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Autore: Alice Elle    28/09/2017    0 recensioni
Un sogno ricorrente.
Un incontro inaspettato.
Quando hai vent'anni, devi avere il coraggio di osare.
Gaia è una ragazza tranquilla, studia all'università, ma ogni notte fa lo stesso sogno e ogni mattina trova un cuscino vuoto ad aspettarla, in cui affogare le lacrime.
Ma oggi andrà diversamente.
Oggi incontrerà lui.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Lo scoprì mezz’ora dopo.
«Te lo chiedo un’altra volta: stai scherzando vero? Saranno più di dieci chilometri!»
«Esagerata! Solo nove.»
«Ah! Allora va bene, certo. Se sono solo nove non c’è alcun problema.»
«Ma davvero sei così pigra? Non si direbbe a guardarti. Sì, hai un bel culo rotondo, ma sembra disegnato con il compasso. Non può essere tutto merito di madre natura.»
Per l’ennesima volta Gaia si sentì le guance andare a fuoco. Con lui era un continuo alternarsi di emozioni: la faceva ridere, la imbarazzava, la irritava, la affascinava e la spiazzava. In un ciclo continuo che la lasciava stremata.
«Devo essere impazzita.» sospirò. «Va bene, andiamo. Spero che ne valga la pena.»
Le sorrise soddisfatto, di nuovo entusiasta come un bambino.
«Vedrai, è bellissimo. Non riesco a credere che abiti qui da più di quattro anni e non sei mai venuta a passeggiare in questo posto. A certe ore del giorno puoi incontrarci tutta la città.»
Gaia si guardò attorno e dovette ammettere che era davvero bello. L’aria era fresca e profumava di erba. Ai lati del camminamento delle mura, piantati nel terrapieno, si innalzavano alti e robusti pioppi che avevano già messo le tenere foglie primaverili.
Il prato che costeggiava la fortificazione sembrava appena tagliato, di un verde intenso. In lontananza di intravvedeva un torrione di pietra, che si ergeva tra la vegetazione.
Daniele le prese nuovamente la mano, come aveva fatto quella mattina, e impresse un ritmo regolare e costante al loro passo.
«Hai mai visto una foto dall’alto della città? O una piantina?»
Lei scosse la testa. Si sarebbe vergognata della propria ignoranza, se lui non fosse apparso così felice di colmare le sue lacune.
«Devi rimediare, sono ancora più belle viste dall’alto, anche se ormai hanno perso la precisione della forma che avevano in origine.»
«Perché? Che forma avevano?»
«Più o meno quella di una stella, ma poi furono in parte abbattute. Vedi da quel lato? Lì c’era il fossato che girava attorno a tutta la città. Era una fortificazione notevole per quei tempi. Ma d’altra parte era la residenza degli Este, una famiglia nobile e potente.»
«Come fai a sapere tutte queste cose?»
«Te l’ho detto, sono curioso, mi piace leggere e studiare, soprattutto le cose che vedo con i miei occhi. Mi piace conoscerle.»
«Fai così solo con le cose o anche con le persone?»
«Con entrambe, anche se con le persone è più difficile. Le cose non mentono.»
L’inflessione triste della sua voce le fece capire che aveva toccato un argomento scomodo, come qualche ore prima, quando aveva accennato alla madre.
Qualcosa le diceva che Daniele non era semplice come voleva apparire, o come i suoi occhi limpidi lasciavano pensare.
«Anche tu menti?» gli chiese.
«No, al massimo ometto. Non è proprio la stessa cosa, giusto?»
«Dipende dai punti di vista.»
Vedendolo aggrottare la fronte, preferì lasciar perdere e cambiò argomento.
«E quel bastione là in fondo cos’è?»
Il ragazzo non se lo fece chiedere due volte e ricominciò a raccontarle della storia e dell’architettura della città, arricchendolo di aneddoti divertenti che la fecero ridere.
Più di un’ora dopo, Gaia era esausta e, anche se si stava divertendo, non vedeva l’ora di sedersi e togliersi le scarpe.
«Manca ancora molto?»
«Ancora un paio di chilometri, ma se sei stanca possiamo tornare a casa.»
Lo guardò inorridita.
«Oh mio Dio! Non ci avevo pensato! Ora dobbiamo rifarci tutta questa strada?»
Daniele scoppiò a ridere.
«Devi proprio iniziare a fare un po’ di sport! Hai ventiquattro anni non novantaquattro. Non puoi essere così distrutta dopo un’ora di passeggiata a passo rilassato.»
«Hey! Io sono una studentessa, passo un sacco di tempo con il sedere attaccato alla sedia e non ho tempo per queste sciocchezze. Il poco tempo libero che ho lo uso per le cose davvero importanti: leggere romanzi e guardare Netflix» gli rispose piccata, scherzando solo in parte. In minima parte.
«Dai pigrona, andiamo a casa mia. È proprio qui vicina. Ti offro un bicchiere d’acqua, ti riposi un po’ e poi ti accompagno a casa in auto. Ma devi giurarmi di non guardare il disordine, non aspettavo visite.»
C’era solo una cosa più stupida di portarsi a casa uno sconosciuto, ed era andare a casa di uno sconosciuto.
Il male ai piedi vinse la battaglia contro la prudenza in due secondi netti.
«Va bene, andiamo.»
 
***
Daniele abitava in una palazzina di cinque piani, ma grazie al cielo abitava al primo, altrimenti sarebbe stramazzata al suolo. Iniziava a prendere sul serio il suo suggerimento di fare più attività fisica. In quel momento si sentiva una cariatide.
«Siediti sul divano e mettiti comoda, ti porto un po’ d’acqua.»
«Fai pure un secchio! Sto morendo disidratata.»
«Melodrammatica!» la accusò ridendo, poi le voltò le spalle ed entrò in un cucinino angusto, mentre lei si accomodava sul divano, che le parve la cosa più comoda su cui avesse mai appoggiato le chiappe. Si tolse le scarpe, sperando che non le puzzassero i piedi, ma le pulsavano troppo e non aveva alcuna intenzione di tenerle un solo secondo di più.
Daniele tornò con una bottiglia d’acqua e due bicchieri e le si sedette accanto.
Poi, stupendola, si chinò per afferrarle le gambe e portarsele in grembo. Stava per protestare quando le tolse i calzini e iniziò a massaggiarle i piedi.
Oh beh, se non importava a lui, non lo avrebbe di certo fermato lei. Era il paradiso.
Aveva le mani calde, che premevano con energia e scioglievano le contratture, le prendeva ogni singolo dito e glielo ruotava con delicatezza, per poi manipolarlo con forza, mandandole delle scariche elettriche su per le gambe.
Dovette mordersi la lingua per non mugolare in modo osceno. Si lasciò scivolare in basso con la schiena, appoggiò la testa al bracciolo e chiuse gli occhi, godendosi ogni istante di quella meraviglia.
Dopo essersi prese cura di ogni centimetro dei suoi piedi, le mani iniziarono a scivolare verso l’alto, accarezzando l’osso sporgente della caviglia e premendo con i polpastrelli sul muscolo contratto del polpaccio, aumentando e diminuendo la pressione, fino a che non le sembrò di avere le gambe fatte di nuvole, invece che di pelle, carne e ossa.
Scivolò nel sonno senza nemmeno rendersene conto.
Si risvegliò lentamente, come quando si riemerge da un’immersione in profondità, la coscienza che riaffiorava piano.
Confusa si guardò attorno, ricordando che non era a casa propria, ma da Daniele. Spiò l’orologio e si accorse di aver dormito per un paio d’ore. Questo la diceva lunga su quanto si trovasse a suo agio in sua compagnia. O su quanto fosse una stupida incosciente. Delle due, l’una.
Guardò in direzione dei piedi, che sentiva belli caldi, e vide che il ragazzo dalle mani d’oro si era addormentato a sua volta, la testa in un’angolazione strana, che non doveva essere per niente comoda.
Con attenzione, ritirò le gambe e si mise a sedere. Poi prese a fissarlo come una stalker. Era davvero carino. Aveva lineamenti regolari e una bella pelle, la bocca era morbida e sensuale, il naso troppo perfetto per trovarsi sul viso di un uomo. Era alto e atletico, il ricordo della sensazione dei suoi muscoli sotto le mani le fece venire caldo. Doveva piantarla, e subito.
«Daniele» lo chiamò piano, toccandogli un braccio.
Senza aprire gli occhi, il ragazzo alzò un braccio e glielo avvolse attorno, stringendola al fianco.
«Dammi dieci minuti» rispose, la voce assonnata.
«Va bene.»
Alla fine non aveva tutta questa fretta… Gli si spalmò addosso e appoggiò la testa nell’incavo tra la spalla e il collo, posandogli la mano sullo stomaco. Mmm…
Era legale che un ragazzo fosse così confortevole? Stava per riaddormentarsi, quando sentì la sua mano accarezzarle la testa, facendo scorrere i capelli tra le dita.
«A te era mai capitata una cosa del genere?» le chiese.
No… non le era mai successo, ma finse di non capire.
«Cosa intendi?»
«Lo sai. Provare questo feeling immediato. Non sono mai stato così bene in compagnia di una ragazza. Mi sembra impossibile di conoscerti solo da poche ore.»
«No.»
«No cosa?»
«Non mi era mai capitato.»
«Quindi lo senti anche tu?»
«Sì.»
«Quindi che facciamo?»
«Non lo so. Tu cosa vorresti fare?»
«Ah, Gaia… continui a lanciarmi l’amo. Prima o poi abboccherò.»
«Magari è quello che voglio.»
Lo sentì trattenere il fiato, mentre gli addominali si contraevano sotto le sue dita.
«Vorrei passare la serata a baciarti e toccarti. Vorrei che passassi la notte qui, con me, e domani mattina andare insieme a fare colazione al Vogue. E ricominciare tutto da capo.»
«Non posso rimanere qui stanotte, ci siamo appena conosciuti.»
Daniele rimase in silenzio qualche istante.
«Fai economia, giusto? Allora dimmi se ho fatto bene i conti. Ci conosciamo da circa dieci ore, giusto? Minuto più minuto meno.»
«Giusto, dove vuoi andare a parare?»
«Sei proprio un’impaziente, eh? Fammi finire. Com’è la regola? Terza base al quinto appuntamento. Se consideriamo che un appuntamento dura in media un paio d’ore, si può dire che è come se noi fossimo esattamente a quel punto, giusto?»
Il suo ragionamento contorto la fece scoppiare a ridere di gusto.
«Sei terribile.»
«Terribile buono o cattivo?»
«Non lo so ancora.»
«Vediamo se riesco ad aiutarti.»
Gaia si ritrovò distesa sul divano, con un fantastico corpo maschile che le premeva addosso e una bocca morbida che le sfiorava le labbra.
Avrebbe dovuto spaventarsi per quella mossa repentina, ma lui si era appoggiato su un gomito, dalla parte dello schienale, lasciandole modo di sgusciare via, se la cosa non le fosse andata a genio.
Inoltre le sue labbra erano delicate e non la stava toccando da nessun’altra parte, come se volesse farle capire che potevano smettere quando lo avesse voluto. Era passionale, ma non aggressivo e la faceva sentire al sicuro.
Gli avvolse le braccia attorno alla testa e iniziò a ricambiare il bacio con foga, la sua delicatezza che agiva come alcool sulla fiamma del desiderio. Schiuse le ginocchia e gli fece spazio tra le proprie gambe, poi gliene avvolse una attorno, per fargli capire che faceva sul serio e no, non voleva fermarsi.
Come se gli avesse dato l’autorizzazione che aspettava, Daniele iniziò a far viaggiare le mani sul suo corpo, toccandola ovunque, sensibilizzando la pelle e facendola impazzire.
«C’è un letto in questa casa?» gli chiese, sfacciata.
Per tutta risposta, lui si avvolse l’altra gamba attorno ai fianchi e, con un colpo di reni, si sollevò dal divano, trascinandola su con sé, come se pesasse nulla. Senza smettere di baciarla, sbattendo ovunque, la portò in camera da letto e la adagiò sulle lenzuola, che sapevano di pulito e di uomo.
   
 
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