僕は孤独さ – No Signal
❖
Quinto intermezzo: Distacco
Parte prima.
«Così
non funziona.»
Aiko
aveva appena colto quella frase. Non ne aveva a pieno assimilato il
significato, fino a che non si era ritrovata a specchiarsi negli occhi di
Iruka.
E
non ci aveva trovato assolutamente niente di interessante.
«No,
non funziona. Mi dispiace, Kei. Credo che la colpa sia mia.»
La
mano del ragazzo si strinse attorno al cartone del bicchiere, rischiando di
sporcarsi il completo di caffè a causa di un tremito del polso. «Non sembra
nemmeno importarti. Da quanto tempo stiamo insieme, Aiko?»
Lei
dovette pensarci, altro dettaglio che a lui non sfuggì. Poi sospirò e scrollò
le spalle. «Non lo so, tre anni? In quale mese siamo ora?»
«Quattro
anni e due mesi, Aiko.»
Masa
schioccò la lingua contro il palato. «Ops»,
fu il suo solo commento, prima di prendere un altro sorso di cappuccino,
camminando piano avvolta da una sciarpa ampia color crema che le nascondeva il
collo dal freddo pungente di quella mattinata invernale. Kei la seguì con gli
occhi. Guardò come tutto il corpo sembrasse oscillare, come fronde di salice al
vento, eccetto il braccio destro che teneva la valigetta della quinque.
«Sei
cambiata», disse, facendole arrestare il moto. «Da quanto sei entrata nella
squadra Hirako e io mi sono ritirato dal servizio sul campo, tu sei cambiata.
Cos’è? Non mi giudichi più alla tua altezza?»
Gli
occhi brillanti della ragazza non rilucevano, quando si voltarono verso i suoi.
Sembravano stanchi, cerchiati dalle pesanti occhiaie. «Sono cambiata?», ripeté
con tono basso, prima di alzare il viso verso il cielo. Quasi cercasse una
risposta nel leggero rischiarare dell’alba. «Sì, penso di esserlo», valutò con
consapevolezza, «Non mi ricordo nemmeno com’ero prima, quando eravamo felici.
Perché ora non lo siamo, no? è questo che stai cercando di dirmi in questo
momento così opportuno, vero?»
«Quando
avrei dovuto dirtelo?»
«Non
alle sette del mattino, quando sto per iniziare un turno dopo aver smontato il
precedente tre ore e mezzo fa.»
Il
ragazzo parve indispettirsi ulteriormente a quella precisazione. «So che ore
sono, anche io sto montando il turno.»
«Al
caldo, dietro a una scrivania, con la tazza del caffè sempre piena e il cesso a
due passi per pisciare quando vuoi? Scommetto che deve essere sfiancante per te
arrivare all’ora di pranzo garantito, così come alle cinque del pomeriggio, per
poi tornare a casa.»
«Se
sei frustrata per il lavoro, dovevi pensarci bene. Ti avevo detto di ritirarti
dal servizio e fare lavoro da agente interno. Proprio come me.»
«Tu
non sei un agente.» La voce di Masa vibrò per l’aria, trafiggendolo per la
crudeltà che ci mise. Si voltò del tutto per fronteggiarlo, avanzando un paio
di passi nella sua direzione. «Un agente è colui che mette la sua vita in
pericolo per il bene della città e dei suoi abitanti. Qualcuno che versa il suo
sangue ogni giorno, sui casi e sulla strada. Tu fai fotocopie, Kei. E cosa
farai in futuro? Fotocopie. Forse, se avrai fortuna, ti assegneranno ad uno dei
tanti archivi che abbiamo sparsi per Tokyo. Questo è ciò che farai mentre io
guiderò una squadra in qualità di agente di classe speciale.»
«O
sarai morta.»
Aiko
scrollò le spalle con non curanza, come se quella eventualità non la smuovesse
minimamente. «Può essere. La mia vita avrà comunque avuto un senso. Non sarò la
delusione di nessuno. Non sarò mai la prima della classe che è scappata come
una codarda perché è morto un mio amico. Sai quanti amici ho perso all’assalto
dell’undicesima, insieme a Kenzo? E quanti all’Anteiku? Sai quanti agenti di
supporto conosco, invito a cena dopo aver pianificato un assalto e poi mi
ritrovo a scansarne i pezzi sparsi per una stanza? Tu non hai le palle nemmeno
di lasciarmi, ma la faccia di bronzo per proclamarti agente non ti manca. Tu
sei un segretario, Kei.»
«E
tu sei una stronza.» Le gambe di Iruka ripresero a funzionare in quel
frangente, smosso dalla voglia di andarsene e lasciarla ad annegare nel brodo
di rancore nel quale era caduta. «E le palle per lasciarti ce le ho eccome. Non
ti sopporto più, Aiko. Buona fortuna per la tua sfavillante carriera come classe speciale.»
La
urtò, passando.
Lei
non versò il cappuccino, che aveva provveduto ad allontanare dal busto. Non
emise un solo suono, fino a che non si rese conto di essere sola e sicuramente
in ritardo. Si sedette su una delle panchine, rigirandosi in mano la bevanda
che andava raffreddandosi e realizzò che andava bene così.
Con
un sorriso amaro pensò che Aogiri non poteva fare male al suo fidanzato, se non
ne aveva uno. Ancora non sapeva cosa volevano da lei, ma ridurre al minimo i
punti deboli era essenziale.
Se
non poteva vivere lei, potevano farlo le persone che amava.
E
andava bene così.
La
fotocopiatrice che buttava fuori decine e decine di circolari da portare di
porta in porta, di ufficio in ufficio, lo infastidiva. Le parole di Aiko gli
rimbombavano ancora nelle orecchie e il solo pensare che quello era stato il
primo incarico che gli avevano assegnato quella mattina, lo faceva ribollire
interiormente.
«Problemi
in paradiso?», gli domandò Kobayashi, il suo supervisore.
Kei
sbuffò, prima di scuotere il capo. Gli venne offerto sostegno con un semplice
sguardo e lui non resistette alla tentazione di sfogarsi un po’. «Sai che la
mia ragazza è Masa Aiko, no?»
«La
sola ragazza della squadra Hirako, certo. Take ci litiga spesso, sono
divertenti. Avete litigato?»
«Ci
siamo lasciati.»
«Mi
dispiace, Iruka. Come mai?»
Kei
si passò una mano dietro al collo, nervoso. Non era facile come discorso. Senza
contare che, più ci pensava, più comprendeva che doveva essersi perso un
passaggio importante del cambiamento della ragazza. Aiko era passata
dall’essere allegra, positiva e vitale a una macchina da lavoro instancabile.
Quando prima erano gli orari di lui a non conciliarsi mai con quelli della
ragazza, lo attendeva sveglia per ore. Poi c’era stata una frattura.
L’aver
vissuto l’inferno della ventesima ed esserne uscita quasi indenne aveva spento
una luce dentro di lei.
Ammettendo
tutto questo, allora Iruka avrebbe dovuto anche accettare il fatto che, quindi,
era stato lui a pretendere troppo da Aiko. Poteva farlo, ma le parole della
ragazza gli rimbombavano ancora nelle orecchie. Sapeva dove colpire, lo sapeva
sempre. Sapeva che l’aver deluso suo padre l’aveva segnato, soprattutto perché
suo padre era stato gravemente ferito in una delle ultime operazioni e aveva
dovuti chiedere la pensione anticipata. Non ci sarebbe più stato un agente
Iruka, dopo generazioni e generazioni di sostenitori dei Washuu, a tenere al
sicuro Tokyo.
Lei
lo sapeva eppure aveva premuto quel tasto, tormentato quella ferita che non si
era ancora rimarginata a dovere. E lui voleva solo fargliela pagare. Per questo
prese scioccamente la decisione sbagliata.
«Perché
va a letto con Itou Kuramoto», disse con candore, stupendo il supervisore, il
quale lo guardò da prima preso in contropiede e poi con gli occhi bramosi di
avere dettagli ulteriori. «E ti dirò di più, non mi stupirebbe se si fosse
infilata nel letto dello stesso Hirako. Masa è sempre stato così dopotutto. È
sempre stata sveglia, se mi capisci.»
«Lascia,
faccio io.» Kobayashi prese le circolari dalle mani del giovane, battendogli
una pacca sulla spalla. «Prenditi una pausa, ok? Poi trascrivi il verbale della
riunione della sottocommissione di inchiesta di ieri. Rimani in ufficio, per
oggi.»
Kei
annuì e sparì nel corridoio.
Kobayashi
non attese altro.
Scaricò
le incombenze a un altro sottoposto, uscendo dalla zona degli uffici.
«Ichiho!»
chiamò, facendo voltare verso di lui un uomo allampanato, dai folti capelli
neri. Con lui, c’era anche Aizawa. «Non saprai mai cosa mi ha detto uno dei
miei uomini.»
Il
capo supervisore degli interi lo guardò senza interesse. «Ancora questi
gossip?»
«A
me interessa, invece.» Aizawa stava già pregustandosi la notiziona. «Chi è andato a letto con chi, stavolta?»
«A
quanto pare con chi non è andata a letto. Conosci Masa Aiko?»
Capitolo trenta
«Prima
regola: gli orari di tutti sono scanditi, giorno dopo giorno, da quelli del
caposquadra Suzuya. Noi ci alziamo, facciamo colazione, ronda, pranzo,
riunioni, giardinaggio e cena a seconda di come il caposquadra decide di
organizzarsi. O Abara, dipende da che tipo di giorno si tratti. Seconda regola:
Questo posto non è un ostello dal quale entrare e uscire a tua discrezione; se
vuoi avere un permesso per uscire basta che conferisci verbalmente con me o con
Abara. Non chiedere al caposquadra, direbbe sempre di sì e non sarebbe equo
verso chi non riesce mai ad arrivare per primo a lui. Terza regola: il dresscode è importante, deciso sempre da
Suzuya: cappotto neri, fascia con il tredici in numeri romani rossi sul braccio
destro. Quarta regola: ti è permesso usare più di una quinque
contemporaneamente e, nel tuo caso specifico, il kagune. Abbiamo già lavorato
con Mutsuki Tooru e ci siamo trovati bene con i colleghi quinx. Ti verranno
insegnate le formazioni, che riadatterò sul modello del tuo specifico kagune
che se non sbaglio è di tipo rinkakou. Quinta regola-»
«Il
cesso del piano terra è sempre intasato. Non usarlo.»
L’interruzione
non piacque a Nakarai. Non gli piacque per niente. Rifilò un sonoro cazzotto in
testa a Tamaki, che prese a sfregare velocemente il punto dolente, prima di
riprendere la parola. «Quinta regola: se parlo io, tu taci.»
Masa
annuì rapidamente. Gli occhi su Tamaki, piegati in una virgola divertita.
«Tutto chiaro, signore.»
«La
tua stanza è la terza sulla sinistra. Ora questo somaro da passeggio ti porterà la valigia di sopra», sempre
adocchiando male il povero Mizuro, Kejin assottigliò gli occhi. Tornò ad
appoggiare le iridi grandi, di un castano scuro vibrante, su quelle dorate di
Aiko, proseguendo col discorso. «Io sarò il tuo partner. Non hai bisogno di un senpai che ti insegni il mestiere,
quindi mi aspetto che tu abbia le abilità tattiche e investigative che il tuo
precedente caposquadra ha segnato sul tuo fascicolo. Se così è, lavoreremo da
pari. Per quanto sei stata il vice dei Quinx?»
«Sei
mesi, signore.»
Aiko
era entrata in un loop marziale. Si sentiva come il soldato Palla di Lardo di fronte al sergente
Hartman, ma cavolo, Nakarai metteva
soggezione. Un piccolo shouta dagli occhi vagamente psicopatici, autoritario e
inflessibile. La sola persona davvero seria della squadra Suzuya.
«Allora
sai il fatto tuo. Mi aspetto di vederlo già dalla ronda di domani. Mizuro, la
valigia.»
Aiko
attese il saluto del biondino e la sua relativa sparizione in cucina, prima di
accostarsi all’ex compagno di corso, battendogli la mano sulla schiena. «Ho tre
volte la tua forza, ora. Però lascerò che sia tua a portare la valigia.»
«Sempre
la solita simpatica», le fece eco lui, tentando di tirare il grande e pesante
trolley per le scale. Aiko, con in mano
la borsa del computer e la sua valigetta quinque, lo precedette. Qualcuno aveva
già attaccato una targa sulla porta della stanza, con sopra il suo nome fatto a
tempere colorate e sgargianti pois, in una cascata arcobaleno. «Il caposquadra
non vedeva l’ora arrivassi», le fece sapere Mizuro, mentre lei entrava e
iniziava a guardarsi attorno, scaricando il pesante bagaglio accanto alla
porta. Sospirò per riempire di aria i polmoni. «Credo voglia usare le tue
capacità da quinx per farsi lanciare. Sai no? come una catapulta.» Tamaki andò
al letto, aprendosi a stella marina e lasciandosi cadere sul materasso ancora
nudo. Quei dieci gradini sembrava l’avessero distrutto. «Come ti sembra?»
Aiko
gli sorrise, appoggiando valigetta e borsa sulla scrivania laccata. «Carina», ammise
quindi, passando gli occhi dalla piccola ma capiente cabina armadio, divisa dal
resto della stanza da una tendina di iuta lasciata aperta, fino al materasso a
una piazza su cui l’amico si era svaccato. Si sedette accanto a lui, guardando
la scrivania piccola, incastrata accanto a una modesta libreria.
La
classica stanza da caserma, piccola e funzionale.
«Quanti
bagni abbiamo in comune?»
«Due.
Però davvero, non usare quello al piano di sotto. Se hai voglia di fare come
faceva Tooru, vai a usare quello all’esterno, accanto alla palestra e al
vivaio.»
Aiko
corrugò la fronte. «Mutsuki usava il bagno fuori?»
«Sì,
penso lo facesse perché non voleva che vedessimo che anche lui è una…» Senza
tatto alcuno, Tamaki si indicò il petto, come a tratteggiare un seno
immaginario. Per risposta, ricevette uno schiaffo in pancia che lo fece
sussultare. «Non discrimino mica! Anzi, ci vuole coraggio a volere essere
uomini quando è così facile essere una ragazza.»
«Ora
sei anche misogino, oltre che omofobo?»
«Nakarai
ha predisposto le riparazioni del bagno, così che tu possa usarlo senza doverlo
per forza dividere con quattro uomini virgulti. E il caposquadra… Non che Keijin
sia particolarmente virile, dopotutto.»
«La
porta è aperta.»
Lui
alzò la testa lentamente, raccapricciato all’idea che il vice caposquadra
avrebbe potuto sentirlo. Ma niente gli arrivò in testa, quindi tornò a
rilassarsi. «Vivere insieme sarà fico», le disse di punto in bianco, puntando i
furbetti occhi castani nei suoi. «Sarà come tornare in accademia, in un certo
senso.»
«Ci
eravamo detti che non saremmo dovuti mai stare in squadra insieme», gli ricordò
Masa, prima di sospirare con una punta di amarezza. «Non è finita bene a Kenzo
e Iruka.»
Tamaki
puntellò i gomiti al materasso, sollevandosi di poco. «Eravamo giovani e
stupidi. I nostri discorsi lo erano. Questa è una delle migliori squadre di
tutta la ccg. Ce la caveremo alla grande e potremo fare un sacco di cose
insieme, la sera, come i pensionati.»
«Come
guardare gli anime?»
«E
arrostire i marshmallow con gli accendini. Tanto tu fumi ancora, no?»
Masa
sbuffò, trovando quell’affermazione ridicola. «Da quando le mie cellule si
rigenerano più velocemente di quanto io possa anche solo immaginarlo, fumo il
doppio.»
«Nakarai
te lo farà pesare, sappilo.» Ci fu un momento di silenzio, che ovviamente non
durò molto. Mizuro non taceva mai per troppo tempo consecutivamente, a meno che
non ci fosse sotto qualcosa di grosso. «Parli più con Iruka?»
«Da
quanto mi ha insultata di fronte all’intero bureau, dopo avermi lasciata? No,
non è capitata la possibilità di prenderci un caffè.»
Mizuro
annuì, serio. «Lo hanno spostato nella decima. È vice supervisore degli archivi
di non so nemmeno che sezione del dipartimento.»
«Spero
quella di notazioni delle morti.» Aiko assottigliò gli occhi, fissi in un punto
sul muro. «Non si trova lì, per caso?»
«No,
quella è nella quattordicesima.»
«Peccato.
Sarebbe stato un privilegio per lui servire almeno una volta dei valorosi
agenti che hanno dato la vita per ccg.»
Tamaki
non aggiunse altro. Si mise seduto diritto, appoggiando il capo alla spalla di
Aiko e chiudendo gli occhi, dopo un lungo sbadiglio. «La regola più importante,
Nakarai non te l’ha detta.» Lasciò scorrere un significativo numero di secondi
per aggiungere pathos, con tanto di occhio socchiuso e volto saccente. Si
sentiva misterioso. Sembrava solo più coglione di quanto fosse in realtà. «Non
mangiare dolci a meno che non siano stati comprati da te e successivamente
nascosti. Suzuya potrebbe alterarsi se intacchi le sue scorte. Ah, grazie per
avermi liberato di Keijin. Ora lavorerò solo con Mikage e magari riuscirò a non
prendermi un calcio in culo al giorno.»
Con
una mezza risata, Aiko appoggiò il capo a quello castano e spettinato
dell’amico.
Poi
chiuse a sua volta gli occhi.
Come
benvenuto, non era stato niente male.
❖
Dopo
soli tre giorni di servizio attivo, scanditi per lo più da ronde per l’aspra
tredicesima circoscrizione e giardinaggio per evitare che i primi freddi
potessero portare alla morte dell’albero di limoni, a Masa fu concessa la
serata libera fuori sede. Fu Nakarai stesso a comunicarglielo senza preavviso,
stupendola per tutta quella gentilezza. A quanto pare non importava se non
aveva ancora portato a termine la prima settimana, se non per emergenze gravi,
avrebbe potuto avere ben due sere libere e un giorno di riposo alla settimana.
Non
tornò nella prima circoscrizione, però.
Con
Urie concordò un incontro a metà strada, così da permettere ad entrambi di
tornare puntuali al lavoro la mattina successiva.
«Com’è
vivere a Shibuya?», era stata la prima domanda che le aveva fatto il ragazzo
appena sceso dall’auto, parcheggiata di fronte a un albergo scelto da Urie e le
sue manie igieniche. Un motel per amanti sarebbe costato loro la metà, ma lui
non ci sarebbe entrato nemmeno dentro a una tuta anticontaminazione.
«Burrascoso.
Tu che mi dici, invece? Com’è vivere senza di me?»
«Sorprendentemente
tranquillo. Fastidiosamente noioso.»
Non
si erano detti molto altro. Avevano preso una stanza e lì i discorsi erano
passati a tutt’altro piano. Nessuno dei due si azzardò a dire quando l’altro
gli mancasse, ma lo espressero molto bene tramite i loro gesti, mentre facevano
l’amore con una pacata calma, molto diversa dalle loro consuetudini. Come per
non voler sprecare quel momento. Avevano di fronte una serata e una notte
intera, dopotutto.
Fu
solo quando, dopo un bagno caldo, Masa prese i depliant dei ristoranti
associati all’albergo per scegliere la cena, che riaprì bocca. E lo fece per
lamentarsi. Non era normale per loro passare più di venti minuti insieme senza
litigare, dopotutto. «Non ti sarai portato dietro il lavoro, vero? Abbiamo una
notte sola per noi!», gli chiese allibita, mentre lo guardava infilarsi un paio
di boxer scuri. Urie non rispose subito, preferendo prendere uno degli
asciugamani per frizionarsi i capelli violetti. «Cookie, sei odioso.»
«Volevo
chiederti un parere su una operazione in corso, in realtà. Non sono molto
sicuro di quello che succederà e tu hai un occhio critico migliore del mio, per
quanto mi costi ammetterlo.»
Aiko
mutò lo sguardo in uno di pura soddisfazione, tanto che lui si aspettò di
sentirla iniziare a fare le fusa. «E come si chiama questa iniziativa per la
quale hai bisogno del mio prezioso
aiuto, primo livello Urie Kuki?»
«Operazione
per la liberazione della sede della diciannovesima circoscrizione.»
Il
sorriso si congelò sul volto della giovane, che però si voltò verso il
fascicolo per nascondere il pallore che le aveva sbiancato le guance. Gli diede
le spalle, mentre apriva con calma la cartellina. «La diciannovesima», soppesò,
fingendosi pensierosa. In realtà voleva urlare. Perché la circoscrizione che
Tatara aveva dato a lei? Perché proprio in quel momento e perché proprio ai
Quinx? «Non ci sono stati tafferugli ultimamente, a quanto ne so. Perché
mobilitarsi contro un gruppo di Aogiri di cui si sa poco o nulla?»
«Abbiamo
avuto una soffiata anonima», continuò Urie, mentre cercava il phon nella borsa
da palestra che si era portato. «Dammi un attimo e ti faccio sentire la
registrazione della chiamata. Intanto leggiti il fascicolo. È così magro da
farmi pena, ma le poche informazioni che abbiamo sono maledettamente precise.»
Aiko
non lesse nulla.
Non
ci riuscì, troppo concentrata a contenere il tremore agli arti, dato dalla
rabbia e dall’impotenza. Non sapeva nemmeno se sarebbe riuscita a giostrarsi in
quell’intreccio. Per iniziare, doveva prendere tempo perché non poteva perdere
la credibilità, ma nemmeno la sua circoscrizione. Non dopo averne già perse
così tante.
«Per
ora ho solo una sera libera la settimana», si voltò a dirgli, mentre lui si
asciugava i capelli. Spense l’apparecchio per poterla sentire, mentre lo
ripeteva. «Una sera libera e un giorno di riposo. Nelle prossime settimane però
dovrei averne uno in più.»
«Va
bene, vedremo come organizzarci. Quando sai il giorno di riposo comunicamelo,
così cercherò di prenderlo anche per me. Lavoro permettendo.»
Aiko
gli sorrise, prima di tornare a concentrarsi sul come far fronte a quella
situazione. La sola cosa che lesse, fu che erano implicate quattro squadra
nell’operazione: la squadra coordinatrice sarebbe stata quella del classe
speciale Aura, appoggiata nelle indagini dalla squadra Itou e da quella della
circoscrizione caduta, ovvero la squadra Jaina. I Quinx avevano un ruolo
prettamente tattico e di appoggio, invece. Dovevano dare man forte nelle
operazioni.
Aver
deciso già chi coinvolgere e come indicava che avevano elementi sufficienti per
poter attaccare. Come potevano disporre delle informazioni necessarie?
A
risponderle fu lo stesso Urie, quando, dopo aver asciugato anche la matassa
mora che la ragazza aveva in capo, prese il computer e si sedette sul letto. Lei
lo imitò, tenendo addosso l’asciugamano morbido e decidendosi di mettersi un
po’ dietro di lui, con il viso appoggiato alla sua pelle per sentirne il
profumo.
Così
facendo non si sarebbe nemmeno tradita con qualche strana espressione.
«Ciò
che ti sto dicendo e che sto per farti sentire è strettamente confidenziale,
Aiko. Solo io, il prima classe Itou, l’associato Jaina e il classe speciale
Aura e…. Higemaru siamo a conoscenza del continuato di questa chiamata. Oltre
ovviamente al direttore Washuu, che ha
dato il suo via libera.»
«Io
non so niente, non sento niente, non vedo niente. Ma adesso fammi sentire, sono
curiosa.»
Urie
annuì lentamente. «Questa è la registrazione di una chiamata anonima. La voce è
sicuramente femminile, anche se la persona in questione è stata furba e ha
modificato elettronicamente il timbro. Secondo Komoto, ha usato un oggetto per
distorcerla. Non riusciamo a pulirla più di così, in ogni caso. Senti e dimmi
che ne pensi.»
Aiko
non rispose, passando le braccia attorno al busto solido e caldo del ragazzo.
Rimase immobile e in silenzio, valutando ogni singola parola detta da quella
voce sì distorta, ma sicuramente di donna. Una voce che non avrebbero potuto
ricondurre a nessuno, purtroppo.
Per
la fortuna della sua posseditrice.
-Non dirò il mio
nome, né perché sto chiamando. Dirò però che oggi sono dalla vostra parte. La
diciannovesima circoscrizione è un ottimo punto di inizio per un possibile
piano di recupero delle zone perse dalla ccg. Dentro alla sede occupata ci sono
poco più di quindici ghoul, una ventina quando sono davvero tutti riuniti. È un
bersaglio semplice da attaccare, perché non è il luogo centrale da cui partono
le operazioni di Aogiri. Il quartier generale è in un altro palazzo, sempre
nella medesima circoscrizione, dove vivono i capi e qualche orfanello. Non è
nel mio interesse che voi sappiate anche la locazione precisa di questo
palazzo, ma è più in vista di quanto possiate immaginare. Se attaccherete, sappiate
che i ghoul di raiting alto che incontrerete sono solamente quattro: Soldato,
il cui vero nome è Yuuhei Kenta, diciassette anni, bikakou, livello S+; Cesoie,
chiamata Mi-Him Choi, ventisei anni, bikakou, livello S+; Firestone, chiamato
Gatsumi Nijishima, ventinove anni, ukakou e il Ripper, trentasei anni, nome
sconosciuto, koukakou. Questi ultimi due non hanno il raiting aggiornato, ma stimiamo
attorno al S- o addirittura A+.-
ci fu una pausa, nella registrazione, poi la voce riprese. –Difficilmente il boss della circoscrizione apparirà per dare supporto
ai suoi uomini che, eccetto i venti prima citati, saliranno al massimo a una
cinquantina, sempre che arrivi supporto dal quartier generale. Se apparirà, di
lei non c’è molto da sapere. Si fa chiamare Labbra Cucite e il suo nome è…-
Masa schiuse le labbra, espirando piano non appena il discorso venne concluso. -…ancora sconosciuto. Sappiate però che ha
un rinkakou molto forte, forse livello SS-. Ed è molto brava a trattare con gli
agenti del ccg. Così brava che non escluderei che con lei potrebbe arrivare una
vostra vecchia conoscenza. Takizawa Seidou, T-Owl. Livello SS+. Spero per voi
di no. Buona fortuna.-
«Finisce
così?», si informò Masa, staccandosi dal compagno per allungare una mano verso
il computer. Non era un’esperta di analisi audio-video, però controllò lo
stesso i picchi. Alla fine gli sfilò il portatile dalle mani e fece un paio di
tentativi.
La
voce non migliorò molto, mentre lasciava scorrere nuovamente l’intero discorso,
da capo, ampliando alcuni picchi e abbassandone altri. Aveva usato un buon
distorsore e se ci aveva già lavorato Komoto, lei non poteva migliorare proprio
nulla.
«Sì,
non c’è altro. Non ha dato il tempo all’agente che ha risposto di poterle
rispondere», le disse il primo livello, tenendo controllato ogni singolo gesto
della mora, così da imparare qualcosa. Il divario fra loro due in fatto di
pratica criminologica era enorme, ma non incolmabile. «Cosa ne pensi?»
«Qualcuno
di Aogiri che si è stufato di lavorare per loro, forse», fu la risposta della
mora, mentre continuava a lavorare sulla traccia. Voleva sentire la voce di
quella laida. La voleva riconoscere, perché per avere tutti quei dettagli,
doveva per forza conoscerla. Conoscere Aogiri. Una donna che poteva
denunciarla….
Non
poteva essere Mi-Him, le mancava l’accento. Nemmeno Miza delle Lame, era troppo
ignorante per articolare un così buon discorso. Eto era da escludersi a
prescindere, perché per quando amasse i giochetti mentali, non avrebbe mai
rischiato un tale autogoal alla sua stessa organizzazione. Quindi, chi rimaneva
a parte lei? Qualche protetto che covava del risentimento? Magari Itori aveva
avuto ordini? Oppure….
La
gola le si seccò un attimo. «Kuki», chiamò con voce piccola. «La chiamata è stata fatta da una cabina telefonica così
da non poter essere tracciata, dico bene?»
«Dici
bene.»
«Ed
è arrivata al quartier generale dopo il mio trasferimento qui o prima?»
Urie
corrugò le sopracciglia. «Ha importanza?»
«Voglio
farmi una idea temporale. Non posso entrare nella mente di un potenziale
sospettato se non conosco le tempistiche.»
Il
primo livello le parve confuso, ma rispose in ogni caso. «La chiamata è
arrivata ieri pomeriggio, ma non al quartier generale. È arrivata allo chateau.
Per questo Hige sa tutto: ha risposto lui.»
Aiko
ascoltò di nuovo ogni singola parola, prima voltarsi verso di lui,
sorridendogli, tesa. «Queste informazione sono preziose. Incredibilmente
preziose, ma come facciamo a sapere che
non è una trappola?»
«Non
lo sappiamo, possiamo solo ipotizzare che esse siamo vere e agire però con la
consapevolezza che potremmo trovarci di fronte, invece che cinquanta ghoul di basso
raiting, almeno al triplo di questo numero.»
Mentre
Urie parlava, Masa riuscì a connettere il portatile al wifi dell’albergo. Poi,
facendo attenzione a non fare mosse stupide, cercò sul motore di ricerca
l’indirizzo della sede della ccg della diciannovesima. Indirizzo che sapeva
già, ma che doveva fingere di non avere mai visto in vita sua. Aprì maps e
inserì l’indirizzo, selezionando la visuale satellitare, la zona.
«Abbiamo
pensato di avanzare attraverso la pineta che costeggia il lato nord ovest della
foresta», le spiegò Kuki, appoggiando il dito sullo schermo del portatile e
spiattellando, senza sapere, l’intero piano a Labbra Cucite. «Li aggireremo
così, sperando di non farci vedere fino a che non saremo alle loro porte. Se
anche dovessero vederci, andrebbe bene lo stesso, il classe speciale Aura ne ha
tenuto conto.»
«Perché
fra gli alberi avreste un vantaggio», annuì Masa, facendogli capire che aveva
intuito il piano di Riyoko. «Fra gli alberi i ghoul avranno meno spazio dove
aprire i loro kagune.»
«Sì,
esatto. Dopo di che avanzeremo di piano in piano come sempre, per liberare ogni
singolo livello, come da protocollo. Riconquistata la sede cercheremo di fare
prigionieri.»
«Baratterete
una vita intera chiusi nella Cochlea in cambio della posizione precisa del
quartier generale, vero?»
«Esattamente.
Una volta smantellato anche quello, avremo di nuovo la diciannovesima. Un
ottimo ponte fra la diciottesima di Miza delle Lame e la ventunesima,
conquistata da noi dopo il crollo della famiglia Tsukiyama.»
Aiko
chiuse piano il portatile, allungando il busto per appoggiarlo sul comodino,
prima di tornare a sedersi, rivolta verso l’altro. «Quando avrà luogo
l’operazione?»
«Venerdì
prossimo. Ci siamo presi una settimana di preavviso perché, in caso in cui le
cose dovessero mettersi male, arriverà anche un supporto della S3 e della S0.
Arima ha detto che non poteva intervenire prima di una settimana, quindi ci
siamo adattati.»
«Speriamo
che fino ad allora, questo reo confesso di Aogiri non venga scoperto.» Masa alzò
la mano, spostando i capelli di Urie indietro, per guardarlo negli occhi. E
continuare a mentirgli in faccia. «Ammetto che sono un po’ preoccupata. Questa
operazione ha fondamenta friabili come crackers.»
«Poetico.»
«Smettila,
sono preoccupata davvero. Se non ci sono io a salvarti il culo, chi lo farà.»
Kuki
sbuffò, «Mi hai salvato una volta sola e-»
«Due.»
«…Mi
hai salvato un paio di volte e pensi che non sappia badare a me stesso? Io sono
preoccupato ogni giorno, sapendo che sei nella tredicesima.»
Investigatrice
chiuse gli occhi, sospirando con un sorriso malinconico a storcerle le labbra.
Aveva già un’idea precisa di chi le avesse lanciato quel tiro mancino, ma
parlarne con Urie era fuori discussione. Il solo fatto di essere al corrente di
ogni singola mossa della ccg però la destabilizzava.
Per
un attimo, dubitò di Urie. Che fosse un test? Qualcuno aveva fatto la spia su
di lei e ora volevano verificare che fosse davvero Labbra Cucite? Oppure quello
era solo un gioco malato orchestrato da un burattinaio folle e Urie si fidava
di lei così tanto da tradire la parola data e parlarle del piano?
Quale fosse la verità, lei non poteva saperlo.
Poteva
solo assecondare gli eventi.
«Secondo
me, dovreste controllare l’avanzata, ma lasciare l’avanguardia a chi conosce la
zona.» Aprì di nuovo gli occhi, guardando il compagno che, ancora in attesa di
un responso, prese nota mentale. «Se vi anticipano e vi attaccano? Non abbiamo
ancora preso la spia, quindi siate cauti e aspettatevi una mossa in
contropiede, sempre e comunque.»
«Sappiamo
di questo piano in sei. A meno che la spia non sia Itou o Jaina, non credo che
il direttore Washuu si diverta a diffondere informazioni diffamanti sulle
operazioni in corso.»
Aiko
scosse piano il capo. «Cosa hai appena fatto, tu?», gli domandò. «Anche gli
altri potrebbero avere qualcuno con cui confidarsi per un consiglio.»
Kuki
parve non capire. Corrugò la fronte, appoggiandole la mano sul ginocchio. «Che
significa? Tu sei tu. È naturale che
io non abbia riserve sul dirti ciò che faccio, anche se non dovrei.»
Una
piccola parte di Masa, quella ancora intoccata dalle mani corrotte di Eto,
tremò di fronte a quella spiazzante sincerità. No, non era un test. Urie non
era così bravo a mentire. Quella stessa parte di lei si contorse, tanto da
farle salire le lacrime agli occhi, che trattenne a stento. Era la parte che,
per un istante, la spinse quasi a mostrare a Urie i polsi per essere arrestata
come traditrice.
Non
sapeva come, ma riuscì a resistere.
«Questo
è un colpo basso. Sai che non so resistere alle romanticherie.»
«Non
è una romanticheria, stupida. È un dato di fatto. Se non posso fidarmi di te,
di chi allora?»
Masa
appoggiò le labbra sulle sue, respirando in quel contatto che alla fine era
solo uno sfiorarsi leggero. Come se volesse in qualche modo fargli capire che
era lì per lui, mentre dentro di sé voleva solo farlo tacere, perché quelle
parole la stavano uccidendo. Non poteva tacere di fronte a una tale
dichiarazione, però.
«Se
c’è una persona che io non tradirò mai, sei tu.»
Cercò
di essere il più specifica possibile, per non venire meno alla parola data. Non
giurò fedeltà al ccg. Non lo fece con i Quinx.
La
giurò a lui e forse, giocando bene le sue carte, ci sarebbe anche riuscita.
Nel
caso in cui non avesse potuto, avrebbe comunque perso tutto.
❖
«Come
hai ottenuto tutte queste informazioni?»
Gli
occhi di Masa saettarono in quelli di Tatara, mentre portava la tazza alle
labbra. Fra loro due, con una parrucca biondo platino a comprimerle le ciocche
indomabili e il naso affondato in un libro di Mishima, c’era Eto. Non sembrava
molto interessata alla conversazione, ma nemmeno scocciata dall’idea di essersi
dovuta spostare fino alla tredicesima circoscrizione, al contrario di Tatara
che sembrava furente. L’idea di doversi piegare alle nuove incombenze della sua
allieva lo faceva imbestialire.
Aiko
non se ne curò solo perché sapeva di avere i minuti contati. Nakarai sarebbe
arrivato nel giro di pochi minuti e lei si sarebbe dovuta alzare dal tavolo,
buttando fuori una scusa veloce, nell’esatto momento in cui il suo partner si
fosse palesato nel piccolo caffè.
«Il
tuo lavoro è servire il re, Laoshi»,
gli rispose, discretamente. «Il mio è servire te spiando la ccg. Ho molti amici
nella sede centrale.»
«Il
come non è importante. Non ci è mai interessato come Ai-Ai si procura le
informazioni.», buttò fuori Eto, con disinteresse, voltando pagina. «Mi chiedo
solo come pensa di agire ora Labbra Cucite...»
Aiko
strinse i pugni sulle cosce, abbassando lo sguardo. «Vorrei occuparmene di
persona.»
Finalmente,
Eto la guardò. E sorrise, «Certo che te ne occuperai tu. Quella è la tua
circoscrizione. Ti è stata data come premio per la tua fedeltà all’Albero di
Aogiri ed è tuo dovere preservarla. Spero per te che tu abbia un buon piano.»
«Ce
l’ho. Ho solo bisogno di molto nitroglicerina, un laboratorio e delle tue
bende.»
«Le
mie bende?»
«Usate.»
Eto
sbatté gli occhioni più di una volta, prima di sospirare piano. «Va bene, avrai
quello che ti serve. Scrivimi una lista precisa e farò in modo di farti avere i
materiali. Il buon Nishijima ti aiuterà?»
«Certo,
anche lui è in ballo ora. Se cade la diciannovesima, cade casa sua.» Aiko prese
un respiro, prima di parlare nuovamente. «Farò saltare in aria la sede del ccg,
evitando lo scontro aperto per evitare che qualcuno dei nostri venga fatto
prigioniero. Il mio obiettivo è quello di proteggere il quartier generale.»
«No.
Il tuo obiettivo è quello di proteggere i tuoi amici, Ai-Ai.» Eto si appoggiò
col mento al polso, osservandola da vicino. «Fammi indovinare, ci saranno anche
i Quinx? Magari la squadra di Itou Kuramoto?» Masa inclinò maggiormanente il
capo, colpevole. Eto trillò una risatina. «Sei ancora troppo prevedibile,
Ai-Ai. Ma ti concedo di salvarli tutti, se ci riesci.»
«Eto.»
Il
Gufo ignorò il richiamo dell’albino, proseguendo. «Se riuscirai ad evitare che
muoia anche un solo agente, prenderai il posto di Tatara nell’organizzazione.»
Cadde
il gelo sul tavolino. Aiko tenne gli occhi sgranati sulla figura imparruccata
di Eto, stravolta. Prendere il posto di Tatara significava diventare la seconda
persona più potente in comando. La terza, se contato il Re con il Sekigan.
Avrebbe conosciuto il suddetto sovrano, comunicato con lui e sarebbe diventata
la sua consigliera. E l’uomo che chiamava maestro sarebbe diventato un suo
subalterno.
Quella
mole di potere le fece girare la testa, così tanto che non pensò che se avesse
fallito, avrebbe subito le ripercussioni delle sue parole. «Farò del mio
meglio.»
«Come
sei boriosa e saccente. Non ti ho insegnato niente in questi anni.» Tatara la
guardò, gli occhi coperti dalle lenti colorate che bruciavano come il suo
kagune. «Fai come vuoi, méi-méi, ma
se fallirai darò il tuo posto ad Hakatori. Così imparerai a sfidarmi. E porta
con te Takizawa.»
«Non
sto sfidando te, Eto ha detto-»
«E
Shikorae.»
Aiko deglutì, realizzando che
non sarebbe mai riuscita a contenere quei due insieme. Far ragionare Seidou era
un conto, ma quando si trovava in compagnia di Rio perdeva il senso della
misura. Sembravano fatti a posta creare un cimitero da un parco giochi.
«Come
ordini, Laoshi.»
«Prima
di andare, toglimi una curiosità.» Eto richiamò l’attenzione su di sé,
chiudendo il libro a tenendolo al petto. «Credi che sia stato il tuo nuovo
amico Yamoto a farti questo scherzetto?»
«Ne
sono quasi del tutto certa. Mi aveva detto che avrei pagato per il dolore che
abbiamo inferto alla signorina Wataba. Ha detto anche che chi fa del male agli
innocenti deve aspettarsi le ritorsioni del karma.»
Eto
rise, scuotendo il capo. «Lo sto aspettando da tanti anni, Ai-Ai. Non farti
intimidire da lui. Non come ho fatto io.» Aiko tenne il capo basso, mentre
sentiva l’amaro nelle parole che il Gufo snocciolò, prima di allungarle il
libro sotto al naso. «Leggilo», le disse, mentre lei e Tatara si alzavano,
pronti a togliere il disturbo prima dell’arrivo del prima classe Nakarai.
«Potresti trovarlo interessante.»
Masa
lesse ad alta voce il titolo. «Una virtù
vacillante, di Yukio Mishima. L’ho studiato a scuola. È lo scrittore che si
è tolto la vita dopo aver occupato il ministero giapponese, vero?»
«Un
uomo il cui onore l’ha portato alla morte. Tu non leggi abbastanza, Ai-Ai. I
libri possono aprirti la mente molto di più di qualsiasi insegnamento o
disciplina», le riferì Eto, sistemandosi la borsa a tracolla, mentre l’albino
la precedeva, andandosene senza salutare. «Questo in particolare è il mio
preferito. È la storia di una donna che, stanca di vivere una vita impostale
dalla madre con un matrimonio combinato, decide di avere una relazione adultera
con un uomo molto più giovane di lei. Si abbandona quindi a una passione cieca
e sfrenata, ricercando nell’erotismo quella libertà che non ha mai avuto. Alla
fine, però, il giovane si rivela molto più simile al marito di quanto avesse
pensato, così lascia il focoso amante per tornare a casa, alla sua monotonia,
che riduce la sua anima in una sterile entità, che lei stessa riconduce a
quella delle statue di pietra che possiede nel giardino di casa.»
«Mi
hai spoilerato la fine», disse Aiko,
infilando il libro nella borsa con un sorriso mesto. «Posso sapere anche la
morale?»
«Con
questo libro, Mishima denuncia il conflitto fra amore e ragione.» Ci fu una
breve pausa, nella quale Aiko sentì il cuore iniziare a batterle così in fretta
nel petto da farle dolere le costole. «La doppia vita, le scelte sbagliate….
Tutto questo per un uomo che credeva di amare. Credo che ti aiuterà molto a
riflettere sulla tua situazione attuale, perché io non voglio perderti, ma non
posso nemmeno continuare a trattenerti per i capelli.»
«Non
vuoi… Perdermi?»
«Ci
ho messo tanto a piegarti, Aiko. Mi servi ancora. Non posso permettermi il
lusso di concedere al Re di avere più accesso alla ccg di me.» Prendendo un
respiro profondo, Eto, avvistò con la coda dell’occhio il partner dell’altra
entrare insieme a un uomo alto dai capelli neri. «Non abbiamo più tempo. Leggi
e poi dimmi le tue impressioni.»
«Da
quanto tempo lo hai capito?»
Eto
sorrise, chiudendo gli occhi in una virgola quasi
intenerita. «Da prima di te. Ti conosco meglio delle mie tasche, ormai. Questo
trasferimento? Andiamo, sappiamo entrambe la verità. Però non preoccuparti, non
lo dirò a Tatara. Divertiti a far bombe, Ai-Ai.»
Eto
le diede le spalle, salutando con un sorriso i due membri della squadra Suzuya,
mentre Masa cercava di darsi un contegno. Non doveva mostrarsi spaventata a
morte di fronte a Mikage e Nakarai, anche se lo era.
«Quella
chi era?», domandò proprio il suo partner, prendendo posto dove prima sedeva
Tatara.
«Una
cliente abituale», rispose vaga Aiko, «Mi ha visto da sola ed è venuta a fare
conversazione.»
«Una
della molte persone riconoscenti di questa circoscrizione. Da quando ci siamo
noi le cose vanno molto meglio», sottolineò il biondino, facendo un cenno alla
cameriera. Notò il turbamento sul viso di Masa, così la spiò attraverso i
grandi occhi neri. «Cosa succede? Tamaki mi aveva detto che sei sempre così
frizzante e chiassosa, come lui. Mi aspettavo una persona diversa da quella che
ho di fronte.»
«Di
che segno zodiacale sei, Aiko?», proruppe Mikage, permettendo così alla mora di
non rispondere a Keijin.
«Scorpione.»
«Oh,
si spiega tutto. Gli scorpioni sono di umore ballerino. Scommetto che è solo
nervosa per il test di stasera. Di solito gli scorpioni prendono molto a cuore
le situazioni, per risaltare e far bella figura. Uno nato sotto il segno dello
Scorpione è sempre al centro dell’attenzione, con un fascino che attira le
persone come la Luna attira le maree. Riesce con arguzia e intelligenza a
mantenere vivo l’interesse nei suoi confronti, anche se ogni tanto sa ferire con
la sua lingua tagliente e-»
«Mika
piantala, o ti taglio la lingua con il coltello del burro. Ci vorrà parecchio
per farlo e non ti divertirai.»
«Tu
invece sei del segno della Vergine, ma devi avere un ascendente molto forte per
essere così antipatico.»
Keijin
gli rivolse uno sguardo annoiato, prima di aprire il menù della caffetteria.
«Non
azzardarti a perdere l’entusiasmo per questo mestiere, o ti ucciderai da sola,
primo livello», disse semplicemente Nakarai, non alzando gli occhi dai vari
infusi che il locale aveva da offrire. «Questo è un ordine.»
Aiko
sorrise, un po’ sghemba, sentendole pesare quel libro sulla spalla come un
macigno.
«Agli
ordini, prima classe.»
Un
rivolo di sudore le scese sulla tempia mentre, con mani abili, rigirava il
contenitore di plastica molto, molto lentamente.
Lo
lasciò andare, sciogliendo le spalle, mentre i grandi occhi amaranto di Suzuya
la guardavano con serietà. «Non avere fretta Aiko-chan.»
«Se
fai così rischi che esploda», suggerì Tamaki, alternando sguardi dall’amica
d’accademia al caposquadra, mentre accanto a lui Nakarai lo guardava scettico.
«Taci»,
lo arguì, prima di zittirsi a sua volta.
Aiko
aveva sollevato il contenitore con un gesto così repentino da far scattare
tutti sull’attenti e trasalire Abara. Lì, di fronte a tutti loro, in un
piattino di ceramica giallo becco d’oca, un budino si ergeva verso l’alto,
tronfio.
«Peccato,
un pezzetto del bordino è rimasto dentro», disse Masa, amareggiata.
Keijin
sbuffò, interiormente contento di tornare a leggere quel libro che cercava di
concludere inutilmente da mesi, ma che puntualmente doveva accantonare a causa
di interruzioni stupide. Come quella. «Hai fatto comunque meglio del
cinquantesimo tentativo di Tamaki.»
«Un
giorno capirò perché mi odi così tanto, prima classe.»
Nakarai
non si prese nemmeno il disturbo di guardarlo, mentre si acquattava sulla
poltrona. «Perché sei stupido.»
Aiko
li guardò divertita, voltandosi verso Juuzou e allungandogli piattino e
cucchiaio. «Sono passata?», chiese, prendendo posto sullo sgabello accanto al
suo.
Il
coetaneo sgambettò felice, ficcandosi in bocca una grossa porzione di
gelatinosa sostanza rosata, prima di dare il suo verdetto. «Dobbiamo lavorare
molto sulla tecnica», ammise, con un certo senso critico che non sembrava
possedere. «Però le potenzialità ci sono. Tooru ci è riuscito al primo colpo.»
Masa
si appoggiò col mento alle mani unite, guardandolo mangiare. «Tooru riesce a
fare molte cose al primo colpo», sussurrò fra sé e sé, prima di voltarsi verso
Hanbee. «Domani che programmi abbiamo?»
Pronto,
l’alto ragazzone dai capelli neri prese in mano un blocco note. «Tamaki e Mikage devono pattugliare l’angolo
fra Homayashi e il supermercato. Tu e Nakarai invece avete orario d’ufficio. Ci
sono un po’ di scartoffie.»
La
mora annuì, lentamente. «Allora credo che andrò in camera mia. Posso concedermi
un’oretta al telefono prima di dormire.»
Juuzou
la guardò con la coda dell’occhio, aprendo la bocca, ma zittendosi
immediatamente. Per un istante, Aiko pensò che l’avesse scoperta. Che si era
accorto che sarebbe sgattaiolata via dalla finestra. Però non fece niente del
genere. «Penso che anche io andrò a dormire», disse tutto felice per aver
concluso il dolce.
«Prima
si ricordi di lavarsi i denti, classe speciale», gli fece eco dalla cucina
Hanbee, che era andato via col piatto vuoto, per poterlo mettere nella
lavastoviglie.
Quando
Suzuya si alzò, tutti gli diedero la buonanotte, guardandolo sgambettare
apparentemente spensierato su per le scale. Aiko si chiese quando dovesse sentirsi
solo quel giovane, seppur circondato da persone che lo adoravano a tal punto.
Anche lei sentiva già di volergli un gran bene, seppure lo avesse visto solo a
cena e durante la cura dell’orto, che doveva ammettere era un’idea geniale.
Trovava incredibilmente rilassante tenere pulite le verze mentre Nakarai si
occupava della voliera con dentro i suoi pappagalli.
Erano
una famiglia, molto più dei Quinx sotto diversi aspetti.
Eppure,
come Masa ben sapeva, nessuno poteva prendere il posto di qualcuno che davvero
si ama. Questo pensiero le fece tirare un sospiro lungo, che si spezzò a metà
quando Abara le mise sotto al naso una tisana che odorava di melissa e fiori di
arancio.
«Per
aiutarti a dormire», le disse, gioviale, sedendosi accanto a lei e prendendo un
sorso dalla sua tazza. «I trasferimenti sono sempre stressanti.»
«Grazie,
Hanbee, sei la nostra mamma.»
Lui
rise piano a quelle parole, fissando con le iridi bianche un punto al centro
del tavolo. «Faccio il possibile per rendermi utile.»
«Non
essere umile», lo rimbeccò divertito Tamaki, raggiungendo il tavolo e superarlo.
«Io vado a togliere Mikage dal telescopio, piuttosto. Pioggia di meteoriti o
meno, domani lavora con me e ho bisogno che sia reattivo. Poi penso proprio che
spenderò metà del mio stipendio in qualcosa di utile.»
«Un
cervello?», chiese in lontananza Nakarai, girando pagina.
«No,
un giacchetto di jeans. Torneranno di moda, ve lo dico io.» Mizurou le fece
l’occhiolino, prima di voltarsi verso il biondo. «Se vuoi posso comprare
qualcosa di utile anche per te. Non lo so, un amico, magari?»
E
poi si guardò bene di infilarsi su per le scale prima ancora di sentire lo
sguardo profondo e assassino del vice caposquadra sulla schiena.
Hanbee
si ricordò improvvisamente di qualcosa che lo fece scattare. «Devo sostituire
le ciabatte prima che si addormenti.»
Aiko
non capì. Lo fissò in tralice finire la tisana, ma non riuscì a chiedergli
nulla, perché questi rischiò di strozzarsi, pur di fare in fretta, sparendo a
sua volta alla volta del piano di sopra.
«Tutte
le sere mette un paio nuovo di ciabatte rosse di fianco al letto del
caposquadra, mentre questi si prepara per la notte», la mise al corrente
Nakarai, continuando imperterrito a cercare di leggere. «Abara pensa che Suzuya
creda che sia sempre lo stesso paio, ma tutti sappiamo che si fa in quattro per
girare tutti i negozi di calzature della capitale per trovare sempre la stessa
marca e lo stesso rosso scuro. Anche Suzuya lo sa.»
«….
Abara è davvero la mamma, prima classe.»
Aiko
si prese il suo tempo per godersi quella tisana casalinga, prima di andare a lavare
entrambe le tazze, per non lasciare dell’altro lavoro al collega-babysitter.
Tornò verso il grande salone, appoggiandosi allo stipite della porta con la
spalla, incrociando le braccia sotto al seno. «Una lettura interessante?»
«No,
questo libro è terribile», le rispose Nakarai, appoggiando l’oggetto sulle
gambe e tenendo fra le pagine l’indice, così da non perdere il segno. «Però
detesto non portare a termine le cose che inizio.»
«Allora
ti lascio alla lettura, boss.» Masa gli sorrise, staccandosi dal muro.
«Buonanotte.»
«Dormi
bene, primo livello. Quanto meno provaci, le tue occhiaie sono così grandi
ormai che mi parlano.»
La
mora scosse il capo, divertita, salendo i primi gradini con una mano sulla
ringhiera. «Non si dicono queste cose a una signorina.»
«Immagino
sia dura dormire da soli, quando si è abituati a dividere il letto.»
Quell’affermazione
di Nakarai non venne interpretata dalla ragazza. Non sembrava esserci tono
d’accusa dietro o una voglia di indagare la sua vita sentimentale. Però l’aveva
detta, proprio mentre riapriva il libro, lanciandola così, senza un motivo
apparente.
Nakarai
era davvero difficile da decifrare anche per Masa, che credeva di avere
imparato quell’arte da Eto molto bene. Eppure di fronte le pareva di trovarsi
un muro di mattoni grezzi e stucco. Dietro era impossibile capire cosa ci
fosse.
Però
sapeva come rispondere. «In realtà è molto più triste accettare che è meglio un
letto vuoto.»
Si
lanciarono un ultimo sguardo e lei capì di avere esagerato. «Prima classe-»
«Buonanotte,
Masa. Ricordati che ci vogliono dieci minuti per arrivare alla sede, da qui.
Quindi devi scendere alle sette meno dieci se vuoi fare colazione.»
Aiko
non aggiunse altro, pensando che infondo con Keijin era così. Rispondere o
sottomettersi. Lei era già sottomessa a troppe persone e preferiva avere un
rapporto cristallino con Nakarai, che infondo le piaceva come partner. Ed era
molto diverso da Urie, quindi non poteva permettersi le confidenze che si era
permessa con lui nei primi tempi. Keijin era schietto e chiaro. Le diceva cosa
fare e lei eseguiva. Nonostante in quella squadra la sua attività investigativa
si fosse quasi azzerata, Aiko era lo stesso contenta. Stava imparando il vero
significato di unità di squadra.
Nessuna
era come la squadra Suzuya.
Per
questo non riusciva ad essere frizzante come lo era stata al suo ingresso nei
quinx.
Le
dispiaceva sinceramente ingannarli.
Erano
una squadra molto più unita di quanto lo fossero mai stati i Quinx.
❖
«Non
sei riuscito a trovare di meglio?»
«Purtroppo
non ho agganci nella tredicesima. Da quanto è stata ripulita dal ragazzino con
la falce è diventato molto difficile portare avanti gli affari qui. Quindi,
Labbra Cucite, prendere o lasciare?»
Una
mazzetta di banconote finì sul palmo di Tsubasa, ma non bastò a mandarlo via.
Ci volle una buona dose di pazienza per liberarsi dello scarafaggio, che aveva
osservato molto attentamente un paio di sgherri delle Facce di Cuoio, il gruppo
della diciannovesima che Aiko gestiva, portare con attenzione delle grosse
casse nel magazzino che lui stesso aveva procurato ad Aogiri.
Alla
fine sotto un invito poco gentile di Enoki, detto il Ripper, Aiko era riuscita
a liberarsi di quella piaga sociale. «Mettiamoci subito al lavoro. Nishijima,
osserva bene, io farò solo le prime due, poi tu dovrai replicare in modo
identico le altre. Ti preparerò i detonatori prima di andare via, in ogni caso.
Quelli sono la mia firma.»
Lavorare
direttamente nella tredicesima e poi trasferire cinque bombe contenenti
ciascuna almeno venti kg di nitroglicerina era molto rischioso, soprattutto per
il trasporto e le condizioni pessime in cui lavoravano. Tenere stabile la
temperatura dei candelotti sarebbe stato difficile e anche impedire che
avvenissero incidenti per strada. Però Aiko non poteva allontanarsi troppo. Si
trovava letteralmente a cinque minuti a piedi dalla casa in cui si era
trasferita.
La squadra Suzuya
non era come i Quinx. Loro
facevano domande, anche senza fondamento di accusa, ma Aiko si sentiva
controllata. Sentiva gli occhi amaranto di Juuzou sulla schiena costantemente e
ogni secondo poteva vederlo calarsi da una delle finestrelle del seminterrato.
Allora nessuno dei suoi uomini sarebbe uscito di lì vivo, né lei libera.
Per
questo non aveva chiesto a Kenta di raggiungerla, lasciandolo al loro quartier
generale a comandare al posto suo. Aveva chiesto solo a Enoki di fare da palo e
tenere controllata la zona e a Nishijima, che in quanto chimico, avrebbe saputo
gestire molto meglio gli esplosivi di chiunque altro. Sarebbe stato meglio un
fisico, ma non ne aveva uno disponibile in famiglia.
«Un
po’ mi ricordi mia sorella», le aveva detto quasi sognante l’uomo, sistemandosi
gli occhiali sul naso da porcello, mentre il sudore che gli imperlava la fronte
e rendeva i suoi capelli appiccicosi colava per il nervosismo. «Una mossa falsa
e saltiamo in aria. Però tu non sembri turbata.»
«La
mia prima bomba l’ho fatta quando avevo dodici anni», gli rivelò Aiko,
continuando a tranciare pezzi di metallo con le cesoie e ripiegandoli su loro
stessi in modo molto specifico, creando delle piccole spirali. Si zittiva solo
nel momento in cui doveva collegare fra loro i candelotti di dinamite ai
percussori a tamburo degli inneschi a distanza. «Una molotov. Mi insegnò mio
fratello Shin a farle. A lui piaceva dar fuoco ai cassonetti e io volevo
solamente passare del tempo con lui. Poi ho realizzato che far saltare in aria
è meglio che incendiarle.»
«Allora
perché sei entrata nella ccg? Non erano meglio gli artificieri?»
«Perché
se fossi entrata negli artificieri non avrei potuto far saltare in aria la sede
dove lavoro, come invece è successo mesi fa. Dovevi vedere la faccia di uno dei
miei superiori, Ui.»
Nishijima
ridacchiò. «Pensa se sapesse che ci sei dietro tu.»
«Spero
non lo venga mai a sapere.»
«Hai
paura di lui?»
«No,
gli voglio bene.» Il walkie talkie
che le pendeva dalla vita si accese in quell’istante, cancellando tutta la
voglia che aveva di scherzare. La voce di Enoki la chiamò, seria come sempre.
«Arriva qualcuno?», domandò subito, per nulla pronta alla fuga. Aveva appena
finito la prima bomba e stava lavorando alla seconda e alla terza insieme al
chimico. Stavano imbevendo la segatura di nitroglicerina, quindi erano nel
momento peggiore di tutti.
-Sì e non posso
fermarlo.-
La
porta si aprì sul terminare della frase. Con la giacca bianca e la maschera
rossa, Tatara entrò nella stanza. Guardò Nishijima, che si chinò ripetutamente,
prima di lasciare la stanza, lasciando la mora al bancone da lavoro
improvvisato. «Non ti aspettavo», ammise Aiko, sistemandosi i guanti spessi di
gomma nera, prima di prendere altra segatura e la pipetta con il liquido
esplosivo. «Non è sicuro rimanere qui, Laoshi.
Se Suzuya dovesse-»
«Deciderò
io cosa è saggio e cosa no. Tu non ne hai la facoltà visto cosa stai
preparando, méi méi.»
La
mora sospirò, contrita. Lo spiò discretamente da dietro le lenti spesse degli
occhiali protettivi, prima di parlare nuovamente, con la voce che usciva
ovattata dalla mascherina da lavoro che teneva sulla bocca per non aspirare
fumi chimici. «Ti ho deluso, vero?»
Tatara
non le rispose subito. Era chino sul tavolo, sul primo impianto esplosivo
concluso. Lo guardava con occhi curiosi, che mutarono però quando si spostarono
su di lei, tornando apatici. «In realtà no», la stupì, avvicinandosi per mostrarle
cosa aveva portato.
«Queste
le manda Eto, immagino», disse Aiko, guardando tutte le bende che annodate
sembravano essere state buttate dentro a quella borsa alla rinfusa. «Ho ancora
quattro giorni per portare a termine ogni preparativo, inizio a sentire la
pressione. Spero che l’idea che ho avuto e che implica l’utilizzo delle bende
funzioni, o sono spacciata.»
«Spiegami
di nuovo cosa hai intenzione di fare», la esortò l’albino, accomodandosi su uno
sgabello un po’ distante.
Masa
appoggiò il candelotto concluso, prendendo l’innesco e attendendo per inserirlo
nella bocca dell’involucro. «Il piano della ccg è prendere la sede della
diciannovesima passando per la pineta che sta sul lato nord ovest del palazzo.
Pensano di incastrare possibili vedette fra gli alberi, ma in realtà noi
arriveremo dal fianco destro, lasciato scoperto dalla retroguardia. Conosco
abbastanza la squadra Aura per sapere che dopo dieci minuti di silenzio
tranquillo, avanzeranno per dare supporto ai Quinx, creando una certa distanza
fra loro e la squadra Itou. Il mio piano è attaccare fra i tre gruppi di
colombe e tenerli impegnati abbastanza mentre Nishijima fa detonare il palazzo.
Se non hanno una sede da prendere, non possono proseguire l’operazione, quindi
dovranno ripiegare. Io ordinerò la ritirata strategica mentre gli agenti si
staranno ancora chiedendo cosa è stato quel botto.»
Tatara
la ascoltò in silenzio. Poi sollevò la mozione più logica. «Se la squadra che
deve distaccarsi non lo farà, come agirai?»
«Attaccheremo
la retroguardia guidata da Jaina. A quel punto dovranno tornare indietro per
dare supporto. Conto molto sulle doti di Kenta di dirigere i nostri uomini in
modo coerente, mentre io, Enoki e Mi-Him ci occupiamo dei pezzi grossi e li
teniamo occupati.»
«Takizawa
e Shikorae che ruolo hanno?»
«Rimanere
in attesa di istruzioni. La ccg chiamerà Arima in caso di attacco, così anche
io ho deciso di tenermi un asso nella manica. Il mio asso saranno quei due. Non
devono fare nulla se non richiesto.»
L’albino
non emise nemmeno un sospiro. «Non deve morire nessuno se vuoi il mio posto.»
«Non
lo voglio.»
«Sembravi
bramarlo molto, l’altra sera.»
Aiko
si sfilò uno dei guanti, alzando gli occhiali fra le ciocche nere, per poterlo
guardare senza filtri. «Eto è sempre troppo allettante, quando fa proposte.»
Il
ghoul bianco non sentì il bisogno di controbattere a questa affermazione. «Sai
cosa è il dharma?», le chiese invece,
a tradimento.
Lei
si preparò psicologicamente. Sapeva che ora le sarebbe arrivata una pillola di
saggezza non richiesta, ma imposta. In qualche modo malato e contorto, temeva
Tatara tanto quanto teneva a lui. Però quello non era il momento. Stava
lavorando in fretta per tornare nel suo letto prima che qualcuno potesse
rendersi conto della sua assenza.
Doveva
assecondarlo, così da concludere prima. «Sì, Laoshi, mi hai parlato spesso del dharma d’onore e del dharma
famigliare che ti lega alla tua famiglia e che ti porta a volere vendetta per
loro.»
L’albino
annuì impercettibilmente. «Nella Bhagavadgītā,
uno scritto antico collocato nel VI parvan del grande poema epico Mahābhārata, viene raccontata
la storia di Arjuna, un valoroso principe che viene messo di fronte alla più
grande delle sfide per un uomo: porsi contro la sua stessa famiglia.» Tatara
fece una piccola pausa e Aiko iniziò a capire cosa voleva dirle. «I suoi
cugini, usurpatori del trono che gli spetta di diritto, devono essere uccisi
così come i suoi mentori e coloro che si sono apertamente schierati contro di
lui, e tutto ciò deve avvenire in una battaglia che avrà la durata di diciotto
giorni. Colto dallo sconforto, Arjuna decide di non combattere. Non vuole
vedere morire o essere lui stesso a far strage dei suoi parenti. Così il suo
auriga, Krsna, che in realtà è una incarnazione del dio Visnù, gli rivela che
ciò che conta è che lui porti a termini il suo dharma; lui non è un cugino, non
è un fratello e non è un allievo. Lui è un re e il suo dharma è quello di riprendersi
il trono e provvedere al benessere del suo popolo. Solo realizzando il proprio
dharma, l’uomo può ambire alla purificazione e all’innalzamento supremo, il
nibbana.»
«Credevo
si dicesse nirvana.»
«Come
sempre, credi male.»
Masa
prese un respiro profondo e poi guardò il suo maestro. «Laoshi, il mio dharma è verso Aogiri o verso il ccg?», gli domandò,
apertamente. Se l’avesse fatto un anno prima, lui le avrebbe staccato di netto
il capo dal corpo con un singolo colpo. In quel momento, però, sapeva che Tatara
era venuto con intenzioni pacifiche.
L’avrebbe
uccisa già da tempo se non avesse voluto impartirle una lezione.
«Nessuno
dei due», le rispose, sorprendendola. «Il tuo dharma è ciò che tu credi sia
giusto. Quale è la via migliore per la tua realizzazione? Cosa ti fa andare
avanti ogni giorno?»
Aiko
non doveva nemmeno pensarci. «Un mondo diverso. Forse non migliore, né più
giusto. Ma diverso.»
«Allora
il tuo dharma è il mio dharma. Dovrai fare dei sacrifici perché si possa
realizzare.»
Masa
sbuffò una risata priva di colore, mentre il suo volto si adombrava di
amarezza. «Orihara, Osaki, mio fratello, Shirazu…. Quanti altri sacrifici
vorranno le divinità vediche per far sì che io, piccola Stannis spaurita e nel
dubbio, possa riprendermi il mio trono senza paura?»
«Tutte
quelle necessarie.»
L’albino
si alzò e lei si rimise il guanto, imponendosi di non tremare. Non poteva.
Doveva lavorare con dei composti troppo pericolosi che però l’avrebbero
distratta dai brutti pensieri.
«Ci
saranno dei morti, méi méi. Non lo dico perché temo che tu possa sostituirmi,
perché non accadrà mai. Lo dico perché sai benissimo che sarà così. Moriranno
dei tuoi uomini, da entrambe le parti. Però, se Eto si deciderà, presto potrai
prendere definitivamente una parte.»
A
quelle parole, gli occhi dorati di Masa saettarono su Tatara. «Cosa significa?»
«Lo
scoprirai. Ora rimettiti al lavoro. Se necessiti di altri strumenti, chiama
Ayato.»
Prendere una
parte.
Sembrava
semplice quella frase, lanciata dopo una serie di filosofici insegnamenti. Non
lo era, però. Voleva dire tutto o niente.
Il
mondo di Masa era spaccato in due come una mela, come poteva scegliere da che
parte stare?
Senza
contare che poteva avere male interpretato, ma dalle parole di Tatara, sembrava
quasi che in quella scelta, lei avrebbe avuto voce in capitolo.
Ne
dubitava.
E
lo sperava.
Perché
da sola non avrebbe scelto proprio un bel niente.