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Autore: paige95    28/09/2017    4 recensioni
Una flebile e familiare vocina aveva riportato Ron dai suoi amici. Ma la rabbia e la frustrazione alimentate da quell'abbandono non erano svanite con il ritorno del ragazzo.
Il perdono doveva conquistarlo.
Dedicata con grande affetto a HarryPotter394 e Longriffiths
Genere: Fantasy, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Ti prego, perdonami!

 


Intere notti a piangere e altrettanti giorni a pregare.
 
Queste erano diventate le uniche e disperate attività di Hermione Granger.
 
Stava male, un dolore lancinante le opprimeva il petto. Nonostante ciò, le lacrime non avevano nemmeno più voglia di scorrere, si ribellavano, non consentendole di sfogare tutta quella sofferenza e di ridurre quel pesante macigno che minacciva di imploderle nel cuore. Erano finite? Aveva esaurito ogni singola scorta?
 
Le aveva lasciato proprio un bel regalo quel bastardo che portava il nome di Ronald Weasley.
 
Anni di amicizia, ma soprattutto di amore serbato nel cuore, e lui in un secondo era stato in grado di rovinare tutto, di spezzare quell’affetto, di gettare acqua su quel fuoco. Era così dannatamente bravo a farsi scivolare dalle mani ogni raggio di sole che splendeva nella sua vita e lui nemmeno se ne accorgeva di quel buono che perdeva, talmente era concentrato sul suo ego. Ormai lei aveva davvero perso ogni speranza nel loro lieto fine.
 
Ma davvero lei aveva iniziato a fidarsi di lui? Era forse diventata stupida all’improvviso?
 
Infondo la ragione l’aveva persa sul serio e l’artefice di tutto era stato l’Amore, quello vero, quello sincero, quello puro. Lei lo aveva sempre considerato tale e qualche spiraglio di quello stesso sentimento lo aveva intravisto anche negli occhi di lui. Possibile fosse stata così cretina da sbagliarsi?
 
L’amore la stava rimbecillendo, mostrandole realtà inesistenti, mondi remoti, solo fantasmi, che con il tempo si erano insinuati nei suoi sogni più belli, per poi scivolare nei suoi incubi peggiori.
 
Quegli occhi smeraldo l’avevano ammaliata, incantata ed incatenata alla sua anima, forse per sempre, perché lei era convinta che non si sarebbe mai più innamorata di qualcun altro come di quel Weasley.
 
Non aveva mai avuto il coraggio di esprimere a parole il suo amore, ma pensava e sperava che venisse inteso, e invece l’unica ad aver capito quale fosse la cruda realtà era lei. Tristemente la sua mente e il suo acume avevano colpito ancora, affondandola negli abissi più profondi dell’anima.
 
Lei infondo era un’anima fragile, ​solo in apparenza forte e battagliera e per questo tipo di spirito la debolezza più grande era l’Amore, l’incantesimo più potente che si potesse generare, proprio perché non vi era alle spalle alcun insegnamento teorico, esso si percepiva sulla pelle, penetrava nelle ossa fino a mettere le radici più profonde nelle mente e nel cuore. E volente o nolente si doveva sottostare al suo volere, senza ribattere, senza alcun tipo di ribellione, perchè solo una rispettosa obbiedenza e un propizio assecondamento potevano far sperare in qualche grammo di felicità.
 
Ron non aveva dato la possibilità al loro amore di fiorire, aveva abbondonato quelle radici, lasciandole morire senza alimentarle e proprio quella aridità che si era creata dentro di lei, l’aveva spinta a provare non solo amore nei suoi confronti, ma anche odio per quel gesto così insensato e menefreghista. Sembrava davvero aver rotto quel patto così implicito, lasciando addosso a lei tutte le conseguenze del caso, senza offrirle la possibilità di ribattere e di opporsi a quell'autonoma ed egoistica scelta.
 
Era tornato come se nulla fosse accaduto, con la speranza di essere accolto a braccia aperte da quella ragazza che per lui era morta dentro. Non aveva calcolato però di quanto il loro rapporto potesse essere cambiato, di quanto si potesse essere inclinato e forse irrimediabilmente.
 
L’aveva supplicato di non andarsene, di non lasciarla in una situazione così delicata. Gli aveva urlato dietro con la speranza di riportarlo sulla retta via, infondo non era così sicura che lo avrebbe rivisto. Ma lui non si era messo una mano sul cuore udendo quei disperati pianti, perché sul petto vi era un dannatissimo medaglione, Portatore di Morte, desideroso di insinuare odio persino nel più puro dei cuori, risvegliando i timori e i rancori più oscuri.
 
Nonostante la consapevolezza che la volontà di quel ragazzo fosse in parte sotto il giogo di quello spietato Horcrux, lei non riusciva a perdonarlo, a tornare ad avere la giusta percezione di lui e a fidarsi ciecamente.
 
Erano vani tutti i tentativi di parlarle, di provare a spiegare le sue banali ragioni, perché non era intenzionata nemmeno ad ascoltare, a restare sola con lui un attimo di più, oppure semplicemente a guardarlo negli occhi con la convinzione o la certezza di perdersi nelle sue menzogne. Erano solo vani tentativi di recuperare un rapporto che ormai si era irreversibilmente spezzato.
 
Vi era solo una flebile gioia nel cuore della ragazza, una dannata felicità di averlo rivisto sano e salvo, almeno un’ultima volta prima della loro fine quasi certa.
 
 
 
 
 
 
Una triste e solitaria sera, tetra come tante, ma colma di pensieri e di lacrime, la spinse a far la ronda lontano dal loro rifugio. La luce della Luna brillava sul suo pallido volto, trasformando quei silenziosi rivoli di sale in catene d’argento, che con una forte morsa la imprigionavano al suo Destino.
 
Pensò a pochi brevi istanti di gioia per combattere quella frustrazione e quella rabbia così genuine che non erano provocate da alcun maledetto Horcrux.
 
Sentì il suo cuore liquefarsi sotto i fendenti colpi del Dolore, della Paura e dell’Amore, ormai diventati per la giovane strega assidui e fedeli compagni di viaggio.
 
Un deciso rumore dietro ad un cespuglio la spinse ad impugnare con maggiore presa la sua bacchetta. Quello stesso cuore, così provato, iniziò a pulsare più velocemente nella gabbia toracica, minacciando di esplodere. Non sentì altro sussulto se non il suo pesante fiato a contatto con la gelida e pungente atmosfera.
 
Non osò muovere nemmeno un muscolo per timore di compiere un passo falso, che avrebbe potuto segnare la sua fine.
 
Qualcosa o qualcuno si affacciò timidamente dagli arbusti. Splendeva di luce propria, un’aura celeste lo circondava.
 
Hermione abbassò la bacchetta e con essa anche le difese. Un timido musino sbucò allo scoperto. Era un Jack Russel Terrier e lei avrebbe riconosciuto quel Patronus tra miliardi. Quella meravigliosa e incantevole luminosità si avvicinò a lei e la fissò negli occhi con dispiacere. Giurò di vedere correre per quelle animalesche guance una definita lacrima, che si staccò e si dissolse prima di raggiungere il suolo innevato.
 
Si chinò per arrivare alla sua altezza e scrutarlo meglio e più da vicino. Le parve di intravedere, in quel quasi onirico attimo quegli occhi a lei tanto cari comparire su quel volto canino. La tentazione della ragazza fu quella di accarezzarlo, di sfiorarlo, ma temeva che potesse scomparire e lei stava così bene con quel turchino calore che l’avvolgeva, la illuminava, la faceva sentire protetta e amata. Non avrebbe provato a toccarlo, ma solo ad ammirarlo con riverenza e rispetto, come avrebbe fatto verso qualunque altra creatura magica, anche se quella, nello specifico, custodiva in sé qualcosa di umano.
 
Solo due parole tra i denti battenti e le labbra lievemente violacee riuscì flebilmente a pronunciare.
 
“Grazie, Ron”
 
Quando quella dolce voce raggiunse quei grandi padiglioni auricolari, il cane allungò una zampa, facendola strusciare sull’umido terreno e chinò il capo in segno di cortesia. Si voltò e tornò a nascondersi dietro a quell’alto cespuglio, scomparendo alla sua vista.
 
Si soffermò qualche minuto sul punto in cui si era dissolto quel Patronus così reale e così speciale, che aveva ravvivato nella ragazza una fiammella di gioia, rischiarando quel buio così fendente del bosco e del suo cuore.
 
Si alzò, asciugandosi qualche piccolo granello di sale rimasto appena sotto i suoi occhi. Le sue pupille si erano dilatate e le sue iridi erano tornate di quel solito vivo color nocciola, una tonalità che fece fatica a riscoprire negli ultimi giorni.
 
Ritornò a passo sostenuto verso la tenda, aveva voglia di vederlo e forse perdonarlo? Forse. O forse no. Ma non poteva rimanere indifferente a quello che era appena successo e a ciò che aveva smosso in lei quel dolce pensiero.
 
Lo trovò seduto all’ingresso con lo sguardo perso nel vuoto e le mani intende a giocare con un legnetto secco, che fungeva da improvvisato passatempo.
 
Rimase ad osservarlo in silenzio con un impercettibile sorriso sulle labbra.
 
Solo la voce dell’amica lo riscosse dai pensieri in cui era immerso, riportandolo tra i comuni mortali.
 
“Ronald”
 
Mantenne un tono distaccato, ma allo stesso tempo soffice e carezzevole.
 
Lui alzò lo sguardo, diventando leggermente rosso in volto.
 
“Devo farti i miei complimenti, padroneggi egregiamente l’Expecto Patronum”
 
Il ragazzo non si aspettava una simile considerazione.
 
“Ho avuto una buona maestra” distolse lo sguardo da lei e con un sospiro tentò di proseguire “Sai, dopo che tutto questo sarà finito, se mai finirà e se mai noi ne usciremo, mi piacerebbe provare a diventare un Auror. Credi che possa avere qualche possibilità?”
 
Hermione si sedette accanto a lui. Era dal suo ritorno che non condividevano lo stesso spazio per così tanto tempo e così a stretto contatto.
 
“Solo qualche?”
 
Le sorrise.
 
“Io non sono come te, Hermione, non ho mai aspirato a grandi risultati” si voltò verso di lei con l’intenzione di catturare il suo sguardo e rimase piacevolmente sorpreso quando si accorse che gli occhi di lei erano già puntati su di sé e lo ascoltava con attenzione “Però, da quando ti conosco, sento di essere cambiato. Migliorato. Sento di riuscire in imprese che ho sempre considerato per me irraggiungibili”
 
“Ci sei mancato, Ron. Mi sei mancato tantissimo” si perse in quegli stessi smeraldi, visti poco tempo prima su un volto e in circostanze differenti, ma si imbarazzò, tentando di sviare il discorso e correggersi “C-ci sono davvero mancate le tue doti magiche”
 
“Sono stato un idiota. Hermione, so di non meritare più la vostra fiducia, ma consentimi almeno di dirti quanto mi dispiace e quanto mi sia sentito terribilmente in colpa”
 
La ragazza fece vagare lo sguardo difronte a sé, non sapeva cosa rispondergli, ma era pienamente consapevole della sincerità di quelle parole, percepiva la purezza del suo cuore.
 
“Cosa ti ha fatto pensare che avessi bisogno del cane da guardia, stasera?”
 
Lei trattene un sorriso, mentre lui era estremamente serio, temeva di aver mosso una pedina sbagliata con quel gesto.
 
“Non hai gradito?”
 
“Sei troppo insicuro, Ron. Per forza che poi tutte preferiscono il Prescelto”
 
Lo canzonò amichevolmente e si accomodò sulla sua spalla a braccia conserte.
 
“Tutte tranne me”
 
Il ragazzo intravide una leggera speranza di perdono in fondo a quell’immenso e oscuro tunnel.
 
 
 
Spazio dell’autrice

Ciao a tutti ragazzi!
Mi è uscita così di getto, non ho la più pallida idea di come mi sia venuta, ma, da buona fan della Romione, la mia prima OS di questo Fandom non poteva che essere dedicata ai miei amorini *.*
Grazie a tutti coloro che sono passati a leggere questa breve storiella e spero abbiate gradito 😉
​E se mai un giorno la leggerete, spero che a
Longriffiths e HarryPotter394 sia piaciuta almeno un po', una dedica speciale a voi per tutto il supporto che mi date, siete fantastiche ragazze!! <3 <3
Alla prossima 😊
Baci
-Vale
   
 
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