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Autore: ElfaNike    04/10/2017    0 recensioni
Cosa succede quando degli adolescenti, rifiutati dal loro mondo e dalla loro famiglia, si ritrovano a fuggire in groppa a un drago, per salvare un prezioso potere? Quando l'incontro di mondi diversi porta a crescere e a capire...
"E’ il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante."
Il Piccolo Principe
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hiccup Horrendous Haddock III, Jack Frost, Merida, Rapunzel
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La guerra non era uno scherzo. Di questo erano consapevoli tutti, vichinghi e scoti. Un giorno porti i tuoi figli a caccia e a pesca, e il giorno dopo li saluti dalla nave, senza sapere se quella sera sarai ancora vivo. Senza sapere se loro saranno mai in grado di comprendere quell'abbandono, troppo piccoli per vedere le cose così come stanno: il guerriero che mette in gioco il suo onore, per morire in maniera gloriosa senza essere colpito alla schiena, ma solo davanti, segno che non ci si è fatti prendere dalla vigliaccheria e non ci si è dati alla fuga, ma si ha fronteggiato il rivale fino all'ultimo. Non era neanche questione di odio: era così e basta, era una necessità. Talvolta, i vichinghi andavano a rifornirsi di materie prime nelle terre altrui, talvolta erano gli altri ad attaccar briga per primi. Ed allora si trattava di una questione di principio.
Ci si riuniva tutti intorno allo jarl e ci si batteva, uniti, feroci, temibili: si vinceva. E tutti prendevano parte alla vittoria. Tutti.
Stoik guidava la sua battaglia contro gli scoti con tutta la rabbia dell'impotenza e della frustrazione. Dopo la perdita di suo figlio, non solo aveva dovuto affrontare da solo un inverno che gli era sembrato il più rigido di tutta la sua vita, ma aveva anche dovuto subire le accuse che dei popoli stranieri portavano a Hiccup - Hiccup che non c'era più - accuse assurde, ingiustificate: lui, rapire una principessa? Darla in pasto ad un drago? Hiccup non poteva essere arrivato fino a Dalriada tutto intero, vista la forza della tempesta in cui l'aveva visto perdersi. Figurarsi rapirne la principessa! Suo figlio era troppo giovane, troppo ingenuo, e troppo chiuso nel suo mondo per interessarsi alle donne. E, inoltre, aveva ereditato da sua madre quel buon cuore che aveva portato lui, Stoik l'Immenso, ad innamorarsi di lei, anni prima. Non avrebbe fatto del male ad una mosca.
Quelle maldicenze... quelle menzogne erano nate sicuramente da tutti i conti in sospeso che erano rimasti insoluti fra i due popoli: quei vigliacchi degli scoti avevano sicuramente approfittato di quel momento difficile da cui non riusciva ad uscire per attaccarli con una scusa qualsiasi, nella speranza di schiacciarli una volta per tutte.
Ciò che faceva infuriare Stoik, però, più di tutto era il loro infangare il nome di suo figlio, in nome di una principessa che lui, tra l'altro, non era sicuro fosse mai realmente esistita. E ciò che lo rendeva furibondo era la sua impossibilità di smentire davanti ai suoi nemici quelle accuse infondate, e riscattare l'immagine candida del suo Hiccup.
Rigido, impettito sulla poppa della nave, le braccia tese e le mani appoggiate al pomo dell'ascia, che teneva in piedi davanti a lui, Stoik contemplava l'alba. La battaglia del giorno precedente era stata sfiancante, ma il calare della notte aveva permesso ai due schieramenti di concedersi qualche ora di riposo: non si conducevano guerre gloriose col buio. Almeno su questo, era sicuro, lui e re Fergus erano d'accordo. Niente colpi bassi, niente atti di codardia: il re scoto era un uomo d'onore, esattamente come lui.
Scaracchio gli comparve accanto: -Gli uomini sono in piedi.-
-Falli preparare. Sbarchiamo tra un'ora.
-Va bene. E per quanto riguarda le reclute, cosa faccio? Hanno l'aria stanca.-
-Sono vichinghi, no? La battaglia è il loro mondo, si sono già abituati nella guerra contro i draghi.-
-Hai ragione. Ma è la loro prima guerra contro un altro popolo. Hanno visto troppe cose in questi ultimi mesi, e ammetterai anche tu che affrontare un drago non è la stessa cosa che combattere contro un uomo per cercare di ucciderlo.-
Stoik sospirò: -E va bene. Mandali in ricognizione. Voglio un rapporto dettagliato sulle coste; la tattica frontale non funziona: se troviamo un altro punto d'attracco possiamo tentare di accerchiarli.-
-La vecchia tattica. Ho capito. Così li prendiamo alle spalle. Sarà una vittoria facile.-
-Non sottovalutarli, sono molto più organizzati dell'ultima guerra: hanno resistito valorosamente molto più a lungo di quanto mi aspettassi. Fergus mi sembra un ottimo comandante e conosce il suo territorio: sicuramente si avvale di esploratori nei dintorni del suo esercito, delle sentinelle per prevenire questo genere di strategie. Ma se riuscissimo ad aggirarli potremmo prenderli su due fronti, e questo ci avvantaggerebbe.-
-Ho capito. Be', allora vado a dare una sveglia ai marmocchi. Ci vediamo sulla spiaggia.-
Stoik lo guardò allontanarsi con la coda dell'occhio, poi tornò a concentrarsi sui colori accesi davanti a lui: si preparò per la battaglia.

-Non ci posso credere, ci mandano a fare le scampagnate!- si lamentò Moccicoso, scostando con rabbia un ramo.
-Come se non fossimo pronti per la guerra. Ma ti rendi conto? Potremmo essere accanto ai nostri genitori, in questo momento!- rincarò Testaditufo.
Testabruta alzò gli occhi al cielo, ma Gambedipesce ridacchiò nervosamente: -Ma vi immaginate il ruolo che potrebbe avere la nostra missione? Potremmo sviluppare capacità personalissime come esploratori! Acquisiremmo abilità pazzesche! L'esperienza fa tutto!-
Gli altri tre ragazzi lo guardarono perplessi, poi scoppiarono a ridere: -Sì, certo, come no! E le cicatrici da guerra dove le metti? A passeggiare per i boschi non corri certo il rischio di fartene.- cantilenò Testaditufo.
Astrid non diceva niente e avanzava silenziosa, cercando di ignorarli. Ma quando gli schiamazzi si fecero eccessivi, li zittì violentemente: -Ma siete impazziti? Volete forse che ci scoprano?-
-Ma tanto qui non c'è nessuno!-
-Non lo sai, questo!-
-E dai, se Astrid dice di stare zitti, sicuramente avrà ragione!-
-Tanto non c'è niente da proteggere.-
-E invece sì.- Gambedipesce indicò davanti a loro.
-To', una strada.-
Astrid uscì dal sottobosco e studiò la via di comunicazione per qualche metro nelle due direzioni: -Potrebbe essere importante. Se questa strada porta alla costa, vuol dire che l'esercito scoto passa di qui per andare nell'entroterra.-
-Oh, sì, importante di sicuro!- Gambadipesce indicò l'enorme albero i cui rami ricoprivano il sentiero come una volta verde: -Da lì si potrebbero fare delle imboscate perfette. I rami sono spessi e quelli troppo bassi sono stati tagliati per far passare le truppe: arrampicarsi però non sarebbe difficile.-
-Sì, sì, va bene. Memorizziamo il posto e continuiamo.- Astrid si diresse verso la scogliera, decisa a costeggiarla ancora per qualche chilometro. Soprappensiero si guardò intorno: una bassa nebbiolina ricopriva il mare e nascondeva gli scogli. Sarebbe stato pericoloso navigare in quella zona. Fece per girarsi e continuare, ma con la coda dell'occhio colse un movimento, come di ali.
“Non è possibile!”

Merida, MacGuffin, Dingwall e MacIntosh cavalcarono per tutta la notte. Si fermarono appena un'oretta per mangiare qualcosa e per riposarsi, in vista del prossimo incontro con i loro genitori: dovevano assolutamente essere in forze. La ragazza si addormentò esausta per appena una mezz'oretta, ma si svegliò da sola prima che qualcuno decidesse di lasciarla riposare più a lungo: -Non ho affrontato questo viaggio per fermarmi così vicino alla meta. Dormirò dopo, quando sarà tornata la pace.-
Ripresero a galoppare, forse con meno vigore a causa della spossatezza delle loro cavalcature, ma non si fermarono. Passarono con decisione sotto un albero le cui fronde coprivano come una volta verde qualche metro di sentiero.
-Se dovessimo essere respinti nell'entroterra,- spiegarono a Merida -I capi dei clan volevano posizionare qui un'imboscata, per rallentare il nemico e permettere all'esercito di riorganizzarsi. Ma tanto non sarà mai necessario: siamo troppo forti.-
-No: non sarà necessario perché la guerra finirà oggi.-
Quando arrivarono al campo, lo trovarono semivuoto. Merida, il volto coperto dal cappuccio per non essere riconosciuta e ostacolata, si rivolse alla guardia: -Dove sono i capi e i guerrieri?-
L'uomo, rassicurato che la straniera fosse accompagnata dai tre giovani figli dei capi clan, indicò la spiaggia: -Sono andati alla battaglia.-
I quattro ragazzi non erano neanche scesi dalle loro selle. Col cuore in gola, spronarono i loro cavalli in un ultimo galoppo disperato.

Fergus e Stoik avevano condotto i loro uomini sulla pianura che dominava la spiaggia dov'erano attraccate le navi vichinghe. Adesso i due condottieri si squadravano in cagnesco, le armi alla mano, a qualche decina di metri di distanza.
-Siete sicuri di non volervi arrendere?-
-Neanche per sogno.-
Stoik alzò la mano, pronto a dare il segnale ai suoi: “Venite, se ne avete il coraggio...”
Fergus alzò la spada e urlò: -UOMINI!- a cui rispose un boato. Poi piegò il braccio dietro la testa per dare il segnale d'assalto: spalancò la bocca per lanciare il suo urlo di guerra, ma una freccia colpì l'elsa dell'arma, che cadde fragorosamente: -COSA SUCCEDE?-
-FERMI!- quattro cavalieri si precipitarono in mezzo alla piana.
-Cosa succede?- sussurrò Scaracchio a Stoik.
L'uomo assottigliò lo sguardo: -Non lo so. Tieni pronti i guerrieri.-
Ma i capi clan avevano riconosciuto tre dei quattro intrusi: -Cosa ci fate voi qui?-
-Vi avevamo ordinato di tornare a DunBroch!-
-Come avete osato disubbidirci?-
-Non è colpa loro.- la ragazza, ancora incappucciata, fece avanzare Angus. Fergus riconobbe lo stallone, e la voce. Il suo cuore cominciò a battere all'impazzata e il sangue gli andò alla testa. Per un momento la speranza non gli fece capire più nulla.
-Non è colpa loro.- Merida si scoprì il volto -È colpa mia. È stata tutta colpa mia. E sono qui per rimediare.- poi si voltò verso i vichinghi: -E porto anche notizie di Hiccup!- urlò, nella loro direzione.
Sentendo quella frase, Stoik sentì il cuore accelerare i battiti, e il sangue andargli nelle orecchie. Quella notizia lo mandò in confusione per qualche istante.
-Conosci Hiccup?- abbassò il braccio.
-Sì. Sono qui per parlare.- Merida tornò a guardare suo padre.
-Abbassate le armi.- mormorò l'Immenso.
-Ma Stoik...-
-Ho detto di abbassare le armi!- l'uomo si rivolse a Scaracchio: -Io vado a sentire cos'ha da dire. Se dovesse trattarsi di una trappola, ti lascio il comando.-
-Ma non dire scemenze!- si alterò l'altro: -Io vengo con te.-
I due si scambiarono un sorriso d'intesa e si avvicinarono al fronte avversario.
Fergus preparò la spada, che gli era stata prontamente raccolta, ma Merida gli fece segno: -Aspetta, papà.-
Quando i quattro lord e i due vichinghi furono a portata d'orecchi, Merida si rese finalmente conto della situazione delicatissima in cui si era cacciata e dell'importanza di come avrebbe introdotto l''argomento. Ebbe un vuoto e all'improvviso non seppe molto cosa dire. Tentennò: -Ecco... io...-
-Quindi tu saresti la principessa che mio figlio ha rapito?-
-NO! Sì... in realtà non sono stata rapita. Siamo scappati entrambi.-
-Ti rendi conto delle accuse oltraggiose che i tuoi uomini hanno portato a mio figlio a causa tua?-
-Sì... ma non è colpa loro. È colpa mia, e sono venuta qui per rimediare!-
-Tu sei una donna.- intervenne il capo MacIntosh, ritrovata la voce dopo l'attimo di sconcerto -La guerra non è posto per te.-
-Tra i vichinghi si trovano anche molte donne valorose.- lo rimbeccò Stoik.
-Sì, l'abbiamo notato. Ma non fra di noi. Lei è una principessa. I fatti d'armi non la riguardano.-
Merida per un istante sembrò persa, nella cagnara che si era levata intorno a lei. Fergus non le staccava gli occhi di dosso, senza parole. Lei si spazientì, e cacciò un urlo adirato: -SILENZIO!- quando tutti si riebbero dalla sorpresa, lei riprese la parola: -Avete ragione, sono una donna. Ma sua una cosa devo correggervi: io non sono solo una principessa. Sono una guerriera, e una cacciatrice. Sono la figlia del grande re Fergus. Sono Merida. E riguardo a questo voi non potete farci niente. Io sono una ragazza, e questo è una parte importante di me: non saranno le tradizioni a cambiare le cose. Appurato ciò, vi chiedo di ascoltarmi.- si guardò intorno: in mezzo agli uomini, altri stalloni neri. La paura serpeggiava ancora fra gli eserciti.
Merida si armò di tutto il coraggio che aveva e con forza cercò di trasmetterlo a quelli che le stavano intorno: -A causa della mia testardaggine, ho creato una profonda spaccatura con le nostre tradizioni. A causa della mia fuga, ho dato motivo di dolore alla mia famiglia e tante preoccupazioni a voi, miei lord. A causa di un malinteso, la guerra è scoppiata e ha coinvolto anche i vichinghi. E per tutto ciò, io vi chiedo perdono.- “Come diceva la mamma? Scandisci, deve sentirti tutta l'assemblea”
La ragazza alzò uno sguardo di fuoco sugli uomini che la circondavano: -Non era mia intenzione disonorare le nostre usanze.- riprese, con la voce più sicura -La verità è che sono... siamo ancora troppo giovani per pensare al matrimonio.- i tre ragazzi accanto a lei annuirono, dall'alto delle loro cavalcature -Ma non per questo rifiutiamo i vostri insegnamenti! I vostri figli hanno dimostrato coraggio nell'intraprendere le loro avventure alla mia ricerca, e valore nel proteggermi e scortarmi fino a qui! E questo non sarebbe stato possibile senza il vostro importantissimo esempio!- con un ampio gesto incluse i tre lord, che si guardarono interdetti e lusingati -Nessuno di noi giovani rifiuta le tradizioni e i vostri insegnamenti. Tuttavia, non possiamo renderci conto della loro importanza se voi non ce lo spiegate. Noi cerchiamo un dialogo con voi, e vi chiediamo di ascoltare i nostri bisogni. Siamo nati in un tempo di pace, e viviamo l'obbligo del matrimonio con minor urgenza rispetto a voi, che avete rischiato la vita in guerra nella vostra gioventù. Vi chiediamo dunque di avere pazienza con noi, di ascoltarci e di guidarci con attenzione, perché riusciamo a far tesoro delle vostre esperienze con i nostri tempi, e impariamo ad apprezzare spontaneamente la pace che voi avete costruito con tanti sacrifici tanti anni or sono. Siamo giovani, e ci aspettano grosse responsabilità: vogliamo essere davvero pronti per poter provvedere con onore alla vostra preziosa eredità. E questo vale anche per Hiccup.- scambiò uno sguardo con Stoik, poi tornò a girarsi: -Rimettiamo ovviamente la decisione ultima a voi, miei signori, e alla vostra infinita saggezza.- i tre lord continuavano a guardarsi fra loro, a guardare Fergus, ancora ammutolito, e i loro figli.
-Sì.... immagino...-
-Credo che non abbiate tutti i torti...-
-Se le cose stanno così...-
Merida sorrise. Si rivolse quindi a Stoik e Scaracchio: -Vi rivolgo le mie scuse per avervi coinvolti in queste questioni di tradizioni. Siete i nostri nemici storici, ma la solida amicizia che lega Hiccup e me dimostra che i nostri popoli possono collaborare con successo.-
Stoik avanzò e poggiò una mano sulla sua: -Dov'è mio figlio?- chiese, guardandola negli occhi.

Jack seguiva i bambini facendo ben attenzione che non si facessero male. Non era pratico di cavalli e ancora meno di boschi rigogliosi.
-Ehi, ehi, ehi, frenate!- urlava: -Non siete stanchi? Avete cavalcato praticamente tutta la notte!-
Tutto cominciò quando loro presero a fargli le boccacce. Jack all'inizio rimase interdetto, ma poi raccolse la sfida: -Ah, la mettiamo così?-
Allora accelerò fino a fare a gara col cavallo. Saltando da un albero all'altro cercava di afferrali, mentre loro ridevano e schivavano i suoi tentativi neanche troppo convinti. Quando poi riuscì a prenderli in braccio tutti e tre, e in un salto a portarli giù dalla sella, formò un mucchio di neve per cadere sul morbido. Non riuscì neanche ad alzarsi: sollevò lo sguardo per trovarsi circondato dai tre diavoletti che, le braccia incrociate, lo guardavano dall'alto.
-Cosa c'è?-
Loro mostrarono le mani, piene di palle di neve.
-Oh accidenti!- Jack scoppiò a ridere mentre veniva bombardato da tre lati, mentre i principini si scatenavano allegramente.
-Va bene, adesso basta!- si ribellò prendendo fiato: alzandosi arrivò a farli scivolare, ma appena si ritirò fuori traiettoria li vide di nuovo schierati, le piccole bocche sorridenti e lo sguardo agguerrito -Ma allora facciamo sul serio!-
Jack produsse tanta neve da imbiancare quell'angolo di bosco nel raggio di qualche metro, e allora si scatenò l'inferno.
Lo spirito non riusciva a sistemarne uno che gli altri due subito attaccavano, e aveva ben a far fare scivoloni a Harris se nel frattempo Hubert e Hamish preparavano un'enorme massa di neve sul ramo sopra la sua testa che gli buttavano addosso alla prima occasione, non riusciva a colpire Hamish perché i fratelli miravano alle sue gambe e lo mandavano col sedere per terra, e quando provò a fare di Hubert un pupazzo gli altri due gli saltarono addosso e gli riempirono la maglia di neve, probabilmente credendo di dargli fastidio. Lui glielo lasciò credere. Per poco non si fecero malmenare da un picchio che aveva il nido proprio sopra le loro teste, e dovettero correre via.
-Siete proprio tremendi.- sospirò ad un certo punto prendendo fiato. Loro si immobilizzarono un secondo, immersi nella neve fino ai fianchi, e lo guardarono soddisfatti, per poi riprendere a giocare.
Un rumore attirò l'attenzione di Jack, che si drizzò e si guardò intorno un secondo. Poi fece spallucce, e tornò a dedicarsi ai suoi nuovi amici: e di nuovo si rese conto di quanto amava scatenarsi con simili diavoletti, ovunque nel mondo.
Mentre si impegnavano a costruire un pupazzo di neve enorme, un altro schianto mise di nuovo lo spirito in allarme. Non poteva lasciare che accadesse qualcosa ai bambini, pensò.
...perché Merida non glielo avrebbe perdonato.
Questo pensiero, questo nome si infilò come un chiodo nel divertimento che gli aveva occupato completamente la mente. Merida.... Hiccup. Rapunzel! LA GUERRA!
Come aveva potuto dimenticarli? Con un balzo si allontanò dai principini e si appollaiò su un ramo molto alto. Se giocava coi bambini, non riusciva a pensare a nient'altro. Anche adesso, ritornare alla realtà gli era costato un certo sforzo. Si era dimenticato dei suoi amici. Dei Grandi Quattro! Come era possibile?

Che condanna era mai quella? Doveva forse scegliere di chi ricordarsi?
...Tra i bambini e i suoi amici?!
Gli ci volle un momento per metabolizzare quello che aveva appena realizzato. Lui si conosceva. Sapeva che se le cose stavano in questo modo per stare con Rapunzel, Hiccup e Merida avrebbe dovuto sacrificare la sua libertà, e col passare del tempo questo sacrificio si sarebbe fatto sempre più pesante. Avrebbe dovuto sacrificare l'essenza stessa della sua natura. No, non ce l'avrebbe fatta.
Se avesse scelto i bambini, però, avrebbe dovuto rinunciare alle prime persone che l'avevano visto e questo pensiero gli fece sentire, per la prima volta in vita sua, molto freddo. Un gelo pungente, che gli serrava le viscere. È vero che sarebbe stato libero, tuttavia...
Lo sguardo perplesso dei tre piccini, ai piedi dell'albero, lo riportò alla realtà. Loro potevano vederlo. Adesso non poteva abbandonarli. Con un sospiro si apprestò a scendere, ma un movimento catturò la sua attenzione.
Fu allora che lo vide.
Mor'du.
Ne aveva sentito parlare dalle tate degli scoti, quando negli inverni passati spendeva le giornate con i bambini di Dalriada.
E si rese conto che, in effetti, tutta quella neve e quella cagnara non potevano certo essere passate inosservate!
Che sciocco! Possibile che non ci avesse pensato?
Con balzo silenzioso atterrò fra i tre fratellini e si inginocchiò per essere alla loro altezza: -Ascoltatemi bene, adesso. Qualunque cosa succeda, fidatevi sempre di me, chiaro?-
I tre annuirono convinti.
Mor'du si avvicinò silenziosamente e Jack si parò fra lui e i suoi piccoli amici. Il cavallo con cui erano arrivati non si vedeva.
Lo spirito strinse il bastone con le due mani: “Pensa, Jack, svelto! Pensa!”
Se Harris, Hubert e Hamish fossero scappati, probabilmente avrebbe potuto affrontare il mostro senza intralci. Avrebbe potuto trattenerlo il tempo necessario per permettere loro di mettersi in salvo. Ma così li avrebbe persi per la foresta. Farli arrampicare da qualche parte avrebbe preso troppo, l'orso li avrebbe raggiunti in due balzi.
No, da solo non ce l'avrebbe potuta fare, realizzò. In quel momento Mor'du emise un ringhio che scosse l'intera foresta e si gettò all'attacco. Jack lanciò una prima scarica per frastornarlo, poi prese i bambini per mano: -DI QUA! CORRETE!- ma non fecero che pochi metri prima che Mor'du si riprendesse e si gettasse all'attacco. Jack usò il suo potere per spezzare i rami degli alberi, per farli cadere sul sentiero, per distrarlo. La foresta alla loro destra si piegò in una ripa e Jack vi spinse i bambini, producendo uno scivolo di ghiaccio che li portò lontano in poco tempo, schivando tronchi e saltando massi, ma quando arrivarono ai resti di un vecchio castello diroccato non poterono più sfruttare la discesa.
I quattro fuggiaschi si persero nei mucchi di pietre e ciottoli, nella nebbia dell'aurora che colorava tutto di grigio. Un silenzio innaturale li circondava.
Jack era pronto a scattare al primo segnale di pericolo.
Un ciottolo cadde dietro di loro.
Mor'du spuntò con un ruggito dalle pietre, attaccando frontalmente Jack. Se lo spirito si fosse difeso col bastone, sicuramente l'avrebbe spezzato.
L'orso spiccò un balzo pesante per atterrargli addosso, ma un'ombra scura emerse dal nulla e con un nitrito respinse la bestia.
Jack abbassò il braccio per vedere di chi si trattava, e con orrore vide l'orso dissolvere l'incubo con una zampata.
“Pitch!” in preda al panico vide l'Uomo Nero apparire fra lui e i bambini: -E voi cosa ci fate ancora qui?- ringhiò, in direzione dei piccoli -Pensate forse di non avere paura?- e con un urlo aggressivo li spaventò, facendoli correre via.
-No!- Jack allungò la mano per fermarlo, ma un incubo apparve sotto i loro piedini e li portò via al galoppo -Pitch!- si rivolse all'altro spirito, minacciandolo col bastone, ma quello non fece una piega:
-Pensi di avere tempo per queste sciocchezze, Jack? Abbiamo un altro problema più urgente di cui occuparci!-
Lo spirito seguì il suo dito e tornò a concentrarsi su Mor'du, che era partito in un altro attacco, ruggendo di collera.
Jack approfittò del fatto che si era alzato sulle zampe posteriori per colpirlo al ventre con il raggio più potente che gli riuscì. L'orso si ritrasse per poi caricare un altro colpo con la zampa pesante, ma Pitch lo fermò con la sua falce e permise a Jack di mettersi al riparo.
-Sotto di noi ci sono delle cavità che dovevano essere le segrete!- lo informò l'Uomo Nero, arretrando a sua volta -Se riuscissimo a farlo precipitare e a immobilizzarlo là sotto, potremmo vincere!-
Jack annuì: -Dimmi dove di preciso!-
Pitch inviò un incubo a indicare un punto, e Mor'du si precipitò a dissolverlo nella sua furia omicida. Jack approfittò di quell'istante per ghiacciare la pietraia e l'orso scivolò con tutto il suo peso sulla sua trappola, fatta poi scattare da un colpo preciso di Pitch. Il vecchio pavimento cedette e Mor'du precipitò nel vuoto.
Pitch e Jack si avvicinarono a guardare, ma la caduta della bestia provocò un collasso dell'intera antica struttura, che franò sopra l'animale. I due spiriti si allontanarono e non osarono riavvicinarsi finché non fu tutto di nuovo silenzioso.
Dal cumulo di macerie si sollevò uno spirito blu cobalto, che li osservò per un secondo, per poi dissolversi in un fuoco fatuo con un cenno di ringraziamento.
Jack si prese qualche istante per tirare il fiato, poi si rese conto di quello che era successo: -I bambini!- e librandosi in volo si precipitò a cercarli.
Li trovò che erano quasi arrivati al castello di DunBroch. Il cavallo si dissolse permettendo loro di riprendere a correre, e loro non si fermarono finché non furono al sicuro all'interno delle mura.
Jack assisté alla scena a bocca aperta.
-Eri convinto che li avessi rapiti, non è vero?- Pitch comparve accanto a lui dalle ombre.
Jack strinse i pugni: -Lo ammetto. Ma perché...?-
-...perché non l'ho fatto? Oh, Jack, una domanda così stupida dimostra quanto ancora poco sai dell'essere un Guardiano.-
Jack alzò gli occhi su di lui: -Tu... eri un Guardiano?-
-Secondo te cosa c'era prima di Natale e di Pasqua, Jack? Ma ovvio che ero un Guardiano! Collaboravo con Sandy. Ero il Guardiano della paura.-
-Non è possibile.-
-Anche la paura ha il suo ruolo, sai? La paura difende i bambini dalle incoscienze che possono portarli a farsi del male. È un ottimo deterrente, e insegna a conoscere i propri limiti. Era tutto perfetto, allora: Sandman dava loro la speranza dei sogni, io la prudenza della paura.-
-E poi cos'è successo?-
-Sono stato dimenticato. Soppiantato dalla meraviglia e dalla luce. Nessuno educa più i propri figli insegnando loro a conoscere i loro limiti, Jack, ma tutti promettono ai propri bambini qualche premio se fanno i bravi. Sono stato “licenziato”, e sono quasi sparito da questo mondo.-
-Sparito?!-
-Oh, non te hanno mai parlato? È la più interessante delle clausole dell'essere un Guardiano: se i bambini smettono di credere in te, tutto quello che difendi sparisce, e pian piano sparisci pure tu.-
-Sì, ma la paura non è sparita.-
-La paura non viene mai da sola, Jack, comporta sempre delle conseguenze. La mia era una paura costruttiva. Ma ormai nessuno sa più cosa farsene della paura, e non riesce più a cogliere i sottili insegnamenti che porta. E di me... è rimasta una piccola traccia, nelle vecchie filastrocche delle governanti... “lo darò all'Uomo Nero, che lo tiene un mese intero...”-
Jack non disse niente per un po'. Poi domandò: -Hai causato tu la guerra fra vichinghi e scoti?-

Drago Bludvist uscì dalla sua cabina attirato da un enorme trambusto: -Che cosa succede?-
-Sono i draghi, capitano!-
-I draghi?-
-Sì, sono tornati a liberare gli altri! Se la sono presa con la nave in coda alla flotta!-
Drago Bludvist ringhiò incollerito, e salì in groppa al suo ultimo trofeo: Sdentato lo portò velocemente da una nave all'altra, fino ad arrivare al luogo dell'attacco. Là, l'uomo prese a urlare e ringhiare, e tutti i draghi a portata di orecchi furono scossi da terrore. Purtroppo per lui, era arrivato troppo tardi e buona parte delle bestie appena liberate riuscì a fuggire.
Si rivolse al pirata più vicino: -Quanti sono scappati?-
-Una decina, capitano.-
-Va bene. Pazienza, abbiamo altre tre navi cariche di bestiacce. Adesso dobbiamo approfittare per attaccare DunBroch, penseremo dopo a ricatturare questi stupidi rettili.- senza rendersene conto, l'uomo provocò una reazione in Sdentato.
“Stupido rettile”... quelle parole erano famigliari alla Furia Buia. Le aveva già sentite altrove, uguali eppure diverse. Era una voce femminile a ripeterle spesso, “Stupido rettile”. “Stupido rettile”... ma non era quella, l'unica differenza. La voce femminile era spesso arrabbiata, quando diceva così, ma c'era qualcosa, dietro... una sottile vena d'affetto, che ora non riusciva a riconoscere in questa voce rude e roca, così estranea e gelida. Curioso, si afferrò a quella tiepida sensazione di calore per rimontarne alla fonte, e nella bruma dell'intontimento ripercorse quelle emozioni così familiari: un bianco sorriso sghembo, dei biondi grattini, degli offesissimi riccioli rossi. E poi delle carezze, dal suo cavaliere. Il suo cavaliere... Hiccup. Hiccup!
Gli occhi di Sdentato di dilatarono nel momento in cui riprese il controllo di sé. Il drago si impennò e Drago Bludvist cadde sul ponte della nave: non fece in tempo a rialzarsi che la Furia Buia si era tuffata in acqua e, nuotando sotto la superficie, si allontanava a tutta velocità.
Così non avrebbe sentito la cantilena maledetta del pirata e quando l'uomo se ne rese conto, fece cadere un pugno furioso sul corrimano del parapetto.
Sdentato adesso era libero, ed aveva un solo pensiero in testa: trovare Hiccup, e sperare che la notte da solo in preda alla corrente non l'avesse portato via per sempre.

 




Angolino dell'autrice:
Un capitolo decisamente denso.
L'arrivo di Merida nel bel mezzo del campo di battaglia è la scena da cui è partita l'idea per questa fanfiction, per cui ho cercato di rendere il suo discorso all'altezza del suo ruolo nella storia. Esattamente come per le lanterne, si tratta del momento clou del personaggio: ho fatto del mio meglio per renderlo al massimo ma, come al solito, non ho la pretesa di essere arrivata anche solo a sfiorare la stessa qualità della scena del film.
La scena di Jack e Pitch, invece, è un'idea dell'ultimo momento e mi è piaciuta un sacco. Trovo che una riflessione sul ruolo dell'Uomo Nero nelle vicende dei Guardiani possa rivelarsi molto interessante: se è la Luna a scegliere chi trasformare in spirito, allora è stata la Luna, all'inizio dei tempi bui, a trasformare Pitch in... Pitch. Potrebbe essere? Inoltre, c'è un motivo se associo l'Uomo Nero a Sandy: il taglio dei capelli, lo stile di vestiario, la struttura del volto mi sembrano molto simili; la variabile risiede nella linea del disegno: Pitch è una retta verticale, una linea triangolare e spezzata, mentre Sandy si basa sulla rotondità del cerchio. Anche l'alta considerazione che spinge Pitch ad attaccare Sandy per primo, nel film, mi dà l'impressione che lui lo stimi in maniera diversa rispetto agli altri, probabilmente perché c'erano già entrambi, prima degli altri.
Siamo al rush finale...!
Nike

PS
Contrariamente a quanto promesso pochi capitoli fa, anche questa volla sono in ritardo: è da domenica che ho il file pronto ma non ho avuto davvero un momento per pubblicare! Perdono!

  
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