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Autore: whitecoffee    24/09/2017    2 recensioni
❝“Potresti abbassare il volume della tua maledetta musica? Sono almeno quarantacinque minuti che non faccio altro che sentire “A to the G, to the U to the STD”. Per quanto tu sia bravo a rappare, il mio esame č piů importante. Grazie”
-W
“N to the O to the GIRL to the KISS MY ASS”
-myg
“Senti, Agust Dick, comincia a calmarti, che non ci metto niente a romperti l’amplificatore e pure la faccia.”
-W❞
rapper/photographer!YoonGi | non-famous!AU | boyxgirl
-
» Storia precedentemente pubblicata sul mio account Wattpad "taewkward"
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Min Yoongi/ Suga, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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XXII.
Sneezing August



«My mind forgets to remind me
You're a bad idea»

(Taylor SwiftSparks Fly)


 
  W I N T E R  

 

Fui svegliata dal fracasso di un potente starnuto, che proveniva dall’appartamento accanto. Mugolai, e aprii un solo occhio, in cerca della sveglia sul comodino. Le otto e mezza. Inaudito. Era praticamente l’alba, il mondo stava ancora ricostruendo se stesso, lì fuori. Che ci faceva, Min YoonGi, in piedi ad un orario simile? Di sabato, per di più? No, Winter. Smettila. Non è un tuo problema.
Provai a mettere a tacere il mio senso del dovere morale, e mi rigirai dall’altro lato, tirandomi le coperte fin sopra i capelli. Affari suoi. Aveva sempre avuto un ritmo biologico complesso, chi ero io per mettermi a sindacare le sue scelte di vita?
Un altro starnuto. Peggiore del precedente. Sospirai. Il giorno prima, era stato proprio lui a riportarmi Snickers a casa, subendo in pieno l’acquazzone formidabile che aveva imperversato fino all’alba. Si era “sacrificato” per me, in fin dei conti. Che altri non ero, se non la sua vicina della porta accanto. Che non aveva fatto altro che insultarlo, mentalmente e verbalmente, per mesi. A ragione, però. Il mio esame di linguistica inglese era andato male, per colpa sua e del suo maledetto mixtape. Ma quello, era stato mesi fa, prima che cominciassi ad incuriosirmi per il suo aspetto. Soprattutto, prima che ricevere i suoi post-it sulla porta non avesse cominciato a piacermi.
Dopo il terzo starnuto, iniziai a sentirmi piuttosto responsabile, per il suo stato di salute. Temporeggiai, finché i sensi di colpa non mi diedero uno spintone immaginario, dopo il lamento di frustrazione che udii dall’altro lato del muro. Non potevo lasciarlo in quelle condizioni. Incapace come doveva essere, di prendersi cura di se stesso, probabilmente nemmeno si era accorto di stare male. Calciai via le coperte e mi stiracchiai, sbadigliando sonoramente. Che guaio, Min YoonGi. Un grosso disastro dai capelli biondo platino e la pelle di zucchero.

 

 
Premetti brevemente il dito sul campanello dell’appartamento accanto, il cui suono riecheggiò all’interno dell’abitazione, rimbalzando sulle pareti sottili. Dopo poco, vidi l’uscio schiudersi. Ancor più inaudito. Riconobbi la figura del mio ossigenato vicino, che si aggrappava allo stipite per non scivolare in terra. I suoi occhi, già sottili di loro, erano ormai semichiusi e dalle pupille fin troppo lucide. Le guance, altrimenti candide come la luna, erano dipinte di una chiara sfumatura rosea. Stava indossando almeno due felpe e un pesante pantalone della tuta. Ciò nonostante, un brivido di freddo lo scuoteva di tanto in tanto.
«Winter» mugugnò, con una stupenda voce nasale, grazie alla quale avrei riso per settimane, in altri contesti. Ma non in quello. Mi resi conto che la situazione dovesse essere critica, da alcuni piccoli, fondamentali fattori: la sua aria più sfatta del solito, priva della consueta malizia che impiegava vedendomi; l’accumulo di vestiti sul suo corpo, i continui tremori e il fatto che mi avesse chiamata con il mio nome di battesimo. Niente “appartamento 23”. Impensabile. Inaccettabile. Min YoonGi doveva stare proprio male. Protesi una mano verso la sua fronte, sfiorandogli la pelle al di sotto della scomposta frangia bionda, ma la ritirai all’istante. Bruciava.
«YoonGi, hai la febbre» decretai e lui starnutì nuovamente, quasi ad evidenziare le mie parole. Sospirai. Era il decimo, forse, dalle otto di quella mattina. Spinsi la porta ed entrai, facendo scivolare le mie dita nelle sue, stringendogliele. Erano così sottili e gelide, nonostante la sua mano fosse parecchio più grossa e nodosa della mia. Cercai di non badare allo strano effetto che quel contatto ebbe prodotto sul mio cuore, e mi sforzai in tutti i modi di calmare l’impercettibile accelerazione del battito cardiaco. Era solo Limone in un Occhio, per quale ragione mi stavo agitando in quel modo? Oltretutto, aveva anche l’influenza. In situazioni normali, probabilmente non si sarebbe mai lasciato tirare per casa, con così tanta solerzia. Dovevo smetterla di viaggiare con la fantasia. A cosa diamine stavo pensando?
«Sdraiati e non pensarci nemmeno ad uscire o ad andartene in giro» gli ordinai, cercando di fare mente locale e dirigendomi da sola verso la sua stanza, ormai pratica dell’ambiente. Si lasciò trascinare docilmente, avanzando qualche debole rimostranza di tanto in tanto, come “il lavoro”, “il mixtape” o “i miei testi”.
«Aspetteranno. Tutti» ribattei, mentre lo facevo sedere sul letto e gli rimboccavo le coperte, sentendomi come la sottopagata babysitter di turno, in una di quelle scadenti teen comedy americane. «Se non ti curi adesso, impiegherai il triplo a guarire, dopo» aggiunsi. Lo vidi sospirare e raggomitolarsi nel letto, nascondendosi il volto nelle lenzuola e chiudendo gli occhi. Si addormentò immediatamente, e lo invidiai come non mai. Era proprio vero, riusciva a prender sonno in qualsiasi occasione. Sospirai, guardandolo. Immaginai che, per tutta la giornata, sarei dovuta rimanere accanto a lui. Non me la sentivo proprio di lasciarlo lì ed andarmene: e se avesse avuto bisogno di qualcosa? Viveva da solo, nessuno avrebbe potuto aiutarlo. Sì, i suoi amici erano quasi sempre in casa, ma non potevo contare sull’aiuto del fato. La legge di Murphy era una dura realtà, c’era poco da scherzare. Inoltre, non avevo certo dimenticato che lui mi avesse riportata nell’appartamento, quando ero ubriaca e completamente inservibile, tempo addietro. Era giunto il momento di ricambiare il favore. Così saremmo stati pari.

 

 
Trascorsi la mattinata a prendere nuovi fazzoletti e a gettare quelli ormai inutilizzabili dal capezzale di YoonGi. Il quale, quando non era sveglio per starnutire o lamentarsi, chiedendomi di rimanere accanto a lui per accarezzargli i capelli, dormiva profondamente senza nemmeno cambiare posizione. Sarebbero potute passare ore, e lui sarebbe comunque rimasto nello stesso punto del letto, con gli occhi chiusi e il volto seminascosto dalle coperte, circondato dai fazzoletti. Era piuttosto buffo, da guardare. Mi riusciva difficile credere che il forte e sfacciato vicino di casa che mi lasciava messaggi espliciti sulla porta, fosse lo stesso che sorrideva quando le mie dita fresche gli sfioravano la fronte, nel delirio della febbre. Ogni tanto, lo sentivo perfino parlare nel sonno. Il più delle volte, insultava TaeHyung o chiamava JiMin. Di quando in quando, potevo chiaramente udire il nome “Nancy”, accompagnato da un’inflessione rancorosa o malinconica. Evento che mi spinse a chiedermi, forse con un po’ troppo interesse, di chi potesse trattarsi. Ma non era un problema mio, e dovetti ripetermelo più e più volte, come un mantra. La vita sentimentale del mio vicino di casa era off limits. E, di conseguenza, tutti i nomi di donna che scivolassero fuori dalle sue labbra. Il mio compito, era ignorarli. Ed evitargli la morte per soffocamento, a causa della moltitudine di fazzoletti che andavano accumulandosi attorno a lui. Presto o tardi, avrei proposto il mio nome per la santificazione. Se non era una condotta altruistica esemplare quella, davvero non avrei saputo cos’altro avrebbe potuto esserlo.
Per ammazzare il tempo, mi ero presa la libertà di sistemare un po’ la cucina di YoonGi. Avevo trovato lo sportello del frigorifero pieno di polaroid, tenute ferme da diversi magneti. Ognuna di quelle, ritraeva i suoi amici, o lui insieme a loro, unite a qualche paesaggio, qui e là. Ma erano molto rari. Di tanto in tanto, qualche scritta in coreano a pennarello blu decorava lo spazio bianco al di sotto dell’immagine, rendendomi impossibile capire cosa dicesse. In fin dei conti, riflettei che il mio vicino dovesse avere dei buoni amici. Che tenessero a lui, come se fosse stato loro fratello di sangue. Comprendere quell’aspetto della sua vita, mi scaldò il cuore. Anch’io, in Florida, avevo un paio di legami simili. E mi sarebbe piaciuto davvero molto trascorrere dell’altro tempo con loro, al posto dell’autoimposta solitudine che il trasferimento mi avesse regalato in omaggio. Quasi mi venne il magone, nell’osservare uno scatto di YoonGi e TaeHyung, che facevano buffe smorfie in riva al mare, al tramonto. Un’immagine del tutto simile a quella che anch’io avessi appeso nella mia camera, in Florida.
Per non crollare nella malinconia, avevo aperto il frigo, e gettato tutti gli alimenti che non sarebbero sopravvissuti per molto. Poi, avevo dato una pulita ai ripiani della cucina, ai fornelletti, tutto. In capo ad un paio d’ore, la stanza brillava, facendomi sentire pienamente soddisfatta del mio lavoro. Poi, rendendomi conto di che ore fossero, avevo deciso di cucinare degli spaghetti all’italiana, ringraziando la mia buona stella per avermi fatto trovare, nel frigo di YoonGi, dei pomodori ancora in buono stato. Appena mi ritenni soddisfatta del risultato, portai il piatto dall’aspetto invitante in camera del mio vicino, facendo attenzione a non inciampare con le posate in mano. Lui aveva socchiuso gli occhi, guardandomi arrivare dalla cucina.
«Cos’è?» chiese, debolmente, sporgendo appena il capo dal groviglio di lenzuola e fazzoletti che lo attorniavano. Posai il suo pranzo sul comodino, sedendomi a gambe incrociate sul pavimento.
«Cibo. Devi prendere un’aspirina, e non puoi farlo a stomaco vuoto. Inoltre, mi sentivo particolarmente ispirata» ammisi, guardandolo riemergere dal proprio letto, cercando di sedersi come meglio potesse, nonostante le vertigini e la debolezza. Gli passai il piatto, mentre lui lo fissava, sorpreso.
«Non vedevo una roba del genere, dall’ultima volta che Jin è passato a cucinare» commentò, infilando la forchetta negli spaghetti, e arrotolando i fili di pasta attorno ai dentini d’acciaio. «Grazie, appartamento 23» biascicò, con la bocca piena.
Risi, scuotendo la testa. Eccolo, il Min YoonGi al quale ero abituata. Lo guardai mangiare felice, pensando che fosse proprio un bambino… nonostante l’aspetto aggressivo, il rap feroce e l’aria noncurante.


 

   
 
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