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Autore: Echocide    27/09/2017    2 recensioni
Tanto tempo fa, in un paese lontano lontano, un giovane principe viveva in un castello splendente, benché avesse tutto quello che poteva desiderare, il principe era viziato, egoista e cattivo. Accadde però che una notte di inverno una vecchia mendicante arrivò al castello e offrì al principe una rosa in cambio del riparo dal freddo pungente.
Lui, che provava repulsione per quella vecchia dal misero aspetto, rise del dono e la cacciò, ma lei lo avvertì di non lasciarsi ingannare dalle apparenze, perché la vera bellezza si trova nel cuore.
Il principe la respinse di nuovo e in quel momento la bruttezza della mendicante si dissolse ed apparve una bellissima fata.
Il principe si scusò, ma era troppo tardi, perché lei ormai aveva visto che non c'era amore nel suo cuore e per punirlo lo tramutò in una orrenda bestia e gettò un incantesimo sul castello e su tutti i suoi abitanti.
Se avesse imparato ad amare e fosse riuscito a farsi amare a sua volta prima che fosse caduto l'ultimo petalo, l'incantesimo si sarebbe spezzato.
Con il passare degli anni il principe cadde in preda allo sconforto...
Chi avrebbe mai potuto amare una bestia?
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: La bella e la bestia
Personaggi: Marinette Dupain-Cheng, Adrien Agreste, Altri
Genere: romantico, fantasy
Rating: G
Avvertimenti: longfic, AU
Wordcount: 2.010 (Fidipù)
Note: Controllo un attimo il calendario...oh, che strano. Almeno stavolta sono nel periodo  giusto per l'aggiornamento! Scherzi a parte, bentornati sulle pagine de La bella e la bestia con questo nuovo capitolo dove, in pratica, succede qualcosa e non succede nient'altro (e già mi sto maledicendo per come sarà strutturato il prossimo, ma si sa, amo farmi male). Detto ciò...beh, che altro dire se non che, come sempre, vi ricordo la pagina facebook, dove potrete restare sempre aggiornati, avere piccole anteprime e leggere i miei deliri.
Per quanto riguarda gli aggiornamenti, vi rimando al mio profilo dove, dopo parecchie, cavolate ho messo un calendarietto che ha il 90% di essere seguito.
Detto questo, come sempre, ci tengo tantissimo a ringraziare tutti voi che leggete, commentate e inserite le mie storie nelle vostre liste.
Grazie di tutto cuore!

 

 

Adrien finì di abbottonarsi la camicia, continuando a provare a ignorare la presenza molesta nella sua camera: si era svegliato con il peso di Plagg sull’addome e, nonostante, avesse sbraitato e minacciato di buttarlo fuori, il candelabro era rimasto ostinatamente nella sua camera.
Il giovane aveva provato a ignorarlo, preparandosi alla nuova giornata e trattenendo dal chiedere a Fu di mostrargli Marinette: poteva solo immaginare le chiacchiere e le prese in giro di Plagg se fosse venuto a conoscenza di quella sua piccola abitudine: «Oh. Interessante» commentò Plagg, battendo assieme i due bracci di metallo: «Sapete ancora vestirvi come un essere umano. O quasi.»
«Plagg…»
«Mio caro signore» dichiarò il candelabro, balzando sul materasso e aprendo le braccia e sorridendo affabile: «Mio caro signore…»
«Lo hai già detto.»
«Volevo ribadire il concetto.»
«Che vuoi?»
«Non posso essere venuto qui ad ammirare la vostra bellezza? Il vostro meraviglioso aspetto mattutino…» Plagg si fermò, inclinando la testa metallica e sorridendo: «il vostro pelo è tutto arruffato, signore.»
«Che vuoi, Plagg?» domandò Adrien, sistemandosi il colletto della camicia e fissando il proprio riflesso nello specchio che dominava la sua camera, notando come la sua concezione di sé fosse cambiata: da quanto tempo si specchiava senza sentire il bisogno di spaccare il suo riflesso? Da quando aveva iniziato ad accettare ciò che era?
Un piccolo sorriso gli piegò le labbra, mentre dava un’ultima occhiata a se stesso e si voltò per prendere la giacca e infilarla con qualche difficoltà, osservando Plagg saltellare qua e là per la stanza fino a raggiungerlo: «Mio signore, mio principe» iniziò il servitore, mentre allungava i bracci e prendeva un lembo della giacca, tenendolo fra gli arti metallici mentre Adrien si allungava all’indietro per infilare la zampa all’interno: «Vorrei ricordarle i bei tempi andati, quando il castello era al suo massimo splendore e noi servitori impiegavamo tutto il nostro tempo per rendere questo posto la più sublime perla…»
«Questo discorso ha un fine, Plagg?»
«Tempi in cui i nostri saloni erano liberi dalla polvere, dove la musica risuonava in ogni stanza…»
«Plagg.»
«E le cucine erano impregnate dei profumi più dolci e invitanti…»
«Cosa vuoi, Plagg?»
«Stavo pensando che forse, e ripeto forse, potremmo fare qualcosa: un piccolo soirée per voi e madamoiselle Marinette, qualcosa per allietare la vostra serata e coccolarvi con delizioso cibo e il vino migliore della nostra cantina, accompagnando il tutto con della dolce musica e…»
«Fate quel che vi pare.»
«Oh» Plagg si fermò, i bracci aperti e lo sguardo leggermente sorpreso: «E’ stato così facile? Pensavo di dovervi pregare un po’ di più.»
«Ti conosco e so che mi avresti tormentato finché non ti avrei detto sì. Non è per farti contento, è per risparmiare tortura alle mie orecchie.»
«Padrone, riuscite ogni volta a sorprendermi.»
«La missione della mia vita.»
Plagg l’osservò mentre usciva, lasciandolo solo nella camera e lo sguardo del servitore si posò sulla rosa: «Voglio sperare che tutto andrà per il meglio» mormorò, voltandosi poi verso lo specchio e vedendo la superficie vibrare: «Non tanto per me o per tutti gli altri, quanto per quel ragazzo…»
«Non sei l’unico a pensarla così, Plagg.»
«Voglio che sia felice. Se lo merita dopo tanta sofferenza. Non credi, Fu?»
«Non potrei usare parole migliori delle tue, Plagg» dichiarò lo specchio, facendo vibrare appena il riflesso: «E adesso vai, rendi questa serata memorabile per i nostri due giovani innamorati.»


Plagg osservò la servitù riunita nella cucina, marciando davanti a loro come se fosse stato un generale di un esercito, pronto a fare un discorso di incoraggiamento prima della grande battaglia: «E’ stata dura, ho dovuto usare ogni oncia della mia sagacia ma alla fine il padrone ha ceduto dichiarò ad alta voce, l’orgoglio che trapelava da ogni lettera, tanto era fiero di aver portato a termine quell’impressa: «E se questo vuol dire che l’ho tormentato fino a che non ha detto sì…» si fermò, annuendo soddisfatto. «Ebbene sì, l’ho fatto.»
Wayzz, al suo fianco, sospirò e si torse le mani metalliche l’una con l’altra: «Sei veramente sicuro, Plagg?» domandò, cercando con lo sguardo l’appoggio del resto della servitù: «Veramente sicuro?»
«Mio caro Wayzz…» Plagg si fermò, scuotendo il capo di cera e inspirando profondamente per quanto il suo corpo metallico glielo permettesse: «Se non facciamo qualcosa, madamoiselle Marinette – l’unica, vorrei rammentarti, che può spezzare la maledizione di questo luogo – scoprirà della nostra piccola bugia sul padre e se ne andrà…»
«Forse perché, fin dall’inizio, non dovevate mentire alla ragazza» commentò Tikki, sbuffando e facendo vibrare il coperchio: «Quella poveretta si preoccupa ogni giorno per il padre malato…»
«Non è che il padrone mi avesse dato molto materiale su cui far leva per far rimanere la ragazza» bofonchiò Plagg, incrociando le braccia: «Insomma, la spaventa e le ringhia contro. Un comportamento affascinante, non credi?»
«E dovevate per forza mentirle?»
«Abbiamo omesso un piccolo particolare, Tikki.»
«Omesso un piccolo particolare?» sbottò la teiera, sbuffando vapore da ogni apertura e avanzando minacciosa verso il candelabro: «Vuoi che ti sputi tutto il vapore in faccia?»
«No, grazie, ma chére» mormorò Plagg, sorridendo affabile e poi battendo i bracci fra di loro: «Forza. Forza. Forza. Abbiamo un castello da mettere a lucido, una cena da preparare, una sala da sistemare…» Plagg indicò Flaffy, che fluttuava a mezz’aria: «Mio giovane amico, usa tutti i piumini di questo posto e togli la polvere da ogni cosa. Tikki…»
«Per la cucina lascia fare a me. Monsieur Remier ed io creeremo la cena più buona che questo posto ha visto.»
«Wayzz, mio caro amico, va a svegliare Nooroo e dirgli di esercitarsi come quando era un giovane allievo della scuola di musica e poi inizia a coordinare i lavori nella sala da pranzo: sai come sono i piatti e i tovaglioli, sempre pronti a far rissare fra di loro.»
«Dovremmo preparare un abito per Madamoiselle Marinette» commentò Flaffy, girando su se stesso: «Avviso subito Mikko! Sono certo che creerà l’abito più bello.»
«E tu, Plagg?»
Il candelabro si voltò al richiamo dell’orologio da tavolo, sorridendo all’amico e muovendo i bracci con fare elegante: «Io cosa, mio caro amico?»
«Cosa farai?»
«Oh, molto semplicemente, mi dedicherò a creare una coreografia con i fiocchi e controfiocchetti.»
«Coreografia?»
Plagg sorrise, passando un braccio metallico attorno alle spalle dell’amico e alzò l’altro verso il soffitto: «Vedrai, Wayzz, vedrai» dichiarò, ridacchiando dei suoi stessi pensieri: «Il piano ‘Stia con noi’ sarà qualcosa di assolutamente epico.»


La carrozza davanti l’imponente edificio dalle pareti candide che dominava la piccola piazza antistante, ove la fontana creava giochi con i suoi zampilli: Chloé scese velocemente, non appena il predellino fu sistemato e uno sbuffo di vapore annunciò il suo arrivo a Tours, mentre dietro di lei Sabrina arrancava per scendere anch’essa.
La ragazza si guardò attorno, stringendo i lacci della borsetta mentre le labbra si piegavano in una smorfia di disappunto: avevano percorso lentamente la strada fra Parigi e Tours, impiegando molto più tempo di quello canonico, ma non aveva trovato il luogo ove Marinette era andata.
Da nessuna parte aveva trovato un’abitazione o una bettola.
Eppure sapeva che doveva essere lì, doveva essere in un punto fra Parigi e Tours.
«Torniamo indietro» dichiarò decisa, voltandosi verso il cocchiere e vedendolo immobilizzarsi nell’atto di scendere, una gamba che penzolava nell’aria mentre l’altro piede era fermo sullo scalino, lo sguardo sorpreso rivolto verso di lei: «Torniamo a Parigi.»
«Ma, madamoiselle, dobbiamo fare rifornimento di vapore e…»
«E allora fallo! Cosa stai aspettando?» domandò stizzita lei, stringendo le labbra e guardandosi attorno con disappunto, calamitando la propria attenzione su una piccola saletta da the non molto distante: «Vado a prendermi un the. Non appena sarò di ritorno, partiremo.»
«Ma, madamoiselle…»
«Andiamo, Sabrina.»
Sabrina annuì, chinando appena la testa e seguendo la bionda verso il locale che aveva adocchiato, mentre dietro di loro il cocchiere scendeva e si toglieva il cappello, fissando sconvolto prima le due e poi la carrozza.
 

Marinette si tolse i guanti di cuoio, mentre percorreva i viali del giardino dove Adrien l’aveva accompagnata pochi giorni prima e sorridendo alla vista della figura solitaria del padrone di casa che, immerso nella lettura di un libro, sembrava completamente ignaro della sua presenza; si fermò poco distante da lui, osservando il volto dai lineamenti umani, ma deturpato dalle cicatrici e dalle tracce nere che lo solcavano, le orecchie feline e meccaniche si muovevano a scatti e Marinette si domandò, per l’ennesima volta, come esse erano collegate al resto del corpo: aveva già notato come i collegamenti del braccio non fossero convenzionali e ipotizzava che anche la gamba meccanica presentasse gli stessi, ma le orecchie…
Quelle orecchie di metallo nero, che sembravano muoversi esattamente come quelle di un gatto, la incuriosivano e non poco.
Adrien si portò la zampa animale al volto e la ragazza sorrise, inclinando la testa e fissando intenerita quel giovane dal cuore d’oro, che era un miscuglio di umanità, meccanica e bestialità, chiedendosi come avesse fatto a trovarlo mostruoso la prima volta che l’aveva incontrato: non era passato tanto tempo, eppure la sua concezione di lui era profondamente cambiata.
Adesso davanti a lei non c’era più un mostro che la terrorizzava, ma un giovane che l’attraeva.
«Le-lettura interessante?» domandò, incespicando un po’ sulle parole e avvicinandosi, mentre Adrien alzava la testa e le regalava un pigro sorriso che arrivò agli occhi verdi e luminosi: come, come, come aveva fatto a considerare quel ragazzo un mostro?, si domandò nuovamente Marinette mentre si accomodava al suo fianco e l’osservava chiudere il tomo e poggiarlo sulla panchina, fra di loro.
La ragazza inclinò il capo e sorrise al titolo: «Parigi nel XX secolo» mormorò, allungando una mano e carezzando la copertina di pelle, indugiando sulle lettere che avevano perso un po’ del loro colore dorato: «Mio padre me lo leggeva da piccola…» bisbigliò, alzando timidamente lo sguardo e incontrando quello ora vigile e attento di Adrien: «Forse ho sviluppato questa passione per la meccanica proprio per le letture della buonanotte di mio padre.»
«Perché leggere di principesse che venivano salvate, quando puoi narrare questo a tua figlia?» domandò Adrien, storcendo le labbra in un smorfia divertita: «E’ scoppiato qualcosa oggi?»
«Con somma gioia di Vooxi no.»
«Il mio maniero è salvo per un altro giorno, allora» dichiarò Adrien, voltandosi verso l’abitazione dalla quale provenivano le chiacchiere gioiose della servitù e ancora si domandava come Plagg fosse riuscito a convincerlo a concordargli il permesso per qualsiasi cosa aveva in mente di fare: lo aveva visto saltare qua e là per il castello tutto il giorno, Tikki era sfrecciata sul suo portavivande per ogni piano e l’aveva sentita confabulare con Mikko riguardo a ciò che Marinette avrebbe indossato, Wayzz aveva invece coordinato i lavori di pulizia aiutato da un Flaffy decisamente ben motivato e il buon caro vecchio Nooroo aveva nuovamente riempito le stanze con la sua musica.
«Si stanno divertendo?» domandò Marinette, voltandosi verso il complesso principale del maniero e sorridendo: «Più del solito, devo dire.»
«Stanno combinando qualcosa per stasera» le spiegò Adrien, inspirando profondamente: «Stamattina Plagg ha iniziato a blaterare e blaterare, gli ho dato il permesso solo per zittirlo» si fermò, mentre lo sguardo si calamitava verso il basso e si posava sulle sue mani di natura diversa: «Immagino che sia divertente, per loro, avere qualcosa da fare che non sia occuparsi di me.»
Marinette strinse le labbra, allungando una mano e posandola timidamente sopra quella di Adrien e sorrise quando lui alzò lo sguardo, una luce sorpresa negli occhi verdi che, leggermente, sgranati la fissavano: «Loro ti vogliono bene» gli bisbigliò, alzando la mano e sfiorando con le nocche la tempia di lui, seguendo i contorni della cicatrice e scivolando lungo lo zigomo, sorridendo appena quando Adrien inclinò un poco il volto e socchiuse gli occhi, quasi come se si stesse godendo appieno quella carezza: «Non li ho mai sentiti lamentarsi di te, non li ho mai sentiti parlar male di te: i tuoi servitori di adorano e ti vogliono bene, Adrien.»
«Dillo ancora» bisbigliò Adrien, voltando appena la testa e inspirando il profumo della pelle di Marinette: «Ti prego, dillo ancora.»
«Cosa?»
«Il mio nome. Lo dici raramente.»
«A-ancotu» bofonchiò la ragazza, scuotendo la testa e inspirando profondamente: «A-anche t-tu.»
«Cosa?»
«Anche tu non dici mai il mio» mormorò Marinette, stringendo le labbra e chinando appena la testa, sentendo il coraggio che aveva usato per dire quelle parole scivolarle via e sentendosi stupida per essersi lamentata di una cosa del genere: tirò via la mano e si alzò di scatto, incespicando appena sui suoi stessi piedi, ma rimanendo miracolosamente in equilibrio: «Vado nella mia camera» mormorò, annuendo alla sua stessa decisione e allontanandosi di pochi passi.
«Marinette» La voce di Adrien la fermò e lei sorrise, sentendo il proprio aumentare i battiti e quasi dolerle nelle cassa toracica; si voltò, osservandolo ancora seduto e rimase in attesa, mentre lo sguardo di lui vagava ovunque e, alla fine si posò nel suo: «Non vedo l’ora che sia stasera, Marinette.»
«Anche io, Adrien.»

 

   
 
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