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Autore: myqueasysmile    27/09/2017    0 recensioni
La scuola.
Il canto.
La musica.
La famiglia.
Queste sono le cose più importanti nella vita di Elisa, ragazza diciottenne dal carattere molto introverso e complicato.
Una ragazza che adora il fratello, che spera di conoscere il suo "eroe" e che ancora non ha idea di cosa sia l'amore.
Ma poi arriva lui, completamente inaspettato, che un po' alla volta le stravolge la vita.
Forse riuscirà a farsi avvicinare da lei, lei che tende ad allontanare tutti e starsene per conto suo. O forse no.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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"Stasera fatti trovare pronta per le 20, ti porto fuori a cena".
«Davvero? Perché?» chiesi.
Era sabato ed ero a casa di Serena, per stare qualche ora con Stefano mentre lei e Nicola andavano a fare compere per il nascituro.
Stavo spingendo il bimbetto sull'altalena, mentre ero al telefono con Gabriele, che non vedevo da qualche giorno.

"Non posso invitare a cena la mia ragazza?" chiese lui.
«Certo che puoi» risposi mentre un sorriso mi nasceva sulle labbra.
"Sei bellissima" mormorò lui, facendomi sentire un calore nello stomaco.
Il mio sorriso si allargò.
"Soprattutto quando ti faccio sorridere" aggiunse.

Io aggrottai le sopracciglia, poi mi guardai intorno. Ed eccolo, appena al di là della ringhiera. Capelli scompigliati dal vento e occhiali da sole calati sul viso.
Sentii subito la reazione del mio corpo alla sua vista e mi dimenticai completamente della telefonata ancora in corso.

Lo guardai finché ci raggiunse, salutando il nipotino entusiasta di vederlo. Si voltò verso di me e circondandomi con il braccio mi attirò contro di lui, chinandosi poi a baciarmi. Quanto mi era mancato stare nella sua presa sicura!

«Ciao» dissi appoggiandomi poi al suo petto.
«Ciao piccola solitaria» rispose poggiando le labbra sulla mia tempia.
«Mi sei mancato» mormorai.
«Anche tu, perciò dobbiamo recuperare con una cena. E poi ti fermi da me».
«È un invito?».
«No, è un ordine mia cara».

Mi scostai da lui per potergli vedere il viso. E lui fece un sorrisetto.
Lo abbracciai di slancio, stampandogli un bacio sulla guancia.
Da quando stavamo insieme mi ero un po' alla volta abituata al contatto fisico. All'inizio gli abbracci mi mettevano a disagio e tendevo a non prendere l'iniziativa.
Adesso invece lo abbracciavo quando ne avevo voglia, e lo baciavo tutte le volte in cui volevo farlo.
O forse non tutte, certe volte riuscivo a trattenermi un po' e a non stargli troppo col fiato sul collo.

«Elisaaa. Mi spingi?».
La voce di Stefano mi riscosse. A malincuore mi staccai dal mio ragazzo e tornai a spingere Stefano sull'altalena.
«Come mai sei qui?» chiesi osservando il suo outfit, era tremendamente attraente e faticavo a togliergli gli occhi di dosso.
«Per te» rispose lui «Avevo voglia di vederti».
Sorrisi a quelle parole, poi riportai gli occhi su Stefano.
Gli diedi una bella spinta e andai a sedermi sull'altra altalena. Sembrava di no, ma era abbastanza stancante stare lì in piedi a spingerlo.
«Dai, adesso ti spingo io Stè» disse Gabriele prendendo il mio posto.

Cominciai a dondolarmi lentamente, poi chiusi gli occhi godendomi la leggera brezza sul viso. Ci stavamo godendo il calore del sole prima che se ne andasse, ormai era Novembre inoltrato e le giornate si stavano accorciando a vista d'occhio.
Stavo quasi per addormentarmi appoggiata alla corda dell'altalena, persa nei miei pensieri, quando sentii di nuovo la voce del mio lui.

«Ma quand'è che imparerai a spingerti da solo?».
«Ma io so già andarci da solo, zio!» esclamò il biondino di rimando.
Soffocai una risata, quel bambino era incredibilmente furbo.
«Ma sentilo, piccola peste!» rispose l'altro.
«A qualcuno dovrà assomigliare» intervenni riaprendo gli occhi e puntando gli occhi su di lui.
Lui mi guardò inarcando il sopracciglio, e io scoppiai a ridere.

«Giochiamo a palla?» ci interruppe in quel momento Stefano.
«Certo, ma solo finché c'è il sole. Poi rientriamo» risposi scendendo dall'altalena.
«Va bene, vado a prenderla» e un attimo dopo era già sparito in casa.
Feci qualche passo verso la casa, ma venni bloccata da due braccia che mi circondarono tenendomi ferma.

«Cosa fai?» chiesi appoggiando le mani su quelle braccia.
Lui non rispose, ma sentii il suo respiro caldo finirmi sul collo. Appena prima che ci finissero le sue labbra.
Un brivido mi percorse tutto il corpo, facendomi venire la pelle d'oca.
Ed evidentemente lo sentì anche lui, dato che si lasciò scappare una risatina.

«Cos'era?» chiese mormorando.
«Niente» risposi divincolandomi per cercare di sfuggire alla sua presa.
In tutta risposta però lui serrò la stretta, rendendo vani i miei tentativi.
«Quel niente mi ha fatto piacere» sussurrò nel mio orecchio, per poi riportare le labbra sulla mia pelle e scatenare un'altra ondata di brividi nel mio corpo.

Stavo per protestare quando ricomparve Stefano.
Gabriele mi lasciò andare, ma non prima di sussurrarmi all'orecchio un «Riprendiamo stasera» che mi suonava decisamente bene.
Il piccoletto ci raggiunse e decise che loro due avrebbero dovuto fare gol a me.
Sospirai. Odiavo il calcio, ma per vederlo contento avrei fatto tutto quello che mi avesse chiesto...

Presi posto davanti alla piccola porta di plastica bianca mentre loro si posizionavano a una decina di metri da me.
Fecero alcuni tiri che miracolosamente riuscii a parare.
Poi Gabriele si preparò a tirare, e un attimo dopo sentii una fitta alla gamba. Guardai la palla rimbalzare via, poi mi guardai la gamba e infine alzai gli occhi su di lui.
«Guarda che se mi uccidi non ci sarà nessun "riprendiamo stasera"» lo avvisai.
Lui ridacchiò avvicinandosi.
«Non è divertente!» lo ripresi tentando di non ridere a mia volta.
Arrivò davanti a me. «Scusa piccola solitaria» mormorò allungando la mano e accarezzandomi la guancia.
«Vuoi un bacino per far passare la bua?» aggiunse con tono divertito e una luce negli occhi.

Lo fulminai con lo sguardo «Non fare lo scemo».
Lui incrociò i miei occhi, incatenandomi ai suoi. «Sono serio» rispose avvicinandosi lentamente.
«C'è Stefano» mormorai.
«Sta giocando, e se anche ci guardasse non ci sarebbe nessun problema».
Mi morsi il labbro, senza riuscire a distogliere gli occhi dai suoi, finché non si chinò a sfiorare le mie labbra.
Allora li chiusi e lasciai che mi stringesse a sé, mentre baciava ripetutamente le mie labbra.

«Stasera prometto di meglio» sussurrò quando ci furono di nuovo una decina di centimetri tra i nostri visi.
"Meglio di così?" pensai mentre il mio stomaco era già in subbuglio.
Lui mi osservò e sorrise «Noto con piacere che arrossisci ancora».
Appoggiai una mano sul suo petto e gli diedi una spinta «Smettila».
Si voltò e tornò dal nipotino, mentre io mi godevo il suono leggero della sua risata.

Ma qualche ora più tardi stavo di nuovo arrossendo davanti a un mazzo di rose. Gabriele si era presentato a casa mia nel suo completo elegante, porgendomi i fiori.
Era bellissimo!
«Buonasera Elisa» disse salutandomi con un bacio sulla guancia.
«Buonasera Gabriele» risposi sentendomi le guance in fiamme.
Anche se i miei non ci stavano guardando sentivo benissimo la loro presenza.

Sistemai le rose in un vaso, poi salutai mamma e papà e presi la mano di Gabriele, che mi accompagnò alla sua macchina.
Mi portò a cena nello stesso ristorante in cui eravamo stati la prima volta.
E dopo cena facemmo una passeggiata, mano nella mano.

«Grazie per stasera» dissi, mentre osservavo gli alberi, che costeggiavano il marciapiede, illuminati dai lampioni.
«Non è ancora finita» rispose lui.
Mi voltai a guardarlo e lui sorrise.
«Lo so bene» risposi sorridendo.

Camminammo un altro po', poi tornammo alla macchina e andammo a casa sua.
Aprì la porta d'ingresso e mi fece passare, richiudendosela alle spalle.
Ci togliemmo le giacche che finirono sull'attaccapanni, e appoggiai la borsa sul solito mobile.
Subito sentii dei passetti sul pavimento, e infatti di lì a qualche secondo comparve Spark.
«Ma ciao amore!» esclamai accucciandomi ad accarezzarlo.
Lui si strofinò sulla mia mano e cominciò a fare le fusa.

«Forse dovrei sentirmi offeso».
Alzai gli occhi verso il padrone della voce, poi tornai in posizione eretta.
«Perché?» chiesi scrutandolo.
«Invito la mia ragazza a casa mia, e la prima cosa che fa è coccolare il mio gatto e chiamarlo amore, tu cosa dici?» rispose incrociando le braccia sul petto.
«Dico che è carino, non posso non coccolarlo» risposi io.
Lui alzò il sopracciglio.
Alzai gli occhi al cielo, poi mi appoggiai a lui «Lui è carino, ma tu sei bellissimo. E ti amo».
Mi alzai sulle punte dei piedi e mi sporsi per far incontrare le nostre labbra. Nel mentre afferrai le sue mani e gli feci sciogliere la stretta, portandole poi sulla mia schiena.
Lui mi lasciò fare, stringendomi a sé mentre approfondiva il bacio.

«Mi piace che tu sia geloso del tuo gatto» dissi una volta che le nostre labbra si furono allontanate.
«Non sono geloso» ribatté lui.
«Invece sì» replicai io sorridendo e abbracciandolo.
Spostai leggermente il viso e appoggiai le labbra sul suo collo.
Aspettai una sua reazione, ma non notai nulla.
«Non è giusto» sbuffai.
«Cosa?» chiese a bassa voce.
«A te non succede niente» risposi.
Poi tornai a lasciargli dei piccoli baci sul collo, sentendo finalmente un gemito uscire dalle sue labbra.
Mi strinse, se possibile, ancora di più contro il suo corpo, mentre gli sbottonavo il colletto della camicia in modo da poter avere più pelle a disposizione.

«Ti sbagli» mormorò dopo qualche secondo, riprendendo il controllo della situazione e appropriandosi delle mie labbra.

Mi sembrò un bacio infinito, ma purtroppo finì comunque.
«Eccome se ti sbagli» riprese con voce roca.
Prese la mia mano e la fece scivolare tra i nostri corpi, ora leggermente staccati, fino a posarla sul cavallo dei suoi pantaloni.
«Oh» fu l'unica cosa che mi uscì sentendo il rigonfiamento.

«Ho oltrepassato il limite?» chiese, con una luce nuova negli occhi.
Scossi la testa, poi mi sporsi di nuovo per riprendermi le sue labbra.
Un bacio che aveva qualcosa di nuovo, una frenesia che finora non c'era mai stata.
«Forse dovresti togliere la mano ora» sussurrò affondando la testa nel mio collo.
«O forse no» risposi accarezzandolo, mentre dalle sue labbra scappava un altro gemito.

Ritirò indietro la testa e cercò i miei occhi, scrutandomi per bene.
«Sei sicura?» chiese.
Annuii, poi abbassai gli occhi. Stava diventando troppo imbarazzante quel suo osservarmi attentamente.
Recuperò la mia mano dal posto in cui l'aveva messa lui, intrecciò le sue dita alle mie e lentamente mi condusse fino alla sua camera.

Lì mi riprese tra le braccia, baciandomi di nuovo, mentre le sue mani salivano sotto la mia maglietta.
Alzai le mani sul suo petto e gli sbottonai la camicia, accarezzandogli la pelle sotto.
Poi gli sfilai le mani dalla mia maglietta e lo aiutai a togliersela completamente.
Subito dopo fu lui ad afferrare la mia maglia e a sfilarmela, facendola finire sul pavimento.

Ci avvicinammo un po' alla volta al letto finché lui mi spinse gentilmente fino a farci sdraiare entrambi. Riprendemmo a baciarci mentre ci spogliavamo degli ultimi vestiti rimasti tra noi, e fui grata al fatto che fosse sera quando mi sganciò anche il reggiseno. Era abbastanza buio da nascondere il rossore delle mie guance, ma non così tanto da impedirci di vederci l'un l'altra.

Gabriele si sistemò tra le mie gambe, facendo entrare in contatto le nostre intimità, divise soltanto dalla stoffa rimasta, e facendomi uscire di bocca un piccolo gemito.
Mi guardò negli occhi, poi si sporse verso il comodino recuperando un pacchetto dal cassetto.
Qualche minuto dopo anche gli ultimi pezzi di stoffa rimasti finirono sul pavimento.
Ci infilammo sotto alle lenzuola, poi Gabriele cercò i miei occhi come per lasciarmi il tempo di tirarmi indietro.
«Mi fido di te» sussurrai allungando la mano fino a posarla sulla sua guancia.
«Ti amo» rispose lui.
  
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