come cameriere, o in una panetteria, o ad arrangiarsi in modi comunque molto più... pratici? Stavolta, però, Nick si è sentito in dovere di intervenire.

È successo al suo ottavo giorno a New York. Quando Harry è tornato da Nick con la metro, dopo un giro al centro a scattare foto ai palazzi ed ai passanti, Nick si è lamentato di nuovo per la sua ostinazione nel non possedere un cellulare, gli ha scaldato la pizza avanzata e gli ha detto che deve andarsene.

Harry ha sbattuto le palpebre, con un filo di mozzarella a fare da ponte tra la pizza e la sua bocca.

"Scusa, H" ha fatto Nick, con una pacca sulla sua spalla nuda ed un'aria neanche troppo dispiaciuta, "Io e Greg abbiamo bisogno dei nostri spazi."

Harry ha deglutito il più in fretta possibile senza strozzarsi e: "No, hai ragione, scusami, dovevi dirmelo prima-" ha iniziato a blaterare, perché se c'è qualcosa che fa ancora un po' di attrito nella sua vita orgogliosamente avventurosa, è il dovere inevitabilmente essere di peso, di tanto in tanto. Nick lo ha interrotto, però, sventolandogli davanti alla faccia la mano con la quale non stava scrollando la dashboard di Tumblr: "Figurati. È stato divertente averti intorno, davvero. Greg si è praticamente innamorato di te e dei tuoi tacos, e sai che puoi venirci a trovare quando vuoi, finché sei in zona" gli ha detto, con aria cordiale, e non sembrava seccato, solo onesto nella sua tipica maniera a tratti un po' brutale. Harry ha sparecchiato e lavato i piatti, come tutte le sere, mentre rifletteva sul da farsi. Avrebbe potuto chiamare Ed, chiedergli se avesse un posto per lui al negozio di vinili. Magari stare da Caroline finché non avesse trovato una stanza o un appartamento in affitto, o vivere da senzatetto per un po', come quella volta a Los Angeles.

La voce di Nick, poco dopo, lo ha riscosso: "Ti ho trovato un lavoro."
 

***


Il fatto è che Harry proprio non ce l'ha, una giacca. Ed è l'unico pensiero che lo preoccupa - ma neanche troppo - perché la dependance è confortevole, il frigo è pieno, c'è un gatto che si aggira nel giardino e quella di stanotte è stata senza margine d'errore la dormita migliore che abbia fatto in quattro anni. Eccetto forse per il fatto che era solo. Ah, e Liam è uno a posto. Gli ha portato ieri sera le chiavi dell'Audi che si appresterà a guidare e vaghe indicazioni sui suoi impegni per l'indomani mattina, ma per lo più ha riso dei vani tentativi di Harry di accarezzare il gatto rosso evidentemente aggressivo che ha trovato in giardino.

Harry parcheggia l'Audi di spalle alla villa, pronta ad immettersi sul viale che porta al cancello, e sta fischiettando al ritmo di Disturbia, alla radio, quando sente sbattere lo sportello posteriore ed una voce acuta, annoiata "Rihanna, sul serio?"

Harry sposta lo sguardo sullo specchietto retrovisore. E lì c'è il riflesso di nientepopodimeno che Louis, con i suoi zigomi pronunciati e il suo ciuffo tirato indietro ed Harry non sa esattamente cosa si aspettava, ma c'è qualcosa che non va.

"Che ci fai qui?" gli chiede, e la faccia inespressiva di Louis si fonde in puro scetticismo: "Mi prendi in giro?"

Harry scuote la testa.

"Quale passaggio ti sei perso da quando ti ho assunto come autista?"

"Liam mi ha assunto come autista."

"Liam è il mio assistente personale."

Certo che Louis ha un assistente perso-

Oh. Oh.

"Un insegnamento per la vita, amico: nessuno che può permettersi una casa così si occupa di assumere di persona i suoi dipendenti."

Lo dice con tono di chi conosce il mondo, ed Harry si trattiene a stento dal chiedergli chi cazzo si creda di essere. Lo guarda invece con quello che spera sia uno sguardo altrettanto intimidatorio, "Lo terrò a mente, amico."

"Louis Tomlinson" si limita a precisare lui, e suona più come un chiarimento che come una formale presentazione. La T dorata del cancello torna alla mente di Harry. È definitivamente finito in The Royals.

"Harry Styles."

"Portami nell'Upper West Side, Harry Styles" fa Louis, pronunciando il suo nome in tono quasi canzonatorio, ma forse Harry sta diventando paranoico. "Devo stare alla Columbia tra quarantacinque minuti."

 


La prima settimana a casa Tomlinson, tutto considerato, procede bene. Harry deve ancora farsi una ragione del fatto che sta venendo pagato una somma vergognosamente alta per vivere in una villa e portare un tizio all'università. I soldi guadagnati, però, gli garantiranno un po' di tranquillità per gli spostamenti futuri, il che rende persino uno come Louis Tomlinson considerevolmente più sopportabile. Dire che il rapporto tra lui ed Harry si evolve, in questo arco di tempo, non sarebbe proprio esatto. Tutti i suoi primi tentativi di intavolare una conversazione vengono stroncati dalle risposte sporadiche ed asciutte di Louis, ma ad Harry non importa, e continua ad offrirgli commenti casuali e domande, destinate spesso a cadere nel vuoto, a voce alta, sopra il rumore della radio accesa.

Di giovedì Louis lo avverte che non andrà all'università, il giorno dopo, ma che gli servirà un passaggio ad un club per la sera. Harry passa la giornata di venerdì in boxer, parla con sua sorella Gemma su Skype dal computer della dependance, pianifica un brunch con Alexa per domenica e riesce a dare qualche avanzo al Gatto Rosso senza che lui gli stacchi a morsi le dita. Quando Louis sale in macchina, quella sera, non è solo. Ci sono una ragazza ed un ragazzo con lui, ed Harry sospetta che siano già ubriachi, dal modo goffo in cui entrano in macchina, incespicando e scoppiando a ridere sguaiatamente, all'unisono. Anche Louis ridacchia, il che sorprende Harry più di quanto dovrebbe. Una risatina leggera, che lascia l'ombra di un sorriso sulle sue labbra sottili, quando incrocia il suo sguardo nello specchietto.

"Parti pure, Harry" dice Louis. Harry parte.

Non dice una parola durante tutto il tragitto, limitandosi a lanciare occhiate nello specchietto retrovisore. È che non ha mai visto Louis interagire con terzi che non fossero Liam, ed Harry è curioso. Una curiosità prettamente scientifica, ma abbastanza pressante. 
Il ragazzo e la ragazza gli sono addosso da entrambi i lati, toccandolo attraverso la camicia costosa e sussurrandogli nelle orecchie. Louis non sembra esserne infastidito, né farci troppo caso, in effetti. Tiene le mani ferme sul proprio grembo e non pare esattamente lucido. Harry ha un fastidioso déjà-vu.

"Ti è piaciuto il regalo?" chiede il ragazzo, a voce più alta, nel momento in cui l'Audi incontra un semaforo rosso. Harry coglie l'occasione di dare un'altra occhiata allo specchietto, ma Louis lo sta già fissando di rimando, con sguardo vuoto, un po' sognante. Potrebbe fare finta di niente e tornare a guardare la strada, ma non lo fa e neanche Louis. Lo vede annuire.

"Bene" fa la ragazza, "ne abbiamo ancora per dopo."

Il semaforo torna verde ed Harry sente di avere la nausea. Non guarda più verso Louis e, quando dai sedili posteriori si inizia a sentire il suono umido di baci, accende lo stereo per coprirlo.

Non appena parcheggia l'Audi, gli amici di Louis schizzano fuori trascinandoselo dietro come un pupazzo. Sbattono forte la portiera ed Harry mormora un "Teste di cazzo" tra i denti, stranamente irritato. Segue i tre con lo sguardo, i quali varcano l'ingresso del club immediatamente, senza che la sicurezza o la numerosa gente in fila battano ciglio.

Ovviamente sapeva che avrebbe dovuto aspettare fuori per tutto il tempo, ma non immaginava sarebbe stato così snervante. Ha reclinato il sedile, ad un certo punto, riuscendosi a guadagnare un sonnellino di una ventina di minuti. I vetri in parte oscurati fanno il loro dovere, in certe situazioni. Ora è sveglio, però, ed è solo l'una e sta entrando in una strana paranoia che gli fa genuinamente credere che se rimarrà un altro minuto nell'auto consumerà l'ossigeno all'interno e morirà. Esce fuori, quindi, nell'aria pungente, decidendo mentalmente che la prossima volta porterà con sé un libro da leggere. Incrocia le braccia stringendosi nella giacca e si appoggia con la schiena contro lo sportello dell'Audi. Non riesce a smettere di pensare ai comportamenti di Louis e a come sia sempre più convinto che ci sia qualcosa che non vada in lui. Harry ne ha conosciute abbastanza, di persone tristi. Potrebbe anche affermare con una certa dose di oggettività di esserlo stato in prima persona, in passato. Tristezza, delusione e senso di colpa sono sentimenti che conosce e comprende bene, ma non sono esattamente ciò che emana Louis. La prima ed unica volta in cui l'ha colto a sorridere era evidentemente sotto l'effetto di stupefacenti. Non è tristezza quello che Harry vede quando lo guarda, - e, suo malgrado, lo guarda spesso - solo un totale, disarmante, annoiato vuoto. Si chiede quale trauma l'abbia portato all'apatia. Forse però non c'è nessun trauma. Forse Harry sta romantizzando la questione, per il bisogno recondito di trovare giustificazioni per tutti. Forse Louis è semplicemente uno stronzo con tutti i suoi dipendenti.

Vede con la coda dell'occhio qualcuno avvicinarsi prima ancora di sentirlo parlare.

"Ehi. Hai una sigaretta?"

È un ragazzo. Si ferma a poca distanza da lui, con le mani in tasca ed un sorriso in faccia. È di poco più basso di Harry, probabilmente anche più piccolo. Ha i capelli rasati cortissimi e i vestiti larghi. È piuttosto bello.

"No, mi spiace" fa Harry. Quello non sembra scoraggiato dalla risposta, ma si appoggia affianco ad Harry allo sportello della macchina.

"Che fai qui fuori a prendere freddo, se non fumi?"

Harry sorride, indica l'auto con un gesto della mano. "Faccio l'autista privato. Devo aspettare il mio capo finché non è pronto a tornare a casa" spiega, abbastanza sicuro che il ragazzo non conduca lo stile di vita che conduce Louis e che quello non sia esattamente il suo giro. Glielo conferma la confusione che gli si legge negli occhi, quando: "E non puoi prenderti una birra o farti un giro, mentre aspetti?" gli chiede.

Harry lo guarda in quel modo che fa quasi sempre arrossire le ragazze. Flirtare gli riesce bene, potrebbe farlo nel sonno. Forse è perché ha fatto tanta pratica. Flirta ovunque, con chiunque, sempre, da quando ha iniziato a rendersi remotamente conto di avere un qualche effetto sulle persone. Flirta nei pub, in fila alle casse dei supermercati, negli ascensori. È diventato quasi un vizio, col tempo, un riflesso incondizionato.

"Mi stai invitando a prendermi una birra o farmi un giro?"

"Sì" risponde il ragazzo, semplicemente, senza imbarazzo o malizia.

"Be', sappi che se potessi ci verrei. Però puoi farmi compagnia, se vuoi."

Un gesto d'assenso ed un sorriso compiaciuto: "Voglio. Come ti chiami?"

"Harry. Tu?"

"Tom."

Tom è al primo anno di college e gli sta parlando di un saggio di Debord che ha dovuto leggere per un esame. Harry La società dello spettacolo lo conosce praticamente a memoria, ma non glielo dice, per non farsi chiedere cosa ne pensa. Preferisce ascoltare, stasera. Le opinioni che Tom esprime in merito sono un po' incerte, prettamente scolastiche. Non dice niente di sbagliato, né di particolarmente brillante. Gesticola parecchio, toccandogli un braccio quando è particolarmente animato. Harry sorride, divertito, quando lo fa.
Tom si interrompe, ad un certo punto, distratto da qualcosa di fronte a loro. Segue il suo sguardo e vede Louis, solo, fermo a fissare Harry, il quale, dopo una durata di tempo che sembra troppo grande per essere socialmente accettabile: "Ehi" gli dice.

"Andiamo" fa Louis, e c'è qualcosa di vulnerabile nel modo in cui pronuncia quella singola parola, più una domanda che una direttiva. Harry annuisce e lui e Tom si scostano dall'auto affinché Harry possa aprire la portiera posteriore per Louis, che scuote la testa.

"Davanti" spiega, aprendosi da solo la porta affianco al posto del guidatore.

"Mi dai il tuo numero?" sussurra Tom, allora.

"Non ho un cellulare."

È la verità, ma Tom deve dargli una qualche interpretazione, perché annuisce e, senza aggiungere altro: "Allora ciao, Harry" fa, con un mezzo sorriso che Harry ricambia distrattamente.

"Ciao, Tom."

Quando entra, Louis ha la testa poggiata sul vetro, la camicia stropicciata e sta tremando leggermente. Non sembra ancora tornato del tutto in sé. Harry si chiede cosa abbia preso, ma non glielo domanda direttamente. Invece si toglie la giacca e la porge a Louis, che lo guarda confuso, per un attimo, prima di lasciarsi aiutare ad infilarla.

"Perché non gli hai dato il tuo numero?" mormora, con grande sorpresa di Harry.

"Non ho un cellulare" ripete, mettendo in modo l'auto. Louis lo guarda con gli occhi semi-chiusi, le palpebre pesanti.

"Neanche Facebook? Un'email?"

Harry sbuffa una risatina: "Fai troppe domande per essere fatto."

"Non fatto, stanco" risponde lui, biascicando le parole, portandosi un dito a toccarsi una tempia: "Qui dentro", ma sta sorridendo, con la guancia spiaccicata al poggiatesta del sedile.

"Certo."

E il silenzio che segue stavolta è rilassato anche senza lo stereo a riempirlo, solo le lievi fusa del motore dell'Audi ed il frusciare dei vestiti di Louis, con i suoi movimenti irrequieti.

 

"Grazie per la giacca" dice, a un certo punto, sorprendendo di nuovo Harry che, con la coda dell'occhio, lo vede rannicchiato su se stesso, gli occhi chiusi verso il finestrino.

"Non c'è di che.

 

 

///////////

NdA:

Hola! 
Qui è neversaythree, che spera che il primo capitolo di Of Leather and Gold vi sia piaciuto e che come al solito non è in grado di gestire lo spazio delle note.
Ma ci tenevo a dirvi che ho già pubblicato questa ff mesi orsono su wattpad, perché mi piace avere the best of both worlds e soprattutto perché wattpad mi canna spazi, corsivi e compagnia bella ogni tre per due, perciò ogni tanto ho bisogno di certezze.

In caso aveste voglia di contattarmi, farmi domande o incitarmi a muovere il culo ed aggiornare, mi trovate su Tumblr (purplemargarita) o su Twitter (_neversaythree). Mordo solo se me lo si chiede per favore. (?)

A molto presto tipo stasera con il prossimo capitolo, 
ciao! 

  
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