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Autore: Francy_Kid    30/09/2017    2 recensioni
Chat Noir, la Belva Nera, un ragazzo che ha il potere di distruggere tutto ciò che tocca: una maledizione che lo vede essere temuto da tutti. Solo una ragazza, Marinette, sarà in grado di conoscerlo meglio e capirlo.
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•MariChat•
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INIZIATA: 9 Marzo 2017
CONPLETATA: 20 Marzo 2018
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Maestro Fu, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Sorpresa, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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N.d.A.
ATTENZIONE! QUESTO CAPITOLO CONTIENE SCENE NON ADATTE AD UN PUBBLICO FACILMENTE IMPRESSIONABILE (no. non è un lemon). SE LO SIETE ASPETTATE FINO A VENERDÌ PROSSIMO E NON LEGGETE. GRAZIE :3
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Cap. 27




 

Chat non sapeva com'era finito in quella situazione: a mordere un pezzo della maglietta di Marinette, che lei stessa si era strappata, e cercando di non perdere i sensi per il dolore, mentre la vista era offuscata per le lacrime e per le e energie che lo stavano abbandonando, distinguendo a malapena la figura preoccupata della ragazza accanto a lui.

Dolore. Il dolore era l'unica cosa che sentiva in quel momento ed era l'unica cosa che lo teneva cosciente.

Non aveva mai immaginato che avrebbe sentito la dolce voce di Marinette colma di preoccupazione e paura, eppure eccolo lì, a trattenere a malapena le urla mentre la madre della sua amica gli stava levando una pallottola dalla spalla.

Che cosa aveva sbagliato? Perché salvare qualcuno gli era costato così caro?




 

—•—•—




 

Marinette entrò nella stanza del ragazzo, salutandolo felicemente e vedendosi restituita il gesto che significava "buonasera": la mano destra, da prima davanti alla bocca, era davanti al dorso della mano sinistra, sistemata orizzontalmente davanti al suo petto.

La corvina rise, andando a sedersi sul materasso con lui.

«Ho cercato alcune cose ed i segni come li abbiamo imparati noi sono giusti. Ne vuoi imparare altri?»

Chat scosse la testa, per poi scrivere sul quaderno: "Un paio di saluti vanno più che bene, grazie"

«Bene. Cosa vuoi fare allora? Chiacchierare, guardare anime o dormire un po'?» chiese guardandolo.

"Perché dormire? Tu non mi sembri stanca"

«Ma tu sei distrutto. Ti si legge in faccia. Cosa fai la notte anziché dormire?» ridacchiò. «Ora vieni qui e riposi. Non ti fa bene saltare le ore di sonno.»

"Ma dormo durante il giorno..."

«Non fare il micio cattivo e vieni a dormire.» lo intimò, vedendolo annuire e sdraiarsi accanto a lei.

Marinette gli grattò il capo, sentendolo fare le fusa e sistemarsi contro di lei.

Non seppe bene quanto tempo passò restando accanto a lui, ma si fece tardi ed era già ora di tornare a casa, se non voleva far preoccupare i suoi genitori.

Si alzò, scrivendo su una pagina del quaderno dell'amico che era tornata a casa e, quindi, di non preoccuparsi.

Chissà cosa faceva durante la notte per essere così stanco, senza contare che poteva riposare anche durante il giorno.

Uscì da Villa Agreste, facendo attenzione che non ci fosse in giro nessuno, per poi camminare verso casa sua, canticchiando.



 

—•—•—



 

Chat Noir si svegliò sentendo delle urla di un uomo appena fuori da casa sua.

Non si chiese nemmeno che fine avesse fatto Marinette, poiché aveva letto la nota lasciatogli sul quaderno, e poi, con la sua agilità felina, uscì attraverso le sbarre di legno sulla finestra, andando ad arrampicarsi sin sopra il tetto per osservare meglio la situazione: un uomo sulla cinquantina era minacciato da un ladruncolo ubriaco di consegnargli la borsa con i soldi ed il cellulare.

Senza pensarci due volte, e senza fare troppo rumore, atterrò alle spalle del ladro, facendo pietrificare il malcapitato, che fissò i suoi occhi verdi.

«Allora vecchio. Vuoi darmi la grana o vuoi dire addio alla tua famiglia?» ghignò il malvivente, facendo un altro passo verso la sua vittima.
«L-La... La...» balbettò lui, facendo innervosire di più l'uomo.
«Allora? Ti muovi? Ho fretta!» urlò, affatto impietosito dalle lacrime di colui che aveva davanti.

Chat non poteva sopportare un secondo di più e, dopo essersi messo a carponi, ringhiò, facendo voltare il malvivente verso di sé.

L'uomo rise, ignorando la sua precedente vittima scappare. «Ma guarda. La Belva Nera, il mostro che terrorizza Parigi. Cosa vuoi farmi? Uccidermi?» disse, sputando a terra e rischiando di perdere più volte l'equilibrio per l'alcool. «Ma devi sapere che io non ho paura di te.» mugugnò, estraendo dalla cintura una pistola.

Chat arretrò leggermente, preparandosi a scappare in caso avesse intenzione di sparare.

«Cosa c'è? Il gattino ha paura?» rise divertito, ampliando il suo ghigno quando lo sentì soffiare contro di sé. «Prova a pensare cosa direbbero di me i giornali: "Cittadino uccide la Belva Nera dopo un'aggressione". Sarò chiamato eroe da tutti e, magari, la mia fedina penale tornerà pulita. Beh, tentar non nuoce.»

Dopo quell'ultima frase, il malvivente sparò un colpo, ma Chat più agile -e soprattutto sobrio- saltò sulla sinistra, schivando il colpo.

L'uomo si preparò a prendere la mira una seconda volta, ma il ragazzo si muoveva a destra ed a sinistra con estrema velocità, avvicinandosi man mano, che balzava.

L'uomo mosse dei passi all'indietro, cercando di sfuggire a Chat Noir; ma l'alcool ed una buca appena dietro di lui bastarono per fargli perdere l'equilibrio del tutto e, l'ultima cosa che vide prima di cadere a terra, fu la sagoma della Belva Nera saltare sopra di lui, ringhiando a seguito di un attacco.

Il malvivente chiuse gli occhi, tentando di prendere la mira malgrado la paura gli impedisse di ragionare razionalmente e di essere sicuro di tutto quello che faceva; alzò la pistola e appena Chat Noir lo atterrò premette il grilletto.

E poi tutto fu buio.


 

—•—•—


 

Marinette sbuffò, mugugnando quanto fosse imbranata e senza speranze di migliorare: aveva dimenticato il cellulare nella stanza di Chat, sicuramente le era scivolato dalla tasca della felpa mentre stava dormendo accanto a lei.

Sempre con la minima prudenza, entrò nella villa e corse su per le scale fino a raggiungere la stanza dell'amico.

Credendo che stesse ancora dormendo, aprì la porta senza fare il minimo rumore, per poi sorridere quando lo vide ancora sdraiato sul materasso.

La stanza era totalmente immersa nel buio, vista l'ora, ma riuscì ad avvicinarsi, in punta di piedi,  al materasso e sedersi su di esso senza muoverlo troppo, accarezzando i capelli arruffati del felino.

La sua espressione si fece crucciata quando sentì i capelli umidi e, appena tolse la mano per guardare cosa fosse, faticò a trattenere un urlo terrorizzato.


 

—•—•—


 

Sabine bevve un sorso di tè caldo prima di andare a dormire.

Domani sarebbe stato il suo giorno libero, sostituita da un suo collega, e voleva godersi la sera al meglio che poteva; magari passandola con la figlia, se non avesse dimenticato il cellulare da Nino dopo aver fatto i compiti da lui, pensò la donna con un sospiro.

Tom era a dormire ormai da mezz'ora, crollato appena mise la testa sul cuscino.

Posò la tazza nel lavandino, sciacquandola e riponendola nello scolapiatti appena sopra la sua testa, quando udì il cellulare squillare da sopra il tavolo e, sperando che non fosse il lavoro -anche perché l'avrebbero chiamata sul cercapersone-, lo prese e vide che era la figlia.

«Nino, Marinette non ha trovato il suo cellulare?» chiese divertita, ma a rispondere non fu Nino, bensì sua figlia e sembrava in preda al panico.
«Mamma, per favore, corri qui.»
«Mari, dove sei?»
«Sta sanguinando... Gli hanno sparato alla spalla e non si sveglia... C'è sangue dappertutto...» pianse la ragazza con voce tremante.

Sabine recuperò la borsa del primo soccorso -più attrezzata di quelle normali- e poi uscì di casa.

«Marinette. Calmati e dimmi dove ti trovi.»
«A- A Villa Agreste.»
«Hai già chiamato l'ambulanza?»
«No! Niente ambulanza! Sennò sarà in pericolo... Ho già fermato l'emorragia, ma non so che fare...» pianse di nuovo, la voce spezzata dalle lacrime.
«Chi ha bisogno di aiuto?»
Marinette tirò su con il naso. «Non posso dirtelo... Gli ho promesso che avrei mantenuto il segreto...»
«Mari, devo sapere chi è. Dimmelo.» disse seria la donna, continuando a correre per le strade.
La ragazza rimase in silenzio per qualche secondo, singhiozzando. «Chat Noir...»

Sabine si fermò di colpo, fissando davanti a sé la villa a meno di cinquanta metri di distanza.

Sentì il sangue gelarsi nelle vene nell'udire quel nome: sua figlia aveva soccorso il mostro che non molto tempo fa le aveva fatto del male.

«Mamma, ti prego. Ha bisogno di aiuto.» sentì dire all'altro capo del cellulare.
Prendendo un profondo respiro riprese a correre. «Resistete, sto arrivando.»



 

—•—•—


 

Sabine entrò nella stanza, notando subito sua figlia inginocchiata accanto al corpo privo di sensi di Chat Noir, mentre prendeva la sua spalla ferita e il sangue ricopriva gran parte del materasso ed i vestiti della corvina.

Marinette sembrò sollevata in un primo momento, ma la sua espressione spaventata non mutò.

«Mamma! Ti prego, aiutalo!» urlò impacciata, il viso rigato di lacrime che si mescolavano con il sangue secco del ragazzo.

La donna corse dall'altra parte, aprendo la borsa del pronto soccorso e tirando fuori tutto il necessario.

Marinette gli aveva già sfilato la parte superiore di quello che sembrava il suo costume in modo tale che potesse vedere meglio la ferita, ma la mano destra era ancora nella manica ed il costume era fermo appena sopra la vita, lasciando libera la pelle sudata dell'intero tronco.

La cosa positiva era che respirava ancora.

«Spiegami tutto dal principio.» disse, prendendo garze e disinfettante.
«I-Io avevo lasciato qui il cellulare per sbaglio e... e quando sono tornata a riprenderlo l'ho trovato così. Gli hanno sparato alla spalla e credo che il proiettile sia ancora dentro.» rispose tirando su con il naso, spostando il panno insanguinato e, solo in quel momento, Sabine si accorse che era la felpa di sua figlia.
«Ok. Fammi luce.»

Marinette prese il cellulare e, con mano tremante, senza mancare di imprecare poiché il sangue non aiutava con il touch, attivò la torcia, permettendo così a Sabine di poter vedere.

«Sembra che sia ancora dentro per davvero. Hai controllato se c'è un foro d'uscita?»
«Sì, e non c'è.» rispose.

La donna recuperò si infilò i guanti in lattice, recuperando una siringa con dentro un liquido trasparente.

«Che cos'è?» domandò la giovane.
«Tiopentale. Un anestetico.» rispose, facendo in modo che non ci fosse dell'aria nel tubetto.
«Ferma!» esclamò, prendendole la mano. «È allergico a quel medicinale.»
La donna sorrise. «Ti sei davvero informata sulle sue allergie?»
«Lo sai come sono fatta: so le tue, quelle di papà, Alya e Nino. Prevenire è meglio che curare.»
Sabine ripose la siringa nella borsa. «Beh, gli hai salvato la vita. Ma sentirà parecchio dolore.»

Marinette rimase accanto all'amico, facendo luce alla madre mentre recuperava le pinze, non sapendo ciò che sarebbe accaduto da lì a poco: appena prima che la donna potesse avvicinare lo strumento alla ferita, Chat aprì gli occhi e, con un mugugno di dolore, si agitò.

«Chat, resta fermo. È qui per aiutarti.» disse Marinette, cercando di tranquillizzarlo. «Fidati di lei. Fidati di me.» 

Il ragazzo la guardò con espressione stanca e spaventata: mai prima d'ora aveva avuto un contatto con un adulto, non in quel modo.

Sabine lo guardò, volendo trasmettergli calma. «Chat, ascoltami, ora devo estrarre il proiettile che è nella tua spalla. Sentirai parecchio dolore, ma ti assicuro che finirà presto, va bene?»

Il felino la fissò spaventato. Voleva fuggire, ma il dolore gli impediva ogni movimento brusco, seppur l'adrenalina che aveva in circolo gli sarebbe bastata per un paio di salti.

Annuì, stringendo i denti.

La donna guardò la figlia. «Dagli qualcosa da mordere. Il proiettile è parecchio in profondità.»
Marinette annuì e si strappò la un pezzo della maglietta, mettendola davanti alla bocca dell'amico. «Chat, voglio che tu la mordi. Urla se vuoi, ma devo mordere questa se non vuoi staccarti la lingua.»

Il biondo annuì di nuovo, sentendo la testa girare e, aprendo la bocca, scoprì i canini affilati, e fece rabbrividire la mamma della ragazza; chiuse la morsa attorno al brandello della maglietta e strinse gli occhi, preparandosi.

Sabine annuì ed entrò nella ferita con le pinze, facendosi largo tra la carne ferita ed il sangue che aveva ripreso a sgorgare.

Chat cercò di non urlare per il dolore, mordendo il panno che aveva in bocca e ringhiando; sentiva le lacrime bagnargli gli angoli degli occhi, ma non voleva piangere.

Non sapeva com'era finito in quella situazione e non pensava che aiutare qualcuno significasse finire in quel modo.

L'unica cosa che sentiva era il dolore ed il freddo metallo che gli bucava la carne in cerca del proiettile che l'aveva ferito.

Dolore. Nient'altro.

Nemmeno la stretta della mano della ragazza attorno alla sua lo aiutò a pensare ad altro.

Forse era arrivata la sua ora.

Finalmente avrebbe smesso di vivere con il peso della maledizione sulle sue spalle.

Forse sarebbe stato finalmente libero.








 

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Buonsalve :3

Odiatemi pure ahahahahah

Scusate per il capitolo, ma è da qualche giorno che sto poco bene e ho scritto come meglio ho potuto. E spero di aver soddisfatto la richiesta di più coccole per un amico ahahahah

Queste erano piccole scene descritte praticamente tutte nella stessa sera, ma ognuna a distanza di poco dall'altra.

...

Il capitolo è lungo o no? Ecco! Accontentatevi! AHAHAHAHAHAHAH

Anyway, gente, ecco a voi i segni che imparano. Mi ero dimenticata di spammarli la settimana scorsa LOL:

https://youtu.be/defJsB_CJmo

Pregate per il povero Chat, perché questo è solo l'inizio MUAHAHAHAHAHAHAHAHAHHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHHAHAHAHAHAHAHAHAHAH

A venerdì prossimo ^^

Francy_Kid

  
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