Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: whitecoffee    24/09/2017    6 recensioni
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❝«Quindi mi state dicendo... che questa ragazza mi ha visto nudo... tutto il tempo?!» Esclamò JungKook, sollevando il tono di voce di qualche decibel, verso la fine della frase. Arrossii come non mai, mentre lui si copriva il volto con le mani.
«Non che ci sia stato poi molto, da vedere» commentò YoonGi, facendogli un cenno con il capo.
«Yah!» Ribatté il maknae, ferito nell'orgoglio.❞
- Dove Sim Olivia si finge un ragazzo per ottenere il posto di assistente manager dei Bangtan Sonyeondan... ma non tutto va come previsto.
manager!AU | cross!dressing | dorm!life | boyxgirl
Genere: Comico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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“Courage is found in unlikely places.” 
J. R. R. Tolkien


Gangnam-gu, ore 11.20

 

Dopo l’intervista radiofonica, i ragazzi avevano un’ora di lezione di canto, il che voleva dire prezioso tempo di solitudine per me. L’avrei volentieri impiegato tutto per gettarmi sul letto e dormire sonoramente fino ad ora di pranzo, ma non potevo. Dovevo essere una figura professionale. Ragion per la quale, dopo che loro fossero saliti in aula, io mi fossi fiondata ad aprire il frigo.
Avevo tutta l’intenzione di preparare il pranzo per i Bangtan, impiegando i minuti morti per qualcosa di costruttivo. Fortunatamente, qualcuno doveva aver fatto spesa sufficiente per un paio di giorni e trovai tutto quel che mi serviva. Tirai fuori la docking station dalla valigia e vi sistemai l’iPod al centro, facendo partire una delle mie playlists Spotify preferita, quella con i successi degli anni 2000. Misi l’acqua a bollire con “Crazy in Love” di Beyoncé, sentendomi una vera sorella del ghetto che preparava soul food al suo uomo. Ovviamente, il dessert non avrei avuto bisogno di cucinarlo. Perché sarei stata io, il suo dolce preferito. Ah, che femme fatale, che ero. Mi arrischiai perfino a cantare, disponendo gli ingredienti sul bancone. Se c’era almeno una cosa che fossi in grado di portare a termine, quello era cucinare. Avevo passato quasi metà della vita a guardare programmi di chefs, leggere ricette, osservare i video di pagine Facebook come Tasty o Cookat. Ad un certo punto della mia esistenza, dovevo aver assimilato quel che i miei occhi avevano imparato, essendo stranamente in grado di combinare materie prime e spezie. C’erano ancora problemi con le cotture, di quando in quando, ma non potevo certo essere perfetta. Altrimenti, avrei potuto tranquillamente aprire un ristorante a Seoul e sbarcare il lunario cuocendo cibo tutto il giorno sul retro. Però, tutto sommato, me la cavavo più che bene. Soltanto i ragazzi che non avevano accettato i miei dolci a san Valentino, sapevano quel che si perdevano. E così, sentendomi l’erede per metà asiatica di Gordon Ramsay, trascorsi l’intera ora a friggere, bollire e saltare in padella. Mentre spadellavo, aggiungevo inframmezzi coreografici, in cui, cantando e ballando, apparecchiavo anche. Iniziai ad udire il tipico chiasso dei Bangtan proprio mentre stavo per trasportare tutto il cibo sulla tavola.
«Cos’è questo buon profumo? Jin hyung, hai imparato a clonarti?» Sentii esclamare, da TaeHyung. Poi, rumore di ciabatte e calcagni in corsa, e i ragazzi si assieparono sulla porta, sporgendosi oltre le spalle dei più alti per osservare con i loro occhi. Rimasero a bocca aperta, mentre mi osservavano sistemare un pentolone di dolsot bibimbap*, facendo attenzione a non scottarmi, permettendo agli ingredienti di cuocere ancora, in autonomia. Quando riposi anche il tteokbokki*, qualcuno di loro iniziò a commuoversi.
«MinSoo hyung, hai fatto tutto tu?» Domandò HoSeok, con gli occhi che brillavano. Annuii, finendo di disporre salsine, contorni e altre pietanze, per poi asciugarmi le mani sul grembiule di gattini rosa.
«Sapevo che occuparsi dei pasti fosse compito di Jin-ah, ma eravate impegnati con la lezione e volevo farvi trovare il pranzo già pronto» mi schermii. «Se dovesse essere un problema, dit…» e non finii di parlare, che Hobi e i maknae corsero ad abbracciarmi, mozzandomi il respiro. Gli altri tre rimasero sulla porta, ad applaudire soddisfatti.
«Riconosco ufficialmente Lee MinSoo come mio legittimo figlio ed erede» decretò il più anziano del gruppo, scostando una sedia con eleganza.
«Ragazzi, sto per iperventilare» mormorai, facendo sciogliere la stretta ai giovani, permettendo all’ossigeno di fluire nuovamente nei miei polmoni.
«È che il massimo che ha sempre fatto Kang hyung, è stato quello di comprare street food in giro per la città» commentò JungKook, mettendo su un’espressione stanca.
«In cucina era negato» convenne TaeHyung.
«Ricordo ancora il mal di stomaco di quando ha provato a cuocere il pollo fritto» riferì JiMin, passandosi una manina sul ventre piatto, storcendo i lineamenti al ricordo.
«E quando Jin hyung non poteva provvedere al pranzo, dovevamo sempre scegliere fra quello o la pizza» concluse Hobi. Mi grattai una tempia, a disagio. Ma come avevano vissuto, fino a quel momento? Se i miei calcoli fossero stati esatti, il loro manager avrebbe dovuto provvedere al cibo almeno quattro giorni su sette. E tutti quei pasti con pietanze d’asporto e pizza? Va bene, si allenavano in palestra per almeno due ore ogni giorno, ma non era il modo più adatto di nutrirsi in ogni caso. Ed io che pensavo avessero una dieta bilanciata da seguire per ognuno. Invece no.
«Gente, io vi avviso che state posticipando l’incontro d’amore delle vostre vite: quello fra me e il cibo» ci avvisò Jin, facendo in modo che ci sedessimo tutti attorno al tavolo. Allora, lo vidi giungere le mani. Pregava?
«Buon pranzo!» Esclamò invece, per poi agguantare le bacchette e riempirsi il piatto, imitato anche dagli altri ragazzi. Li lasciai fare, servendomi solo quando tutti fossero stati impegnati a masticare.
«Paradiso!» Esclamò il più grande di tutti, parlando con la bocca piena ed emettendo versi di gioia sofferente, come accadeva nei videolog. «Sono forse morto? Adesso arriverà Emma Watson a servirmi pollo fritto in tacchi a spillo?» Aggiunse, facendo ridacchiare tutti. Io lo guardai costernata, portandomi il tteokbokki alle labbra. Emma Watson? Davvero?
«Lo hyung è un grande fan» mi aggiornò TaeHyung, sporgendo un braccio davanti a me, per prendere della verdura con le bacchette.
«A tutti noi piacciono le europee, in realtà» aggiunse JungKook, riempiendosi il bicchiere d’acqua.
«A te piace chiunque respiri e che sia separata da te da uno schermo HD» lo rimbeccò YoonGi, sollevando un coro di “uuuh” e “brucia” fra gli altri membri del gruppo.
«Questa storia deve finire» borbottò il maknae, riempiendosi la bocca di riso e lanciando occhiatacce ai suoi amici.
«Kookie-ah ha un problema con le donne» disse NamJoon, cercando di trattenere le risate come meglio poteva.
«Non con i porno, però, facciamo attenzione» specificò YoonGi, facendomi andare di traverso il cibo. Non volevo visualizzare il ragazzo davanti al computer, intento ad osservare una documentata rappresentazione di coiti complessi, ne avrei fatto volentieri a meno. Eppure, eccolo bell’e dipinto nella mia mente, mentre prendeva perfino appunti. Liv, il pranzo. Mangia e finiscila.
«Sai, Kookie-ah è sempre stato un tipo timidissimo. All’inizio, non faceva nemmeno la doccia insieme a noi» descrisse HoSeok, mettendosi altro bibimbap nel piatto. «Con le lezioni di ballo e portamento, ha imparato a sciogliersi un po’. Adesso è molto più aperto, nonostante sia comunque una persona riservata. Non parla spesso e quando qualcosa non va, non lo dice mai».
«Con le ragazze, però, è rimasto fermo ai quattordici anni» intervenne JiMin, lanciandogli un’occhiata divertita. «Appena ne vede una, entra in panico».
«Yah, la smettiamo? Mi state facendo passare per uno psicopatico» si lamentò il maknae, dando una gomitata al ballerino biondo, accanto a sé. «È che le ragazze sono così belle e perfette, e… io mi sento inadeguato e goffo. Cosa accadrebbe, se dicessi qualcosa di stupido? Se mi comportassi da idiota? Che penserebbe, una ragazza? Crederebbe che Jeon JungKook dei BTS, international playboy e golden maknae, è un idiota» concluse, stranamente serio. Gli lanciai un’occhiata perplessa.
«A volte, essere semplicemente goffi è molto meglio di credersi una divinità onnipotente solo perché si è belli. Alle ragazze non piacciono le superstars montate che credono di poter avere chiunque. A loro basta una persona su cui poter contare e che le faccia sentire ascoltate e comprese, ma soprattutto amate» conclusi, per poi radunare un po’ di riso nelle bacchette e portarmi il boccone alle labbra. Mentre masticavo, mi resi conto del silenzio che fosse sceso a tavola e sentii sette paia di occhi puntati su di me.
«Cosa?» Chiesi, parlando a bocca piena.
«Sei così saggio, parlaci ancora di ragazze» mi chiese TaeHyung, avvicinandosi a me, per udire meglio.
«Hai una sorella? È per questo che sai tante cose su di loro?» Domandò il maknae.
«Quante donne hai avuto? Voglio essere un pro come te!» Esclamò JiMin. Mi coprii la faccia con la mano. Quanta innocenza. Beata ignoranza.
«NamJoon aiutami» implorai, incerta se ridere o piangere. Il leader si portò l’indice al mento, osservandomi attentamente.
«Tu devi avere molte amiche, vero?» Domandò, aggiungendo legna al fuoco, al posto di spegnere le braci. Lo fissai, cercando di comunicargli tutto il mio sentimento di fiducia tradita.
«Gente, le persone vere socializzano. Non sono costrette a vedere le donne in cartolina, per mantenere un’immagine. Come se poi voi non foste mai andati a scuola» intervenne finalmente YoonGi, ed io annuii, lieta di aver spostato il riflettore via da me. In parte, aveva ragione. O forse, lui aveva una memoria più vivida dei contatti con l’altro sesso, avendo fatto l’audizione quando era relativamente grande abbastanza da aver avuto il tempo di costruire relazioni vere. Ad ogni modo, sentii qualcuno dei ragazzi sospirare.
«Le donne sono degli esseri molto particolari» commentò il leader. «Ah, quanto sono solo» esclamò, teatralmente, fingendo di piangere.
«È per questo che nessuna ti vuole, le spaventi tutte» gli disse JiMin, prendendo altro tteokbokki.
«Io ho ventun anni e non ho mai scopato» asserì TaeHyung, facendomi sbarrare gli occhi. Come poteva uscirsene, in quel modo?
«E menomale» rispose YoonGi, bevendo. «Sai che brutta, l’astinenza, per uno come te? Dieci a uno che andresti a piagnucolare dalle truccatrici, affinché ti presentino qualche loro parente» concluse, e lì rischiai nuovamente di strozzarmi col cibo. A quante morti violente ero già scampata, fino a quel momento? Stavo proprio mettendo alla prova la mia buona sorte.
«Senti, devi affrontarla, questa cosa. Hai un problema nel deglutire? Soffri di reflusso? È una condizione psicologica? Parliamone, perché è una complicazione che limita la tua esistenza» disse JungKook, posando le bacchette e sporgendosi dal suo posto, fissandomi. Battei le palpebre, respirando nuovamente in maniera regolare.
«Come, scusami?»
«È la seconda volta che ti va di traverso il cibo, così come per l’acqua. Vuoi necessariamente morire soffocato?» Si preoccupò ed io arrossii. Pensava fosse una questione clinica. Non si era reso conto che io fossi una ragazza sotto mentite spoglie, costretta ad ascoltare commenti maschili allucinanti proprio dai suoi idols preferiti. I quali, fra l’altro, avessero incarnato l’ideale di perfezione, nel mio cervello, fino a ventiquattrore prima. Tutte illusioni. La canzone “Lie” di JiMin mi rimbalzò nel cervello, partendo direttamente dal ritornello.
«No, è che… a volte deglutisco troppo velocemente. Dovrei mangiare e bere più lentamente, tutto qui» inventai, sperando che la bevesse. Mi guardò, impassibile. «È così da quando sono piccolo, niente di che. Ho imparato a conviverci» spiegai, stringendomi nelle spalle e sorridendogli a bocca chiusa. Lasciò andare un mezzo mugugno e tornò al suo cibo, in silenzio. E anche quella volta, scampato pericolo.

 



Gangnam-gu, ore 14.30
 

Dopo pranzo, Jin ed HoSeok mi aiutarono a lavare i piatti e a sparecchiare, mentre gli altri impiegavano le loro ore libere come meglio potevano. YoonGi si era chiuso in camera appena concluso il pasto, mentre la maknae line aveva deciso di sfidarsi a Overwatch, potevo sentire le loro esclamazioni frustrate di quando in quando, insieme a degli “JiMin muovi il culo” o “TaeHyung spara e levati”. Hobi aveva proprio ragione, erano dei bimbi troppo cresciuti. NamJoon, invece, aveva preso un libro e leggeva con le cuffiette nelle orecchie sul divano, sottolineando dei passaggi di quando in quando.
Appena finimmo di sistemare la cucina, filai in stanza ad occuparmi della valigia. Avevo ancora un’ora di tempo, prima degli allenamenti dei ragazzi, e mi diedi da fare. Cambiai le lenzuola al letto, mettendoci le mie con fantasia autunnale, piene di foglie colorate. Non mi piaceva, dormire in un letto immacolato. Mi faceva stranamente pensare agli ospedali, ed era un collegamento piuttosto penoso da fare, prima di dormire. Avere coperte e federe variopinte, invece, mi rilassava. Avevo riempito il guardaroba con gli abiti maschili comprati insieme a YooNa, sistemando le scarpe nell’apposito scomparto, ordinandole in fila. In bagno, avevo disposto sulla mensola dello specchio tutti i miei prodotti per la cura della pelle, che sicuramente non avrebbero destato sospetti. Gli unici oggetti equivoci, sarebbero potuti sembrare il rasoio rosa e lo shampoo con balsamo e maschera per capelli colorati, rigorosamente femminili. Ma quelli, erano stipati nella doccia, generalmente chiusa. Avevo, inoltre, lasciato l’intimo femminile nel doppiofondo della valigia, da dove l’avrei preso quando mi sarebbe servito, senza bisogno di disseminare mutandine coi gattini in giro per la camera.
In capo ad una mezz’ora, la stanza aveva un aspetto più che civile. Mi ero perfino azzardata ad appendere un poster di Machine Gun Kelly ad un muro. Era uno dei miei rappers preferiti, nonché figo spaziale. Non mi sarei mai sentita a casa, senza vedere il suo volto come prima e ultima cosa, al mattino e alla sera. Soddisfatta, uscii dalla stanza, riponendo la chiave nella tasca dei jeans. Arrivai mugugnando un pezzo di una canzone di Taylor Swift, quando trovai YoonGi sul divano, intento a leggere dei messaggi sul cellulare. Ciò che mi stranì di più, fu la sottile sigaretta che teneva fra indice e medio, che spargeva il suo caratteristico odore di tabacco chimico bruciato nella stanza, sebbene la finestra fosse più che spalancata. Quando mi vide, non batté ciglio. Anzi, mi osservò apertamente, attendendo una mia qualsiasi reazione.
Gli era permesso, fumare? Cosa avrei dovuto fare? Togliergliela? Lasciargliela? E se quello fosse un suo segreto? Anche io ne avevo uno, con quale faccia avrei dovuto punirlo, per quello? Alla fine, risolsi per il fare finta di nulla. Procedetti verso la cucina e lo lasciai lì, a fumare in tranquillità, senza dirgli niente. Arrivai al lavello con il cuore che mi rimbombava nelle orecchie, sbattendo contro lo sterno senza posa.
Min YoonGi fumava. Ecco da dove arrivava quel tono rauco e graffiante, come perennemente impastato dal sonno, incrinato nelle note alte. Era il fumo. Gli altri lo sapevano? Avrei dovuto dirlo al signor Kang? Però per mettersi lì in bella mostra, sapendo che chiunque sarebbe potuto arrivare, voleva soltanto dire che non si trattava di un suo segreto. Maledizione, quanto odiavo quelle situazioni. E non mi era stato detto nulla, riguardo a quella particolare abitudine, dal manager. Presi un bicchiere -che avevo deciso di spostare al piano più basso, di modo che potessi arrivarci anche io- e lo riempii d’acqua. Il fresco liquido trasparente sciabordò, bagnandomi le dita e donandomi un minimo di presa sulla realtà. Bevvi, con il vuoto mentale. Rimasi qualche minuto in cucina, arrovellandomi su come comportarmi, scegliendo comunque di tenermi tutto per me. Quando tornai in salotto, YoonGi non c’era più. Sospirai, scuotendo la testa. Decisi di non perdermi d’animo, lanciando un’occhiata al mio orologio da polso.
«Gente, sono le tre meno un quarto! Uscite dalle vostre stanze, avete gli allenamenti!» Dissi, a gran voce, nel corridoio delle camere.
«Oh, hyung, lasciaci finire la partita» si lamentò TaeHyung. Entrai nella sua stanza, aprendo la porta con foga.
«Signor Kim, Dio ha pietà di tutti i suoi figli. Io no. Perciò, o chiudi quel computer, o farò in modo di trasformarti in un esclusivo personaggio del videogioco. Hai presente d.va? Tu sarai k.illed. Il punto fra la “k” e la “i”. Voglio vederti in salotto fra tre minuti» lo minacciai, ferma, e lui mi riservò una strana occhiata sconvolta. Lo lasciai lì a meditare sulla sua esistenza, andando a bussare alle altre porte. Dovetti svegliare gentilmente NamJoon, che si era addormentato con il libro in faccia; quasi staccare la spina al computer da pro gamer di JungKook e vedere JiMin imprecare male contro un avversario americano, insultandolo come solo un vero scaricatore di porto sarebbe stato capace di fare. Lo spedii a mettere diecimila won nel barattolo delle parolacce, minacciandolo che al prossimo episodio avrebbe dovuto offrire una cena a SeokJin. In capo a dieci minuti, erano tutti radunati in salotto, vestiti con comodi abiti da gym. Fui stranamente fiera di essere riuscita a radunarli lì, senza piangere neanche una volta, o aver dovuto ricorrere a qualche strano ricatto. Feci mostra del mio migliore autocontrollo, per non mettermi a strillare osservando alcuni dei loro completi, i quali lasciavano scorgere molto più di quanto ce ne sarebbe stato bisogno. Improvvisamente, udii una chiave girare nella toppa, e il signor Kang fece il suo ingresso in dormitorio.
«Bene, rifiuti della società dittatoriale nordcoreana, siete tutti pronti e svegli?» Domandò, facendosi strada fino in salotto. Alcuni dei ragazzi si portarono la mano alla fronte, in saluto militare.
«Signorsì, generale Kang» esclamarono. Ridacchiai, a quello strano rito, mentre l’uomo annuiva, affabile.
«Pensavo che avreste dato filo da torcere al povero MinSoo, invece vi vedo qui al completo. Perfino tu, YoonGi» commentò, colpito. HoSeok annuì.
«Ci ha preparato il pranzo ed è stato estremamente gentile, con noi. Sarebbe stato stupido, complicargli il lavoro» disse, stringendosi nelle spalle. Lo amai profondamente per la seconda volta in una giornata sola. Piccola palletta di sole e gioia di vivere.
«Spero che sia un cuoco migliore di me» convenne allora, dandomi di gomito. Mi schermii, arrossendo.
«Assolutamente. Compete con Jin hyung» intervenne TaeHyung. L’uomo fece per dire qualcos’altro, ma si bloccò a metà frase. Inspirò profondamente, sollevando un sopracciglio.
«Ragazzi» esordì, guardandosi attorno. «Qualcuno di voi ha fumato, qui?» Chiese, serio. Un silenzio gelido e mortale scese nella stanza, mentre nessuno rispondeva alla domanda. YoonGi teneva lo sguardo fisso a terra, muto. Gli altri non muovevano un muscolo, solidali con il loro hyung o dongsaeng. Sapevano. Ma nessuno di loro si discolpava, passando tutti per papabili colpevoli. Rimasi affascinata dal loro senso di fratellanza. Perfino la maknae line era silente. Tuttavia, qualcuno doveva pur risolvere la situazione. Non saremmo potuti andare avanti in quel modo, all’infinito. Take one for the team, come dicevano i Simple Plan.
«Sono stato io» dissi, guardando il signor Kang in volto. Lui sollevò un sopracciglio, spostando l’attenzione su di me. Colsi una serie di espressioni costernate, con la coda dell’occhio.
«MinSoo, non devi…» esordii, ma io scossi la testa.
«Ogni tanto, fumo qualche sigaretta. Non è un’abitudine, però qualche volta succede. Vuoi vedere il pacchetto? Ce l’ho di là in stanza» gli chiesi e feci per muovermi, ma lui mi fermò.
«No, no» scosse la testa, deciso. «Al colloquio col signor Oh, però, non era emerso quest’aspetto» sottolineò. Mi strinsi nelle spalle, esibendo una faccia tosta che, in realtà non avevo. Ormai, stavo diventando bravissima, a mentire.
«Te l’ho detto, perché non è un’abitudine. È più un modo per scaricare la tensione, come masticare una gomma. Mi ero messo vicino alla finestra, ma l’odore deve essere ancora rimasto. Mi dispiace, non succederà più» e m’inchinai, concludendo la mia apologia. Il signor Kang mi guardò a lungo, con espressione critica. Non mostrai altre emozioni, se non il rammarico. Allora, egli inspirò.
«Bene» concluse, facendo schioccare la lingua. «I coach vi aspettano al piano di sopra. Andate, andate» esortò i ragazzi, che non se lo fecero ripetere due volte, uscendo dal dormitorio in silenzio. L’uomo si attardò, aspettando che ognuno di loro fosse per le scale.
«MinSoo, sei sicuro…» riprese, ma io annuii con convinzione. Ero inamovibile. Se avessi portato avanti quella recita ancora per qualche momento, avrei finito per crederci io stessa.
«Sicuro» ribadii. Lo vidi sospirare.
«Allora non posso dirti nulla. Solo, magari, evita di farti vedere dai ragazzi. Potrebbero chiederti una sigaretta, o sentirsi a loro volta autorizzati a fumare e questo è un male per le loro corde vocali. Tutto qui» mi spiegò ed io feci buon viso a cattivo gioco.
«Chiaro, capo».
«Stai facendo un buon lavoro, non perderti nelle piccole sciocchezze» mi disse, battendomi paternamente una mano sulla spalla ed uscendo a sua volta, mentre l’ambiente sprofondava di nuovo nel silenzio. Ah, che fatica. E tutto per parare il sedere a Min YoonGi, quindi una causa persa. Avrei fatto meglio ad aspettarmi che il muro iniziasse a parlare, piuttosto che il corvino collaborasse con me. In ogni caso, non l’avevo fatto per tornaconto. Non volevo che il signor Kang se la prendesse con loro. Avevano già un mare di divieti, nel contratto. Non permettergli nemmeno di fumarsi una sigaretta in santa pace, mi pareva assurdo. E lì, capii che non sarei mai stata in grado di fare l’idol. Avrei dato scandalo in una settimana, o poco meno.
 Sospirai, grattandomi la parrucca. Quanto avrei voluto bruciarla. Lanciai un’occhiata all’orologio da polso, realizzando di avere un sacco di tempo per me. Ne avrei approfittato per una lunga doccia anti-stress. E al primo che avessi sentito dire che lavorare con le celebrità era una passeggiata, avrei cavato un occhio.



 


 


*dolsot bibimbap: bibimbap servito in una ciotola ancora bollente, di modo che gli ingredienti continuino a cuocersi.
(Il bibimbap è riso misto coreano, servito con altri piatti tipici della cucina locale e una selezione di salsine)

*tteokbokki: gnocchi di riso glutinoso e conditi con varie salsine.
   
 
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