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Autore: Elayne_1812    23/09/2017    2 recensioni
Non solo Kim Kibum era in grado di destreggiarsi con l’energia pura, un’abilità innata estremamente rara, ma era anche la chiave d’accesso al trono di Chosun. Cose che un ambizioso e scaltro come Heechul non poteva ignorare.
(dal prologo)
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- Io…mi sento vuoto. – disse semplicemente.
Vuoto? Non c’era niente di vuoto in quello sguardo ammaliante, in quelle labbra del colore dei fiori di ciliegio, in quegli sguardi decisi e al contempo imbarazzati. Come poteva essere vuoto, Key, quando era tutto il suo mondo?
Sopra di loro le nubi si stavano aprendo, rivelando sprazzi di un cielo puntellato di stelle. Jonghyun fissò gli occhi neri e profondi di Key, insondabili e affascinanti quanto la notte più misteriosa. Così belli che anche le stelle avevano decisi di specchiarvisi.
-Tu non sei vuoto, Key - disse Jonghyun, -io vedo l'universo nei tuoi occhi. - (dal capitolo 9)
jongkey, accenni 2min
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Onew, Taemin
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve! Se vi state chiedendo se sia un caso che io stia pubblicando oggi sappiate che non lo è, il capitolo era già pronto da un paio di giorni XD In origine speravo di postare oggi l’epilogo, ma i capitoli finali si sono rivelati molti di più e molto più lunghi del previsto.
Ringrazio chi ha inserito la storia tra le preferite, ricordate, seguite e ovviamente tutti i lettori.
Un grazie particolare a chi mi ha lasciato i suoi commenti: Blugioiel, Chocolat95, DreamsCatcher, Ghira_, Gonzy_10, Ichabod_Crane, Jae_Hwa, KimJonghyun23, MagicaAli, Panda_murderess, Saranghae_JongKey e vanefreya.
Ringrazio anche chi mi ha inserita tra gli autori preferiti: Blugioiel, Jae_Hwa,  MagicaAli e SHINee4ever  *.*
Grazie per il vostro sostegno ^^
Spero di non aver lasciato troppi errori di battitura. XD
Buona lettura!
 
 
Capitolo 40
Alarm clock
 
“In my nightmare,
I’ve lost my way

(…)
This moment is not a dream
I can’t acknowledge it,
I can’t stand this reality
Come back to me, this nightmarish reality –
I need you

I hope my alarm clock will quickly ring
To wake me from this dream

(…)
I can’t escape this bad dream
(…)
Quickly wake me up, wake me up”
Shinee, Alarm clock
 
 
Il boato che seguì il crollo della parete avvenne in un tripudio di frammenti di mattoni e malta. Una nuvola densa di polvere grigiastra costrinse i ribelli a ripararsi gli occhi e le vie respiratorie. Jinki si scansò di colpo appiattendosi contro la parete laterale e si coprì il viso, mentre Taemin barcollava all’indietro.
-Stai bene?– domandò Minho apprensivo, sostenendo il più piccolo.
Taemin tossicò, poi annuì.
-Sei certo di essere in forze? Non sarà facile una volta dentro il palazzo. –
Avere a che fare con una parete spessa, anche se compromessa da restauri e rimaneggiamenti, non era stato facile. Come aveva spiegato loro Siwon, che dopo essersi ripulito gli abiti alla bell’è meglio ora sondava il terreno oltre la polvere; il passaggio era una vecchia via segreta ad uso esclusivo della famiglia reale, poi abbandonata e convertita in sistema fognario, cosa che i raccapriccianti miasmi che avevano inalato durante il percorso aveva confermato loro. Nonostante l’utilizzo della loro abilità per i fratelli Lee non era stato facile abbatterla e, indubbiamente, dopo quel boato era impossibile pensare che il loro ingresso a palazzo avvenisse in totale segretezza.
Dunque, Minho riconobbe subito nel modo in cui Taemin si pesava su di lui che l’operazione l’aveva provato fisicamente e mentalmente. Anche Jinki sembrava spossato e, puntellandosi sulla parete, il Leader raggiunse Siwon per sondare con occhio critico ciò che si prospettava davanti a loro.
I ribelli, chiusi in una sorta di silenzio sospeso, attendevano gli ordini.
-Siwon -, lo incalzò Jinki, - sai dirci dove siamo? –
Il cavaliere annuì e si guardò intorno; i suoi stivali impolverati mossero un passo in avanti decretando definitivamente il suo ritorno a palazzo.
-Siamo nei sotterranei dell’ala ovest. Gli appartamenti di sua grazia sono esattamente dalla parte opposta. – Con l’indice, Siwon indicò le volte a crociera che si dispiegavano sopra di loro sfumando nell’oscurità – Esattamente sopra di noi ci sono le prigioni. –
Jinki annuì, poi si voltò verso i ribelli. – Procederemo per gruppi come abbiamo fatto sin qui. - Il Leader guardò le macerie con disappunto. – Speriamo di non aver già attirato troppo l’attenzione. –
-Le pareti sono spesse e ci sono parecchi metri sopra di noi, - disse Siwon, - abbiamo ancora un margine di vantaggio. –
-Ottimo. –
-Tuttavia una volta fuori dalle prigioni sarà tutta un’altra storia. –
-Un vantaggio sufficiente. Andiamo. –
Procedettero compatti nella semi oscurità.  I sotterranei già umidi e freddi erano cunicoli ampi costruiti in mattoncini rossi intervallati da sottili strati di malta, sopra di loro le volte a crociera s’intravedevano appena e gli unici suoi all’intorno erano quelli dei loro stivali e dei rivoli di umidità che scorrevano lungo le pareti e creavano piccole pozzanghere.
Taemin si ritrovò a rabbrividire stringendosi nelle spalle e cercando conforto nella vicinanza di Minho. Il più grande era ancora rigido e continuava a rivolgere occhiate nervose a Jinki che procedeva davanti a loro affiancato dal cavaliere. Taemin roteò gli occhi e gli pestò volontariamente un piede.
-Taemin che…-
-Scusa -, rispose il più piccolo in tutta tranquillità. – Non si vede a un palmo dal proprio naso -, si lamentò. – E’ in momenti come questi che quella sciocca scimmia cappuccina potrebbe rendersi utile, invece è in giro a scivolare sulle bucce di banane. -
Minho scosse il capo e sbuffò. Ogni scusa era sempre buona per insultare Jonghyun. Certo, Minho era totalmente concorde sul rischio che quella scimmia stava facendo correre a tutti loro, soprattutto considerando che non avevano la più pallida idea della situazione interna al palazzo, ma era indubbio che per Taemin fosse solo un incentivo in più.
Quando finalmente raggiunsero le prigioni furono accolti da una luce fievole e da un leggero cambiamento climatico, a parte questo tutto era silenzioso e tranquillo come nei sotterranei. Siwon aveva ragione: troppi metri li separavano del piano abitato per attirare l’attenzione nell’immediato. Tuttavia procedettero con cautela, finché il cavaliere non si bloccò di colpo appiattendosi contro la parete.
-Guardie - sussurrò.
Il corridoio si piegava a braccio generando un perfetto angolo retto e Taemin sporse il naso oltre ad esso.
-Guardie -, confermò, - almeno cinque. –
Un sottile nervosismo iniziò a serpeggiare tra i presenti. Jinki corrugò la fronte e si sporse a sua volta.
-Possiamo superarli con una certa facilità, ma dobbiamo accertarci che nessuno di loro abbia la possibilità di fuggire. –
Tamein arricciò il naso e incrociò le braccia. –Stupide guardie imperiali. –
Minho gli diede una gomitata accennando a Siwon.
-Oh -, fece il più piccolo, - naturalmente non riguarda i presenti. –
Siwon annuì, pensoso, ma era evidente che non aveva udito una parola. I suoi occhi da lupo stavano studiando i soldati, i quali più che fare la guardia sembravano bivaccare davanti ad una cella.
-Questo è molto strano-, osservò, - non dovrebbero esserci soldati qui. Le celle sotto il palazzo vengono utilizzate raramente e solo per prigionieri particolari. Io stesso ho passato qui qualche mese …-
-Ci stai dicendo che è successo qualcosa? – domandò Minho.
Siwon annuì e si sporse di nuovo. -Sono di Busan -, disse tra i denti.
-Se si tratta di quella scimmia…dov’è la mia umma? – Taemin strinse i pugni.
Jinki gli posò una mano sulla spalla. -Manteniamo la calma. Non sappiamo chi vi sia in quella cella, né tanto meno se sia collegato a noi, dunque affrontiamo i soldati e procediamo come stabilito. –
 
 
***
 
 
Seduto sul pavimento freddo e disconnesso della cella, Jonghyun si tastò lo zigomo dolorante, poi appoggiò la nuca alla parete, sospirò e chiuse gli occhi. Si sentiva davvero inerme ed inutile. Era giunto lì con i migliori propositi certo che nessuno avrebbe notato la sua presenza o la potesse considerare rilevate, invece era stato fregato su tutti i fronti. Seppur con qualche piccola falla e incomprensione sulla natura del suo agire, doveva ammettere che Kim Heechul, il suo fratellastro, gli aveva preparato una trappola degna di quel nome.
Jonghyun aprì gli occhi e li strizzò. E ora è di nuovo solo con Kibum.
Il modo in cui il più piccolo era riuscito a destreggiarsi in quella terribile situazione era stato in quelle ore costantemente oggetto delle sue riflessioni. Ammirava il suo coraggio, ma quel piano era una follia rischiosa e dopo la conversazione con Heechul le sue paure si erano fatte più acute.
Sapeva che era mio fratello, pensò, l’ha sempre saputo.
Questo pensiero lo turbava e riconosceva con un certo sarcasmo che il quadro davanti a lui era davvero ironico.
Aveva mille motivi per starmi lontano, invece il suo cuore è rimasto con me anche quando l’ho allontanato.
Strinse nelle spalle per camuffare un fastidioso senso di disagio. In tutti quei mesi Kibum l’aveva protetto da molte cose, non solo dalla taglia che gravava sulla sua testa. Ma ora non era tempo di perdersi in tali riflessioni, la situazione presente era già sufficientemente complessa nonostante, per qualche strano motivo, il piano dei Ribelli non era stato svelato.
Abbiamo ancora una speranza.
Non capiva come, ma era accaduto qualcosa.
Sicuramente Kibum ha capito più di me, conosce queste persone ed è abbastanza furbo da destreggiarsi con loro.
Un sorriso divertito ed orgoglioso scivolò sulle sue labbra secche, spezzandole di nuovo. Lanciò un sguardo in tralice alle cinque guardie davanti alla sua cella e sogghignò. Doveva incutere un grande timore a qualcuno se si dava tanto disturbo, soprattutto considerando che era ancora imbottito di stramonio.
Quanto l’odiava! Dal momento in cui era rimasto solo la pena che aveva provato nei confronti di Heechul era pian piano sfumata. Quanto poteva essere contorta e calcolatrice la sua mente? Era egoista, egocentrico e, soprattutto, credeva di poter disporre delle vite altrui come meglio credeva solo per i suoi scopi personali. A Jonghyun non importava niente di lui, il loro legame gli era indifferente, così come la morte che gli aveva messo alle costole. Nulla lo toccava, se non l’ironia che faceva da cornice. Suo fratello aveva inseguito un fantasma per anni. Jonghyun l’odiava, sì, ma non per ciò che voleva fare a lui, ma per ciò che aveva fatto a Kibum. Ripensò a quando aveva trovato il corpo fradicio e malconcio del più piccolo lungo il fiume; era stato come osservare un angelo caduto dal cielo e da quel preciso istante Jonghyun si era ripromesso di proteggerlo e prendersi cura di lui.
E’ a causa sua se quella notte ha rischiato la vita.
I silenzi, le paure, le ombre avevano sempre portato il suo nome.
Jonghyun non lo poteva tollerare e desiderava solo affrontarlo, tuttavia sapeva di non essere ancora nelle condizioni adatte. Corrugò la fronte e cercò invano la sua abilità. Niente, ma se lo aspettava.
Aspetta che mi riprenda ed esca da qui! Qualunque cosa tu abbia fatto a Kibum te ne pentirai.
Kim Heechul aveva creato da sé il suo nemico. Un nemico che come aveva detto lui stesso possedeva il suo stesso un fuoco, un fuoco che però stava sottovalutando.
Appoggiò la fronte sulle ginocchia ripiegate al petto e cercò di regolarizzare il respiro, quando una voce squillante colse la sua mente in riposo alla sprovvista. Mantenne la fronte sulle ginocchia e scosse il capo. Sembrava quella di Taemin.
Ora sento pure le voci.
Doveva essere l’effetto delle pesanti dosi di stramonio che aveva ingerito.
Mancanza di effetti collaterali un corno!, imprecò tra sé.
Solo quando le voci dei soldati si fecero concitate si alzò di scatto. Raggiunse le sbarre della cella e le afferrò con forza, osservando stranito lo scontro che aveva appena iniziato a consumarsi davanti ad esse. Allargò gli occhi per la soprese ed il suo cuore fece una capriola. Erano loro!
Jinki!
Era salvo, erano salvi, o quanto potevano mantenere vivida la speranza di esserlo.
Seguì attentamente ogni movimento trattenendo il respiro ogni volta che la situazione diventata pericolosa per Ribelli, ma non fu necessario allarmarsi troppo. Un paio di soldati furono sbalzati all’indietro grazie all’abilità dei Lee, mentre gli altri passarono sotti i fendenti precisi di Minho e Siwon. In pochi minuti i soldati di Busan si ritrovarono legati e imbavagliati. Interdetto e troppo felice per proferire parola, Jonghyun rimase ad occhi sbarrati, finché la voce di Minho non lo riscosse completamente riportando con i piedi per terra.
Da oltre le sbarre, Minho lo fissò incredulo quanto lui. -Jonghyun? Sei tu? -
L’umidità che s’infilava prepotente nelle sue ossa, s’appiccicava alla sua pelle e ai suoi capelli tornò ad essere reale e fastidiosa, proprio come i suoi muscoli intirizziti ed il pulsare dello zigomo. Allargò la bocca e su di essa s’aprirono altre ferite.
-Minhossi! – gridò di gioia sull’orlo delle lacrime.
-Tu, dannata scimmia idiota! -, sbottò Taemin aprendosi la strada a gomitate tra i ribelli. - Chi ti ha rimesso in gabbia, che cos’hai combinato? –
-Yah! – gridò Jonghyun.
Perché doveva sempre insultarlo? Ma era troppo felice per strepitare inutilmente. Jonghyun si grattò il capo ed abbassò gli occhi. Era davvero imbarazzante raccontare come erano andate le cose, soprattutto se era Taemin a chiederlo, dato che glielo avrebbe rinfacciato a vita.
-Il mio piano non è andato come previsto -, tagliò corto.
Taemin incrociò le braccia con crescente disappunto. –Questo lo vedo -, sibilò.
Jonghyun roteò gli occhi e una volta libero si preparò ad affrontare Jinki. Il leader lo fissava severo mettendo perfettamente in chiaro quello che era il suo giudizio, nonché le sue attuali preoccupazioni.
Jinki incrociò le braccia. – Ti rendi conto di quello che hai fatto? –
-Il nostro piano non è stato scoperto -, s’affrettò a dire Jonghyun.
Jinki inarcò un sopracciglio.
Jonghyun sospirò rassegnato, aveva sempre saputo che raggiungere Soul era una mossa azzardata e pericolosa, ma non farlo avrebbe significato andare contro i suoi stessi sentimenti. Glielo disse ed i tratti severi e freddi di Jinki s’addolcirono.
Il leader annuì, pensoso. -E’ stata comunque una mossa avventata, potevi mandare all’aria tutto. Siamo molto fortunati.  –
-Lo so -, ribadì Jonghyun a capo chino, poi si rivolse a Siwon. –Mi dispiace, volevo proteggerlo ma ho fallito. Appena mi sono avvicinato a lui siamo stati scoperti, anzi sono stato scoperto. –
Jonghyun fece una smorfia. –Mio fratello mi aspettava. –
Davvero il suo fratellastro aveva progettato con cura ogni cosa e lui, inconsapevole, aveva fatto esattamente tutte le mosse che Heechul aveva previsto.
-Da quando hai un fratello? – chiese Minho, sgomento.
-E’ un lunga storia. -
-L’hai saputo -, sussurrò Taemin. Vedendo l’espressione confusa del più grande, Taemin si schiarì la gola. – Umma me lo ha detto mesi fa, è lui che… –
-Lo so, la taglia. –  Sembrava proprio che alla fine l’unico a non sapere mai niente fosse lui. Perché Kibum avesse taciuto aveva un suo senso, contorto, ma infondo capiva il desiderio di proteggerlo. D’altra parte saperlo non avrebbe cambiato nulla, il sangue è sangue, c’era ben poco da fare, e probabilmente Kibum aveva temuto che lui, Jonghyun, potesse qualche sciocchezza. Forse anche Taemin aveva temuto la sua calda.
E io non ho dimostrato particolare propensione alla riflessione ultimamente.
Le ultime settimane, da quando Kibum aveva lasciato il Rifugio, erano molto confuse. Era stato come galleggiare in un incubo, costantemente in apnea, ed ora che si era risvegliato aveva la percezione di incubi molto più reali e pericolosi.
-Ora non è importante. Kibum…-
-Dov’è sua grazia? – chiese Siwon repentino.
- L’ha fatto condurre nelle sue stanze circa un’ora fa. Quale è il piano? Io devo trovarlo. -
-Prenderli a calci nel sedere! -, sbottò Taemin.
-Lo troveremo -, disse Jinki. – Ora dobbiamo muoverci, prima che il nostro effetto a sorpresa svanisca. –
 
Raggiunti finalmente i piani alti del palazzo, i ribelli furono accolti da un nuovo cambiamento climatico. Qui, l’umidità era assente e vi era un piacevole tepore appena raffreddato dal temporale ormai prossimo ad esaurirsi. L’aria era più limpida e respirabile. I corridoi erano silenziosi, solo i passi dei loro stivali rivelano la presenza di essere umani, per il resto poteva trattarsi di un luogo infestato dai fantasmi. Le porte lussuose erano chiuse ed i mobili pregiati che adornavano gli ambienti s’ergevano nella penombra come manichini silenziosi.
Jonghyun osservò oltre le vetrate le nubi grigie diradarsi. Non aveva idea di che ore fossero, ma a giudicare dagli aloni rosati che tingevano il cielo ad est l’alba non doveva essere così lontana.
E’ stata una notte lunga, pensò, e non è ancora finita. Alla fine vedremo il sorgere del sole?
Scosse il capo per allontanare i pensieri tristi che gli attanagliavano il cuore. Quei corridoi fin troppo quieti e vuoti, popolati solo da figure inerti appena animate da baluginii dorati, mettevano i brividi.
Questa calma piatta non durerà a lungo, osservò.
Il tintinnio della spada che pendeva al fianco di Siwon lo riscosse e alzò lo sguardo su di lui.
Siwon assottigliò le labbra e delle rughe sottili si delinearono ai lati due suoi occhi attenti. -Non avrei mai dovuto lasciarlo da solo -, disse in tono di rimprovero.
-Non hai colpe, hai fatto il tuo dovere. –
Siwon corrugò la fronte.
Jonghyun gli afferrò il polso. –Hai fatto ciò che potevi e molto di più. Se non fosse stato per te non saremmo qui adesso. L’unico ad aver sbagliato sono io. – Abbassò il capo e sorrise amaro. –Ma devo ammettere che se dovessi tornare indietro rifarei la stessa cosa. – Tornò a guardare Siwon, lui aveva intuito, o conosceva, il suo legame con Kim Heechul ecco perché aveva guardato con sospetto la sua abilità. Il suo senso del dovere e la sua devozione nei confronti del principe l’avevano messo in allarme e Jonghyun lo rispettava ed ammirava molto per questo, riconoscendo che era stata un’ottima spalla per Kibum per anni. Desiderava che lo sapesse e che non lo considerasse una minaccia. Per quanto il suo legame con il loro nemico gli fosse indifferente c’era una cosa che non riusciva ad ignorare. La paura. Le parole di Heechul continuavano a rimbalzargli nella testa mettendolo a disagio. Quel senso di solitudine e rabbia erano per lui sin troppo famigliari e si domandò, davvero, quanto fosse stato vicino a crollare prima d’incontrare Jinki.
-Io lo amo. –
Io non sono lui. Forse lo sono stato o potevo esserlo, ma non lo sono.
 Siwon annuì. – Me lo hai detto. –
-Te lo dico di nuovo -, fece duro. –lo amo e se mai dovessi fare qualcosa che possa ferirlo puoi usare la tua spada per fare di me ciò che vuoi. –
Siwon fece uno strano sorriso. –Ti prometto che lo farò. –
Jonghyun inarcò un sopracciglio. Che cos’era: la verità esternata a mo’ di battuta? Di certo faceva uno strano effetto sul viso composto del cavaliere.
Il gruppo si bloccò di colpo e Jonghyun rischiò d’inciampare nei suoi stessi piedi. Alzò lo sguardo sul corridoio e fu attraversato da un brivido. Davanti a loro una figura solitaria, che sembrava galleggiare nel vuoto, li stava fissando tra lo stupito ed il divertito. Jonghyun lo riconobbe subito. Era il cavaliere che aveva portato via Kibum. Come si chiamava? Kyuhyun? Sì era lui, lo stesso che aveva fatto la spia.
Strinse i pugni.
Jinki distese il braccio. -Mantenete la calma -, sussurrò.
Lo sguardo di Kyuhyun corse su di loro per poi focalizzarsi su Siwon e le sue labbra s’inclinarono in un sorriso irritante. Gli occhi dei due cavalieri s’incontrarono e l’intero corridoio raggelò, attraversato da una scarica elettrica. Con un movimento repentino Kyuhyun sparì inghiottito dalla penombra.
La calma piatta fu spezzata da un’imprecazione incomprensibile di Siwon. -Ci ha visti, ora darà l’allarme -, disse.
-Prima o poi doveva iniziare -, fece Jinki.
– Quel tizio -, fece Minho con astio, - è sempre in mezzo e appare nei momenti meno opportuni. –
-Concordo. – Jonghyun incrociò le braccia.
Jinki ordinò a dei ribelli di tornare nei sotterrai per avvisare gli altri che, ormai, erano stati scoperti. Dovevano farsi trovare pronti perché molto presto sarebbe scoppiata una battaglia.
-Cosa facciamo? – chiese Taemin.
Non ci fu bisogno di risposta perché dei soldati apparvero nei corridoi lasciando loro ben poca scelta.
 
 
***
 
 
-Heechul!!!-, gridò Kibum con tutto il fiato che aveva in gola.
Disperato, il principe s'infilò le mani tra i capelli e passeggiò per la stanza; solo la consistenza dei tappeti sotto i suoi stivali nascondeva la natura nervosa dei suoi passi. Kibum si passò una mano sul viso e picchiò i pugni sulla porta.
-Heechul!!-
Singhiozzando isterico sferrò un calcio al legno e s'accasciò a terra. Dal corridoio non giungeva alcun rumore, solo ogni tanto dei passi frettolosi ed il tintinnio di spade che poi sparivano, lasciandolo di nuovo nel completo e freddo silenzio. Ovunque si stesse consumando la battaglia doveva essere lontano dai suoi appartamenti.
Non posso rimanere qui!
Si concentrò per fare appello alla sua energia ma la trovò assopita. Lo stramonio era ancora in circolo.
Devo fare qualcosa!
Aveva lavorato sodo per quel momento, era la sua unica occasione per riprendersi ciò che era suo e non poteva sprecarla in quel modo. Troppe persone erano coinvolte.
Heebum si avvicinò miagolando e si strusciò contro le sue gambe.
Con uno scatto di reni, Kibum si alzò e puntò l'alto candelabro a pochi passi da lui. Lo trascinò a fatica verso la porta e lo usò per colpirla a mo’ di ariete. Nella stanza risuonarono dei tonfi sordi ma, a parte qualche scheggia di legno, nulla scalfì la sua prigione. Il candelabro cadde a terra in un clangore metallico.
Aveva il viso imperlato di sudore e le guance bagnate da lacrime che non si era reso conto d’aver versato. Il senso d'impotenza e l'isteria del momento avevano spezzato i suoi nervi già tesi. Stava crollando, tutta la sua freddezza ed il suo auto controllo erano al limite. Quelle settimane erano state davvero dure e, ora, la sua bolla si stava afflosciando come una pellicola trasparente. La sola idea di vedere il piano fallire gli procurava un senso di vuoto. Era un incubo dal quale desiderava uscire.
Jonghyun...
Dov'era Jonghyun? Che cosa stava succedendo oltre le pareti della sua stanza?
Heebum tornò a miagolare lamentoso, appoggiò le zampette sulle sue gambe e si stirò, facendo oscillare la coda. Anche a lui non piaceva l'idea di rimanere chiuso lì dentro.
Con un gesto nervoso, Kibum si ripulì le guance dalle lacrime, si diresse verso la finestra e l’aprì. Si sporse oltre il davanzale rendendosi conto, come aveva immaginato, che era una follia pensare di fuggire in quel modo. Guardò in basso e represse un senso di vertigine. C’erano troppi metri a separalo dal suolo, già quella mossa e Seungil era stata rischiosa e ora l’altezza era il doppio.
È troppo alto, questa volta non ce la posso fare.
Heebum saltò sul davanzale e sparì lungo il cornicione con un miagolio soddisfatto.
-Yah-, gridò Kibum, frustrato.
Richiuse la finestra e tornò a colpire la porta chiamando il più grande, ma come previsto non ottenne risposta.
-Heechul!! -
Scivolò a terra, le mani sul viso.
Come siamo arrivati a questo punto?, si chiese.
Le immagini della sua infanzia con Chul gli passarono davanti alla velocità travolgente di un fiume in piena. Il semplice ricordo faceva male, ma ancora più male era la consapevolezza devastante di non essersene ancora staccato. Nonostante tutto nell’intimo rimaneva ancorato al suo cuore. Ripensò all'ultima volta che aveva avuto un rapporto umano con Heechul; erano passati anni ma le immagini, le sensazioni, la brezza estiva e il dolore del suo cuore infranto erano ancora lì, intatti come se non fosse passato un giorno. Due anni di separazione passati a scambiarsi lettere piene di sogni che erano finiti ancora prima d’iniziare, la gioia di rivederlo dopo tanto tempo per scoprire che nulla poteva più essere come prima. Ci aveva messo un po' a capirlo, invano aveva messo a tacere i dubbi, ignorato le frasi spezzate e gli occhi del più grande che scivolavano su di lui, avidi. Ma delle parole inequivocabile che non avrebbe mai dovuto udire avevano fugato ogni dubbio.
-Grazie a Kibum siederò sul trono ed avrò lui, il gioiello più luminoso di Chosun. –
Kibum ricordava molto bene quelle parole e non era stato solo il significato che celavano a spaventarlo, ma soprattutto il tono e lo sguardo del più grande. Tutti i dubbi erano svaniti per lasciare spazio solo alla certezza.
-Ne sei sicuro? – l’aveva canzonato un giovane Yesung.
-Lo vedrò molto presto -, aveva detto Heechul con orgoglio. – Da questa notte sarà mio, scommettiamo? –
Kibum si era sentito umiliato, sciocco, ingenuo e ancora più solo.
Si strinse le ginocchia al petto e posò la fronte su di esse. Stava barcollando sul vuoto, ma doveva imporsi di reagire. Non poteva mollare; Jinki, i suoi amici, e sicuramente Siwon, erano lì fuori a combattere per lui.
E Jonghyun ha bisogno di me come io ho bisogno di lui.
Si alzò di nuovo e con occhi felini carichi di magnetica determinazione tornò ad avventarsi contro la porta. Doveva abbatterla e uscire da quell’inferno solitario.
-Jonghyun!!! –
Aguzzò l’udito quando udì il tramestio di passi concitati, il suono di un pesante oggetto di metallo cadere a terra, poi più nulla. Qualcuno era passato di lì, ma non si era curato di lui. Sferrò un calcio alla porta e la sua gamba fu percorsa da un fastidioso formicolio.
-Jong!!! -
Urlò con tutto il fiato che aveva per un tempo indefinito, finché la sua gola divenne riarsa, ottenendo in risposta sempre e solo silenzio. Il fiato ridotto allo stremo, il viso bagnato di lacrime e sudore, non si accorse dei tentacoli di sottile fumo grigio che, ora, scivolavano malevoli sul marmo. Le sue forze s’assottigliarono e la sua mente s’annebbiò, infine scivolò semplicemente a terra, privo si sensi.  
Jong…
 
 
***
 
 
Jonghyun si piegò di lato, flesse le ginocchia e con uno scatto di reni saltò all’indietro, evitando per un soffio la lama di un soldato. Valutò attentamente i movimenti del suo avversario e dopo una finta scartò di lato, si piegò, recuperò la spada di un soldato caduto, rotolò su un fianco e si rialzò. Rivolse al soldato un sorriso provocatorio che sortì subito l’effetto voluto e, con un movimento repentino del braccio, i muscoli tesi ed evidenti sotto la camicia sottile, alzò la spada e parò il colpo tenendo i piedi ben piantati a terra.
Intorno a lui vi era l’inferno. In pochi minuti gruppi di soldati erano stati fagocitati dai corridoi prima deserti e ora i ribelli cercavano di farsi strada avanzando lentamente tra corpi in movimento e mulinare di spade.
Jonghyun ruotò su sé stesso, parò un altro colpo e barcollò all’indietro. Ebbe bisogno di tutta la sua prontezza di riflessi e destrezza per rimanere in piedi e non scivolare sulle viscide macchie di sangue che punteggiavano il marmo bianco. Superò il suo avversario lasciandolo a terra con una ferita lungo il fianco e s’aprì la strada. Ansimante, si voltò ad osservare la devastazione che si stavano lasciando alle spalle ed un unico pensiero gli attraversò la mente.
Kibum non deve vedere tutto questo. Non era ciò che voleva.
Il loro passaggio portava con sé il tintinnare di spade, tingeva di rosso il bianco splendente del palazzo e si scontrava inevitabilmente con i soldati di Busan, rossi e oro, e quelli imperiali, blu e argento.
I Lee avanzavano scaraventando all’indietro i propri avversari grazie alla loro abilità. I mobili e le tende si muovevano al loro passaggio creando confusione e gettando i soldati nel panico. Minho e Siwon si muovevano con eleganza e precisione fendendo aria e carne con il ferro.
Era il caos.
Jonghyun corrugò la fronte, si morse il labbro e strinse con forza l’elsa della spada.
Devo trovarlo!
-Jonghyun! – grido Minho, allarmato.
Lui fece appena in tempo a saltare di lato per evitare una lingua di fuoco che, bollente, era saettata verso di lui. Premuto contro il marmo gelido, Jonghyun si passò l’avambraccio sulla fronte sudata e guardò nella direzione da cui era partita la fiammata, pur sapendo molto bene ciò avrebbero incontrato. Infatti era lì, Kim Heechul, un groviglio di corpi in confuso movimento a separarli. Le loro iridi si sfiorarono ed i suoni aspri e stridenti della battaglia divennero ovattati.
Gli occhi ambrati di Jonghyun affondarono completamente nella lava liquida dell’altro in un vortice scarlatto, poi baluginarono dorati e astiosi.
Perfetto, nel suo abito scarlatto, Heechul inarcò l’angolo destro delle labbra carnose in un sorriso sghembo e provocatorio.
Jonghyun strinse i pugni e le sue dita scricchiolarono. Avrebbe risposto usando la sua stessa arma, o almeno questo era il suo desiderio. Cercò la sua abilità, era lì, ora la sentiva, ma ancora fuori dalla sua portata. Un piccolo fuoco pronto a divampare che brillava lontano. Non gl’importava, in un modo o nell’altro intendeva affrontarlo.
Heechul dovette intuire i suoi pensieri perché il suo sorriso si stirò aprendosi in un taglio grottesco. Fece un passo indietro e con un gesto del capo lo invitò a farsi avanti.
Jonghyun represse un verso frustrato. Suo fratello desiderava che lo seguisse. Che cosa voleva mettere in piedi, una caccia disperata tra due predatori? Quella situazione era sempre stata in bilico, ma dal momento in cui era entrato in gioco Kibum era diventata una questione personale destinata ad esplodere al di là di qualunque legame di sangue.
Jonghyun rivide le labbra e le mani di Heechul sul più piccolo e ringhiò. Qualunque pena o pietà avesse provato nei suoi confronti svanì completamente per essere sostituita dal disprezzo.
Non lo toccherai mai più!
Heechul parve divertito e con un movimento elegante girò i tacchi e scivolò lungo il corridoio alle sue spalla.
Jonghyun strinse l’elsa della spada ed avanzò sgomitando, poi si slanciò in avanti pronto all’inseguimento. I corridoi sfilarono davanti a lui finché non si ritrovò solo. Lì, la vera battaglia era lontana, c’era silenzio, una calma immobile che raggelava il sangue. Non c’erano finestre all’intorno, solo alte pareti soffocanti incrostate di marmi colorati, oro e stucchi. Jonghyun si fermò, ansimante, piegò le ginocchia e vi posò i palmi delle mani. Il suo viso era imperlato di gocce di sudore, i capelli erano scomposti ed in parte appicciati alla fronte. Alzò gli occhi. Sopra di lui si dispiegava un soffitto turchese scandito da pesanti lampadari di cristallo, immobili. Mosse dei passi lenti e misurati sulle piastrelle bianche e nere, poi si fermò.
Dov’era sparito? Era certo che fosse lì intorno, non poteva essere altrimenti, forse lo stava anche osservando.
Dove ti sei nascosto, maledetto?
 Silenzio. Era stato come valicare la soglia di un mondo altro e ritrovarsi nella penombra del vuoto, solo. Ma Jonghyun sapeva che Heechul era lì, nascosto da qualche parte, come una tigre pronta a spiccare un balzo. Poteva sentire il suo fiato caldo.
-Dove sei!? – urlò.
Fece un giro su sé stesso, il suono delle piastrelle sotto le sue suole echeggiò all’intorno e una nuova vampata di fuoco corse repentina verso di lui. Jonghyun s’abbassò, arricciò il naso per l’odore di bruciato e sbatté le palpebre. Il fumo gli aveva ferito gli occhi.
Davanti a lui apparve Heechul, i cui passi eleganti e calcolati non produssero alcun rumore e scivolò semplicemente sul marmo come un incubo. 
Heechul incrociò le braccia e lo squadrò. -Ero certo fossi così stupido da seguirmi. –Avanzò lentamente. –Un piano interessante, ma mi domando cosa pensiate d’ottenere. –
-Dov’è Kibum? –, chiese Jonghyun, ignorandolo.
Heechul fece una smorfia. -Un misero mezzosangue come te dovrebbe avere la decenza di chiamarlo con il suo titolo. Sei troppo informale. –
-Che cosa gli hai fatto? –
-Questa tua convinzione che io possa fargli del male è snervante. Cosa pensi che vi ricaverei? Sei tu ad essere un pericolo per lui. Non vedi cosa gli hai fatto? – Heechul simulò sconforto. –Povero Jonghyunie, la tua unica possibilità di mantenere la testa sul collo è svanita, lo sai? Quando Kibum vedrà tutto questo -, allargò le braccia, - e si renderà finalmente conto del selvaggio che sei, di come l’hai usato per condurre i ribelli qui, beh, nulla m’impedirà di prendermi la tua testa. -
Jonghyun inarcò un sopracciglio. Pensava che fosse un suo piano? Divertente. Se c’era sicuramente una cosa che loro non avevano in comune era una mente calcolatrice. Lui agiva d’istinto, erano sempre state le emozioni a guidarlo, talvolta sbagliando, ma quella era la sua natura. Trattenne un sogghigno divertito. Oh certo, a Kibum non sarebbe piaciuto vedere quel caos, ma Heechul sbagliava ad attribuire a lui, Jonghyun, il piano. Provò l’irrefrenabile tentazione di sputare in faccia al fratellastro la verità, ma la represse. Kim Heechul avrebbe comunque scoperto molto presto chi vi era dietro a quel complotto. Per quanto ammirasse l’astuzia del principe commetteva sempre un errore: la sottovalutava. E questo era il risultato. Era davvero pieno di sé se credeva di non poterne essere vittima.
-Se l’idea di prenderti la mia testa ti diverte così tanto dovresti valutare l’idea di farlo in pubblico. –
-Puoi star certo che quando sarà il momento mi premurerò di farlo con le dovute cerimonie. Ora, giacché mi hai seguito fin qui tanto vale giocare, non pensi, Jonghyunnie? -
–Penso che abbiamo tutta l’infanzia da recuperare. –
Jonghyun mulinò la spada pronto a riprendere la corsa, ma una parete di fuoco gli bloccò la strada. Le fiamme sfrigolarono gettando ombre rosse sulle pareti e il marmo sotto di esse iniziò ad annerirsi e a scricchiolare. Delle crepe s’aprirono sul pavimento. Jonghyun imprecò tra sé e scattò all’indietro.
Oltre le fiamme Heechul gli sorrise, lo salutò con un gesto divertito della mano inanellata e s’allontanò lungo il corridoio.
Codardo!, pensò Jonghyun ringhiando tra i denti.
Desiderava essere seguito? Ebbene l’avrebbe accontentato.
Ma poi rimpiangerai di esserti preso gioco di me!
Più passava il tempo, più la sua abilità riprendeva forza. Heechul avrebbe dovuto saperlo; voleva forse attendere quel momento per decretare chi dei due fosse più forte o stava solo giocando prima di finirlo?
Jonghyun corrugò la fronte e si morse il labbro inferiore. Entrambe le opzioni erano possibili.
Camminò all’indietro contando le piastrelle, fissò le lingue scarlatte e si preparò a prendere la rincorsa per saltare, ma fu afferrato per il braccio. Si voltò pronto a difendersi, la spada alzata.
-Jinki? -
Da dove era spuntato?
-Che cosa pensi di fare? –
-Spedirlo all’inferno dal quale è uscito! – ringhiò furioso.
Ne aveva abbastanza di Heechul, dei suoi giochetti e di tutto il resto, voleva…
Jinki lo scrollò prendendolo per le spalle. -Senza abilità? Ragiona. Ti sta chiaramente attirando in una trappola e di questo passo tutto ciò che otterrai sarà farti ammazzare. – Jinki lo fissò dritto negli occhi, serio. -Vai da Kibum. –
Jonghyun guardò le fiamme che si stavano alzando verso il soffitto, sino a ghermire le volte turchesi, e poi un punto indefinito oltre ad esse. Strinse i pugni e i suoi denti stridettero. Il desiderio d’affrontare Heechul era molto forte.
-Jong! Abbiamo bisogno di lui. Trovalo e mettilo al sicuro finché non potrà intervenire in prima persona. –
Jonghyun scosse il capo e sbatté le palpebre. Il viso del più piccolo volteggiò davanti a lui come una piccola luce palpitante.
Kibum.
In quel momento, Jonghyun desiderava solo stringerlo tra le sue braccia e cullarlo dolcemente, sussurrargli parole rassicuranti ed impedirgli di vedere il caos che si era scatenato nel palazzo.
-Kim Jonghyun!-
Jonghyun scosse il capo e poiannuì. Sì, era questo ciò che doveva fare. Che Heechul bruciasse pure nel suo inferno, lui non aveva tempo da dedicargli nemmeno su un invito tanto esplicito e caloroso. Kibum era più importante, era tutto ciò che contava.
-Taemin ti sta aspettando. –
Jonghyun lanciò un ultimo sguardo oltre le fiamme.
Jinki lo spintonò. -Penserò io a lui. Vai. –
-Hyung, stai attento. –
 
Svoltato l’angolo del corridoio a ritroso, Jonghyun trovò subito Taemin ad attenderlo.
-Siete riusciti a raggiungermi-, osservò.
Il viso stanco e provato, Taemin annuì. -L’impresa più difficile è stata convincere Siwon a rimanere con i ribelli, hanno bisogno della sua guida nel palazzo. -
Conoscendo il cavaliere, Jonghyun non ebbe dubbi in proposito.
Fianco a fianco corsero per raggiungere egli appartamenti reali. All’imbocco dell’ala est li accolse una nebbiolina densa e grigia, soffocante. C’era odore di bruciato. Avanzarono portandosi un braccio davanti al viso per proteggersi e strizzando gli occhi.
-Deve esserci stato uno scontro -, osservò Taemin.
Chiunque fosse stato non aveva badato alle conseguenze delle proprie azioni, né considerato il luogo in cui si trovata.
Jonghyun aumentò il passo. -Kibum!!! –
No, non poteva perderlo così! Cos’era successo? Non poteva essere stato Heechul, non avrebbe mai commesso una pazzia simile a meno che non fosse stato certo di perdere, allora forse avrebbe ridotto in cenere sé stesso e Kibum, ma era troppo sicuro di sé per ricorre ad una mossa tanto disperata. Doveva essere accaduto dell’altro.
Ben presto si resero conto che un grosso candelabro accesso era caduto dando fuoco a delle tende, l’incendio era piccolo, ma il fumo generato da quel contatto rischiava di rivelarsi molto più pericoloso.
Jonghyun strizzò gli occhi lacrimanti, guardò la fila di porte alla sua destra e picchiò con forza su di esse.
-Kibum!!! –
Doveva trovarlo!
-Kibum!!! –
 
 
***
 
-Uhm –
Kibum mugugnò ed aprì lentamente gli occhi. Perché la sua vista era così sfuocata? La sua stanza sembrava avvolta dalla nebbia. Tossicò. Il capo gli doleva e l’aria densa e pensante premeva su di lui. Gli ci volle qualche secondo per capire che era semisdraiato a terra contro la porta della stanza. Fece leva sugli avambracci e si mise a sedere, le gambe scomposte e la schiena appoggiata al legno. Alzò il viso alla ricerca di aria pulica ma trovò solo fumo irrespirabile, tossì e si portò un braccio davanti alla bocca e al naso.
Non respiro, fu l’unico pensiero sensato che l’attraversò.
Gli occhi socchiusi e lacrimanti, guardò la finestra chiusa che incorniciava il cielo violetto e rosato dell’alba; se solo le sue gambe non fossero state così molli e prive di forza avrebbe potuto raggiungerla e respirare aria pulita.
Il suo capo ciondolò di lato ed abbassò gli occhi felini sulla mano inerte piena di piccoli graffi inferti dalle schegge di legno.
Jong…
Fu scosso da un colpo di tosse e le sue palpebre tornarono ad abbassarsi. Una strana quieta s’impadronì della sua mente. Era così stanco, spossato sia nel fisico che nella mente, il solo atto di respirare gli costava fatica. Voleva dormire, dormire e lasciarsi avviluppare dalla quiete della notte, così tenera, dolce…
-Kibum!!! –
La porta dietro di lui oscillò. Perché non lo lasciavano riposare in pace? Mugugnò.
Andate via, pensò innervosito.
La porta oscillò di nuovo e rimbombarono dei colpi.
-Kibum!!! –
Il principe scosse il capo.
Jong?
Riaprì gli occhi e sbatté le palpebre. Sembrava davvero la voce di Jonghyun.
-Kibum!!!-
 La sua mente si risvegliò di colpo e guardò con orrore il fumo che lo stava soffocando, annodandogli la gola in grigie spire.
-Jong –, un verso gracchiante fuoriuscì dalla sua gola secca.
Delle lacrime iniziarono a rigargli il volto e tirò su col naso. Jonghyun era davvero lì, oltre quella porta apparentemente invalicabile e stava bene.
-Jong -, sussurrò. Raccolse le poche forze che aveva e puntellandosi sulle ginocchia iniziò a battere dei colpi sulla porta.
-Jonghyun! Jong, sono qui! –
I colpi dall’altra parte cessarono all’istante per essere sostituiti da voci concitate.
-Kibum! –
-Umma! –
Kibum si lasciò sfuggire un sorriso ed emise un verso strozzato misto tra una risata ed un pianto. Riconobbe subito la voce squillante e preoccupata di Taemin, anche lui gli era mancato e non vedeva l’ora di riabbracciarlo. Appoggiò la fronte sul legno, le guance umide e salate.
-Jonghyun, fammi uscire! – singhiozzò.
La porta oscillò di nuovo, risuonarono colpi simili a spallate e la maniglia si mosse più volte, frenetica.
 –Yah –, udì l’urlo frustrato di Jonghyun.
-Yah, spostati stupida scimmia! Cosa credi di fare? Posso aprirla con la mia abilità in un attimo, smettila di comportanti come un animale! –
Non appena la voce di Taemin si spense la serratura scattò. Appoggiato alla porta, Kibum barcollò all’indietro prima di ritrovarsi tra le braccia del più grande. -Bisogna fargli prendere aria, subito -, fece Taemin con urgenza e aprendo la finestra.
Kibum boccheggiò e sostenuto da Jonghyun si sporse oltre il davanzale, tossì. Finalmente tornava a respirare aria pulita, anche la sua vista divenne meno sfuocata e poté abbracciare con lo sguardo i giardini inondata dalla luce chiara dell’aurora. Si strinse a Jonghyun ed appoggiò il capo sulla sua spalla, la punta del naso a sfiorare il collo dell’altro.
-Jong -, sussurrò in un pallido sorriso.
Jonghyung gli accarezzò la chioma corvina e lo strinse a sé, riconoscendo quanto era fragile e debole il corpo dell’altro. Sorrise e gli baciò il capo accarezzandogli la schiena scossa da singhiozzi, poi la sua mascella s’irrigidì e di suoi occhi percorsero con astio ed orrore il caos all’intorno. Un alto candelabro giaceva a terra, dei frammenti di cristallo punteggiavano il tappeto, una parete era macchiata di rosso e del fumo grigio sviluppava ancora parte della stanza. Kibum doveva aver passato dei momenti terribili e solo l’urgenza di trovare aiuto doveva averlo costretto a rimanere ancorato alla porta sino a ridursi allo stremo.
Forse non si è nemmeno accorto di ciò che stava accadendo, pensò.
-Jong -, ripeté Kibum, - ti ho chiamato così tanto. –
La voce del principe era flebile ma esprimeva tutta la sua paura.
–Va tutto bene, ora sono qui.  –
Kibum iniziò a respirare in modo regolare e si crogiolò in quell’abbraccio tenero e rassicurante. Non voleva staccarsene. Finalmente erano di nuovo insieme. Quante volte si erano persi e ritrovati in quella notte infinita? Innumerevoli. Non intendeva perderlo un’altra volta.
Jonghyun gli prese il viso tra le mani. –Kibum, dobbiamo uscire da qui. –
Kibum annuì. Sì, dovevano andarsene. Aveva bisogno di aria e doveva portare a termine un compito.
Devo affrontarlo, pensò.
-Umma -, Taemin gli mise una mano sulla spalla, - ce la fai a camminare? –
Kibum scosse il capo. Avvertiva le gambe molli come cera liquida.
-Forza-, fece Jonghyun, chinandosi, - salimi in groppa ed aggrappati a me. Prendi un bel respiro, dobbiamo riattraversare il corridoio. Chiudi gli occhi finché non saremo all’esterno. - 
Il più piccolo ubbidì, incamerò più aria sana possibile e nascose il viso dietro alla spalla dell’altro.
La corsa che seguì fu come quella lungo un tunnel buio ed infinto. I suoni, gli odori, ogni cosa, scivolò intorno a Kibum senza toccarlo. Si concentrò sul respiro di Jonghyun, sul suo corpo caldo e sul suo profumo. Quando finalmente aprì gli occhi si ritrovò depositato ai piedi di un albero. L’erba appena spruzzata dalla rugiada mattutina aveva una consistenza tenera e profumava di fresco. Le aiuole colme di rose in boccio, bagnate da una luce rosata, contornavano una bianca fontana ed il riverbero del sole depositava i suoi petali dorati sull’acqua. Il vivace zampillare della fontana s'unì al canto delle rondini. Dunque si era svegliato dall'incubo o era prigioniero di un sogno? Forse stava vagabondando in un irrequieto dormiveglia, dove tutto è immobile eppure costantemente in bilico.
Kibum respirò a pieni polmoni e richiuse gli occhi, poi sussultò quando una pezza bagnata gli fu posta sulla fronte e sulle guance. Riaprì lentamente gli occhi e la sua bocca a cuore s’inclinò in un timido sorriso.
-Jonghyun -, sussurrò allungando la mano sottile sul capo dell’altro.
Continuando a detergerlo, Jonghyun alzò gli occhi per la frazione di un secondo e sorrise a sua volta.
-Vedrai che tra poco starai meglio. –
Il principe annuì e sbirciò, da sotto le ciglia arcuate, i tratti concentrai di Jonghyun, la sua fronte aggrottata e le labbra martoriate atteggiate in una smorfia di disappunto. I tocchi del più grande scivolavano leggeri e premurosi sul suo volto come dolce rugiada sui petali dei ciliegi in boccio. Lavavano le sue lacrime, la polvere e lo rigeneravano.
-Umma, non farmi mai più spaventare così –, si lamentò Taemin.
-Mi dispiaci, Minnie-
Taemin scrollò le spalle. – Ora non parlare, hai bisogno di forze. Dimmi solo cosa possiamo fare. Il generale dell’esercito imperiale, non puoi ordinargli di…-
-Non posso ordinargli niente –, fu la risposta immediata di Kibum. –E’ agli ordini del mio promesso, non ai miei. - Abbassò il capo. –I soldati faranno ciò che dice il generale Kang e lui non andrà mai contro Heechul, è grazie alla loro alleanza che ha ottenuto la carica e non ha motivo di credere che perderà. –
Taemin sbuffò e si portò le mani ai capelli biondicci. Non era giusto! La sua umma era l’erede al trono, perché doveva soffrire così a causa dell’ambizione di quel…, sbuffò di nuovo. Non riusciva a trovare un insulto adatto!
Quanto vorrei scaraventarlo di nuovo come un sacco di patate!
Improvvisamente sgranò gli occhi. –I soldati faranno ciò che dice il generale -, ripeté.
Kibum annuì. –E’ così…-
-Ho un’idea -, scattò Taemin, - ma ho bisogno di Minho. – Si morse le labbra, nervoso. –Pensate di potervela cavare? –
-Stai tranquillo, ci penserò io -, disse Jonghyun.
Kibum guardò Taemin sparire tra le siepi e sorrise. Sperava davvero che qualunque idea gli fosse venuta potesse aiutarli, perché lui, si rendeva conto con orrore, in quel momento aveva la mente prosciugata. Non era così che avrebbe voluto rivederlo, nella frenesia della battaglia, ma non potevano fare altrimenti. Ora avevano tutti dei compiti importanti da svolgere.
Io per primo.
Giunti alla fine, forse vi sarebbe stato il momento di rimettere insieme i pezzi e ritrovarsi.
Sospirò e tornò a concentrarsi su Jonghyun. Il più grande gli sfiorò il viso un’ultima volta e abbassò la mano.
-Ecco -, fece Jonghyun, - ora stai meglio? –
-Deh -
Si sentiva molto meglio, aveva solo bisogno di aria pulita per tornare in forze. Tuttavia, ora era Jonghyun a preoccuparlo. Era spossato e nonostante il tentativo di addolcire lo sguardo ogni volta che lo posava su di lui, appena lo abbassava la sua fronte veniva attraversata da solchi profondi e la sua mascella si serrata rigida, tuttavia i suoi occhi, benché segnati da profonde occhiaie a testimonianza di quella lunga notte insonne, luccicavano di belligerante determinazione. Kibum conosceva bene quello sguardo: Jonghyun era furioso. Osservò i suoi abiti scoprendoli macchiati di polvere, cenere e sangue.
-Sei ferito? – domandò con urgenza.
–Non è mio. –
Kibum lo sondò attentamente per accertarsene, notò uno strappo lungo il bordo della camicia che lasciava intravedere gli addominali ben disegnati e poi l’ammasso di stoffa che Jonghyun aveva utilizzato per rinfrescarlo.
-Grazie -, disse sfiorandogli un guancia.
Era strano ritrovare tanta dolcezza dopo quelle settimane di separazione che gli erano sembrate infinite, eppure era sempre stato così tra loro. L’uno per l’altro, anche quando non sapevano che i fili del loro destino erano già stati intrecciati. Kibum rammentava il primo momento in cui i loro occhi si erano sfiorati e qualcosa s’indefinito si era impossessato del suo corpo e risvegliato nella sua anima. L’amore era già lì, solo in attesa di una scintilla, e dopo tutti i dubbi e le paure di una cosa era certo: non l’amava più come quel giorno. Il suo amore era cresciuto ad ogni suo respiro e loro con esso. L’avevano nutrito con le loro lacrime, con i loro sorrisi e ora non potevano più rinunciare all’altro. Il mondo non avrebbe più avuto alcun senso. Sarebbe stato solo il ruotare insensato di un pianeta su sé stesso. A quale scopo portare avanti un movimento tanto faticoso se l’universo all’intorno rimaneva vuoto, nero, freddo e senza luci? Anche se tutto era nato come un sogno le loro speranze l’avrebbero reso reale.
Kibum guardò in direzione del palazzo e assottigliò le labbra a cuore, mentre la brezza dolce di primavera giocava con le sue ciocche corvine, ravvivandole. I occhi felini che lampeggiarono determinati. C’era odore di cenere nell’aria. Soffocante ed acre cenere. Cercò la mano di Jonghyun e le loro dita s’intrecciarono per dare un senso al bisogno di valicare definitivamente il confine ultimo che ancora li separava. Era meraviglioso essere di nuovo l’uno al fianco dell’altro ed avere la sensazione che, infondo, non si erano mai lasciati. Le loro anime erano rimaste avvinghiate in quel nodo strano e perfetto.
Kibum distolse lo sguardo e s’accosto al più grande, le dita sempre intrecciate, gli sfiorò la guancia con la punta del naso e dalle labbra di entrambi fuoriuscì un sospiro.
-Là dentro ho temuto di perderti per sempre e di vedere riaprirsi quella porta solo per realizzare che era stato davvero un sogno destinato a finire. Di scoprire che noi, ormai, non eravamo altro che cenere, che la mia realtà era il mio incubo, senza alcuna possibilità di risveglio. –
Gli accarezzò una guancia e le sfiorò con le labbra rosate.
-Devo affrontarlo, non vi è altro modo per fuggire del limbo di questo incubo. -
Jonghyun si rabbuiò e lanciò un’occhiata obliqua al palazzo. Heechul, sibilò tra sé con astio represso. Sapeva di non avere né il potere, né il diritto d’impedire a Kibum d’affrontarlo; non avrebbe mai permesso ad altri di combattere le sue battaglie. Nemmeno a lui. Gli bastò uno sguardo agli occhi determinati del più piccolo per capirlo.
Ma starò al tuo fianco. I suoi occhi d’ambra scivolarono caldi sulle loro dita intrecciate. Non commetterò più l’errore di separarmi da te.
Assottigliò le labbra. – Lo so. -
Giunti sin lì non potevano permettersi di fare passi indietro. Potevano solo avanzare come pedoni, lo sapevano entrambi, e leggevano la medesima consapevolezza sul viso dell’altro.
Kibum annuì, si strinse a Jonghyun e si baciarono.
In quel tempo inesistente e apparentemente infinito che avevano passato segregati nelle stanze più buie del loro essere avevano visto il pensiero dell’altro sprofondare nell’oblio, e loro stessi erano sprofondati con esso. Solo il loro amore era riuscito a colmare quel vuoto e comunque fosse andata ora erano di nuovo insieme, forse per l’ultima volta o forse per sempre, ma erano insieme. In piedi, sull’orlo del nulla, si cercarono e si rincorsero in una danza in punta di piedi per ripristinare un equilibrio perduto. Entrambi si lasciarono trasportare come foglie sulla superfice cristallina di un ruscello. Fu un bacio pieno dello stesso calore confortate del fuoco in pieno inverno, di una passione calma, avvolgente e sempre più profonda. Le loro abilità ancora dormienti s'agitarono e ripresero forza, come se il semplice danzare delle loro anime avesse fatto scattare una molla.
 Il fiato corto ed i polpastrelli posati sulle guance di Jonghyun, Kibum si staccò appena.
-Starai con me fino alla fine?-
-Fino alla fine.-
 

 
 
 
Rieccomi! La scimmia cappuccina ha di nuovo ritrovato il suo casco di banane preferito!
 
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Sappiate che intendo torturavi sino all’epilogo che forse riserverà ancora qualche sorpresa (devo ancora definire i dettagli), quindi iniziate ad allenarvi a prendere a testate lo schermo u.u
 
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Ricordo che i commenti sono sempre graditi, soprattutto ora il vostro sostegno è fondamentale per aiutarmi a concludere al meglio!
Alla prossima! <3
   
 
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