Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Alison92    28/09/2017    0 recensioni
Susan Winter, ventitreenne dal travagliato passato e da un presente senza attrattive, viene lasciata in tronco dal suo fidanzato Henry. Senza più un lavoro, rimasta sola nella sua grande città e priva di uno scopo per il quale andare avanti, Susan comprende che per lei è arrivato il tempo di ricominciare.
Non crede più nell'amore, non confida che qualcuno possa cambiare la sua situazione, ripartire da sé stessa è l'unico modo che ha per riprendere in mano la sua vita che l'ha trascinata lontano da qualsiasi gioia.
In biblioteca: è qui che Susan intravede la sua opportunità, fra gli scaffali polverosi e nei volumi che fin da piccola aveva adorato.
Fra lettere mai inviate, opportunità sfumate e vecchi sentimenti che non hanno mai abbandonato il suo cuore, Susan incontra le uniche due ancore di salvezza che possono condurla alla felicità: l'amore e la speranza.
"Lettere a uno sconosciuto", quella che reputa una curiosa trovata della biblioteca cittadina per attirare nuovi visitatori, le concede l'opportunità di cambiare vita, di far pace con se stessa e di scoprire che l'amore non è solo una fievole fiamma destinata a spegnersi.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ashley l’aveva invitata a casa sua, il giorno seguente. La sua cucina poteva non essere al pari di quella di Felix, ma il suo primo rimaneva superbo.
-Credo che sia stato incredibilmente tenero da parte sua.
Susan non aveva tardato a raccontarle tutto, era partita dalla parte peggiore per giungere alla migliore. Ashley si era subito offerta di ospitarla in casa sua, di aiutarla e portarla ovunque volesse.
-Sto bene Ash, davvero.
Era stata la sua unica risposta. Ashley si era accontentata, ma aveva insistito per portarla fuori per l’intera giornata. Le supposizioni di Felix erano reali, Susan aveva acquistato un timore nei confronti delle automobili.
L’inverno era infine giunto. Il freddo di quel giorno aveva spinto molti a restare in casa e il parco cittadino, solitamente affollato da famiglie, adolescenti e anziani, era insolitamente vuoto. Gli alberi avevano perso quasi tutte le foglie morenti e secondo le previsioni, quell’anno avrebbe anche nevicato.
-Da piccola ci venivo spesso con Jane. Lei adorava i parchi, l’aria fresca e l’erba cosparsa di rugiada.
Ashley sorrideva, ma la nota malinconia nella sua voce era palese.
-Adesso, non riesco più a vederla correre felice qui come un tempo.
-Non riesci perché credi che lei non sia più felice.
Ashley la guardò, forse non comprendendo le parole di Susan. Per lei, il concetto di morte era direttamente proporzionale a quello di sofferenza e malinconia eterna. Le anime in pace non esistevano, Susan stessa aveva trovato difficoltà a scorgere un lato differente della perdita di qualcuno. La donna sull’asfalto, aveva cominciato a perseguitarla nei suoi incubi. Ora, il posto accanto a suo padre, nella macchina bianca di cui andava fiero, era occupato dalla donna, con le orecchie gocciolanti e gli occhi irrimediabilmente sigillati.   
-Ma lei lo era, felice. Era felice mentre io piangevo, perché voleva che io fossi forte.
Susan annuì e non rispose, era meglio lasciare i morti alle loro tombe e ai ricordi. Il parco non era l’unico luogo dove Ashley la trascinò. Secondo lei, per ritrovare il “contatto con la natura”, non c’era posto migliore di una foresta. Ashley si recava sovente nel boschetto di Stanton, a solo nove chilometri di distanza dalla città. Era un luogo quasi surreale e qualche leggenda di poco conto era nata fra quei rami contorti e la nebbia onnipresente. Tuttavia, era frequentato raramente a causa del percorso intralciato da tronchi e rami. Susan non era mai stata in quella foresta, sua madre ne aveva il terrore quando, da piccola, le era stata raccontata la storia di un fantasma che percorreva quei sentieri lugubri. Lei, oltre il negozio di dolciumi sulla strada opposta alla sua, non aveva mai osato andare. Non perché le fosse impedito, ma Susan non aveva mai voluto conoscere cosa si trovasse “oltre”. Adesso, rimpiangeva di non aver alimentato il suo animo con la curiosità di comprendere meglio la sua realtà. Ashley invece, amava le foreste, il verde dei prati e le alte chiome che s’impadronivano del cielo. Che alla sua amica la vegetazione era sempre piaciuta, lo si poteva ben comprendere dalle numerose piante e fiori che teneva gelosamente per casa. Il giardino di Ashley era adorno di piante di ogni specie, con l’aggiunta di qualche fiore tropicale e Susan non aveva mancato a chiedersi come potessero sopravvivere piante abituate a climi tanto caldi, nella fredda città piovosa.
Non c’erano panchine, non era lastricata la stradina che conduceva all’interno della foresta e non erano state istallate fonti d’illuminazione o cartelli d’avvertimento. Non era stato difficile comprendere che il paradiso verde non era mantenuto nel migliore dei modi. Un cartello pericolante indicava il nome della foresta, ma non diceva molto altro.
-Avanti, vedrai.
La incoraggiò Ashley dopo aver visto l’espressione dubbiosa e timorosa di Susan. Non poteva che dare ragione alla sua amica, la foresta era un luogo raro e mistico, nulla a che vedere con le foto scattate con perfetta luce e risoluzione che ogni tanto ammirava su internet. La sua pelle poteva sentire le foglie frusciare e il vento dimenarsi. Nonostante strati di cotone e la salopette chiara di tessuto pesante, avvertiva ogni minimo sussurro bisbigliare sulla sua pelle e scavarle dentro, alla ricerca delle sue emozioni nascoste. La luce filtrava dalle cime degli alberi e non era facile destreggiarsi fra i tronchi a terra e i piccoli rami scricchiolanti.
-Una volta provai a correre in questo bosco, armata di abiti comodi e cuffie alle orecchie. Sono inciampata e mi sono procurata una brutta storta. Da quel momento, ho compreso che non era il luogo migliore dove praticare attività sportive.
Susan rise al pensiero di Ashley che tentava di evitare ogni minimo ostacolo, ma che infine era stata battuta dalla foresta e si era ritrovava a giacere per terra.
-Beh, almeno tu hai mai provato a correre, al contrario di me.
Ashley alzò le spalle e si accostò allo spesso tronco di un albero forse secolare.
-Il fisico non è tutto, non se non possiedi gli abiti adatti per mostrare quanto sangue hai buttato per ottenere quel risultato. Certo, puoi anche farlo per te stessa, ma lascio questo a chi ha più caparbietà di me e un metabolismo più lento del mio.
L’aria fra quel tripudio di alberi era frizzante e invernale, ma Susan non si curò del clima, la sua attenzione era rivolta alla natura attorno a lei. Si sedette su una sporgenza rocciosa, viscida a causa della presenza del fitto muschio che guarniva il boschetto. Ashley era a pochi passi da lei, contro il tronco sul quale crescevano pigramente dei funghi.
-Abbiamo già passato la metà del mese, mi sembra che il tempo sfugga.
Erano passati due mesi da quando aveva bruciato la lettera che Henry non avrebbe mai letto. Le cose erano cambiate, in un arco così breve di tempo la vita di Susan era mutata incredibilmente.
-Dove sono i tuoi genitori, Ash?
La ragazza si voltò verso di lei, stupita dalla domanda improvvisa.
-Chi può saperlo? Forse sono a New York oggi, domani potranno essere a Londra, ma non sono mai qui.
Susan avrebbe potuto dire la stessa cosa di sua madre, intraprendente e vogliosa d’esplorare il globo. Dov’era adesso? Non si sentivano da giorni e Susan non aveva molta voglia d’intrattenersi al telefono con lei.  
-Ash, chi hai oltre me?
Lei aprì la bocca con aria sicura, pronta a menzionare una sfilza di nomi, forse di conoscenti, vecchie cugine e amici d’infanzia, magari qualcuno che lavorava presso il suo stesso capo. Ashley rimase però in silenzio, non nominò nessun possibile amante, o qualche amica su cui sentiva di poter sostenersi.
-La solitudine è qualcosa di terribile.
Disse infine, dopo aver inutilmente cercato qualche nome o qualche cognome, anche solo un volto amichevole.
-Lo so.
Susan si accostò a lei e le circondò le spalle con le braccia. I capelli lisci e biondi le coprivano il capo chino e i suoi occhi chiari fissavano le scarpe firmate da chissà quale importante stilista. Le foglie attorno a loro vibravano, fra i colori sempreverdi e quelli ormai appassiti da settimane. Rimasero nel bosco di Stanton per due ore, poi per Susan era arrivato il momento di guadagnarsi con il sudore ciò che ad Ashley non era mai mancato.
Adair Caldwel non le aveva fatto subito un’ottima impressione. Con i riccioli ramati che gli ricadevano sul volto, gli occhi grandi e azzurri da perfetto innocente, le numerose lentiggini che gli tempestavano le guance e la statura media, appariva un’incolpevole creatura celeste. Quando fece cadere il suo pesante vassoio per la seconda volta, Susan sospirò alzando gli occhi al cielo. Aveva solo un anno in meno rispetto a lei, ma in quanto a forza ed equilibrio, Susan non poteva che essere migliore. Per quanto fosse sempre stata sbadata, Adair la superava di gran lunga.
-Mi dispiace, devo solo abituarmi.
Lei annuì e Rachel le rivolse uno sguardo comprensivo. Infondo, era certa che anche lei non era stata perfetta i primi giorni. Nonostante la sua inesattezza, grazie all’aiuto di Adair quella serata sembrò durare di meno.Si sarebbero divisi i turni all’ora di pranzo e avrebbero collaborato assieme alla sera. Thomas Waterson le aveva garantito che il suo compenso mensile non sarebbe variato di molto, il ristorante stava riscuotendo un moderato successo nella zona e i guadagni erano ottimi. Anche quel mese, avrebbero chiuso con un profitto oltre le previsioni d’inizio stagione. Mancavano ancora poco meno di due settimane all’arrivo di dicembre.
Al termine del servizio, Adair indossò la sua giacca in pelle nera e attese che Susan uscisse dal locale.
-Ti va di fare un giro per conoscerci meglio?
Susan stava per simulare una scusa, dire di no al nuovo cameriere dell’EndLand, ma alla fine accettò di buon grado. Quando Adair la condusse verso il luogo dove aveva parcheggiato la moto scura, Susan ci ripensò.
-Non mi fido molto dei motori.
Il ragazzo scoppiò a ridere e qualche ricciolo gli scivolò sulla fronte.
-Non puoi che fidarti di me, Susan.
Sospirò, tirò velocemente fuori il suo cellulare e inviò un breve messaggio a Felix, dove gli diceva che non sarebbe stato possibile per lei andare in stazione quella notte. Parte di lei avrebbe voluto correre lontano dal ragazzo lentigginoso per andare da Felix, d’altro canto avrebbe potuto approfittarne per crearsi un nuovo amico. Adair estrasse due caschi neri e fissò Susan con un vago sorriso sulle labbra.  
-Avanti, passami quel casco.   
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Alison92