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Autore: PONYORULES    26/09/2017    2 recensioni
«Cosa ti piace di lui?» la domanda di Constance lo raggiunse inaspettata quasi quanto uno schiaffo e rimase ad osservarla. Lei lo odiò, odiò specialmente il suo essere così cieco e ottuso, lo detestò nel suo intimo. Quel quesito non l'aveva posto solo a lui, no.
Al contrario, lei sapeva perfettamente rispondervi: la sua pelle olivastra, che andava a scurirsi intorno agli occhi e alle labbra; i suoi capelli neri come la notte. E ancora: le sue ciglia fitte invidiate da tutte le donne del circondario; i suoi denti maledettamente bianchi da sembrare più una presa in giro che altro. Il suo modo di scherzare, l'odore di cuoio e metallo che le rimaneva incastrato nelle narici anche per giorni interi dopo essersi abbracciati.
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Il ragazzo si alzò in piedi e con fare disinvolto cancellò tutto lo spazio che li separava con due falcate. La strinse in un abbraccio, i capelli a solleticarle l'orecchio.
«Non ti rendi conto di quanto tu sia importante per me».
Non abbastanza, caro. Mai abbastanza.
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Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aramis, Athos, Constance Bonacieux, D'Artagnan, Porthos
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Carta Bianca



Il sole era sorto da pochi minuti quando Constance sentì bussare alla porta del suo modesto appartamento. Trasalì, facendo cadere il guanto di velluto che si stava infilando, concentrata sul cosa mancasse nella dispensa e il giro più corto da fare per raggiungere il mercato.
La domenica mattina, come tutte le donne di Parigi, si dedicava alle faccende di casa e tornava ad essere quella di un tempo, a volte con uno spirito più malinconico mentre altre con l'amaro in bocca.
«D'Artagnan» pronunciò il nome del ragazzo che era appoggiato allo stipite della sua porta d'ingresso, la mano destra ancora alzata e chiusa a pugno nell'atto di ripetere l'azione un'altra volta; quella sinistra persa fra i capelli troppo lunghi per sembrare curati. «Accomodati» aggiunse, mentre con un gesto automatico si rivolgeva verso la finestra del soggiorno per scorgere la sua immagine e verificasse che fosse tutto in ordine. Spostò gli occhi tondi sul suo vestito e vide troppe pieghe da lisciare con una svelta passata di mano come avrebbe fatto in altre circostanze.
«Mi scuso» disse il ragazzo mentre con passi cadenzati e pesanti si accomodava a peso morto sulla sedia di vimini più vicina ed appoggiava la testa sul tavolo di legno. «Non sono ancora andato a riposare».
«Come è possibile? Ormai albeggia fuori!» Constance non avrebbe dovuto sorprendersi, affatto, ma era più forte di lei. Si sarebbe sempre preoccupata per lui, qualunque cosa fosse successa. Per questo motivo gli stava appoggiando di fronte una pagnotta di pane e un bicchiere d'acqua senza averlo interpellato.
«Ho timore ad appisolarmi» ammise D'Artagnan, sospirando fuori non solo la stanchezza ma anche una manciata di tristezza. «Mi spaventa la mia testa».
«Hai paura di fare un incubo?».
«Sì» rispose laconico. Cominciò a mangiare, mentre la donna davanti a lui incrociava le braccia all'altezza del petto. «Come mai sei venuto da me?».
«Perché posso parlarne solo con la mia amica Constance» il sorriso che fece, forse con la speranza di essere perdonato per l'improvvisa intrusione, lasciò gli occhi opachi e spenti. Andò anzi a risaltare le occhiaie violacee che da diverso tempo non volevano proprio abbandonare il suo volto.
Ebbe una fitta dritta al cuore, il dolore che provò non poté però manifestarlo. L'unica cosa che fece fu stringere ancora di più i pugni, sperando che il moschettiere non lo notasse. Sapeva fosse molto attento ai dettagli e ancor più bravo a leggere le reazioni delle persone.
«Parlamene, ordunque» aveva bisogno di distrarsi, Constance aveva bisogno di uscire di casa e perdersi per le vie strette della città, a costo di andare incontro ad un furto compiuto da malviventi.
«Si è dato appuntamento con la regina anche questa notte».
«Ne sei certo?».
«Li ho visti, dietro l'enorme siepe della tenuta reale» cominciò a boccheggiare, le dita tremanti raggiunsero la fronte e iniziò a massaggiarsi le tempie con movimenti lenti e circolari.
«Cosa ti piace di lui?» la domanda di Constance lo raggiunse inaspettata quasi quanto uno schiaffo e rimase ad osservarla. Lei lo odiò, odiò specialmente il suo essere così cieco e ottuso, lo detestò nel suo intimo. Quel quesito non l'aveva posto solo a lui, no.
Al contrario, lei sapeva perfettamente rispondervi: la sua pelle olivastra, che andava a scurirsi intorno agli occhi e alle labbra; i suoi capelli neri come la notte. E ancora: le sue ciglia fitte invidiate da tutte le donne del circondario; i suoi denti maledettamente bianchi da sembrare più una presa in giro che altro. Il suo modo di scherzare, l'odore di cuoio e metallo che le rimaneva incastrato nelle narici anche per giorni interi dopo essersi abbracciati.
«Come posso esserti utile?» ed ecco ancora, la sua totale devozione per quel ragazzo che ancora non aveva capito niente manco di se stesso. Perso, come gli occhi scuri ed inespressivi che vagavano per la stanza in cerca di una soluzione.
«Non è da me fare così».
«Non lo è, hai ragione».
«Mi sta portando alla pazzia» ammise, sconfitto, il peso di quella confessione sembrò pesare maggiormente sulle sue spalle. «Aramis» sussurrò in seguito, quel nome troppo abituato a sfuggirgli dalle labbra.
Constance trattenne il fiato per qualche secondo, presa alla sprovvista. Il modo in cui l’aveva pronunciato, quel nome che la rincorreva durante la notte e che la perseguitava durante il giorno la fece soffrire, comprese per l’ennesima volta di non avere alcuna speranza di competere contro di lui. Per la seconda volta nel giro di qualche minuto si diede la colpa: aveva accettato di collaborare con loro, già troppo persa negli occhi di D'Artagnan per rifiutare.
Invece avrebbe dovuto farlo e continuare con la sua vita; restare sposata ad un uomo che non amava piuttosto che doverlo seppellire. Era una donna indipendente, adesso, ma non era certo semplice.
«Arriverà il momento in cui dovrai affrontare la situazione e dirglielo».
«Non trovo le forze per guardarlo negli occhi, non so dove troverò quelle di confessargli che sono segretamente innamorato di lui».
«Porthos e Athos si sono già accorti di tutto, ma sono buoni amici e brave persone. Il tuo segreto, per il momento, é al sicuro con loro» cercò di tranquillizzarlo perché si era fatto agitato, una gamba aveva preso a tremare sotto al ripiano.
Il ragazzo si alzò in piedi e con fare disinvolto cancellò tutto lo spazio che li separava con due falcate. La strinse in un abbraccio, i capelli a solleticarle l'orecchio.
«Non ti rendi conto di quanto tu sia importante per me».
Non abbastanza, caro. Mai abbastanza.
Succedeva sempre più spesso, questa forza che cercava di allontanarla e districarsi da quelle due braccia i cui bicipiti erano troppo definiti per non notarlo, ma allo stesso tempo di avvinghiarsi maggiormente. Constance si sentiva divisa, le sue giornate ormai erano diventate un insieme di sospiri -quando le forze sembravano venir meno- e imprecazioni -quando le energie tornavano improvvisamente.
«Stai tremando» le fece notare D'Artagnan mentre si distaccava appena con il viso, la distanza fra le loro labbra era poca. Le stava togliendo l'aria, quella vicinanza avrebbe dovuto farle bene, aveva sentito tante chiacchiere al mercato. Storie incrociate prevedibili di donne che avevano trovato l'amore seduto in una taverna ad aspettarle. Che le aveva salvate da un tiranno, dal padre crudele o dal marito adultero. Fino a qualche tempo prima ci aveva creduto, era convinta che quando fosse successo a lei sarebbe stato tutto chiaramente corrisposto.
Le aveva ascoltate con fare disinteressato mentre dava un'occhiata alla bancarella affianco, mentre Benjamin -il fruttivendolo- sbraitava per richiamare la loro attenzione. Ora che ci pensava, i prezzi si erano alzati negli ultimi mesi.
«Stai bene?» si sentì chiedere nuovamente.
«Sì, non è niente» rispose in modo frettoloso, piegandosi immediatamente verso il focolare per nascondere il rossore che aveva affollato le sue guance piene.
«Vuoi che ti accompagni a fare compere?».
Sì, per favore.
«No, ti ringrazio. Sai com'è la gente» scrollò le spalle mentre si malediceva. «gli piace parlare».
«Dovresti lasciarli cianciare» D'Artagnan le prese una mano e fece scorrere appena le labbra sul dorso, ancora inguantato. Constance avrebbe voluto schiaffeggiarlo, ma il suo viso si sarebbe deturpato. E sarebbe stato un vero peccato. «Posso invitarti all'Armeria stasera? Ci saranno tutti, anche il Capitano Treville».
«Pensavo non fossero ammesse le donne» osservò, il tono perplesso. Il ragazzo le lasciò andare la mano, il contatto si interruppe troppo in fretta. Non avrebbe dovuto chiedere, la sua lingua ancora era andata oltre.
«Tecnicamente sei una donna, certo».
Constance cominciò a scuotere vigorosamente la testa in segno di diniego. «Ma no, fa lo stesso, fai come se non avessi detto niente».
«Però hai avuto modo di dare prova del tuo coraggio» lui continuava ad andare avanti non facendo caso agli occhi della donna di fronte a lui, che cominciavano a restringersi per contenere l'odio che a momenti ne traboccava. «Diciamo pure della tua..virilità».
«Credo sia arrivata l'ora di salutarci, caro D'Artagnan» e lo spinse con tutta la forza che aveva fuori dalla porta, accompagnando questo con uno sbuffo adirato, a cui si sentì rispondere con una risata.
«Cosa ho detto di male, Constance? Spari meglio di me, hai una mira perfetta e poi» le fece un occhiolino spavaldo. «Ti donano di più i pantaloni delle gonne a sbuffo».
«Ti ammazzo» fece la finta di rincorrerlo e lo vide scappare a gambe levate, girandosi all'ultimo per farle un inchino con il cappello stretto al petto. «Lo faccio sul serio, vattene».
D'Artagnan si prese qualche secondo in più per ammirare la figura della donna ferma sulla soglia di casa, offesa. La ringraziò con un gesto fugace del capo perché per l'ennesima volta la sua vicinanza lo aveva fatto tornare di buon umore.






 

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