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Autore: EffyLou    01/10/2017    2 recensioni
ATTENZIONE: storia interrotta. La nuova versione, riscritta e corretta, si intitola Stella d'Oriente.
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Ha venti anni quando incontra per la prima volta quegli occhi, lo sguardo fiero del re di Macedonia, il condottiero che non perdona; ha venti anni quando lo sposa, simboleggiando un ponte di collegamento tra la cultura greca e quella persiana. Fin da subito non sembra uno splendente inizio, e con il tempo sarà sempre peggio: il suo destino è subire, assistere allo scorrere degli eventi senza alcun controllo sulla propria vita, e proseguire lungo lo sventurato cammino ombreggiato da violenza, prigionia e morte.
Una fanciulla appena adolescente, forgiata da guerre e complotti, dalla gelosia, dal rapporto turbolento e passionale col marito. Una vita drammatica e incredibile costantemente illuminata da una luce violenta, al fianco della figura più straordinaria che l'umanità abbia mai conosciuto.
Rossane, la moglie di Alessandro il Grande. Il fiore di Persia.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo, Violenza | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Memorie Antiche'
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۱۱ . Yaz-dah
 
 
Alessandria Nicea, maggio 326 a.C.
 
Per celebrare la vittoria e far rifocillare i soldati dalla sfiancante battaglia e la lunga marcia in India, Alessandro promosse celebrazioni della durata di quattro giorni, festeggiamenti, giochi, sacrifici agli dèi.
Alessandria Nicea era nata da un nucleo cittadino già esistente, le case che vennero costruite erano molto semplici ma ben salde e presto il legno delle pareti sarebbe stato sostituito da mattoni e pietre.
Ma la città già splendeva della luce che emanava il conquistatore macedone. Il suo vessillo, il simbolo della casata reale argeade, era esposto in ogni dove.
Le mense erano state sistemate nella piazza principale della città, mantenendo uno spiazzo centrale per gli spettacoli e i vari intrattenimenti. A ripararli dalla pioggia, era stata montana una gigantesca tettoia in legno che riparava l’intera ampiezza della piazza.
Scorrevano fiumi di vino, cibo pregiatissimo. I soldati ridevano, bevevano, si ubriacavano e si intrattenevano con bellissime donne indiane, concubine di Alessandro, di Ambhi, di Poro, di Abisare - giunto fino a Nicea per onorare il Gran Re con doni propiziatori.
Poi, di punto in bianco, le musiche si facevano più tribali, le “compagne” più audaci… e tutto il banchetto restava intrappolato nell’ebbrezza orgiastica che li trascinava nel baratro come un vortice.
Alessandro non aveva abbandonato il suo posto nemmeno per un momento, durante i festeggiamenti. Beveva con moderazione, rideva e mangiava a sazietà. Quando arrivava il momento di andare a dormire, si alzava e si defilava nella grande casa che, in futuro, avrebbe avuto la funzione di residenza per il futuro governatore di Nicea.
Rossane non aveva assistito alle varie orge. Aveva preferito ritirarsi nella casa e godersi un po’ di pace tra quelle mura. La testa che doleva per il baccano. Restava seduta sul letto, tra le pelli e i teli candidi, e leggeva qualche pergamena oppure ripassava il greco. Quando non udiva più gli ansimi dal piazzale, usciva.
L’aria umida le impregnò le narici di quel suo odoraccio. Le musiche dello spiazzo, proprio di fronte la grande casa, le arrivavano assordanti. Si strinse un po’ nel mantello pesante.
«Non è usanza persiana accoppiarsi in pubblico. – le disse Almas, sospirando, dopo averla affiancata. – Per i greci sembra quasi normalità.»
«Credo che lo facciano solo durante i festeggiamenti.» mormorò Rossane, restando a guardare lo spiazzo dall’alto della scalinata della grande casa.
Era appena uscita, l’aria umida che le si appiccicava alla pelle. L’ultima grande orgia dell’ultimo giorno di festeggiamenti era conclusa. Ogni partecipante si stava dileguando per tornare al proprio posto, gli occhi febbricitanti per l’atto appena consumato.
«E poi chiamano barbari noi.» sospirò di nuovo Almas, quasi rammaricata.
«Ogni popolo ha le sue usanze, bisogna rispettarle anche se non le condividiamo.» rispose semplicemente.
Ricordò le parole di Alessandro. Lui non li considerava barbari, come gli altri greci. Riconosceva l’antichità della cultura persiana, la culla della civiltà posta proprio tra il Tigri e l’Eufrate nel centro del mondo: Babilonia.
Le usanze persiane e zoroastriane risultavano barbariche agli occhi dei greci, e viceversa.
Per esempio, per i persiani bruciare o seppellire i morti era sacrilego: la terra non andava sporcata dai residui del corpo, il fuoco sacro non doveva essere costretto a nutrirsi di quella carne rancida, l’acqua non doveva inquinarsi con il cadavere gettato in un lago o in fiume, e le ceneri non dovevano disperdersi nell’aria e insozzarla. Per questo erano nate le Torri del Silenzio, sulla cui cima venivano posti i cadaveri e lasciati agli avvoltoi e alle intemperie. Anche antichi sovrani avevano avuto la stessa sorte, come Serse, Ciro o Dario.
Questo era considerato barbarico dai greci, ma i zoroastriani avevano un rispetto molto più profondo per la purezza della natura che per un impuro involucro di carne abbandonato, dopo tre giorni, dalla sua stessa anima.
Il corpo era momentaneo e sporco, la natura era eterna e pura. Preferivano preservare quest’ultima, piuttosto che onorare un cadavere con la sepoltura o una pira.
Almas s’adombrò. «Certo, io le rispetto. Sono loro che non rispettano noi e la nostra cultura.»
Rossane le lanciò un’occhiata indecifrabile, ma abbassò presto lo sguardo, e si riavvicinò al tavolo dov’era seduto Alessandro. Almas aveva ragione, ma la regina sapeva che con lui le cose sarebbero cambiate.
Quando la vide, le fece un sorriso e una carezza sul braccio. Portò una coppa d’oro piena di vino alle labbra e bevve un piccolo sorso.
«Ti stai divertendo?» le domandò, mentre davanti a loro venivano eseguiti spettacoli di danza col fuoco.
«Sì e no. – ammise. – Quattro giorni di festeggiamenti intensi sono tantissimi e sfiancanti. Inoltre le orge mi mettono un po’ a disagio.» sussurrò l’ultima frase distogliendo lo sguardo dal suo per l’imbarazzo.
Alessandro ridacchiò. «Mi spiace che ti sia sentita a disagio, la prossima volta che si farà qualcosa che non rientra nella tua cultura, ti avviserò per tempo. Voi siete abituati a fare certe cose in privato, se non vado errato.»
«N-non mettermi in imbarazzo.» Rossane arrossì, e scoppiò a ridere.
Lui la contemplava con l’ombra di un sorriso sulle labbra. Gli piaceva il modo in cui rideva: muoveva appena le spalle e sembrava la risata dei bambini, sincera e genuina. Forse avrebbe dovuto farla ridere più spesso.
La regina si portò un calice di vino alle labbra e bevve un sorso, poi lanciò un’occhiata al suo sposo.
«Cosa?» gli domandò, piano, con un sorrisino imbarazzato.
«Un re non può guardare la sua regina? – le strinse appena la mano. – Partiremo fra tre giorni. Abisare mi ha fatto dono di una cartina geografica che mostra l’India, divisa nelle varie regioni e completa con i fiumi e città. Sarà molto più semplice così.»

«Rani Roshanak.» la chiamò Poro, facendosi largo nello spiazzo.
Era alto come una torre, misurava poco più di due metri d’altezza. L’incarnato scuro, le sopracciglia folte e incurvate in un’espressione arcigna, gli occhi neri come carboni erano profondi e scaltri. Aveva pitture bianche sul viso e un turbante giallo intorno al capo. La barba nera, ispida e ricciuta, che andava a imbiancarsi per l’età.
Era seguito da un servitore basso e paffutello, molto buffo. Che, tuttavia, portava al guinzaglio una tigre.
Chi era rimasto nello spiazzo si diede alla fuga vedendo il grosso animale. Maestoso e letale, esattamente come il territorio in cui viveva: l’India.
«Poro-baga. – il saluto le uscì più come un’esclamazione, si inchinò a baciargli le dita della mano. – Lieta di incontrarvi. Ho saputo dei vostri figli, mi dispiace molto.»
L’omino paffuto fungeva anche da interprete, e traduceva parola per parola tutto ciò che i due si dicevano. Rossane notò quanto le loro lingue si somigliassero in suoni, e anche in alcune parole.
«Non dispiacetevi. Hanno avuto una morte onorevole, cadendo in battaglia. Per un guerriero, non c’è morte più dignitosa.»
Fece un cenno all’omino, invitandolo ad avvicinarsi con la tigre, e tornò a guardare Rossane.
«Al vostro re abbiamo fatto dono di uomini ed elefanti per proseguire l’avanzata verso il Gange. – continuò. – Ma non potevo dimenticare la sua sposa, sarebbe stato irrispettoso da parte mia. Tanto più che si tratta della regina di Persia. Il Gran Re mi ha detto che siete una donna senza paura e di buon cuore, pertanto ho ritenuto opportuno farvi dono di Durga.»
Le presentò la tigre, che nel frattempo si era accomodata docilmente.
Rossane non riusciva a credere di star parlando con lo stesso uomo contro il quale avevano combattuto pochi giorni prima, come se fosse un grande amico. Era così strano.
«È un dono importante, Poro-baga.» commentò, incerta.
Lui sollevò una mano, interrompendola. «Lasciatemi spiegare il perché di tale dono.
Durga significa colei che difficilmente si può avvicinare, e nella nostra religione è una divinità che incarna la shakti, l’energia creativa femminile, ha in sé poteri di distruzione e di creazione. È una dea guerriera che incarna un ruolo prettamente maschile, ma è di una bellezza disarmante. In alcuni testi ha sfumature di carattere più gentili e dolci, in altri letali e spietati e allora prende un altro nome, la chiamiamo Kalì. Di solito è rappresentata mentre brandisce diverse armi e cavalca una tigre. Per questo lei. – indicò l’animale. – è stata chiamata Durga. È nata e cresciuta in cattività, nel mio palazzo, non avete di che temere. È giovane, ha due anni.»
Rossane si scambiò un’occhiata con Alessandro, che assisteva compiaciuto a quel momento e le fece cenno di provare ad avvicinarsi al grosso felino. Lei obbedì, alzandosi in piedi.
L’animale la guardava senza particolare interesse. Il pelo arancione striato di nero era lucente, gli occhi ambrati così simili a quelli della regina. Era più grossa di un leone.
Allungò in mano, Durga l’annusò appena e poi la ignorò. Rossane provò quindi a posarla sul muso della tigre. La bestia la stava praticamente ignorando, e nonostante la pericolosità dell’animale, la ragazza non ne aveva paura. Rincuorata dal disinteresse e dalla crescita in cattività, era sicura che non le potesse fare del male, e nemmeno ne avesse l’interesse.
«Fate attenzione, non avendo le mani, gli animali utilizzano la bocca: tenete sempre a mente che i suoi canini misurano quasi dieci centimetri. Di certo non potrete giocare con lei come se fosse un cane, dovrete sempre tenere in considerazione la sua mole. – continuò Poro, un sorrisetto compiaciuto nascosto dalla barba. – Potrete portarla in città anche tenendola con una corda, per il trasporto potete decidere se lasciarla sciolta oppure metterla in una gabbia, per lei non farà differenza perché vi seguirà comunque. Per quanto riguarda il cibo, se lo procurerà da sola nella giungla, finché siete qui. Quando tornerete a Babilonia, avrà bisogno di mangiare selvaggina cruda. Voi potrete offrirle un po’ d’acqua o un cantuccio asciutto in cui dormire. Vedrete che sarà estremamente fedele e vi proteggerà. Nella nostra cultura, la tigre ha diversi incarichi: porta la pioggia nei periodi di siccità, dona bambini alle donne che non ne hanno e poi li proteggono dagli incubi, guariscono il corpo e l’anima.»
«Conosco le tigri. – mormorò Rossane. – Io vengo dalla Battria, in Sogdiana. Quella zona è piena di tigri dell’Ircania, sono tutte stanziate vicino Al-Khanoum e lungo il corso del fiume Oxus. Ma hanno il muso più schiacciato di queste, hanno il pelo più folto perché si trovano in montagna, e sono coperte da un maggiore strato di grasso.»
«Ne possedete in cattività?»
«Sì. Anche noi ne avevamo una, ma morì di vecchiaia poco dopo la nascita di mia sorella minore. Le tigri non dimenticano chi ha fatto loro del bene e tantomeno chi ha fatto loro del male. – guardava rapita quell’animale maestoso. – Grazie per questo prezioso dono, Poro-baga. Me ne prenderò cura.»
Rossane toccava il capo di Durga, rapita da tanta morbidezza del pelo. Accarezzava l’animale senza timore, senza staccarle gli occhi di dosso. Finché non sentì un tremore, un suono attutito e profondo.
Poro e il servitore scoppiarono a ridere, riferendole che il grosso animale stava facendo le fusa, segno che cominciava ad apprezzare le attenzioni di Rossane.
Lei ridacchiò, fece cenno anche ad Alessandro di raggiungerla e toccare l’animale ma lui scosse la testa con energia. Non amava molto i felini. Anzi per niente, in realtà. Ma era felice che sua moglie avesse ricevuto un dono tanto prezioso, ed era convinto che Durga sarebbe tornata molto utile durante il corso della spedizione.
 
* * * 
 
Con l’arrivo di giugno, le piogge monsoniche si erano fatte più insistenti e incessanti. L’esercito di Alessandro non aveva alcuna intenzione di lasciare Nicea per avventurarsi nelle giungle pericolose dell’India con quel maltempo. Anche se dalla loro avevano una mappa che segnava città e fiumi, non c’erano segnate foreste, paludi o quant’altro. Erano territori sì cartografati, ma dalla dubbia affidabilità anche per gli indiani stessi.
Alessandro dovette fare un appello spassionato per invogliarli a proseguire con la marcia. Gli ellenici e gli indiani fecero sacrifici ai loro dèi di fronte altari, i persiani pregarono Ahura Mazda davanti ad un focolare. Alla fine, con rammarico, l’esercito ricominciò la marcia sotto l’incessante pioggia monsonica.
Sottomettendo civiltà lungo il cammino, Alessandro superò l’Acensine e l’Idraote. Restava solo l’Ifasi da superare e poi avrebbero proseguito verso il Gange.
Il conquistatore macedone vedeva il suo grande disegno prendere corpo, vedeva la sua missione in India giungere al termine. Era praticamente convinto che erano quasi giunti alla fine del mondo conosciuto e che presto avrebbero raggiunto l’estremo Oceano.
Le città che conquistava di solito si arrendevano spontaneamente, esortati da alcuni oratori indiani che Poro, Abisare e Ambhi avevano mandato con Alessandro. Con qualche popolazione dovette marcare la mano, ma senza troppe perdite in nessuna delle due fazioni.

Il problema si presentò a luglio, alle mura della città di Sangala oltre l’Idraote, nel territorio che lo separava dall’Ifasi. La cittadina, abitata dal bellicoso popolo dei Catei, si rifiutò in ogni modo di sottomettersi nonostante gli ottimi oratori che cercavano di persuaderli e rispondevano con dispetti e provocazioni, dalle mura cittadine.
Alessandro in mattinata radunò il consiglio di guerra nella sua tenda, a cui presenziarono i diadochi, gli oratori indiani e il segretario Eumene.
«Perché tanti tentennamenti? Assediamo la città e basta.» fece Efestione con un’alzata di spalle.
«Perché non posso inimicarmi senza motivi validi gli indiani, Efestione. Preferisco non ricorrere subito al colpo ferire e trattare diplomaticamente, prima di calcare la mano. Non c’è proprio verso di farli arrendere?» ci riprovò Alessandro, rivolto poi agli oratori.
Uno di loro, Jandraj, arricciò il naso. «Possiamo riprovare, ma sono molto determinati a non arrendersi.»
Alessandro li mandò di nuovo a trattare, dunque, e restò a fissare le mura della città per il resto del tempo. Si stagliavano grigie ma poco salde, anche se per gli abitanti erano inespugnabili, e nascondevano alla sua vista ciò che accadeva agli oratori e tra i partiti catei. Era sicuro che qualcuno stesse lottando per accettare le condizioni di Alessandro, così come qualcun altro era invece indirizzato verso la guerra.
In serata, dalle mura di Sangala cadde qualcosa.
Efestione andò a controllare di cosa si trattasse e con immenso orrore e rabbia crescente, riferì ad Alessandro che si trattava della testa mozzata di Jandraj. Poco dopo fecero cadere anche il corpo.
Il medico Filippo controllò il povero cadavere e appurò che fosse stato torturato fino alla morte. Gli altri due dovevano essere ancora dentro, in ostaggio.
«Assediamo.» decise il re, alla fine.
Fece preparare le sue truppe in fretta, organizzando le varie armi d’assedio e l’esercito.
«Rossane. – la richiamò, entrando nella tenda e trovandola intenta a leggere. – Devi allontanarti. Stiamo per assediare Sangala e temo che la battaglia possa riversarsi sull’accampamento. Prendi Durga e Artemide, porta Bagoa e Almas se desideri, ma allontanati.»
«Come farò a sapere quando sarà finita?»
«Allontanati verso sud, non troppo. Devi saper tornare indietro e devo riuscire a mandare qualcuno a riprenderti. Capito? – le prese il volto fra le mani. – Ci sono tigri, serpenti, insetti velenosi e coccodrilli. Avrai una scorta, un medico e un corriere.»
Rossane aveva lo sguardo stralunato, posò le mani su quelle di Alessandro.
«Secondo te quanto ci vorrà?»
«Poco. Smonterò quella città mattone dopo mattone.» un’ombra rese più cupo e torbido il suo sguardo.
«Stai attento, ti prego, e non fare pazzie.»
Le schioccò un bacio sulla fronte. «Anche tu. Vai ora, ci vediamo presto.» le fece un’ultima carezza prima di infilare l’elmo ed uscire.
Fuori erano già state preparare le truppe, gli arieti, le baliste, le catapulte.
Non gli piaceva ricorrere alla violenza quando non necessario, ma quei Catei si erano espressi in modo più che eloquente, facendo rotolare la testa e il corpo di Jandraj giù dalle mura cittadine. Doveva ritrovare anche Loknath e Mukul, gli altri due oratori.

 
Rossane preparò le bisacce in fretta e furia, e le legò alla sella di Artemide. Corse a richiamare Almas e Bagoa, seguita a debita distanza da Durga, e quando anche loro si prepararono, partirono verso sud. Il trio improbabile composto da una regina, un’ancella e un eunuco, accompagnati da cavalli e una tigre, e una piccola scorta composta da una decina di uomini, un medico e un corriere, arrivò la mattina dopo in una bella zona a sud in prossimità dell’Idraote.
La pioggia incessante aveva reso fangoso il terreno, quasi paludoso, e i cavalli avevano avuto problemi a procedere al galoppo. Decisero di restare accampati sotto un immenso banyan.
Le foglie erano così fitte che la pioggia scrosciante era ridotta ad un gocciolare quasi impercettibile e il raggio che copriva era discretamente grande, abbastanza da legare i cavalli a qualche radice e proteggerli dalla pioggia.
Cominciarono presto i preparativi per l’accampamento, accendendo piccoli fuochi intorno alle tende per allontanare i serpenti. Durga trovò il suo posto su un ramo robusto e osservava quelle strane creature a due gambe che si muovevano ai piedi dell’albero.
Nonostante fosse mattina, il cielo era oscurato quasi fosse sera. E nonostante si trovassero all’asciutto, l’ambiente era così umido che non riuscivano ad asciugarsi e anzi, con il sudore erano anche appiccaticci.
Il banyan affondava le sue radici fino alle acque del fiume e protendeva i suoi rami fino al centro del corso d’acqua, si sarebbe rivelato un ottimo rifugio per i giorni dell’assedio.
Bagoa offrì strisce di carne essiccata e si sedette vicino ad uno dei falò di fronte la loro tenda.
«Io ci vivrei, in un posto del genere. – se ne uscì l’ancella. – Con la giusta attrezzatura, magari. Non dev’essere tanto male, a contatto con la natura.»
«Tra tigri, serpenti, scimmie dispettose e bestie di ogni genere. Certo, non male.» commentò Bagoa, con amara ironia.
«Beh in fondo di cosa abbiamo bisogno? Di un letto, un focolare e un riparo sulla testa. Un banyan offre tutto ciò. Guarda che bestione di albero. Gli indiani ci fanno piccoli templi sotto queste fronde, ci mettono le loro statuette da idolatrare e i loro doni agli dèi. Vedi? È molto semplice. Si prende ciò che la natura offre, senza snaturarla e deformarla con costruzioni di mattoni.»
«Ma ti prego, Almas! Vuoi dirmi che preferiresti un posto del genere alla comodità dell’harem?»
«Perché no?» borbottò.
«Voi fenici non siete tanto arguti.»
«E voi persiani siete troppo pieni di lussi per capire i piccoli piaceri della natura.» replicò piccata.
«Tu vieni da Tiro, che è una città non poco ricca, non fare la furba!»
«Secondo voi perché hanno deciso di attaccare così di punto in bianco?» domandò d’un tratto Rossane.
«Se non lo sai tu!» esclamò Bagoa.
«Alessandro non mi ha detto niente. Scusa se non sono ancora una divinità capace di leggere nella mente delle persone.» replicò piccata.
«Hanno torturato gli oratori indiani. – rispose Almas, scoccando un’occhiataccia all’eunuco. – Uno di loro è morto e hanno fatto cadere dalle mura prima la testa e poi il corpo del poverino. Gli altri due sono ostaggi, forse avrebbero mandato qualcuno a trattare una tregua, ma il re non mi è sembrato molto disposto a contrattare…»
«Per Zardukhsht! Ma sono animali!» sbottò l’eunuco, indignato.
«Erano andati solo a contrattare la resa un’ultima volta. – mormorò Rossane, stupefatta. – Un gesto estremo del genere… Sono tremendi, questi Catei.»
«Alessandro non è benvoluto in India.» osservò Bagoa, piano.
«Direi di no. Ma non era benvoluto neanche in Persia, eppure è riuscito a conquistarla.» gli fece notare Almas.
«Voi ci credete al suo progetto?» chiese Rossane.
Bagoa rispose senza esitazione. «No.»
Almas invece ci pensò su. «Viste le sue risorse, non è impossibile. Però temo per la durata di questo regno cosmopolita, con culture diverse e popoli diversi.»
«Tu ci credi?»
Rossane sollevò le sopracciglia. «Certo che ci credo. Sarà difficile come dice Almas, ma conosciamo Alessandro, niente sarà impossibile per un uomo come lui.» 





A N G O L O A U T R I C E

Oggi conosciamo Durga, la babus. 
Come ho spiegato, Durga è una dea indù. Però di solito viene rappresentata che cavalca un leone, più raramente la tigre. Vabbè, sta cosa l'ho romanzata.
Le tigri dell'Ircania che nomina Rossane, invece, si sono estinte negli anni '70 o '80, e l'ultimo esemplare era tenuto nello zoo di Berlino - se non erro.
Che sadness.

Sono così pudica (?) che mi imbarazzavo da morire mentre scrivevo dell'orgia, rido. Però per i greci era normale, quindi... 
Sì, faccio sempre paragoni tra la cultura greca e quella persiana perché di fatto con Rossane e Alessandro, si incontrano, scontrano, amalgamano e quant'altro. D'altronde Rossane simboleggiò proprio questo ponte di collegamento tra due culture diverse e quasi opposte. Poi anche Statira e Parisatide, ma Rossane è stata la prima ecco.

Fatemi sapere cosa ne pensate se vi va ♥


NON HO FINITO
MI FACCIO UN PO' DI SPAM

È in corso di pubblicazione (?) e COSTANTE revisione un'altra mia storia. Diversa da questa, ma sempre a tema storico.
Ambientata in Germania tra il 1929 e il 1944. Praticamente copro un lasso di tempo dalla Repubblica di Weimar alla fine della Seconda Guerra Mondiale. È una storia romantica, drammatica, tragica, da strapparsi i capelli , ma soprattutto è una storia vera.

Non si parla di ebrei, né di SS con le crisi di coscienza perché innamorati della prigioniera del KZ.
Si parla di un ragazzo zingaro che fu campione di boxe nel 1933. La parte sportiva della sua vicenda sarà solo per i primi 15-16 capitoli. Poi assisteremo alla sua caduta, a cui erano destinati tutti i rom e sinti nella Germania nazista.
Alcune persone hanno raccontato di Johann Trollmann attraverso libri (Dario Fo, per citarne uno), canzoni, spettacoli teatrali.
Anche io ho voluto farlo perché adoro Trollmann, oltre ad essere stato un pugile amato in tutta la Germania, uno dei più temuti dell'epoca, ha dato anche GROSSI grattacapi ai nazisti semplicemente perché non gliela dava vinta e combatteva, provocava, scherniva.
Ho cominciato a scrivere Wie Blumen pensando alla sua vicenda romantica (ero in un periodo in cui mi sentivo particolarmente melensa) perché mi dicevo: Trollmann era un farfallone, rimorchiava tantissimo, ma cos'aveva sua moglie in più delle altre donne da tenerlo così calamitato?
Lei era di origini cosacche, perciò era considerata una slava, una sub-umana, come lui. Però di lei non si sa nulla eccetto nome, data di nascita e origini appunto. Ho romanzato molto. È stata vicina a lui in anni molto pericolosi e l'ha sposato, gli ha persino dato una figlia, quindi la immagino coraggiosa, innamorata, e anche protettiva. 
VABBE' STOP.
Se vi interessa il genere, se vi interessa in generale e soprattutto se vi va, andate a conoscere Johann e Frieda ♥

Per quanto riguarda Rossane, aggiornerò presto! Intanto, se volete farmi sapere cosa ne pensate, mi farà moto piacere!
Vi avviso sin da ora che il prossimo capitolo sarà smielato, Alessandro e Rossane si chiariranno. TA-TA-TAAAAAN.
Grazie a tutti che seguite questa MIRABOLANTE avventura! Alla prossima ♥

 

   
 
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