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Autore: Andy Black    03/10/2017    0 recensioni
Un uomo senza scrupoli dona ad un altro uomo senza scrupoli l'opportunità di tornare nel suo tempo, dal quale era stato bandito, imprigionato ed incatenato in una cella d'un tempio di mille anni prima. Lionell Weaves tornerà nel presente carico d'odio, pronto per consumare la vendetta che bramava da tempo nei confronti della figlia, oracolo e cristallo di Arceus, secondo le sue fonti. Il suo obiettivo è sempre lo stesso: uccidere sua figlia Rachel e recuperare il cristallo di Arceus, da consegnare al malvagio Xavier Solomon. Tuttavia l'intera Unione Lega Pokémon avrà qualcosa in contrario e farà di tutto per fronteggiare la minaccia di un mondo senza un dio.
[Diversi personaggi][OldrivalShipping, CandleShipping, SpecialJewelShipping e tanto altro][Storia con linguaggio volgare e parti violente];
Buona lettura;
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Green, N, Nuovo personaggio, Silver, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Manga, Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Pokémon Courage'
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34. Castigo pt. 2
 
- Sinnoh, Evopoli, Casa di Gardenia -
 
Gardenia quel mattino aprì gli occhi prima che la sveglia suonasse.
Per un attimo le era parso strano toccare il piede di qualcuno nel letto in cui dormiva.
Era una strana sensazione, un piccolo accenno di paura che provava senza neppure capirne il motivo.
Forse era panico, o forse la sorpresa.
Sì, perché quando il suo cervello collegò quel piede di troppo, che poi di troppo non era, alla persona di Marisio, Gardenia si rilassò immediatamente.
Gli dava le spalle, nel buio più che totale della camera da letto.
La sveglia sarebbe suonata diversi minuti dopo, forse troppi, o troppo pochi.
Marisio avrebbe passato un’altra giornata con lei e poi sarebbe ritornato a Johto. In quel periodo non poteva assentarsi per troppo tempo, e aveva avuto un permesso da parte della Lega unificata di Kanto e Johto per poter tornare a Sinnoh, dato che era accorso sul posto senza riuscire a organizzare neppure la parvenza d’un piccolo trasloco.
In un certo senso Gardenia era felice che il suo uomo fosse partito, adempiere a un compito del genere era la dimostrazione che il suo valore come Allenatore fosse apprezzato anche in terre lontane. Tuttavia quel letto era freddo in inverno.
Troppo vuoto, in estate.
Si voltò lentamente, facendo attenzione a non tirarsi i capelli rossicci nel mentre. Quella notte erano crollati stanchi e non avevano avuto l’opportunità di salutarsi come avrebbero entrambi voluto.
La presenza di ospiti inoltre non aveva favori a riempire quella fame che aveva colto entrambi dal momento in cui i loro corpi s’erano allontanati.
E che in quel momento erano vicini.
Molto vicini.
Gardenia puntò gli occhi sul suo uomo, che riposava tranquillo, addormentato sul fianco. Generalmente non utilizzava pigiami, lui, ma vecchie magliette di cotone a maniche lunghe, un po’ sdrucite e talvolta bucate. Gli occhi della donna carezzarono il viso dell’uomo; soleva radersi la notte, prima di andare a dormire, perché a lei piaceva l’odore del dopobarba sulla sua pelle.
Gli carezzò la guancia e lo vide aprire dolcemente gli occhi.
“Amore…” fece, con voce compressa. Alzò il braccio e raccolse la mano della donna. Quella sorrise e si avvicinò a lui, poggiando la fronte contro la sua.
“Scusa se ti ho svegliato”.
Quello sorrise e le lasciò un morbido bacio sulle labbra. “Stai tranquilla”.
“Amo i tuoi occhi al mattino…”.
Marisio le diede un ulteriore bacio e poi la tirò a sé, sentendo il corpo caldo di quella aderire al suo. Prepotente, la voglia di possederla s’insinuò tra quelle lenzuola. Le mani s’incontravano e passavano poi tra i capelli, lottavano i corpi e si stringevano, gli occhi si chiudevano e le labbra s’accarezzavano.
Marisio le strinse un seno e lei salì su di lui, per qualche intenso minuto di spensieratezza, come quando l’uomo viveva ancora stabilmente sotto quel tetto e quelle scene erano frequenti come stelle sparse d’un cielo infinito.
 

 
- Sinnoh, Memoride, Bosco del Percorso 210
 
“Forza!” urlava Camilla, ordinando al suo Garchomp di saltare rapidamente sui pendii scoscesi del percorso selvaggio che collegava Memoride a Rupepoli. La neve continuava a scendere impietosa ma alla Campionessa non dispiaceva che il suo Pokémon si rinvigorisse in quel modo.
Lo vedeva correre in equilibrio sulle rocce dell’argine del fiume che tagliava Sinnoh in due, partendo dalle impervie pendici del Monte Corona.
Ogni giorno cominciava in quel modo, col suo Pokémon che doveva affrontare assieme a lei tumultuose prove fisiche prima di allenare gli attacchi speciali.
Come Dragometeora.
Generalmente si assicurava che il perimetro d’attacco del suo Pokémon fosse circoscritto a un’area che lei stessa riuscisse a controllare, per evitare di danneggiare bestie, piante e persone che si trovavano lì fortuitamente.
Ecco uno dei motivi perché il sole si svegliasse dopo di lei.
Il grande Pokémon sembrava dare il meglio di se, riuscendo addirittura a colpire con i suoi attacchi punti che stabiliva la Campionessa.
Alla fine della giostra, entrambi erano stanchi e stremati. Il grosso Pokémon era accovacciato accanto a lei, silenzioso e sfinito. Camilla aveva tirato fuori dalla borsa sei bacche, tutte differenti, che gli aveva poi dato.
“Mangiale” fece. “Te le sei meritate. Oggi sei stato bravissimo…” sospirò, seduta su di una roccia.
 I lunghi capelli erano quasi totalmente bagnati e gli stivaloni sporchi di fango fino a metà tacco, tuttavia era soddisfatta degli ottimi risultati del suo Garchomp.
Lasciò che mangiasse in libertà, mentre la neve continuava a cadere candida.
Ancora, nella sua testa, riapparve il volto di sua nonna.
 
“I due uomini e le due donne…” diceva la signora, ritirando poi dal mobile i panetti preparati qualche ora prima. “… Erano come dei, ma assomigliavano del tutto a noi”.
“Anche a te?” chiedeva Camilla, seduta ancora sul tavolo, con i grossi occhi spalancati e i capelli biondi legati in una lunga treccia.
“Certo. E anche a te. Erano esattamente come degli umani, con due braccia e due gambe, una testa, dei capelli…”.
“E le mani” aggiunse quella.

“E le mani” ripeté la nonna, sorridendo. Divise nuovamente i panetti e li tagliuzzò sulla sommità, quindi, uno ad uno, l’infornò. “E questo voleva dire che l’umanità tutta possedeva il potere di Arceus. E infatti, i primi uomini, grazie al beneficio di questi Cristalli e di queste entità, vissero in un mondo meraviglioso, dove l’acqua sgorgava rigogliosa dalle montagna e la terra donava al popolo i suoi ottimi frutti…”.
“Ma poi gli dei  litigarono” puntualizzò quella.
“Litigarono. Tutti e quattro dotati di smisurati poteri, questi dei non andarono più d’accordo tra di loro. Ancora non sappiamo chi fosse dei fratelli quello che tradì gli altri, ma cominciò una lunga battaglia, in cui utilizzarono il potere dei cristalli per uccidersi tra di loro”.
Camilla guardava la donna, ogni volta, con fare quasi schifato.
“Come fanno dei fratelli a non volersi bene. Io vorrei tanto bene alla mia sorellina”.
“Lo so, piccola mia” annuiva la più grande, lavando le mani. “Ma certe volte ci sono in ballo delle cose strane, e le persone cambiano”.
“Anche gli dei?”.
“Evidentemente sì” disse quella, asciugando le mani e andando dalla nipote. La prese in braccio per aiutarla a scendere dal tavolo, quindi si fece seguire fuori, dove il vento aveva asciugato le candide lenzuola.
“E combatterono tanto?” aveva domandato poi quella, col vestitino che svolazzava.
“Moltissimo. Uno di loro fu addirittura ucciso”.
“Quale?!” domandava lei, ogni volta.
“Me lo chiedi sempre” sorrideva la nonna. “Ma non posso dirtelo, perché non lo so...”.
“Uffa!” esclamava lei. “E la storia come finisce?”.
“Non lo so, tesoro. Ma probabilmente bene, dato che noi siamo ancora vivi e il mondo è ancora bello, come una volta”.
 
Camilla ricordava il viso di sua nonna.
Era la donna più bella e dolce che avesse mai conosciuto. Del resto era sua nonna, e l’avrebbe amata incondizionatamente.
Ma quelle leggende… Si chiedeva se fossero vere.
Sicuramente no.
Si voltò, guardando il suo Pokémon che riposava. Fece per alzarsi, quando il PokéKron trillò.
Sistemò sul braccio il visore, accanto all’altro bracciale, quello speciale, e rispose alla telefonata.
E quello che sentì la lasciò scandalizzata. 
 
 
- Sinnoh, Evopoli, Casa di Gardenia
 
Gardenia terminò su Marisio, quasi rovinandogli sul petto, mentre i loro toraci si contraevano e s’espandevano, ancora squassati dal piacere.
“Mi… mi mancava…” diceva quella, nuda e stanca. Ansimava, mentre lui le carezzava la nuca. Era rilassante, di una piacevolezza che non riusciva a quantificare. Sarebbe rimasta in quella posizione per tutta la sua vita, poggiata col volto sui pettorali del suo uomo, che intanto le baciava la fronte e le lisciava i capelli.
Il cuore le batteva, e sentiva quello dell’uomo risponderle.
“Ti amo” aveva detto lui, sorridendo soddisfatto. “Vorrei tanto poter fermare il tempo”.
“Anche io” s’era limitata a rispondere quella, ancora immobile.
Avrebbe voluto dirgli che non voleva che partisse.
Non voleva vederlo lasciare quel letto, quella casa.
Lei.
La distanza che li aveva separati, in quei giorni, era così doppia e tangibile che il semplice dormire nel letto accanto a lui era stato quasi paradossale.
Non che si fosse dimenticata di lui, no. Anzi, non avrebbe mai potuto farlo.
Semplicemente, non riusciva bene a gestire quella distanza siderale tra il nord e il sud della regione.
Sinnoh era casa sua, Gardenia non poteva prescindere da quei luoghi. Evopoli era il suo regno, lei lì era regina e comandante, sindaco e guida.
Lei la pianta, quella città il suo vaso.
E forse era sbagliato.
Avrebbe dovuto vedere il mondo, sciogliersi dalle responsabilità che la legavano a quei luoghi e magari affrontare la vita al di fuori di Sinnoh.
Forse avrebbe dovuto raggiungere Marisio, a Violapoli; stare assieme a lui era quello che più voleva e quando finalmente le cose sembravano essere stabili all’uomo era stata data un’opportunità di lavoro che non avrebbe potuto rifiutare.
Egoisticamente avrebbe voluto tenerlo lì con sé. Nel profondo del suo cuore avrebbe voluto che si licenziasse.
Ma non era giusto. Non poteva tarpare le ali a una persona, a maggior ragione se quella persona era una parte fondamentale del suo cuore.
Lo guardò, ripensò a qualche attimo prima, a quel formicolio che s’insinuava lentamente dalla parte bassa della schiena fino a raggiungere il collo, costringendola ad alzare la testa, a guardare in alto, a premere sui pettorali dell’uomo sui quali si era poggiata.
Lei lo amava.
E poi il PokéKron trillò.
Era dannatamente presto, si chiedeva chi potesse chiamarla a quell’ora del mattino. Incrociò lo sguardo di Marisio, curioso e al contempo preoccupato. Quella si alzò rapida dal corpo dell’uomo e raccolse una maglietta da terra, che infilò rapidamente. Rispose, con la luce dell’apparecchio a illuminarle il volto.
Era Camilla.
 
“Pronto? Camilla, che succede?” domandò quella, guardando l’immagine trasmessa sullo schermo del dispositivo. La Campionessa aveva il volto contrito, sembra che il vento le soffiasse addosso, mentre la neve le s’incastrava nei capelli.
“Devi correre allo Snowflake!” aveva urlato poi, col rumore del vento che non lasciava intendere liberamente le sfumature della voce della donna.
“Cosa diavolo stai dicendo, Camilla?! Lo Snowflake è…”.
“Lo Snowflake è sotto assedio!”.
Marisio scattò in piedi e infilò i vestiti rapidamente.
“Lo Snowflake è sotto assedio?!” ripeté incredula la donna. “Come… com’è possibile?”.
Camilla non rispose neppure, s’abbassò sul suo Togekiss e chiuse la comunicazione.
“Il Cristallo della Luce” le spiegò rapidamente Marisio. “Ho preso il posto di Valerio e lui mi ha comunicato che, in caso di necessità, sarei dovuto correre a Nevepoli, per difendere un misterioso quanto potente cristallo”.
“Quello… quello di Zack!” esclamò, infilando uno slip e uscendo di corsa dalla stanza.
 
Quasi scivolò prima di raggiungere la porta della camera degli ospiti, che spalancò senz’alcuna delicatezza. Si limitò a non accendere la luce, per non svegliare la bambina, ma s’apprestò verso il letto, dove Zackary Recket dormiva stringendo beatamente sua figlia. Gli s’inginocchiò accanto, afferrandolo per le spalle e scuotendolo.
Gli occhi verdi dell’uomo apparvero dietro le palpebre, che lentamente s’aprirono.
“Gar… denia… che succede?” chiese, ignaro.
“Lo Snowflake è sotto assedio!” esclamò, con la voce un po’ troppo alta.
Fu un attimo.
L’uomo aprì gli occhi, quasi dimenticandosi del fatto che, pochi secondi prima, stesse riposando.
“Devo andare via!” disse, raggruppando i vestiti suoi e di sua figlia e gettandoli sul letto.
“E dove pensi di andare?! Se queste persone sono venute qui è per prendere il cristallo!”.
“Lontano da Sinnoh” rispose quello, risoluto. Infilò le scarpe e poi levò maglietta e pantalone del pigiama, rimanendo seminudo.
Gardenia non si scompose. Lo vide vestirsi, poi infilò i calzini alla bambina, che immediatamente si svegliò. “Papà… Che succede?” domandò, trasalendo.
“Gardenia deve andare a fare dei servizi e purtroppo la nostra vacanza a Sinnoh è finita” fece, senza neppure guardarla in faccia.
“E ora torneremo dalla mamma?”.
Zack fu catturato con gli occhi da Gardenia.
“No, amore…”.
Le aprì la zip del pigiama e rapidamente le infilò i pantaloni. Gardenia era stranita dalla prontezza di quello. Aveva reagito come fosse una macchina, senza neppure mostrare un minimo di paura.
Tuttavia lei lo sapeva: dentro era terrorizzato.
Aveva già visto sua moglie andare via, e perdere sua figlia sarebbe stato il biglietto d’ingresso verso un inferno che non avrebbe mai avuto fine.
“E dove andiamo?” domandò lei, guardando Marisio entrare in camera.
“Devi raggiungere Giubilopoli il più velocemente possibile” esordì, coi capelli disordinati. “Noi dobbiamo correre a Nevepoli. Hai soldi con te?” chiese all’uomo.
Zack annuì, senza neppure guardarlo in faccia. Sollevò sua figlia e la prese in braccio, sospirando e muovendosi verso l’uscita della stanza.
“Zack!” urlò Gardenia, trattenendolo per una spalla. Quello si voltò rapidamente, col cuore che batteva impanicato e gli occhi totalmente spalancati. “Non fare stupidaggini, ti prego”.
L’uomo espirò, col fiato esalato che tremava, come le labbra, chiudendo lentamente gli occhi.
“Papà! Dove andiamo?!” aveva insistito la bambina.
“È una sorpresa” le disse Gardenia, cercando di mimare ciò che più si avvicinasse a un sorriso.
“Quante sorprese!” sorrideva. “Venite anche voi? Voglio farti conoscere la mia mamma”.
Zack guardò di nuovo Gardenia. Sapeva che avrebbe dovuto dirle di ciò che era successo a Rachel ma non era quello il momento.
“No… io e Marisio abbiamo molte cose da fare qui. Ma ci rincontreremo presto!” sorrise la donna, arruffandole la capigliatura già disordinata.
“Grazie” concluse l’ospite, ricevendo un caldo abbraccio dalla padrona di casa. Marisio annuì, alle sue spalle, come per infondergli fiducia.
Tutti però sapevano quanto difficile sarebbe stata quella storia.
Zack abbandonò casa di Gardenia pochi minuti dopo, infilandosi guardingo nel freddo di quel mattino d’inverno.
 
 
- Sinnoh, Nevepoli, Snowflake -
 
Camilla era un tipo metodico.
Generalmente non partecipava a operazioni del genere. Erano anni che non si verificavano disordini di quella mole, dai tempi del Team Galassia e di Cyrus, e certamente non sapeva come affrontare per bene quella situazione, dato che non c’era un piano prestabilito.
Togekiss aveva la piume ghiacciate ma continuava a volare.
La Campionessa s’era abbassata, col freddo che sembrava lacerarle la pelle, ormai pallida. Vedeva lo Snowflake, prima che una grossa esplosione le costringesse a spalancare gli occhi.
“Giù!” urlò, finendo per stringere al collo il suo Pokémon durante la picchiata.
 
Atterrò poco lontana da Bianca.
La Capopalestra di Nevepoli aveva lo sguardo concentratissimo. Era il suo habitat, quello. Aveva raccontato molteplici volte durante qualche cena informale, la moretta dagli occhi di cristallo, della sua prima adolescenza spesa a esplorare tutte le zone limitrofe alla sua città natale.
Sicuramente conosceva l’ambiente meglio di chiunque altro lì, ed era lei il genio su cui bisognava puntare per la creazione di una strategia.
“Froslass, riesci a mantenere lo scudo psichico?!” urlava quella, alle spalle del suo Glalie.
 Il Pokémon Suolnevoso sembrava parecchio provato ma l’energia psichica che emanava riusciva a mantenere Bianca all’interno d’un campo di forza protettiva.
“Abomasnow, crea uno scudo!” urlò poi, vedendolo obbedire rapidamente: una coltre di neve, rami, radici e foglie bloccarono l’attacco di due Blastoise.
La Capopalestra si voltò verso sinistra. La vista di Camilla le illuminò lo sguardo.
“Entra nella bolla, fai presto!” esclamò. La Campionessa eseguì, affiancandola e stringendole il polso delicatamente.
Come a dire “sono qui”.
“Ce ne hai messo di tempo! Sono un sacco!” aveva esclamato. Non riusciva a vedere oltre il muro di neve, Camilla, ma fissava in lontananza ciò che stava succedendo allo Snowflake.
“Cosa cercano?” urlò lei, tirando in campo il suo Glaceon. Il Pokèmon affondò le zampe sulla neve e rizzò la coda.
“Inspessisci questo scudo con un Geloraggio” fece al suo Pokémon, avanzando e uscendo dalla bolla psichica.
“Ti farai ammazzare!” urlò Bianca. “Glalie, falle da scudo!” ordinò poi.
La Capopalestra di Nevepoli si guardò intorno, perdendo lo sguardo nella distesa candida.
“Non possiamo perder tempo…” ragionò la Campionessa, prendendo poi la Pokéball di Garchomp. “Dobbiamo difendere il bunker con ogni mezzo!”.
“I soldati sono ancora in piedi?” domandò Bianca, preoccupati.
“Non per molto…” fece, sospirando. “Dobbiamo andare a dare manforte”.
“Qui ci sono due Blastoise!”.
“Adesso li mettiamo fuori gioco” rispose la Campionessa, prendendo la sfera del suo Garchomp. “Dammi una mano”.
La Capopalestra di Nevepoli esitò brevemente, guardò Glaceon e Abomasnow fare di tutto per rinforzare quel muro. Una volta che le due donne fossero passate all’attacco sarebbe stato del tutto inutile ma serviva da ottimo diversivo per effettuare un attacco a sorpresa.
“Va bene” rispose, muovendosi dalla parte opposta della barriera di ghiaccio e rami.
Froslass la seguiva rapida, continuando a proteggere meticolosamente la sua Allenatrice. Glalie fluttuava dietro di lei ma non appena Camilla gridò d’attaccare la sorpassò.
Gli occhi della Campionessa e della Capopalestra s’incrociarono, alle due estremità del muro, pronte a sferrare l’attacco.
“Garchomp!” urlò quella, puntando il dito contro il primo Blastoise. Il grosso Pokémon Drago si gettò a capofitto sull’avversario, balzando in alto ed evitando il grosso raggio congelante.
Geloraggio… Ottimo. Tu usa Dragofuria!” aveva invece esclamato la bionda, sorprendendosi della rapidità d’azione della grossa tartaruga.
Quando atterrò, il drago cominciò a colpirlo con forza, quasi senz’alcun freno.
E colpiva, colpiva. Colpiva ancora, col Blastoise che si limitò, vittima, a rintanarsi nel proprio guscio.
Intanto, dall’altra parte della barriera, Glalie schivava gli attacchi dell’altro avversario.
Colonne d’acqua partivano rapide contro il Pokémon di Bianca, che osservava sempre più concentrata la scena.
Sembrava totalmente un’altra persona.
“Sta usando Idropompa…” ragionò ad alta voce. Guardava quel Blastoise basso sulle zampe inferiori, pronto ad attaccare ancora.
Glalie si muoveva rapidamente, levitando agilmente.
Aspettò il momento propizio, la donna, vedendo l’ennesimo attacco potente andare a vuoto, prima di muovere lo scacco matto.
Liofilizzazione!” esclamò, guardando il suo Pokémon andare incontro all’attaccò del Blastoise avversario e avvolgergli le colonne d’acqua con raggi a bassissima temperatura.
L’attacco fu di una potenza devastante.
Idropompa di Blastoise si congelò all’istante, creando pilastri di pesantissimo ghiaccio che andarono a congelare l’acqua che quello stava sparando ad altissima velocità.
Non riuscì a mantenerne il peso, il tartarugone, terminando per terra.
“Ora vai con Bottintesta! Dobbiamo farlo rintanare nel proprio guscio!”.
E così fece. L’attacco del solidissimo Pokémon Ghiaccio incontrò il carapace di Blastoise, dopo che quello si rintanò all’interno delle proprie difese.
“Benissimo!” sorrise Bianca, contenta che la sua strategia avesse avuto gli effetti sperati. “Ora Geloraggio all’interno del guscio”.  La fessura della testa fu completamente sigillata dal tappo di ghiaccio. Camilla sorrise sommessamente, facendo rientrare nella sfera il proprio Pokémon, che aveva distrutto coi propri attacchi il guscio dell’avversario.
“Ottimo lavoro, piccola. Ora corriamo… Dobbiamo frapporci tra i nemici e il caveau!”.
Bianca annuì, facendo rientrare i propri Pokémon nelle sfere.
La Campionessa la guardò, pensierosa.
Erano passati diversi anni quando, da ragazzina, quella giovane moretta con le treccine aveva impressionato la piazza di Nevepoli con le proprie abilità d’Allenatrice.
Sembrava una predestinata, nonostante l’inesperienza fosse davvero troppa.
Fu nel momento della verità, la prima verità, quando Cyrus aveva minacciato l’universo, che la sua immaturità venne fuori, assieme a quelle di Gardenia e Marzia, totalmente impreparate all’evenienza.
Nel fuoco che aveva negli occhi c’era voglia di riscatto.
Bianca era ormai una donna adulta, dai capelli sciolti e dalla profonda consapevolezza che le cose sarebbero cambiate.
Pochi secondi dopo due figure nel cielo s’avvicinarono a lei, atterrandole accanto.
Erano Gardenia e Marisio.
I quattro presero a correre nella neve, nel tentativo di raggiungere quanto prima l’ingresso dello Snowflake.
   
 
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