Pretty cure Wonder!
Star
fissava il proprio disegno spostandolo in diverse
angolazioni. La sua ultima creazione ritraeva una pretty cure
nell’atto di
colpire qualcosa con un pugno. Le linee regolari, la morbidezza dei
tratti e la
sorprendente somiglianza lo rendevano un ottimo lavoro.
Appoggiò il foglio sul
banco liscio e privo di scritte, contemplando la figura con un gran
sorriso.
Incontrare una leggendaria guerriera era il sogno di buona parte delle
adolescenti e il giorno prima una di loro aveva salvato
l’intera scuola.
«Chissà chi era…»
mormorò assorta, battendo poi le
mani per la contentezza. «Voglio conoscerla!»
appoggiò il mento sui palmi e con
la mente ripensò allo scontro, cercando di memorizzare
alcuni dettagli. Il
vestito azzurro, i capelli blu, la zucca e poi…
«Ohayo.» una
voce gentile la riportò sulla terra, svegliandola dal suo
viaggio nei ricordi.
«Eh? Ohayo…»
riconobbe la ragazza robusta e con gli occhiali del giorno precedente,
ma finse
di sistemare alcune matite dato che ancora non conosceva bene i suoi
compagni.
«Chi ti piacerebbe conoscere? Ti ho involontariamente
ascoltata.» sistemo la borsa viola prendendo posto ad alcuni
banchi di
distanza. La particolarità della ragazza è che
non smise un istante di
sorriderle e di trattarla con gentilezza, nonostante buona parte della
classe
ignorasse entrambe.
«Parlavo tra me e me, tutto qui.» fu la sua
risposta
mentre infilava il disegno dentro una cartellina gialla, usurata dal
tempo.
Quel pomeriggio c’erano le attività del club e
avrebbe chiesto alla presidente
cosa ne pensava. Poiché l’altra aveva smesso di
parlare per fissare un punto
imprecisato, diede uno sguardo alla stanza. Era in stile occidentale,
come
tutto il resto, e dall’aria decisamente aristocratica. Il
banco color mogano e la
sedia imbottita le ricordavano quei salotti che suo padre frequentava
per
lavoro.
Udì la porta aprirsi nuovamente e alcuni studenti
prendere posto. Avrebbe volentieri parlato con loro, ma la timidezza le
impediva di compiere un gesto semplice come il presentarsi.
Appoggiò le braccia
al banco e sotto il gomito spuntò l’angolo del
foglio su cui aveva disegnato la
pretty cure. Sorrise felice, sentendosi nuovamente di buon umore.
Quello era un
buon motivo per rallegrare la propria giornata.
La mattinata era serena, come la precedente, ed il
cielo azzurro. Solo qualche sporadico aereo ne offuscavano la visuale e
alcuni
uccelli di piccola taglia. Tra essi spiccava un falchetto dalle piume
gialle,
che col muso appuntito e lo sguardo sottile scandagliava la zona nei
pressi
dell’accademia.
«Devo trovarlo-bi.» mormorò prima di
scendere di quota
per andare ad appoggiarsi sul ramo di una robusta quercia.
«Sento la sua
energia, ma potrebbe anche essere una trappola-bi.» Con gli
occhi marroni fissò
l’imponente struttura scolastica, in attesa di qualcosa
oppure qualcuno. Fu in
quel momento che una voce attirò la sua attenzione. In un
cortile vide due
ragazze, o almeno supponeva che lo fossero dato che una delle due era
alquanto…
ambigua esteticamente.
«Maeda-san! Dai, vieni con me.» La prima ad aver
parlato stringeva tra le mani un cubo nero con cui sembrava giocare
ogni due
per tre. «Parlerò io con
Tadashi-sensei.» insisteva, tampinando la persona
davanti che continuava ad ignorarla.
«Ie.» fu
l’apatica risposta che ricevette. I capelli biondo cenere,
dal taglio
mascolino, rendevano difficile intuirne il sesso. Ciò che la
individuava come
ragazza era la divisa femminile, seppur portata in modo più
pratico.
«Dai, dai, dai.» accelerò il passo per
trottarle
attorno, come una mosca affezionata ma alquanto fastidiosa.
«Dopotutto è stata
anche colpa mia. Vedrai che troveremo una soluzione.»
sorrideva convinta delle
proprie idee e, a giudicare dall’insistenza, non sembrava
tipo da mollare al
primo colpo.
«Ie.»
ripeté
senza degnarla di considerazione, con gli occhi grigioverdi che
fissavano
davanti a sé senza però vedere nulla.
«Ma tu l’hai fatto per me, lascia che ti
aiuti.»
affiancò l’altra, sperando che la vicinanza la
convincesse ad ascoltarla. Le
rivolse un grugnito scocciato, stufa persino di parlare.
«Verrai con me dal
sensei?» chiese speranzosa, pensando che avrebbe acconsentito
per sfinimento.
Un dito medio fu l’ennesima dichiarazione di declino, ma
l’unico effetto che
ottenne fu uno sguardo perplesso.
«Cosa significa questo gesto?» inclinò
la testa
curiosa, arrivando persino a ripeterlo.
«Che devi andartene a quel paese.»
spiegò laconica e
schietta.
L’uccello da piume gialle era rimasto a guardare la
scena, chiedendosi in che razza di persone fosse incappato.
«Tutto questo è fantastico.» Con la
testa su un altro
pianeta, continuò a dondolare le braccia senza far caso a
chi avesse davanti.
La borsa urtò una persona e, sbilanciata dal movimento, fu
costretta a
lasciarla, facendo volare il suo contenuto ovunque.
«I miei fogli!» Alcuni schizzi finirono sul
pavimento
a scacchiera, bloccando il passaggio di alcuni studenti.
«Sumimasen!» cercò di
sbrigarsi nel raccattare il prima possibile, ma quando stava per
raccogliere la
carta su cui era delineata la guerriera notò una scarpa
sostarci sopra. Essa
era bianca e salendo con lo sguardo vide che apparteneva ad un ragazzo
con i
capelli castani. Gli occhi azzurri fissavano davanti a sé
indifferenti, come se
ciò che gli stava accadendo attorno non lo riguardasse.
«Quello è il mio disegno! Così lo
rovini.» tentò di
tirarlo via, ma inutilmente.
«Tatsumaki!» tuonò la voce di Tsubasa,
ferma davanti a
loro e con un’espressione arrabbiata. «Che cosa
stai facendo?»
«Niente.» fu la laconica risposta. Una studentessa
mora, poco distante da loro, affiancò il giovane che
però parve non farci caso.
«È vero. È stata lei a urtarlo con la
borsa.» indicò
Star ancora inginocchiata a terra. «È colpa
sua.»
«Veramente…» vedendo che tutti la
stavano guardando
abbassò la testa per l’imbarazzo, ma senza mollare
il disegno.
Tsubasa non era tanto convinta di quella versione dei
fatti. Quando era uscita dall’aula aveva visto una ragazza
dalla chioma mossa e
gracilina, che aveva riconosciuto come la nuova arrivata, e
l’ultima persona
che desiderava vedere al mondo. Mani in tasca e giacca appoggiata sulle
spalle
portava con sé la solita aura da “sono il padrone
del mondo”.
«Credo sia il caso che tu te ne vada. Ora.»
precisò,
guardandolo con una profonda antipatia.
«Ostruisci la strada. Spostati.» superò
Duster,
togliendo finalmente il piede dalla carta, e fermò la
camminata a pochi passi
da Tenjoo, aspettando che si spostasse.
«Perché dovrei farlo?» chiese
indispettita dall’ultimo
capriccio del ragazzo. Sarebbe volentieri rimasta impalata
lì solo per fargli
un dispetto, ma in quel modo la piccola folla di curiosi che si era
radunata in
corridoio avrebbe assistito a tutto. Lei non voleva altra
pubblicità e ancor
meno lasciare quella poveretta in balia della situazione. Con un sommo
sforzò
decise di farsi da parte per lasciarlo passare e magari di non
scaraventargli
nulla in testa.
«Antipatico.» disse Star mentre tornava in
posizione
eretta e spolverava il prezioso pezzo di carta. Lui proseguì
per la sua strada,
come se non avesse manco parlato.
«Hai visto? L’ha lasciato passare.»
bisbigliò uno
studente all’altro. «Chi vorrebbe scontrarsi con
uno di quei ragazzi?»
«Tanto lo sanno tutti che lei è invidiosa di
lui.» I
commenti divennero sempre più alti, trasformandosi in una
vera conversazione di
gruppo, parlando come se i due soggetti interessati non esistessero.
«Invidiosa e un corno…»
bofonchiò Tsubasa, dando le
spalle al capannello di comare per avvicinarsi a Star.
«È il caso che tu vada,
altrimenti non la smetteranno più.»
«Hai… arigatou.»
compì un piccolo inchino, stringendo il mucchio di fogli al
petto. Fu solo in
quel momento che l’altra notò cosa o chi
raffigurassero.
«Quella… è la cure dell’altro
giorno?» Era strano
vedere la propria forma guerriera ritratta, ma la cosa non le
dispiaceva e
neppure preoccupava. Le trasformazioni non erano come quelle di sailor
moon: lì
cambiavi abito eppure diventavi irriconoscibile per chiunque. Mistero.
Una
pretty cure cambiava soprattutto in aspetto e ciò conferiva
loro un maggior
anonimato. Il che non guastava considerando la vita che conducevano.
«Esatto!» annuì gasatissima, spalmandole
quasi in
faccia il suo capolavoro. «Ne ho altri al club, li vuoi
vedere? Ritraggono
anche le guerriere che ogni tanto appaiono in televisione. Sono
bellissime,
vero? Vero?» ad ogni parola le si avvicinò sempre
di più, al punto che l’altra
temette le saltasse al collo.
«Mi piacerebbe vederli.» annuì con un
sorriso un po’
forzato.
«Allora andiamo.» riprese la sua borsa e senza
guardare se la stesse seguendo o meno, saltellò per il
corridoio diretta alla
sede del club. «Ryusei è davvero una bella
città. Un po’ sperduta tra le
montagne, ma bella.» disse con l’intento di avviare
un minimo di conversazione.
La timidezza era scomparsa, anche se solo per il momento. Forse
perché erano
soltanto in due oppure perché una ragazza le aveva rivolto
sinceramente la parola.
«Sono d’accordo.» lanciò
un’occhiata alla schiera di
villette visibili da quel punto dell’accademia e dalle
montagne che
circondavano la zona. Era praticamente una cittadina al centro di un
anello
montuoso e quel fatto rappresentava parte della bellezza del paese.
«Secondo
una leggenda in questo punto è caduto un meteorite secoli
fa, ecco perché le
hanno dato questo nome.»
«Fantastico! Quanto mi piacerebbe vederne uno.»
immaginava una specie di stella cadente, una notte stellata e magari un
principe, sbucato da qualche parte, che passeggiava solitario. Forse
una
principessa aspettava da qualche parte che lui arrivasse a
salvarla…
«Star, la porta!» riuscì a bloccarla per
un braccio,
prima che un membro del club le spalmasse la suddetta in faccia.
«Ah, eccoti qui.» la responsabile
sistemò gli occhiali
sul naso prima di guardare le due. «Duster-san, oggi ci
saremo solo noi due. Io
ho delle faccende da sbrigare, tu non distruggere nulla.
Intesi?» sottolineò,
fissandola seriamente.
«Hai!»
annuì
allegra, dando a capire che non aveva assolutamente recepito il
messaggio.
«È inutile.» L’altra
sospirò e, senza salutare le due,
si avviò per la sua strada. Intanto la kohai era entrata
nella sede per
sistemare le sue cose.
«Accomodati.»
Tsubasa la seguì dentro e notò che
la stanza era abbastanza in ordine, a
dispetto dell’anno prima. Alcuni scaffali erano attaccati al
muro, contenenti
cartelle, foglie e vari gadget. Quattro scrivanie erano poste al
centro, una di
fronte all’altra, coperte da svariato materiale e un
armadietto contenente la
cancelleria era posizionato accanto ad un’altra porta.
«Cosa c’è lì
dentro?» notò che la ragazza vi era
entrata e frugava tra una serie di scatoloni accatastai alle pareti.
«Vecchio materiale del club.» spiegò
mentre sfogliava
un vecchio album usurato. «Sto cercando dei disegni di altre
leggendarie
guerriere. Sono certa che ci siano.» Da quando aveva messo
piede nella sede era
riuscita a guardare buona parte dei fogli contenuti negli schedari, ma
la
responsabile vietava di mettere in disordine il ripostiglio o peggio
ancora
rovinare vecchie “opere d’arte”.
Tuttavia, la comparsa in una pretty cure in
città, le aveva infuso il desiderio di confrontare il suo
operato con quello di
altre persone.
«Trovato!» sollevò
all’improvviso una cartellina
logora, colpendo una pila di scatoloni che precipitarono al suolo,
evitando le
due per un soffio. Tossirono per il cumulo di polvere sollevatasi e
anche dal
tanfo di muffa che aleggiava per l’aria.
«Star… sei un pericolo per te stessa.»
borbottò la
ragazza mentre tentava di arieggiare con una mano.
«Lo so, me lo dicono tutti.» sorrise allegrissima,
segno
che anche in quel frangente non aveva recepito il messaggio.
Sistemò la
cartellina prima di chinarsi per raccattare le cianfrusaglie sparse sul
pavimento.
«Ti aiuto.» raccolse alcune matite e astucci
colorati,
vecchi ritagli di giornale ed un piccolo scatolo chiuso con del nastro
adesivo.
Accanto ad esso vide un cofanetto color ocra, con decorazioni a forma
di stella
gialle ed un lucchetto senza fessura colo argento.
«Non può essere… sembra un
beautybox…» mormorò stupita
mentre raccoglieva l’oggetto e scostava la polvere in
eccesso. Era identico al
suo, se non per le decorazioni ed i colori…
«È proprio lui-ro!» esclamò
un uccellino blu, apparso praticamente
dal nulla, facendo quasi venire un coccolone a Tsubasa, che
spalancò gli occhi
come due palline da ping pong.
«Loriquet!» lo richiamò arrabbiata,
poggiando una mano
sul cuore per evitare che uscisse dal petto per andarsene in giro da
solo. «Sei
impazzito? Mi hai fatto spaventata a morte!» Quella stessa
mattina il fidato
amico aveva promesso di seguirla ovunque ma senza farsi notare e dal
quel
momento non aveva più emesso fiato. Non essendo ancora
abituata a lui aveva quasi
rimosso la sua presenza. Quasi.
«È proprio uno scrigno delle
guerriere-ro.» volava da
una zona all’altra per studiare l’oggetto mentre
annuiva a ragionamenti che
seguiva soltanto lui.
«Kawai!» La vocetta di Star li riportò
entrambi coi
piedi per terra, ricordando che non erano da soli. Intanto la ragazza
guardava
l’uccellino con occhi luccicanti e le mani intrecciate
davanti al petto per
l’emozione. «E parla anche.»
«Un attimo… tu puoi capire ciò che
dice?» domandò
basita, al che lei e la creatura si guardarono negli occhi. Da quanto
le aveva
raccontato, nessun’altro a parte lei riusciva a capire cosa
lui dicesse. Più
volte aveva tentato di parlare con degli umani ma era sempre stato
scacciato
perché reputato un uccello fastidioso.
«Certo! Anche se non so perché.»
batté le mani entusiasta
e gattonò per avvicinarsi con l’intenzione di
accarezzarlo. «Da dove viene?
Perché parla?» Loriquet parve gradire i grattini
col dito, arrivando a mettersi
a pancia all’aria, ma poi iniziò ad agitarsi
quando lei gli tirò le guance e lo
stritolò in un abbraccio per nulla gradito.
«Storia lunga. Un giorno te la
racconterò.» tagliò
corto per evitare di sbottonarsi e lasciarsi sfuggire dettagli
importanti.
«La…sciami-ro…»
bofonchiò con voce soffocata,
sbattendo le aluccie per volare via.
«Cosa ne facciamo di questo?» Tenjo prese il
portagioie e lo esaminò da svariate angolazioni, cercando un
qualche indizio.
L’amico riuscì finalmente a sbucare fuori e
andò ad appoggiarsi sopra la sua
spalla.
«Lo terrai tu nel frattempo. Almeno fino a quando non
troveremo la guerriera a cui è destinato-ro.»
«Vuol dire che arriveranno altre leggendarie
guerriere? Quando? Dove?» Star, presa dall’euforia,
inclinò il busto in avanti,
pericolosamente vicina dal tirare una testata ai due, che si
allontanarono di
conseguenza.
«Non lo sappiamo. Davvero.» sorrise leggermente e
infilò il nuovo cofanetto nella borsa per finire di
sistemare lo scatolone.
«Quando succederà mi avviserai? Voglio
assolutamente
disegnarle!» impilò altri fogli e gettò
un altro contenitore dove capitava,
rischiando di far crollare nuovamente tutto. «Guarda che
meraviglia.» mostrò un
vecchio album contenete dei disegnati, alcuni colorati, delle pretty
cure:
bloom, egret, passion, blossom e così via. Probabilmente
erano tutti opera
della stessa persona, la quale aveva sfruttato le imprese che
puntualmente
apparivano in televisione. Anche se in determinate pose erano talmente
vicine
da sembrare che quella persona fosse stata realmente con loro.
«Sono simili ai tuoi, anche per bravura. Devi essere
davvero soddisfatta del tuo lavoro.» sorrise mentre uscivano
dal ripostiglio
per andare ad accomodarsi ai lati di un scrivania.
«Infatti lo sono. Però devo migliorare ancora, ma
sono
certa che un giorno riuscirò a realizzare il mio
sogno.» Con la matita iniziò a
tratteggiare alcuni punti, quelli che reputava i migliori e quindi non
sottoposti a cambiamenti.
«E quale sarebbe?» chiese un po’ curiosa
mentre con un
fazzoletto lucidava il nuovo beautybox. Il tutto sotto lo sguardo di
Loriquet,
che osservava entrambe alternativamente ma senza smettere di
“seguire” il suo
lavoro di pulizia.
«Diventare una mangaka. Vedrai che tra qualche anno
troverai un mio manga esposto in un edicola.»
soffiò la polvere della matita in
eccesso e cambiò angolazione. «Magari
un’avventura che parla proprio delle
fantomatiche guerriere.» continuava le sue correzioni
saltellando da un punto
all’altro del foglio, con una tale allegria da far pensare
che soffrisse di
qualche strano disturbo.
«Sarebbe una bella cosa.» osservò con
quanto impegno
l’altra ritoccasse la sua opera, cancellasse e poi disegnasse
nuovamente con
ancora più attenzione. Sorrise con dolcezza e smise di
lucidare il cofanetto,
mettendolo da parte. «Credo che il tuo sia un sogno ambizioso
ma non
irraggiungibile. Hai talento e anche la volontà di
realizzare le tue
aspirazioni e queste sono le chiavi del successo. Volere è
potere, ricordalo.»
alzò un indice con fare saputo, ma fece
l’occhiolino per farle capire che
scherzava.
«Arigatou!»
le rivolse un sorrisone, con le guance leggermente imporporate per la
felicità.
Ogni qual volta una persona dimostrava di credere in lei era un passo
in avanti
verso il suo traguardo. «E il tuo sogno, invece?»
«Il mio?» con l’indice seguì i
tratti di un piccolo
dinosauro che qualcuno aveva tratteggiato sul legno della scrivania.
«Trovare
ciò che ho perso.» mormorò con occhi
assorti, ricoperti da una patina di
tristezza.
«Eh?» inclinò la testa senza capire,
mostrando un
punto interrogativo sulla testa.
«Posso chiamarti Starin?» domandò per
cambiare
discorso e distoglierlo dalla sua persona. Le piaceva dare piccoli
nomignoli a
chi definiva suo amico, per cui Star non avrebbe fatto eccezione.
«Ma certo. Avere un nome straniero, per quanto mi
piaccia, è un po’ una seccatura.»
«Sei una gaikokujin? Anche il tuo cognome è
straniero.»
«Proprio così.» annuì
ripetutamente. «Da parte di
madre, infatti anche mio fratello maggiore ha un nome straniero,
però siamo
nati e cresciuti a Tokyo. Tu hai fratelli o sorelle?»
proseguì, con la sua
voglia di far conoscenza e i continui schizzi a matita.
«Ho… un fratellastro.»
masticò la parola tra i denti,
decisamente disgustata nel riferirsi a lui come tale figura.
«È il figlio
dell’attuale moglie di mio padre. Lo hai anche
visto.» spiegò, sempre con la
solita smorfia.
«Davvero? E chi è? Un nostro compagno di
classe?» impilò
una serie di fogli e li sistemò in una cartellina gialla,
con sopra scritto il
suo nome.
«… Tatsumaki. Il ragazzo che ha calpestato il tuo
disegno.» fissava un angolo della stanza con la stessa
espressione con cui avrebbe
guardato uno scarafaggio.
«Quel tipo così antipatico?» strinse la
cartellina al
petto con una smorfia. A pelle non le aveva procurato una cattiva
impressione,
ma non era stato gentile. Per niente. «Non è
affatto gentile.» ripete a voce
ciò che aveva pensato.
«Affatto.» bofonchiò, ma poi sorrise e
afferrò la sua
borsa. «Non sei vittima del suo fascino e delle discutibili
maniere. Ritieniti
fortunata.»
«Dici? Comunque io ho finito. Usciamo? Forse
incontriamo qualche leggendaria guerriera in missione.»
propose con gli occhi
luccicanti, camminando con aria talmente trasognata che Tsubasa temeva
sarebbe
finita dritta contro la porta.
«Ahia!» Cosa che effettivamente accadde. Una goccia
di
sudore cadde dietro la testa dell’altra, la quale temeva cosa
avrebbe combinato
una volta rimasta sola.
Halloween galleggiava al centro di un’aula vuota. Le
ombre erano stagliate lungo la superficie bianca delle mattonelle e
quella
generata dalla cattedra ricopriva anche la creatura. Nella mano ossuta
stringeva uno yo-yo di legno mentre nell’altra una pietra
arancione. Inserì la
seconda all’interno del primo, il quale lo assorbì
completamente.
«Pretty cure…» mormorò con la
solita voce distante
mentre galleggiava sino a raggiungere la finestra aperta.
Lanciò l’oggetto al
centro del cortile e questo iniziò pian piano a crescere,
ricoprendo l’edificio
con la propria ombra. «Avrò le Heart
stone…»
«È qui-ro!» Loriquet saltò
fuori dalla tasca di
Tsubasa, rischiando di strapparla nella foga. «Il
nemico!»
«Stai scherzando?» La ragazza corse sino ad una
finestra ed appoggiò le mani al davanzale per sporgersi il
più possibile;
proprio in quel frangente qualcosa di gigantesco cadde dal cielo.
«Zudon!» Un
yo-yo versione extralarge e con una grossa zucca posta come testa
saltellava agilmente,
tramite una molla sistemata sulla punta. Ogni suo atterraggio provocava
un
piccolo terremoto e un forte spostamento d’aria che sollevava
un polverone.
«È un mostro. Tra poco arriveranno le pretty
cure!» Duster,
felicissima all’idea di vedere una delle sue eroine,
afferrò l’album e la
matita pronta per disegnarle.
«Sono tornati in fretta, a quanto pare. Starin, vai a
nasconderti, è pericoloso.» detto ciò,
scattò in una corsa per allontanarsi dal
corridoio.
«Arrivo-ro!» gridò il lorichetto mentre
la seguiva in
volo, desideroso di aiutarla.
«Matte! AH!»
allungò una mano per tentare di fermarli ma una scossa,
dovuta all’attacco
dello zudon, fece tremare l’accademia e la costrinse ad
aggrapparsi al
davanzale. «Che paura…»
Una serie di urla iniziarono a sovrapporsi fra loro,
segno che gli studenti ancora a scuola avevano ormai visto il coso
saltellante.
«Da questa parte, sbrigatevi!» Delle ragazze
piangevano mentre altri tentavano di ripristinare un minimo di ordine
per
mettere in salvo i presenti. Lei era troppo spaventata per muoversi e
la
confusione in corridoio non aiutava a calmarsi.
«Zudon!»
All’ennesimo gridò belluino spalancò
gli occhi e vide, come un film
dell’orrore, la mastodontica figura saltare in alto per poi
lasciarsi andare
verso l’edificio. Strinse le palpebre aspettando lo schianto,
il dolore o
peggio ancora.
«Fermo!» Una figura sferrò un poderoso
pugno contro il
nemico, costringendolo a cambiare traiettoria e salvando
così parte della
scuola. Quando aprì lentamente gli occhi vide la stessa
guerriera del giorno
precedente. Era ferma al centro del cortile, coi pugni chiusi e in
posizione di
guardia mentre l’avversario riprendeva a ruotare per
riassumere una posizione
eretta e tornare alla carica.
«Sono arrivate le pretty cure!» esclamò
felice,
saltellando allegramente sul posto. Cercò con lo sguardo il
suo album da
disegno e, una volta notato per terra, gattonò sino a
raggiungerlo per
recuperarlo. Nel frattempo lo yo-yo saltellava a più non
posso, dimostrando una
notevole agilità nonostante la mole. Heaven scartava
all’indietro evitando gli
affondi della punta trivellata, ma quando cercava di contrattaccare
balzava a
sua volta, rischiando anche di schiacciarla sotto il suo peso.
«È decisamente più veloce del
precedente, accidenti.»
masticò tra i denti con difficoltà. Era il suo
secondo scontro e non aveva
ancora dimestichezza con la sua forza da potersi permettere determinati
attacchi.
«Forza, ce la puoi fare pretty cure!» Duster
cercò di
incoraggiarla iniziando a fare il tifo, credendo che la guerriera buona
avrebbe
sconfitto la creatura malvagia. Come succedeva sempre, in qualsiasi
film,
favola o racconto avesse visto o letto.
«Per poterlo distruggere hai bisogno di arrivare
vicino a lui-ro.» Loriquet, accanto alla sua protetta,
cercava una soluzione
che aiutasse entrambi ed evitasse svariati ricoveri
all’ospedale. Il mostro,
notando la loro indecisione, decise di puntare su un altro bersaglio,
ovvero la
scuola.
«Iia!»
Heaven vide lo zudon roteare velocemente verso l’ala est,
arrivando quasi a
frantumare la parete con le lame, cosa che non riuscì a fare
perché lei
“abbracciò” la parte inferiore, tentando
di fermare la sua avanzata.
«Ah!» Star lasciò cadere
l’album di mano all’ennesima
scossa e quando delle finestre andarono in frantumi si
accucciò accanto al
muro, con le mani sopra la testa. «Ho
paura…» assistere ad uno scontro tramite
televisione era troppo facile. Una semplice visione, un vetro che
separava un
vero campo di battaglia dal suo mondo protetto. Mai aveva temuto per la
sua vita
e non perché nutrisse fiducia nelle leggendarie guerriere,
ma perché la sua
vita non era mai stata in pericolo. In quel frangente, invece, era
terrorizzata
di farsi male, di non poter più disegnare o peggio ancora di
morire. Essere una
leggendaria guerriera era tutta un’altra questione.
«Aiutatemi…»
«Smetti di avere paura-bi.» disse una voce ferma,
dal
tono adulto nonostante fosse chiaramente infantile.
«Eh?» abbassò le braccia e
aprì gli occhi. Davanti a
lei vide un uccellino dalle piume gialle e gli occhi marroni. Il becco
appuntito e gli occhi sottili gli donavano un’aria seria che
ben poco si
addiceva al suo aspetto paffuto. «Chi sei?»
riuscì a mormorare nonostante i
continui sbalzi che rischiavano di far crollare quella parte della
scuola.
«Il mio nome è Habicht-bi.»
zampettò impettito sino a
raggiungere le sue ginocchia. «Sono qui per aiutarti a
combattere.»
«Watashi?»
indicò sé stessa con l’indice senza
capire. Quando l’altro annuì, una strana
euforia la pervase e abbassò il volto all’altezza
dell’altro. «Vuol dire che
posso diventare una pretty cure? È
così?» esclamò, in preda ad
un’allegria
fuori luogo.
«Esattamente. Devi soltanto volerlo veramente.»
«Ma io lo voglio! Mi piacerebbe tanto diventare una
leggendaria guerriera.» Le luccicavano gli occhi al solo
pensiero di indossare
un bel vestito, usare poteri fantastici e combattere il male.
«Allora perché non hai ancora la
Quillock-bi?» chiese
senza perdere il tono inflessibile.
«Eh? Quillock?» Un grosso punto interrogativo
lampeggiò sulla sua testa e un’espressione stupita
sostituì la precedente. Tuttavia,
un piccolo crollo la riportò alla realtà,
ricordandole che la creatura lì fuori
era reale e rischiava davvero di distruggere tutto.
«Però… ho paura…»
«Appunto-bi.» spiccò un piccolo volo per
guardare
fuori dalla finestra. «Alzati e guarda-bi.» Star
fece come le aveva detto e ciò
che si presentò davanti ai suoi occhi fu il cortile mezzo
devastato e pieno di
buche. La trottola gigante roteava sempre più velocemente,
rendendo difficile
ogni attacco da parte della guerriera che non riusciva a portarli a
segno da
una distanza troppo ravvicinata.
«Non vuoi aiutare la ragazza che prima era con te?»
«Parli di Tsubasa-chan?» lo guardò senza
capire, prima
che la consapevolezza la folgorasse. «È lei?
È una pretty cure? È fantastica!»
esclamò, osservando Heaven con occhi diversi. Appena la
battaglia fosse stata
conclusa le avrebbe chiesto di farle da modella per i suoi disegni,
assieme ad
altre.
«Non è questo il punto-bi.»
precisò Habicht. Un
secondo dopo qualcosa schiantò contro la vetrata e la
suddetta guerriera finì stesa
sul pavimento.
«Heaven-ro!» Loriquet atterrò vicino a
lei,
saltellando da un punto all’altro preoccupato.
«Stai bene? Ce la fai-ro?»
«Ecco-bi.» parlò il falco, incurante di
ciò che
accadeva attorno a lui. «Lei è un esempio di
guerriera inesperta-bi.»
«Scusami tanto, ma sono una pretty cure solo da un
giorno!» sbraitò la cure, scattando seduta per
essersi sentita punta sul vivo.
«Starin?»
«Habicht-ro!» parlarono entrambi, la prima sorpresa
di
veder la compagna di classe ancora lì e il lorichetto con
voce felice. «Sono
così contento di vederti-ro.» era chiaramente
commosso e avrebbe volentieri
abbracciato l’amico se non fosse stato praticamente ignorato
da lui.
«Allora-bi?» proseguì, incurante del
baccano provocato
dal combattimento. «Vuoi aiutarla? Lo desideri dal profondo
del tuo cuore-bi?»
la guardò attentamente negli occhi, sia per farle rendere
conto dell’importanza
della sua risposta e sia per spronarla a scegliere.
«Hai!»
annuì
con enfasi, stringendo le mani al petto. «Io ho molta
paura… ma voglio davvero
aiutare Tsubasa-chan. Aiutami a farlo.» osservava
l’uccello dorato con occhi
supplicanti e un velo di determinazione che nasceva dal suo voler
aiutare l’amica.
«Starin…» mormorò Heaven, non
aspettandosi un gesto
così sentito da parte sua. Sorrise e strinse un pugno,
portandolo davanti al
volto. «Puoi essere anche tu una leggendaria guerriera.
Volere è potere,
ricordalo.»
«Se hai un desiderio così
profondo-bi…» mormorò
chiudendo gli occhi, pur essendo consapevole dello strano bagliore
giallo che
fuoriusciva dalle dita contratte della ragazza. «…
allora esso diventerà
realtà-bi.» appena ebbe finito di parlare,
qualcosa venne materializzato
all’interno delle mani. Era soffice e stranamente caldo.
«Cos’è?» le schiuse e tra esse
vide una piuma bianca
con all’attaccatura un cerchio dorato e al centro una stella
gialla.
«La tua chiave-bi.» indicò la ragazza
con un’ala,
guardandola per la prima volta con decisione. «Segui
ciò che ti suggerisce il cuore.
Non hai bisogno di altro-bi.»
«Hai!»
sorrise felice e, seguendo un impulso strano, aprì la mano e
pronunciò una
parola. «Beautybox.» Immagini e parole vennero
sovrapposte nella sua testa e in
quel momento seppe cosa fare.
Afferrò la chiave col pollice e indice, facendo
combaciare la gemma con la serratura. Col secondo dito girò
la piuma in senso
orario, con la punta verso il basso. «Pretty cure,
arise!» Lo scrigno si
spalancò, liberando una forte luce gialla e una miriade di
piume color oro.
«Star shining!» sorrise, lasciando il cofanetto per
stendere le braccia orizzontalmente mentre i vestiti diventavano
energia gialla
che venne tramutata in una corta sottoveste. Si sollevò
sulla punta del piede destro,
piegò l’altro ginocchio e compì una
serie di piroette, mentre le piume la
circondavano in una specie di bozzolo. Alcune vorticarono attorno alle
mani e
con uno scoppio formarono dei guanti al dorso, bianchi e con rifiniture
ocra.
Fu il turno del busto ad essere sommerso, generando una giacca giallo
chiaro
chiusa sul davanti e con maniche a sbuffo. Al centro venne appuntato un
fiocco
dorato con al centro una gemma gialla. In basso spuntò una
gonna ampia e bianca
con un fuseaux giallo. Ai piedi calzava degli stivaletti ocra con delle
calze
giallo chiaro sino al ginocchio. Batté il piede sinistro,
piegò la schiena
all’indietro e i capelli ondeggiarono, diventando poi lisci.
Il colore assunse
la tonalità della nocciola, così come gli occhi,
e un fermacapelli a forma di
stella brillò sulla tempia sinistra. Il cofanetto venne
chiuso con un colpo del
palmo e dissolto in scintille mentre la chiave volò sino a
posarsi sopra la
stella.
«La luce
delle stelle…»
batté le mani mentre ammirava le stelline che la
circondavano, su uno sfondo
dorato. Posizionò due pugni sotto al mento, coi palmi
rivolti verso l’esterno,
e con gli indici puntò al proprio volto sorridente.
«Cure
Starlight!»
«Ce l’hai fatta.» mormorò
Heaven, felice di avere una
compagna in tutta quella baraonda.
«Sono una pretty cure! Sono una pretty cure!»
ripeteva
euforica mentre correva in cerchio.
«Zudooooon!»
Il mostro ricordò loro che era ancora lì,
impegnato a distruggere la
cancellata, sradicare alberi e tentare di abbattere
l’accademia.
«Non temete, ci penso io.» Starlight, forte
dell’energia che le scorreva in corpo e felice per il ruolo
di guerriera,
decise di rendersi subito utile. Balzò fuori dalla finestra
e atterrò su
entrambi i piedi, seppur in modo traballante, saltellando sul posto
come un
grillo. «Ehi, mostro! Sono qui!» agitò
le braccia cercando di attirare la sua
attenzione, cosa che riuscì a fare poiché la
gigantesca trottola cambiò
traiettoria per dirigersi di gran carriera verso di loro.
«Starlight, che stai facendo?» Heaven fissava il
nemico avvicinarsi con gli occhi fuori dalle orbite.
«Dobbiamo tenerlo lontano
dall’accademia!»
«E tu stai facendo esattamente il contrario-ro.»
mormorò Loriquet preoccupato, fissando alternativamente le
due e il mostro.
«Eh? Ah! Gome…»
smise di agitarsi per picchiettare gli indici, un po’
dispiaciuta di aver già
commesso il primo sbaglio. Habicht chiuse gli occhi, parzialmente
sconfortato dai
fallimenti delle due presunte salvatrici del mondo. «Hanno
ancora molto da
imparare-bi.»
«Dove pensi di andare?» La cure blu
saltò contro lo
zudon, sferrando un pugno al centro per tentare di rallentarlo o
fermarlo, ma
la rotazione fu troppo veloce e quindi costretta ad allontanarsi per
evitare
che le andasse a fuoco una mano. «Accidenti!»
scosse le dita per il bruciore e
intanto malediceva la propria incapacità nel non riuscire a
combattere come una
vera guerriera.
«Ci provo io!» Starlight spiccò un agile
balzo,
sorprendendosi di riuscire a restare sospesa in aria per tanto.
Purtroppo
calcolò male la tempistica e quindi finì a
schiantarsi contro le lame di legno
della trottola, che la scaraventarono lontano. Con un grido
finì addosso ad un
tronco, sentendo un forte dolore alla schiena.
«Come stai?» L’altra tentò di
avvicinarsi ma fu
impossibile perché i continui attacchi la costrinsero ad
indietreggiare,
nonostante cercasse di cambiare direzione.
«Forza, ragazze-ro!»
«Devi usare i tuoi poteri-bi.» I due uccelli erano
in
volo, il primo desideroso di aiutare e il secondo che Star agisse come
una
guerriera.
«Ma non so come.» riuscì a rimettersi in
piedi
appoggiando una mano all’albero. L’idea di
procurarsi altro male la spaventava,
anche se desiderava veramente aiutare. Cosa poteva fare?
«Ascolta la voce dentro di te, sarà lei a
guidarti-bi.»
«La voce…» chiuse gli occhi in attesa,
percependo i
boati esterni farsi sempre più vicini. Tentava di afferrare
qualcosa di
astratto, delle parole che sgorgavano dal suo cuore fino a rimbombare
nella sua
mente. «Ci sono!» spalancò gli occhi e
strinse i pugni accanto al volto, con un
sorriso che andava da un orecchio all’altro.
Sollevò il braccio destro al
cielo, col palmo rivolto verso l’alto.
«Le
stelle in questa mia
mano! Pretty cure…» una miriade di
puntini gialli vennero raccolti
all’interno della mano, ricoprendo l’intera figura
di un’aura dello stesso
colore. Formò una stella a cinque punte di medie dimensioni
che galleggiava sull’arto.
«Rolling
star!» lanciò l’arma come
fosse
stato un boomerang. Nonostante la velocità della trottola
riuscì a tagliare in
due la testa a forma di zucca, mettendo la parola fine alla vita del
nemico.
«Zudoooon!»
Dopo un ultimo lamento il corpo venne cristallizzato in arancione ed
infine
polverizzato.
«Yatta!»
Starlight saltellò, esultando assieme a Loriquet,
altrettanto felice, mentre
Habicht annuì parzialmente soddisfatto dalla riuscita
dell’impresa. Heaven
sospirò di sollievo e con un sorriso fece comparire il
cofanetto, per riparare
ai danni procurati dal combattimento.
«Pretty cure…» mormorò una
voce cavernosa che ella
riconobbe subito, fermandosi nell’atto di intingere la piuma.
«Halloween!» i presenti voltarono il capo in quella
direzione e, stranamente dalla prima volta, notarono due piccoli
puntini rossi
nel fondo delle fessure buie degli occhi.
«Inizierò a fare sul serio, preparatevi. La caccia
alle Heart stone è aperta.» minacciò,
osservando a turno i quattro, fino a
fermarsi sui due uccellini che rabbrividirono ma non vollero farsi
sottomettere. Da loro dipendeva la salvezza di due mondi e non potevano
cedere
alla paura, per quanto forte.
«Non ti permetteremo di impossessarti di loro-ro!»
«E tanto meno avrete le Saint Wonder-bi.» parlarono
quasi in sincrono, pienamente determinati e sicuri delle loro parole.
Avevano
fallito una volta, ma non sarebbe accaduto nuovamente. «La
nostra leggenda
risorgerà nuovamente-bi.» Avessero potuto
sarebbero partiti all’attacco ma
sapevano di non avere alcuna possibilità, non in quelle
condizioni.
«Di cosa stanno parlando?» mormorò
Tsubasa, che non
capiva pienamente i loro discorsi dato che l’uccellino dalle
ali blu aveva
omesso di spiegarle alcuni dettagli.
«Esatto, non farai male a nessuno!»
sbraitò la cure
gialla, agitando le braccia al cielo per dar maggior enfasi alle sue
parole.
Quando però la zucca guardò di colpo nella sua
direzione andò a nascondersi
dietro la schiena della compagna. «È davvero
spaventoso, ma chi è?»
«Lo vedremo…» fu la risposta del nemico
mentre il
corpo affondava nella propria ombra sempre più.
«Lo vedremo.» dopo ciò
scomparve del tutto, lasciando gli astanti nel silenzio assoluto.
Dovevano
riportare tutto alla normalità, tornare umane e discutere
con i due pennuti
sulla minaccia della zucca spaventapasseri.
«WOW!» gridò entusiasta una ragazzina,
procurando un
infarto a tutti che si ritrovarono con gli occhi fuori dalle orbite per
la
sorpresa.
«Chi è stato?» chiese Starlight con i
capelli in
disordine per la potenza dell’urlo. Heaven riuscì
a riprendere una posizione
decente ed a voltarsi lentamente, ma con uno strano presentimento. Un
paio di
occhi rossi, vivaci e svegli, fissavano i presenti come fossero stati
le più
grandi celebrità del mondo.
«Non è possibile… sei la ragazzina di
ieri…» parlò
sorpresa e leggermente sconvolta dal ritrovarsela nuovamente davanti.
«Siete state grandi, assolutamente!»
camminò come un
treno, avvicinandosi a velocità impressionante per
osservarle da diverse
angolazioni. «Voglio essere anch’io una leggendaria
guerriera, sono pronta?
Cosa devo fare?» parlò a macchinetta, quasi
stordendo tutti per le chiacchiere
e il muoversi continuo. «Allora? Sono pronta a combattere per
la giustizia!»
decretò con un pugno chiuso e gli occhi che fiammeggiavano
per la forza della
sua convinzione.
«È fantastico!» Star batté le
mani una volta,
sprizzando gioia da tutti i pori per la notizia.
«È un disastro…»
bofonchiò Heaven, con una goccia di
sudore che colava dalla tempia e la sensazione che i loro guai fossero
soltanto
all’inizio.
Ecco il secondo capitolo e con la seconda guerriera.
Alcune domande aleggiano nell’aria: cosa sono le Heart stone?
E le Saint Wonder?
Tutto verrà svelato nella prossima puntata.
Con gli scontri vado coi piedi di piombo, nel senso
che non sono tutte super guerriere al primo colpo. Non credo sia facile
“convivere” con capacità straordinarie e
saperle usare con uno schiocco di
dita.
La ragazzina a fine capitolo è la carissima Yoko, che
sarà protagonista del prossimo capitolo.
-Sumimasen: scusa.
-Gaikokujin: letteralmente “persona di terra esterna
(al Giappone)”, termine neutro riferito agli stranieri.
-Oni-chan: fratellone.
-Matte: aspetta.
-Ie: no.
-Watashi: io.
Star Duster
appartiene a Stardust94:
-Umana: https://i.pinimg.com/originals/a6/6f/c8/a66fc890c3769dd3826313d2e0732d08.jpg
-Pretty cure: https://i.pinimg.com/236x/a4/b1/81/a4b181d48feecfbae2b935313d228e25.jpg
Rei Maeda
appartiene a Tinkerbell92
Per adesso vi saluto gente e vi do appuntamento al
prossimo capitolo. Buon fine settimna. ^^