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Autore: Chemical Lady    06/10/2017    0 recensioni
[[ Spoiler su tutto Tokyo Ghoul :re - Presenza di personaggi OC nella storia ]]
La figura che troneggiava su di lei sembrava un angelo.
Distinta, si stagliava verso il cielo possente, spezzando il buio notturno con la sua bianca presenza. Il cappotto candido cadeva fino al terreno, immacolato ad eccezione di qualche piccola ma visibile goccia di sangue. Una costellazione vermiglia, spaventosa, che impregnava il tessuto sovrapponendosi ad altre più vecchie, marroni e rapprese, ad alta velocità.
Il volto, invece, pareva quello di un demone. Gli occhi dall'innaturale sclera nera spiavano impassibili e annoiati il solo superstite della squadra Hidaishi.
Riversa sul marciapiede, in una pozza della sua stessa urina, c'era una ragazza dai capelli neri, che spuntavano arruffati da sotto il casco della divisa antisommossa del CCG. Teneva gli occhi ambrati fissi su quelli del ghoul dalla maschera rossa, incapace di distoglierli.
Sto morendo , si diceva in una lenta litania. Sto morendo.
Aiko Masa, vent'anni sprecati a compiere scelte inutili, stava morendo.
[[ Quinx Squad center ]]
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Nuovo personaggio, Sasaki Haise, Sorpresa, Un po' tutti, Urie Kuki
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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saboteur

僕は孤独さ  No Signal

Quinto intermezzo: Distacco

Parte seconda.

 

 

Gli spallacci della tuta anti sommossa gli parevano opprimenti, come se, sotto di essi, il suo kakou stesse scalpitando dalla voglia di entrare in azione. Non era una sensazione piacevole e adrenalinica, però.

Urie era conscio di non sentirsi a suo agio in quella situazione. Aveva come una brutta sensazione, un pensiero che non lo faceva concentrare. Si era svegliato quella mattina stessa con la consapevolezza che quell’operazione, a tratti semplice in modo quasi imbarazzante se comparata a molte altre che aveva affrontato, sarebbe andata comunque in malora.  Una sensazione di schiacciamento al petto lo opprimeva,  mentre si sentiva quasi sovraccaricato dalla mole di lavoro che aveva dovuto portare avanti nelle ultime sei ore. Aveva avvertito la squadra che avrebbero lavorato in notturna, li aveva scortati come criminali fino alla sede centrale, senza proferire parola, e lì il classe speciale Aura aveva spiegato loro e a tutti i partecipanti ciò che sarebbe successo.

Non era poi stato permesso loro di parlare con nessuno al di fuori di quella stanza. Si sentiva in colpa, Urie. Stavano trattando i suoi uomini come dei sospettati, ma quello era un trampolino di lancio per capire quanto vantaggio avesse l’Albero di Aogiri su di loro. Nessuno doveva sapere niente, eccetto i quattro capisquadra e il direttore Yoshitoki Washuu.

Fu proprio la voce di quest’ultimo a riportarlo con i piedi sulla terra ferma, ridestandolo dai pensieri che lo assillavano da giorni insieme al senso di colpa. Aveva richiesto la loro attenzione e quando Urie si era ritrovato accanto Itou, aveva letto sul viso del prima classe la stessa amarezza che decorava il suo.

«La missione avrà inizio fra pochi minuti», stava nel frattempo dicendo il direttore del bureau, in mezzo a loro. A occhio e croce dovevano essere meno di una trentina di uomini, ma i quinx potevano essere considerai più di una singola unità. «Secondo le vedette sui palazzi qui attorno, non ci sono stati spostamenti nell’arco delle ultime tre ore. Solo un paio di accessi all’interno della struttura, ma non hanno contato più di otto o nove ostili in tutto. Non possiamo sapere quanti ghoul ci siamo effettivamente dentro quel palazzo, però possiamo farli uscire allo scoperto per scoprirlo. Io rimarrò nel furgone delle comunicazioni radio per coordinare le operazioni. Primo livello Urie, come da accordi, guiderai l’avanguardia nella pineta, seguito dalla squadra Itou che avrà il compito di proteggervi alle spalle. Dei fianchi si occuperà la squadra Aura, mentre la squadra Jaina rimarrà nella retroguardia, per impedire una sortita nemica da dietro. A quanto sembra, non si aspettano niente di ciò che sta per accadere. È tutto molto tranquillo, ma questa eccessiva di tranquillità mi rende nervoso.» L’uomo fece una pausa, guardando in faccia i suoi capisquadra, prima di proseguire. «Non vi negherò che le peggiori operazioni mai condotte dal ccg sono iniziate esattamente così. Come la quiete prima della tempesta. In ogni caso, sono in contatto con il classe speciale Arima. La S3 e la S0 sono a nostra disposizione, con un tempo di arrivo di una decina di minuti, in caso di bisogno. Non li abbiamo fatti avanzare per evitare di mettere in allarme i ghoul. Non vogliamo che chiamino i rinforzi, scoprendoci.»

«E conoscendo Arima arriverebbe in elicottero», a parlare era stato un ragazzo giovane, con i capelli blu elettrico che spuntavano sulla fronte da sotto il casco.

«Ascolta in silenzio, Ikari», lo aveva arguito un suo superiore e questi l’aveva fatto, ma non prima di lanciare uno sguardo complice a Urie. Complicità che non venne ricambiata con nulla, se non con serietà.

«Dividetevi nelle vostre squadre. Appena le vedette segnaleranno il via, inizieremo. Urie, a te il primo lancio. Segna un home run di apetura, ok?»

«Non mi interesso di baseball, direttore», rispose il quinx, serio. «Ma posso assicurarle che non ne lascerò scappare nessuno e che nel minor tempo possibile sarò dentro quel palazzo.»

Yoshitoki sorrise appena, prima di dargli le spalle. «Ne sono certo. Vediamo di fare in fretta, non voglio dover chiamare nemmeno una vedova, stanotte.»

Urie attese di vederlo entrare nel camioncino, parcheggiato tatticamente dietro una cancellata, prima di girare sui tacchi e richiamare i suoi uomini. «Avanzeremo in direzione nord ovest lentamente», iniziò a spiegare loro, mentre infilava il cappotto nero sopra alla tuta, muovendo le spalle per allineare il taglio nella stoffa che avrebbe permesso al suo kagune di uscire senza recidere nemmeno uno degli strati che indossava. «Come avanguardia, è nostro dovere eliminare potenziali ostacoli lungo strada. Li abbatteremo nel modo più silenzioso possibile e quando arriveremo alla porta, aspetteremo la squadra Itou per irrompere. Lavoreremo meglio con loro.»

Un attimo veloce e il flash della battaglia contro Noro gli attraversò la mente, gelandogli il sangue. Sembrava l’inizio di un brutto racconto, che non voleva ascoltare di nuovo.  «Tutto ok, caposquadra?», chiese Higemaru nervoso, tenendosi una mano sull’elmetto che gli andava un po’ largo.

«Sì», rispose velocemente Kuki, riprendendo il controllo della situazione. «Come stavo dicendo, avanzeremo piano, silenziosi. Saiko, voglio che tu e Higemaru rimaniate almeno cinque metri dietro di me, con le orecchie bene aperte. Non devono prenderci alle spalle. Aura, a te lascio la parte centrare della formazione. Il tuo compito è quello di dare per primo supporto a loro o a noi, in caso di attacco. Devi essere pronto a ogni evenienza. Infine, io e Aiko guideremo il gruppo.» Ci fu un momento di silenzio, uno stallo, mentre Urie realizzava e si schiariva la voce. «Hsiao», si corresse. «Io e Hsiao guideremo il gruppo. Domande?»

Higemaru alzò la mano, timidamente. «Se dovessi andare in bagno?», domandò, con tono ironico.

«Spero che tu ti sia messo un pannolone, giovane padawan», lo schernì bonariamente Yonebayashi, mentre Aura chinava il capo e andava ad augurare buona fortuna alla zia.

Urie rimase solo con la taiwanita, che lo continuava a fissare con insistenza. «Non sei presente.»

«Sono proprio qui», la ribeccò.

«Magari col corpo, ma la tua mente è altrove.» Gli occhi sottili della ragazza osservarono accuratamente il suo viso inespressivo. «Ti fa sentire a disagio il fatto che il primo livello Masa non sia qui a darci appoggio, vero?»

«Ammetto che un kagune come il suo ci sarebbe utile», le rispose Kuki, sistemandosi i guanti neri, per poi appoggiare la mano destra su Ginsui. «Sarebbe un appoggio molto prezioso, per non parlare del suo olfatto. Però non sono turbato per la sua assenza, stavo solo pensando a una cosa che mi ha detto un po’ di tempo fa.»

«Posso sapere cosa, caposquadra?»

Lui non esitò nel rispondere. «Butterfly effect», disse, semplicemente. «Una farfalla sbatte le ali qui in Giappone e in Florida inizia a scatenersi un uragano.»

«La teoria del caos», confermò Ginny, incrociando le braccia sotto al seno. Addosso aveva, come sempre, una sottile tuta di pelle. Non sembrava avere freddo, né sentire il bisogno di una divisa che la proteggesse maggiormente. «Ci credi?»

«Lei ci crede», fu la risposta del caposquadra. «Almeno, questo è quello che mi ha detto. Non ricordo quando me lo ha detto, forse prima dell’inizio dell’operazione Kamata, ma ricordo che farneticò qualcosa sul fatto che le modificazioni dei fattori iniziali all’interno di un sistema fisico o un modello matematico portano a variazioni a lungo termine nell’intero sistema.»

La taiwanita sorrise leggermente, incurvando di pochissimo le labbra. «Quindi sei preoccupato perché lei non è qui.»

«Sono terrorizzato che questo cambiamento dalla condizione iniziale possa portare a un disastro, lo ammetto. Non volevo diventare così dipendente da un’altra persona. L’ultima me l’hanno portata via e io odio la sensazione di impotenza che si prova nell’essere soli.» Ginny si stupì molto per quella confessione. Però non avevano più tempo.

Yoshitoki parlò nei loro auricolari e l’operazione per lo sgombro della diciannovesima ebbe inizio.

 

 

La pineta era silenziosa e buia. La luna filtrava a malapena attraverso le fronde fitte, rendendo molto complicato per loro continuare a mantenere un percorso diritto. L’obbligo di non utilizzare torce o altre luci artificiali per non segnalare la loro posizione stava diventando più uno svantaggio che un vantaggio.

Urie teneva le orecchie così tese da iniziare ad avvertire un mal di testa fastidioso. Il passo più pesante lo stava tenendo Aura, ma per quanto lui l’avesse intimato di fare attenzione, il giovane agente non poteva fare meglio di così, forse anche a causa della sua stazza e non solo per la poca esperienza.

Ad ogni modo, Urie iniziò a convincersi che non avrebbero incontrato nessuno fino allo spazio sgombro dagli alberi che li divideva dalla porta di accesso allo stabile.

Non c’erano odori nell’aria, né rumori nel vento. I loro occhi non scorsero movimenti.

Ormai che l’estate si era conclusa, nemmeno le cicale erano disposte a far loro compagnia.

Arrivarono senza intoppi in uno spiazzo, un piccolo parco giochi seminato di attrazioni per bambini e Urie diede l’ordine di aggirarlo, dopo aver comunicato la loro posizione a Itou. Stava già puntando il sentierino che li avrebbe portati fuori dal labirinto sempreverde, quando Hsiao lo bloccò, premendogli una mano sul braccio. Il caposquadra seguì con lo sguardo quello fisso della taiwanita, prima di alzare il pugno di scatto, per fermare Aura dall’uscire a sua volta allo scoperto.

A pochi metri da loro, seduta su una altalena, una figura ammantata di bianco se ne stava immobile. Il capo incassato fra le spalle e le mani bendate strette alle catene statiche furono le sole cose che Urie notò distintamente. Anche le gambe sembravano avvolte dalle garze, ma il pastrano largo che la avvolgeva rendeva difficile comprendere se si trattasse di un uomo o una donna.

L’odore che aveva però era forte, penetrante. Urie capì da esso il sesso dell’avversaria. Non aveva mai sentito niente del genere, ma il liquido secreto dal kagune che doveva avere impregnato il tessuto della garza era indescrivibile. Intenso.

Acre.

Senza pensarci due volte, sfoderò la katana, che fendette l’aria in un sibilo. Il ghoul alzò il capo a quel punto e si alzò lentamente.

«Non fare una mossa!», la ammonì subito Kuki, mentre anche Hsiao si preparava, posizionandosi al suo fianco con le lame sguainate lungo gli avambracci. Il ghoul parve non sentirlo, mentre si voltava lentamente verso di lui, portando le mano al cappuccio, che iniziò a calare. «Ho detto di non muoverti!»

Un paio di occhi di un nero pece dalle iridi rosse incontrarono i suoi. Erano la sola cosa a essere scoperta, in quel dedalo di candide bende, che rivestivano il capo dal naso in su. A coprire la bocca c’era invece una maschera di cuoio, con un grottesco sorriso cucito sopra.

«Labbra Cucite», sibilò il quinx, puntandole contro la punta della lama. «Come sapevi che saremmo venuti?», chiese, senza ottenere risposta. La figura non si mosse nemmeno. «Sto per ridurre il tuo corpo in pezzi, nutrendo la mia spada. Non c’è proprio niente che tu voglia dire prima di morire, ghoul?»

Di nuovo, nemmeno una parola uscì da dietro quella maschera. Semplicemente, Labbra Cucite portò il dito indice di fronte ai punti sul cuoio, come a intimarlo di tacere. Inasprito, Urie fece per attaccare, ma la partner lo fermò.

Il misterioso alfiere di Aogiri stava ora indicando con brevi cenni del capo e con occhiate palesi alle loro spalle. Poi tutto attorno a loro, in alto. Quando Urie sollevò lo sguardo, si ritrovò ad incontrare quello di almeno un centinaio di ghoul appostati fra le fronde alte dei pini.

Erano caduti in una imboscata.

La spia aveva colpito nuovamente.

«Quinx, in formazione!», gridò, sperando di fare in tempo. Qualcosa di molto simile a una catena di acciaio colpì forte il viso di Aura mentre li raggiungeva, facendolo cadere a terra. Da sopra l’altalena, sulla quale era saltato con un agile balzo, il Soldato iniziò a fare oscillare il suo lungo bikakou.

«Iniziamo,  mia signora?»

Gli occhi del ghoul saettarono di nuovo su Urie.

Poi con un cenno del mento, venne scatenato l’inferno.

 

Kuramoto non era arrivato ancora nel punto nel quale avrebbero dovuto aspettare il via libera dell’avanguardia, quando nell’auricolare la voce di Yonebayashi annunciò l’attacco nemico.

-Sono più di cento! Quello cos’è? Aspettate!-

Un boato fece tremare la terra, mentre la notte iniziava a brillare di un colore iridescente oltre le cime degli alberi.

«Sbrighiamoci, hanno bisogno di noi!», ordinò Kuramoto, estraendo Senza dalla valigetta e iniziando ad avanzare di corsa, evitando rami bassi e radici esposte. Ciò che lui e Takeomi, i primi ad arrivare sul posto, si trovarono di fronte, fu aberrante. Fra i quinx e i ghoul si era alzata una colonna di fuoco, lunga come una serpentina stradale, che abbracciava la curva morbida dello spiazzo arrivando a minacciare gli alberi.

«Primo livello Urie!», urlò Kuramoto, avvicinandosi di corsa al ragazzo, chino a terra con entrambe le mani sul viso. Quando le scostò per controllare la ferita del collega, la carne delle guance e della fronte che aveva subito danni a causa dell’incendio si stava già rimarginando da sola. Il biondo cercò di non prestarci troppa attenzione, certo che la natura dell’altro lo avrebbe aiutato a star meglio in fretta. «Il direttore vuole che combattiamo, cosa facciamo?»

Urie non esitò. «Faremo ciò che ci è stato ordinato», sibilò iracondo, con gli occhi serpentini fissi sulla  figura del boss della circoscrizione. Non aveva parlato, non si era mossa. Lo osservava dietro quelle iridi totalmente prive di emozioni, dall’altra parte delle fiamme. Fiamme che si aprirono in un secondo quando, con un colpo deciso, Noro le tagliò sferzandole e spegnendole. Il capo dei quinx approfittò del passaggio, lanciandosi con entrambe le mani sull’elsa. «Obiettivo individuato! Livello SS+ Labbra Cucite, rinkakou

La formazione prevedeva il suo attacco frontale.

Solitamente il solo attacco di Urie bastava per fermare qualsiasi ghoul. Ginsui non aveva mai fallito.

«Urie aspetta!», urlò Kuramoto. «Non sappiamo se queste informazioni sono vere!» Il biondo non poté in ogni caso andare in supporto ai quinx. Il kagune di Kenta avvolse le sue caviglie, facendolo cadere in avanti. Takeomi colpì con forza quella catena di cellule rc con la sua quinque, ma non si spezzò. Quando una seconda lenza avvolse anche lui, prese a divincolarsi.

«Signori, andiamo! Non vi va di giocare un po’?», domandò retorico il Soldato da dietro la maschera antigas, che lasciava però liberi gli occhi vibranti. Tirò verso di sé i due investigatori, mentre attorno a loro il resto della squadra Itou iniziava a schermarsi dagli attacchi di almeno una dozzina di ghoul, scesi dagli alberi.

I rimanenti non si spostavano dalle loro posizioni.

Il fuoco riprese ad ardere come dotato di sua coscienza, una volta che Firestone lo alimentò. Labbra Cucite gli permise di chiudere i quinx oltre la barriera incandescente, contro lei e solo lei. Si scambiarono uno sguardo e poi Nishijima diede le spalle al combattimento, andando verso il palazzo con l’incarico di far detonare tutto.

Urie non lo avrebbe permesso. «Higemaru, fermalo!»

«Sì, caposquadra!» Dandosi la spinta con il solo uso del suo kagune, il giovane quinx avanzò sulla destra. L’ukakuo incandescente di Firestone brillò forte mentre questi si voltava a guardarlo attraverso gli occhiali fatti di vetro scuro temperato. Non servì però che usasse il suo fuoco contro Touma.

Labbra Cucite fu più veloce, saltando sulla schiena del giovane e premendolo a terra con entrambi i piedi. La gabbia toracica di Higemaru venne premuta contro il pavimento erboso e a lui scappò un rantolo.

«Hige!», chiamarono in coro Urie e Yonebayashi, mentre Labbra Cucite si chinava su di lui, tenendogli il viso premuto contro il terreno.

 «Nǐ nǎr?», sussurrò in un farsetto che suonò finto anche alle sue orecchie. Avrebbe potuto evitarlo, perché quando parlava in cinese il tono si ammorbidiva e si faceva piccolo e remissivo. Perché le ricordava Tatara.

«Lascialo!», a lanciarsi contro di lei fu Aura, richiamato dal caposquadra, che però non riuscì ad impedirgli di rompere la formazione. Aiko schivò il colpo di kagune che il grosso quinx le sferrò contro, esibendosi in una rondata all’indietro e salendo con un balzo agile sullo schienale di una panchina.

Quando Aura ci riprovò, ora più sicuro in quanto l’aveva allontanata da Higemaru, lei sfruttò la sua avventatezza. Saltò e gli sbattè forte il capo già provato dal colpo infertogli da Kenta contro il legno della seduta, spaccandone due assi.

Due fuori gioco, ne mancavano tre.

Sapendo che Saiko stava caricando un colpo, Masa fece cenno a Kenta e lui capì perfettamente che avrebbe dovuto distrarre abbastanza la ragazza. Ciò che non si aspettava, però, fu Hsiao.

La taiwanita si lanciò verso di lei con entrambe le lame sguainate, riuscendo a tagliare la stoffa del pastrano bianco che indossava, ma non riuscendo a prenderle il volto. In tutto questo, Aiko sapeva che Hsiao stava solo cercando di farla posizionare in modo che Urie potesse usare Ginsui. Doveva quindi agire velocemente. Alzò il braccio sinistro e fece un altro cenno al ghoul rosso, che stava tenendo per i codini la povera Saiko.

«Mostro!», urlò Kenta, apparentemente verso il cielo. «Dove sei? Mostro!»

Aiko schivò un colpo molto preciso di Ginny, realizzando che la donna non puntava a ucciderla. Ma a tagliare le bende del suo braccio sinistro, laddove aveva tatuato un crisantemo delle tonalità del rosa. Un brivido le attraversò schiena, temendo di venire scoperta.

Per fortuna, proprio quando rischiò di essere messa all’angolo dalla superiorità indiscutibile di Hsiao, dal cielo piombò la sua salvezza.

«Il livello SS+, T-Owl!», uggiolò Higemaru, mentre cercava di aiutare Aura a rimettersi in piedi.

«Puoi chiamarmi Seidou se vuoi», sghignazzò senza pudore il Gufo Pazzo, frapponendosi fra la taiwanita e Aiko. «E voi come dovrei chiamarmi? Cavie da laboratorio? Sacchi di merda

Aiko appoggiò una mano sulla sua spalla, sussurrandogli qualcosa di impercettibile all’orecchio, prima di indietreggiare di qualche passo. Il sorriso di Takizawa si smorzò appena, mentre assumeva un broncio quasi tragicomico, poi sbuffò, alzando in pugni in come per sfottere la taiwanita. «Se non posso rompere questo bel ananas, tanto vale che non sprechi nemmeno il mio kag-»

Un poderoso calcio in viso lo fece rotolare per qualche metro, ma Ginny non aveva ancora abbassato la gamba quanto alla sua schiena si attaccò Shikorae.

Labbra Cucite stava intanto lasciando il campo di battaglia, stretta nella mantella.

«Vai!», urlò la Higemaru ad Urie, che tentava di tenere lontano Kenta da Saiko, mentre questi si muoveva quasi come se stesse ballando divertito delle loro disavventure.

«Ci pensiamo noi qui!», le diede man forte Hsiao mentre si dimenava per liberarsi di Rio e schivava due colpi di Seidou. Anche Aura sembrava aver riacquistato lucidità.

«Ora ricordo!», Urie staccò a forza viva Shikorae dalla partner scaraventando addosso a Takizawa e bloccandoli entrambi per qualche momento, prima di guardare Hsiao negli occhi. «Ora ricordo quando Aiko mi ha parlato del Butterfly Effect. Prima dell’inizio della battaglia al Lunar Eclipse.»

«Non finirà come allora. Vai, non fare andare via Labbra Cucite. Ci pensiamo noi qui.»

Il caposquadra guardò restio gli occhi sottili di Hsiao, ma questa interruppe il contatto, schivando un nuovo attacco di Seidou e impedendo a Shokorae di seguire Urie quando questi prese a correre verso il punto in cui la donna coperta di bende era sparita.

Non poteva essersi allontanata troppo, pensava il ragazzo. Si stupì comunque quando riuscì a raggiungerla. Non sembrava che avesse nemmeno provato a scappare. Stava camminando lungo il sentiero che costeggiava il lato della laterale all’edificio che stavano cercando disperatamente di raggiungere. Non si fermò al suo richiamo. Non lo fece nemmeno quando la raggiunse. Allungò la mano per afferrarla e sbatterla contro il suolo o la corteccia di un pino, ma questa schivò in modo fluido ogni singolo tentativo. Non si sarebbe fatta prendere? Era quello il messaggio.

Allora muori, stupida stronza. Come osi sottovalutarmi in questo modo?

Con la mano destra afferrò l’elsa di Ginsui, estraendola dal fodero contenitivo, rivestito di acciaio quinque. Un vortice di cellule rc nere si generò, mentre lui spostava di poco il piede di appoggio e si preparava a lanciarle contro tutta la forza dell’arma. E lo fece, cieco di rabbia, con un ringhio che gli partiva dal centro del petto, quando realizzò che quella creatura mostruosa aveva aperto le braccia, come ad invitarlo ad attaccare.

«Muori!»

La bocca di Noro si spalancò mentre  saettava nella direzione della preda. Poi accadde qualcosa di imprevisto.

Labbra Cucite lasciò cadere il pastrano, rivelando che anche sotto di esso era avvolta da metri e metri di garza. Non aveva altro addosso, se non quella e una spada dalla lama che andava allargandosi in punta, ricurva, a penderle sul fianco.

La quinque non la attaccò. Ginsui non la morse.

Al contrario ebbe una battuta di arresto e poi tornò indietro, violentemente. Urie fu costretto a buttarsi di lato per schivare i denti della sua stessa arma che si era rifiutata di attaccare Labbra Cucite. Come era possibile? Come aveva rigirato la sua stessa quinque contro di lui? Non aveva il tempo di chiederselo.

L’avversaria aveva estratto la lama e, nel poco tempo che lui ci aveva messo a metabolizzare l’accaduto, si era posizionata. Poi aveva allungato una mano e aveva fatto cenno al giovane di farsi sotto.

Non provocarmi. Non sottovalutarmi. Non sfidarmi!

Urie conficcò la katana nel terriccio, alzandosi e abbandonando la sua quinque ora inutilizzabile. Aveva già il kagune estratto quando prese a correre nella direzione della donna, sulla quale si avventò senza pietà. Lei si protese all’indietro, parando ogni colpo con la spada, che non si ruppe né si scheggiò ogni qualvolta entrava in contatto con il kakukou del giovane investigatore.

Deve essere di acciaio quinque, non c’è dubbio. Perché non usa il suo kagune? Perché non mi affronta con quello? È un rinkakou, no? Dovrebbe sapere di avere un vantaggio su di me. Eppure schiva e non attacca…

Una pessima sensazione si fece largo dentro al petto di Urie, come uno stagno nero senza fondo pronto ad inghiottirlo. Non conosceva l’arte della spada che Labbra Cucite pareva padroneggiare con eleganza, però sentiva di conoscere le dita lunghe e sottili che stringevano con presa raffinata l’elsa. Non sapeva cosa ci fosse sotto quella maschera, però notò che l’occhio destro era strano. Quando le fu abbastanza vicino da fissarlo intensamente, gli parve che l’iride fosse più rossa della sinistra. E la pupilla meno dilatata.

Ci pensò su un secondo di troppo però.

Un dolore acuto al viso gli fece capire che l’avversaria aveva sfruttato la sua distrazione. L’aveva colpito con un pugno deciso alla guancia, per poi trafiggerlo nella gamba destra. Urie cadde in  ginocchio, ma non sarebbe andato giù da solo. Riuscì ad aggrapparsi alle bende sulla spalla della giovane, strappandone via una manciata. Lei lo colpì sul naso con l’elsa, annebbiandogli la vista per il dolore e poi concluse con un calcio sulla tempia che lo mandò steso in terra.

Era veloce, nonostante non fosse particolarmente forte e lo aveva colpito al volto per mandarlo al tappeto. Gli sembrava un allenamento vissuto e rivussuto ancora. Mosse che si erano ripetute nel tempo, in momenti indefinibili.

Mentre il sangue gli colava dal naso sul mento fino al terreno, Urie spostò gli occhi dilatati dall’orrore sulla figura. I loro occhi si incontrarono e lui notò che erano molto truccati. Laddove le bende non toccavano la pelle per permetterle di vedere, c’era del colorante di un nero intenso. Era quindi molto difficile comprenderne la forma. Notò anche che stava di lato ora, con la spada nella mano sinistra e la destra, ora scoperta dalle bende, nascosta alla sua vista.

La sensazione di oppressione sul petto si acuì quando notò che lei stava tremando leggermente.

«A-Aiko

Si annullò tutto. L’operazione, i suoi uomini in pericolo, l’incendio che li stava facendo retrocedere verso il lato est della pineta, l’insistente modo in cui i ghoul sembravano più intenti a giocare con loro che ad affrontarli davvero.

Tutto venne spazzato via e Urie provò paura. Una paura diversa da qualsiasi altra avesse mai provato fino a quel momento. Più acuta di quella che aveva sentito durante la sua prima missione, quando aveva per la prima volta ucciso un ghoul. Più forte di quella che aveva provato quando si era sottoposto agli interventi per diventare un Quinx, rinunciando alla sua natura umana per sempre, al fine di ottenere più forza.

Fu come sentire la terra mancare sotto ai suoi piedi, come se ogni fondamenta che avesse sorretto la sua vita fino a quell’istante fosse venuta a mancare improvvisamente.

Non successe nulla.

Il ghoul rimase fermo a guardarlo e Urie a guardare lei.

Entrambi immobili.

Poi un’esplosione potentissima squarciò totalmente la notte, assordandolo. Kuki portò le mani alle orecchie, sensibili sette volte di più di quelle di un normale essere umano, mentre stringeva di rimando gli occhi, accecati dalla luce che aveva illuminato a giorno l’aeree attorno a lui.

Quando tornò in sé, frastornato dall’acufene e dal dolore al volto e alla gamba, comprese che cosa era successo. Laddove prima si poteva avvistare il tetto della sede della diciannovesima circoscrizione del ccg, in quel momento c’era solamente una nube di polvere che si stagliava verso l’alto e verso la zona in cui i suoi stavano ancora combattendo.

Il palazzo intero era scomparso, esploso.

Demolito, per essere precisi.

Non gli importò.

Era rimasto solo. Labbra Cucite era svanita.

In quel momento non era lucido, non era in sé. Sfilò dall’orecchio la trasmittente e se ne sbarazzò, lanciandola a terra mentre si portava in ginocchio. Tenne una mano sulla gamba ferita, mentre con l’altra prendeva il cellulare, al sicuro nella tasca interna della tuta da assalto, che venne aperta all’altezza della spalla sinistra per permettere alle sue dita di raggiungere goffamente l’oggetto. Lo afferrò e poi lo passò nella mancina, coperta del suo stesso sangue, mentre con i denti si strappava il guanto nero di dosso, sputandolo a terra. Con le dita tremolanti compose a memoria un numero, avviando poi una video chiamata.

Non è possibile. Non è possibile. Non è possibile.

Ogni squillo a vuoto fu un colpo al cuore.

Ogni istante nel quale Masa non accettava quella chiamata, un altro colpo al viso.

Poi la chiamata venne accettata e il volto stranito della ragazza fece capolino sullo schermo.

-Kuki? Cosa sta succedendo? Non sei nel bel mezzo di una missione?-

Una testa castana apparve sopra alla spalla della mora, mentre questa continuava a fissarlo in attesa di risposta, tenendo a mezz’aria la mano piena di popcorn. –Primo livello Urie, ti senti bene? La tua faccia sembra un sacchetto di carne tritata-, gli fece notare Tamaki, mentre un terzo uomo alto fece capolino, appoggiandosi con gli avambracci allo schiena del divano, alle spalle degli altri due.

«Sei nella tredicesima», sussurrò con un filo di voce Urie, allibito.

Ero così sicuro….

-Dove dovrei essere scusa? Tu, piuttosto, dove sei? Ti vedo appena. Sei ferito?-

«No io-Sì. Però non importa. Io. Aiko perdonami, sono uno stupido.»

Portò una mano al volto, sentendosi così tanto sollevato da rischiare di poter svenire, per tanto conforto gli stava dando quella chiamata assolutamente contraria al regolamento e apparentemente priva di senso per l’agente Masa. In sottofondo alla chiamata sentì distintamente la radio della ccg e la voce di Saiko che annunciava che i ghoul avevano iniziato a ritirarsi.

«Stavate seguendo l’operazione?»

-Certo che lo stavamo facendo-, fu la risposta ovvia della mora, che mise i popcorn in bocca a Mizurou, sistemandosi sul divano per poterlo guardare meglio. –Mi stai spaventando. Perché mi hai chiamata nel mezzo di una operazione?-

Non c’erano scuse che potevano essere campate in aria. Così Urie semplicemente sospirò.

«Perché credevo di averti vista qui.»

Aiko alzò entrambe le sopracciglia. –Pensavi che sarei venuta a salvarti?-, chiese poi, retoricamente.

«No, pensavo che-No, non importa. Devo vederti. Domani. Cerca di prenderti il giorno.»

-Non credo che a Suzuya basterà questo, per darmi il giorno.-

-Vai ora-, la voce di Tamaki rimbombò alla destra di Aiko, ora che il collega era uscito dal campo visivo di Urie. –Mi sembra abbastanza importante. Ci pensiamo noi a pararti le chiappe con Nakarai, domani mattina.-

Urie assisti passivamente al patto di Aiko e Mizurou, con la promessa che lei si sarebbe sdebitata. Poi si ricordò che lui, tecnicamente, era in servizio. «Non mi libererò prima di tre ore.»

-Fa lo stesso-, gli rispose la mora, mentre saliva le scale. L’immagine si fece più mossa, mentre percorreva il corridoio delle stanze. –Ti aspetto al solito posto, va bene? Puoi raggiungermi quando finirà l’operazione.-

«Sì. Sì, facciamo così.»

Aiko guardò per un ultima volta lo schermo, prima di annuire. –A dopo, allora. Adesso comunica dove sei, ti stanno cercando tutti.-

Lui non fece in tempo a rispondere che la videochiamata venne interrotta. Si lasciò scivolare a terra, con il cuore che batteva forte contro la gabbia toracica compressa dalla divisa. Avrebbe voluto liberarsi del pettorale in cuoio, degli spallacci e di tutta la tuta, ma si limitò al cappotto nero.

Poi rimase steso a terra, con gli occhi puntati sul cielo stellato per circa due minuti. Due minuti nei quali razionalizzò la situazione. Aiko era nella tredicesima, l’aveva appena vista. Aiko non era Labbra Cucite, la sua mente gli aveva fatto un pessimo scherzo.

Va tutto bene, mi sono solo lasciato prendere troppo. Dovrei fare qualcosa, ma non credevo di essere schiavo dei miei sentimenti in questo modo. Non credevo nemmeno di provare dei sentimenti così forti…

«Caposquadra! Finalmente!» La voce di Hige gli fece alzare il capo dal terreno. «Sei ferito! Chiamo l’unità medica!»

«Non serve», rispose Urie, tirandosi su e zoppicando fino a Ginsui. Estrasse la katana dal terreno, rimettendola nel suo fodero in fretta, come se temesse di vederla di nuovo scatenarsi contro di lui.

«Cosa è successo? Hai perso la trasmittente, caposquadra?»

«Credo di sì», mentì Urie. «Il combattimento è stato movimentato. Mi sarà caduta. Purtroppo Labbra Cucite mi è scappata, Hige. La demolizione del palazzo non l’avevo presa in considerazione.»

«L’importante è che sei vivo.»

«Gli altri come stanno?»

«Tutti bene», rispose velocemente il ragazzo dai capelli pervinca, mentre lo faceva appoggiare alla sua spalla e tornavano indietro, lungo il sentiero. «Nessuna vittima. L’agente Itou ha fronteggiato il Ripper e il classe speciale Aura ha avuto il suo da fare con Cesoie, però è strano, caposquadra. Ci hanno fatti arretrare e loro hanno perso una dozzina di unità, mentre noi nessuno. Perché? »

Urie sentì di nuovo il peso sul petto, che però venne spazzato via dal pensiero che Aiko stava probabilmente preparandosi per uscire senza permesso dalla sua base per raggiungerlo. «Non ne ho idea», rispose alla fine, demotivato.

Almeno non avevano riportato apparentemente nessuna vittima, però la sconfitta era stata cocente. Non avevano più una base da riconquistare e quindi ripulire la circoscrizione senza sapere dove fosse il quartier generale sarebbe stato inutile e dispendioso.

L’operazione venne di fatto annullata poco dopo il suo rientro nei ranghi dell’avanguardia.

Chiusa con una sonora sconfitta e uno schiaffo in viso al bureau.

La spia aveva colpito ancora e in quell’occasione nessuno l’avrebbe passata liscia.

 

 

Aiko era certa di avere avvistato il volto conosciuto di Amon, nascosto dietro a un angolo nella penombra di un lampione. Non si era comunque fermata per domandargli se il suo amico Spaventapasseri fosse anch’esso nei dintorni per godersi la scena di ciò che aveva contribuito a creare.

Aveva continuato a correre a perdifiato per le strade del quartiere di Arakawa, diretta verso il punto di ritrovo che avevano accordato con i capi delle sue Facce di Cuoio poco prima dell’inizio delle danze. Sarebbe stato stupido tornare al quartier generale e rischiare così di compromettere il bellissimo roseto che Kenta stava coltivando ormai da anni. Non potevano sapere se qualche agente sarebbe riuscito a seguire uno di loro o se fossero riusciti ad attaccare una trasmittente sui loro vestiti durante lo scontro.

L’incontro con Yamoto-Nagachika l’aveva resa molto paranoica a riguardo.

Corse e corse per quelle che le sembrarono ore, da un capo all’altro della circoscrizione, strisciando fra i vicoli e scavalcandone i muri per non incappare nelle volanti della polizia che pattugliava la zona, animata dall’agitazione. Ci mise più di mezz’ora ad arrivare a destinazione e quando lo fece saltò letteralmente da un muretto basso fin dentro a una finestra, aggrappandosi ad essa e facendo leva sui gomiti per sollevarsi sul davanzale. Si lasciò cadere sul pavimento sudicio, ansante e con il cuore che batteva così forte da farle dolere la gabbia toracica. Chiuse gli occhi, distrutta, prima di tirarsi a sedere, per strapparsi via dal volto le bende e liberarsi di quell’oppressione insopportabile.

Le buttò a terra, iniziando a srotolare anche quelle che avvolgevano ancora il braccio sinistro, quando la porta alle sue spalle cigolò. Ancora su di giri per l’adrenalina, la giovane si voltò a guardare chi fosse arrivato.

Di fronte si trovò Uta, avvolto da un pastrano nero lungo e con in mano una borsa di carta.

«Sei stato veloce», commentò con una punta di sospetto Aiko, continuando il lavoro di svestizione, senza vergognarsi nel mostrarsi nuda di fronte a Senza Faccia. «Tutto è andato come avevamo concordato?»

«Anche meglio», le rispose lui, sedendosi su una sedia sgangherata, vicino alla finestra. «Come avevi previsto, ha voluto verificare che tu fossi dove dovevi essere.»

«Ha chiamato Suzuya

«Ha videochiamato te.»

Con un lancio calibrato, Uta le fece arrivare il cellulare fra le mani. Aiko lo prese al volo, sbloccando lo schermo che era per di già un pugno nello stomaco, visto che come sfondo aveva una foto sua e di Urie, scattata durante la festa di galà della ccg. E pensare che lui si era anche rifiutato di farle da accompagnatore ufficiale e lei aveva ripiegato su Aizawa, sconsolato e atterrito, ma soprattutto alcolizzato. Lasciò perdere la foto, i ricordi e i rimorsi, controllando che nessun messaggio fosse arrivato. Urie sarebbe stato impegnato ancora per parecchio, aveva tempo. «Cosa devo fare ora?»

«Vi siete accordati per incontrarvi al solito posto. Lui ti raggiungerà appena può. Tu sei arrivata e hai fatto il check in circa venticinque  minuti fa. Lo stai aspettando in camera, come da accordi. Piano quarto, seconda finestra sulla sinistra, dal retro. Ho lasciato la portafinestra socchiusa.»

Aiko prese nota mentale di tutte le informazioni, prima di sospirare. Si alzò in piedi, abbassandosi la maschera sul collo ora nudo. Poi portò una mano all’occhio destro e senza grazia si sfilò la lente dalla sclera nera e l’iride rossa.

«Come ti sei trovata con quella?»

«Non so come ho fatto a resistere. Odio le lenti a contatto e questa è demoniaca.»

«Senza avrebbero fatto un po’ di domande. Troppi sekigan di questi tempi, non pensi?» Uta si alzò nuovamente, appoggiandole il pastrano sulle spalle per non lasciarla nuda ed esposta. Poi le mise nella mano il sacchetto di carta. Dentro c’era un cambio di vestiti. «Sei molto preoccupata, perché lui era molto sconvolto durante la videochiamata», proseguì la scenetta il clown, girando due volte sui tacchi e muovendo piano le mani. «Per questo ti sei infilata le prime cose che hai trovato. Poi il tuo collega fissato con le stelle, Mika e l’altro, quello coi capelli brutti, Mizurou, ti hanno portata in auto fino all’albergo. Tutto chiaro?»

«No, non tutto.» Aiko si voltò a fronteggiarlo, con l’ombretto nero che aveva usato per mascherare il contorno dei suoi grandi occhi gialli che aveva ormai formato una chiazza indistinta che colava sulle guance a causa del sudore. «Quando ti ho chiesto di prendere il mio posto, di fingere di essere me, tu hai accettato subito. Mi hai procurato una lente a contatto, hai sistemato la mia maschera così che coprisse meglio il naso e hai anche fatto in modo che io fossi in due posti contemporaneamente.»

«Esattamente», confermò Senza Faccia. «Ti stai chiedendo cosa voglio in cambio di tutto questo, vero?»

Masa annuì lentamente. «Hai detto che me lo avresti fatto sapere solo a missione conclusa.»

«E tu hai accettato, disperata.»

Gli occhi gialli di Aiko si spostarono a terra. «Disperata è un termine un po’ forte.»

«Ma solo una disperata si sarebbe indebitata con me senza sapere cosa volevo in cambio.» Il clown continuava a guardarla con non curanza, chinandosi per raccogliere un brandello di bende. Se lo rigirò fra le dita, «Ingegnoso usare il profumo di Eto per confondere la quinque creata da Noro. Poi le bombe, l’incendio per tenere isolati gli agenti… Il tuo alibi nella casa di Suzuya. Sei fortunata che sia andato a letto prima che potessimo cambiarci di posto, lui penso l’avrebbe capito. Non sei più spavalda come quella volta all’Helter Skelter. Cosa è successo? Hai fatto un brutto incontro?»

«No, non è successo nulla. Stai tergiversando però. Cosa vuoi in cambio?»

Uta si tamburellò il labbro, «Proprio non lo so. Non mi piace battere cassa, se mi capisci.»

Senza pensarci due volte, Aiko prese una sacca da sotto un vecchio tavolo mangiato dai tarli. «Qui dentro ci sono circa sette milioni di yen che Aogiri ha-»

«Non mi interessano i soldi. Per me non hanno valore, agente Masa.»

«Allora cosa vuoi?»

Uta allargò le braccia, con un’espressione indescrivibile in viso. «Ancora non lo so. Diciamo che tu, Labbra Cucite, devi un favore a me, Senza Faccia.»

La mora sbuffò una mezza risata. «Ti prego Uta. Non ho voglia di fare questi giochetti. Dimmi cosa vuoi ora e facciamola finita. Non voglio rimanere in debito con uno come te.»

«Invece ci rimarrai. Sono certo che quando i tempi saranno maturi, sarai tu a darmi qualcosa che voglio.»

Sconfitta, Aiko abbassò le spalle e il capo. «Come vuoi, va bene», gli concesse, sfinita. Doveva farsi una doccia, lavare via l’odore di Eto dalla sua pelle e dai capelli, liberarsi dell’ombretto e correre all’albergo. «Senza Faccia, Urie nella videochiamata ha per caso-»

Non terminò mai la frase. Nella stanza c’era rimasta solo lei.

Prese un respiro profondo, riempiendo la gabbia toracica e facendo il punto della situazione. Uta la teneva in scacco. Lo Spaventapasseri la teneva in scacco. Eto la teneva in scacco.

Non c’erano grandi aspettative per il suo futuro, così si limitò ad appoggiarsi alla parete, con il pastrano nero stretto addosso e l’espressione greve. Rimase immobile per qualche minuto, chiedendosi per cosa stesse lottando. Aveva salvato i suoi amici e la sua circoscrizione. Aiko Masa e Labbra Cucite avevano vinto entrambe.

Eppure quella non sembrava una vittoria. Si sentiva sconfitta sotto ogni fronte.

Ricordando le parole di Yamoto proprio riguardo i clown, Masa comprese che aveva fatto bene a non fare menzione a Uta di un’importante informazione della quale era venuta a conoscenza. Forse aveva una piccola arma contro di lui.

Infondo non ci credeva nemmeno lei.

«Capo?» Kenta entrò nella stanza, tenendo in mano la maschera. «Abbiamo un problema.»

«Ti prego, non dirmelo.»

«Takizawa e Shikorae hanno attaccato la retroguardia.»

Gli occhi di Aiko si chiusero di nuovo. La vittoria si stava trasformando in un incubo tremendo. «Quanti morti nella squadra Jaina

«Tutti. Cesoie li ha recuperati e li sta riportando a Rue. Non chiedermi come, ma Tatara lo è già venuto a sapere.»

Con un gesto della mano, Aiko lo zittì. Non importava. Non aveva la forza di pensare che aveva fallito per colpa di Shikorae. O di Seidou, non faceva differenza. C’erano stati dei morti, altri morti ed era indebitata con Senza Faccia per un favore enorme.

«Fai ritirare tutti al quartier generale solo quando le colombe avranno lasciato la circoscrizione. E lasciamo che Tatara vinca», lo superò, lasciando la stanza, pronta a farsi una doccia per lavare via quella serata dalla pelle. «Il suo posto non l’avrei comunque voluto.»

 

 

Aiko si era lavata per bene, strofinando la pelle sulle spalle fino a farla arrossare.

Aveva usato un bagnoschiuma forte, che odorava di pino, e uno shampoo alla lavanda. Poi si era vestita con i suoi indumenti, che Uta aveva anche saputo abbinare, prima di lasciare la struttura fatiscente per arrivare all’albergo. Non prese la metropolitana per evitare le telecamere. Preferì cambiare tre volte il tram, arrivando a destinazione dopo un’ora e venti di viaggio.

Comunque, Urie non era ancora arrivato e lei era riuscita a sgattaiolare nella stanza entrando dalla porta finestra socchiusa. Si era rifugiata in bagno, dove aveva trovato un altro sacchettino lasciato da Uta con dentro un collirio. In effetti, l’occhio nel quale aveva portato la lente a sclera, era leggermente arrossato.

Per sicurezza, ammorbata dalla paura di essere scoperta, fece una seconda doccia, usando i prodotti offerti dall’albergo, per poi andare a sedersi sul letto. Al notiziario stavano dando la notizia in esclusiva dell’assalto della diciannovesima, quando accese il piccolo televisore posto di fronte al letto. Non se ne stupì, fra l’incendio e la detonazione, l’intero Giappone si stava chiedendo cosa diavolo avessero combinato quelli del ccg.

Ascoltò con attenzione le parole del direttore Washuu in merito al’accaduto. Parole colme di rassicurazioni, perché non c’erano stati caduti fra i cittadini. Per forza, pensò Aiko, io ho impedito che accadesse.

-Come è stato possibile per i ghoul organizzare tutto questo?- stava chiedendo la zelante giornalista dalle labbra rifatte che Masa era certa di non avere mai visto.

Un’ombra oscurò per un istante gli occhi già neri di Yoshitoki, mentre si preparava a rispondere, appoggiando una mano sull’uniforme bianca immacolata, all’altezza del petto. – Oggi abbiamo avuto  l’ennesima conferma che, fra le nostre fila, c’è un traditore. Una spia, un’ignobile spia che mette a rischio la vita degli abitanti della città e di quelli che dovrebbero essere i suoi colleghi per passare informazioni all’Albero di Aogiri. Io, Yoshitoki Washuu, prometto alla città che da oggi ci saranno più accortezze mirate all’individuazione di questo soggetto, il quale verrà severamente punito per questo atto vile, con la più alta delle pene. Troppi uomini sono caduti per colpa di uno solo e io scoprirò chi è stato. Questa operazione ha tenuto un profilo basso, non sarà complesso avviare un’istruttoria interna in merito. Ogni persona che ha anche solo udito un sussurro verrà messa alla gogna, ad iniziare dalle squadre che hanno lavorato sul caso.-

Aiko era consapevole di aver sempre tenuto ben nascosta la sua doppia vita, ma per sicurezza, non avrebbe mosso un passo verso Eto per qualche giorno. Tutto ciò che poteva portare a lei era solamente Urie. Anche nel caso in cui lui avesse ammesso di averle riportato il piano per intero, non avevano nulla a suo carico per avviare un’istruttoria contro di lei. Né per pedinarla o altri escamotage che richiedevano non sono prove concrete, ma anche una certa dose di fondi che non potevano venire sprecati per un sospetto. Gli yen che venivano spesi in quelle operazioni fallimentari erano un grande spreco, per il quale avrebbero dovuto rinunciare forse alla loro caccia alle streghe. Per non contare il fatti che l’agente Masa era di istanza nella tredicesima, perennemente controllata da Suzuya che, per quanto ne sapeva lei, non si era mai accorto delle sue fughe notturne. Quella sera, per la prima volta, era uscita senza il permesso di Nakarai, ma sarebbe passata solo per una fidanzata apprensiva, non di certo per una spia.

No.

Masa era stata molto attenta a non perdere quella maschera di spontanea bontà che aveva prima che Eto le portasse via l’innocenza. Aizawa, Komoto, Itou, Hirako, forse persino Arima. Aveva conoscenze nel dipartimento e la sola persona ad aver mai dubitato di lei era Noriko.

Noriko, che non sarebbe stata difficile da uccidere se avesse anche solo provato a formulare ipotesi o teorie insieme al classe speciale Marude. Ormai che i crimini erano andati accumulandosi e la pila di corpi sotto ai suoi piedi era cresciuta fino a sollevarla troppo in alto per farle provare qualcosa di più di un senso di dispiacere e sconforto momentaneo, non avrebbe avuto remore nemmeno nel fare fuori lo stesso Marude, vessillo ultimo di una ccg che ormai non esisteva più.

Il dipartimento era cambiato, aveva detto anche Yamoto. E sarebbe cambiato ancora, sicuramente in peggio.

Il direttore concluse con le rassicurazioni, ma il reportage andò avanti ancora per oltre un’ora. Alcuni cittadini della zona avevano assistito a qualche scena. Avevano visto dei ghoul scappare senza nessuno ad inseguirli. Parlavano della paura provata e di come non avessero sentito il ccg vegliare sulle loro vite. Masa pensò che forse aveva impartito una lezione troppo dura al dipartimento. Aveva esagerato. Forse c’era un altro modo, che non comportasse demolizioni controllate e incendi boschivi. Per non fare vittime – che c’erano comunque state grazie alla sua incompetenza nel saper controllare davvero Seidou e le sue voglie- aveva buttato benzina su un fuoco che era stato acceso molti anni prima con l’assalto dell’Anteiku.

Il ccg poteva ancora vegliare sulle vite dei cittadini? Gli agenti erano in grado di garantire la pace? Dopo due brecce nella Cochlea,  la bomba nella sede centrale e tutti i furti dai magazzini e dai carichi di acciaio quinque, sembrava proprio di no.

Aiko comprese che la cosa la disturbava più del previsto. Il suo dharma qual era, quindi? Quello di agente della ccg o di adepta di Aogiri? Aveva sempre puntato verso Aogiri, dopo aver ucciso Hiroshi. Aveva sempre investito se stessa nella causa perché coloro che erano morti per farle da scudi umani non avessero lasciato quel mondo invano.

Eppure stava esagerando. Se ne rese conto in quel momento, seduta sul materasso, che le parole di Yamoto erano state più che pertinenti quando, la notte del suo rapimento, le aveva detto che raramente si era trovato di fronte qualcuno di così stupido.

Aveva ragione, Aiko era stupida. Se fosse stata intelligente, oltre che a scegliere definitivamente bandiera, smettendo di illudersi che Labbra Cucite sarebbe prima o poi uscita di scena senza far rumore, non avrebbe compiuto atti così tanto teatrali. Eto poteva farlo.

Eto poteva dare alle fiamme un appartamento, torturare una persona e fare esplodere il mondo, se lo voleva.

Non lei.

Tu non sei niente, se non un burattino con i fili consumati. Ti tieni in piedi perché ancora c’è qualcuno che fa nodi su nodi, ma presto o tardi la tua fortuna finirà e allora morirai da sola, uccisa da qualcuno che ami. Perché il tuo nemico e il tuo alleato combaciano da qualsiasi prospettiva tu guardi.

Queste erano state le sue parole, così vere da lacerarle l’anima. Non aveva ribattuto, ma le aveva impresse nitidamente nella sua mente, così come quelle che erano seguite.

Se vuoi vivere o anche solo provarci, capisci molto bene chi è il tuo nemico e chi il tuo amico. Non si parla di Aogiri contro il ccg. Non si parla di umanità contro i ghoul. Si parla di singole ma preziose vite umane. Perché ogni vita è preziosa e, quando è possibile, va risparmiata.

 

Erano passate le cinque del mattino quando Urie mise piede nella stanza, con in mano una busta di plastica viola che teneva sempre nel baule dell’auto e che conteneva un cambio di abiti.

Non aveva avuto il tempo di passare allo chateau. Matsuri aveva preteso di vederlo subito e lo aveva messo alla gogna, tenendolo per quasi due ore in piedi di fronte alla sua scrivania, nonostante la gamba ferita e il viso che portava ancora addosso i segni dell’esplosione e della stanchezza. Il motivo di tante domande?

La donna in quella stanza.

“Lo hai detto a lei?”

“No.”

“Primo Livello Urie, hai spifferato le modalità dell’operazione di questa notte al Primo Livello Masa?”

“No, signore.”

Era stata una tortura, in primo luogo perché Matsuri gli era parso paranoico oltre ogni dire. Lui non era nemmeno conteggiato fra coloro che avevo messo in piedi quella missione, eppure la stava vivendo come un fallimento personale. Era avvilito, stanco e alterato. Più di quanto lo avesse mai visto in passato. Alla fine era riuscito a rassicurarlo sul fatto che la sua devozione era al dipartimento e allo stesso classe speciale Washuu e che quindi mai e poi mai si sarebbe permesso di mettere in pericolo la sua carriera. Era disposto a prevalicare la sua vita privata per il suo onore e per la loro causa.

Le domande erano quindi cambiate. Che rapporto c’era fra lui e Masa, perché lei aveva cambiato squadra così in fretta e se le voci fossero vere. E a quel punto Urie aveva confermato ogni singola cosa, stanco di doversi giustificare e soprattutto stanco di vedere quell’enorme faccia da culo di Matsuri.

Arrabbiato e amareggiato, il classe speciale l’aveva lasciato andare, ricordandogli però che avrebbe dovuto incontrare il presidente e il direttore per difendere la sua posizione. Lui, Itou e Aura erano ufficialmente sotto indagine per fuga di notizie. Jaina era riuscito a scamparsela solo morendo, ma avrebbero messo sotto torchio sua moglie.

Urie era così tanto nella merda da sentirla dentro alle orecchie. Aveva negato di avere parlato a Masa del piano per puro istinto, perché c’era ancora quel tarlo ad arrovellare il suo cervello, quel dubbio che non voleva proprio andarsene. Perché era così sicuro di averla riconosciuta da rendere il sollievo per la videochiamata molto, molto lieve. C’era qualcosa che non gli tornava. Gli era sembrata molto più Aiko quella sul campo di battaglia avvolta dalle bende, rispetto alla persona con cui aveva parlato.

Però era lì, ad aspettarlo, stesa sul letto con il capo appoggiato alle braccia incrociate e i piedi avvolti da calzini beige a gattini sul cuscino. Quando la vide così, addormentata di fronte al televisore acceso, si sentì sollevato.

Solo a quel punto capì che era stato davvero stupido.

Labbra Cucite aveva fatto qualcosa al suo cervello, oltre che alla sua quinque. Forse era tutto un piano del ghoul per confonderlo. Sicuramente doveva essere così.

In quel momento, il suo cervello prese a lavorare molto velocemente. Poteva guardarla meglio e notare che no, Labbra Cucite non era così alta. Poi gli era parsa più magra di Aiko. E aveva gli occhi troppo piccoli per essere lei. Non si era ancora dato una spiegazione razionale per quell’iride statica, però forse aveva una malattia. Estivano diversi disturbi sia fisici che mentali anche fra i ghoul, quindi poteva giustificare quell’occhio così strano.

L’arte della spada che aveva utilizzato il boss della diciannovesima, poi, non aveva niente a che fare con l’Aikido e Urie poteva giurare che Masa non avesse mai messo mano a un’elsa prima di farlo per allenarsi con lui. Perché Aiko non era brava a mentire, ai suoi occhi. Non era brava a simulare, a recitare, ma anzi era eccessivamente sincera.

Appoggiò la borsa sul comò, sfilandosi il cappotto. Il frusciare della stoffa destò la ragazza che alzò di scatto il capo, tenendo un occhio aperto e uno chiuso. Guardò un po’ confusa Urie, prima di realizzare che era lì.

In un attimo si alzò in piedi e andò verso di lui, buttandogli le braccia al collo e stringendolo forte.   

Lui la strinse di rimando, chiudendo gli occhi, mentre inspirava lentamente, svuotando la gabbia toracica. Appoggiò il capo a quello della ragazza, puntando le iridi serpentine sulla moquette grigio scuro della stanza, poi attorno a lui. Quando Aiko si staccò, gli prese il viso tra le mani fresche, osservando l’ustione che si era ormai quasi del tutto riassorbita. Poi le lasciò scivolare e, deglutendo gli occhi arrossati, sbuffò una risata bassa. «Fai schifo», lo prese in giro bonariamente, strappandogli un mezzo sorriso sghembo. Le dita dell’investigatrice iniziarono a districare il dedalo di lacci e chiusure che tenevano insieme i pettorali e gli spallaccia della tuta anti sommossa, mentre continuava a parlare. «Odori di sangue e cenere. Praticamente, sai di barbecue.»

«Se fossi stato dieci metri più indietro, sarei diventato una bistecca», le rispose, guardando con desiderio il letto e pensando che presto o tardi, avrebbe potuto dormire almeno quattro ore.

«Quindi è andata così male come dicono in televisione?»

«Peggio. Sono sotto inchiesta.» Masa interruppe il lavoro, rimanendo con in mano infilata contro il tessuto antiproiettile per sganciarlo dalla maglietta sottostante. «Matsuri mi ha già fatto il terzo grado e domani me lo farà il presidente.»

«Devo esserci anche io?»

«Assolutamente no. Ho detto a Matsuri di non averne parlato con nessuno, specificando che non l’ho fatto nemmeno con te.»

Lei abbassò il capo, riprendendo a spogliarlo in silenzio. Era meglio così, certamente. Un investigatore che non sa tenere la bocca chiusa con le persone che lo circondano non è un buon investigatore. Soprattutto in casi come quello. Era un test, quello di Yoshitoki e lui lo aveva fallito.

Forse però non era stato il solo.

«Tu non ne hai parlato a nessuno, vero?»

Aiko lo fece sedere sul letto, sfilandogli gli stivali pesanti prima di allargare lo strappo sui pantaloni, mostrando la ferita che aveva sulla coscia. «Certo che no», gli rispose, alzando gli occhi per fissarlo mentre mentiva spudoratamente. «Non ne ho parlato con nessuno. Nemmeno con Kuramoto, se è quello che temi. Non lo sento da qualche giorno, visto che anche lui è stato assorbito da questo lavoro.» Con mani delicate, Masa tracciò il profilo slabbrato del taglio, «Questo non è stato fatto da un kagune, vero?», chiese, anche se conosceva perfettamente una risposta.

«No. Non so dirti che spada fosse, ma non era decisamente una katana.»

«Contro chi hai combattuto con una spada?»

Urie storse il naso, quando Masa prese la cassetta del pronto soccorso da uno stipetto del bagno e tornò da lui con del cotone e della garza in mano. Si lasciò sfilare i pantaloni, stendendosi con la schiena sul materasso. «Labbra Cucite», rispose, mentre il suo corpo assimilava la morbidezza del materasso, ricordandogli quanto fosse stanco.

«Non sappiamo ancora come è il suo kagune, allora?»

«Sospetto, non trovi?»

Aiko si inginocchiò meglio a terra, prima di sbuffare. «Quella donna aveva detto che era un Rinkakou di livello SS, no? Forse è così forte fisicamente da non avere la necessità di usare il kagune. Mi sembri conciato male per esserti battuto contro un ghoul armato solo di spada.»

«Non è forte», le rispose Urie, facendole alzare velocemente gli occhi. Non lo notò, perché i suoi erano chiusi. «Però è veloce. Punta sulla rapidità dei movimenti, anche nella scherma. Poi mi ha colpito al volto per buttarmi a terra. Gioca sporco.»

«Da Aogiri ti aspettavi un duello leale?»

«C’è un’altra cosa, signora investigatrice…»

Aiko sorrise appena, mentre premeva il cotone bagnato di betadine sulla ferita. «Per un attimo ho temuto dicessi signora Urie e mi è venuto un colpo.»

«Ha deviato Noro», le spiattellò velocemente.

Aiko, fingendo di non capire. «Nel senso che lo ha schivato?»

«No, nel senso che me lo ha rispedito contro.»

«Cazzo», sussurrò a voce bassa Masa, proprio come se quell’ipotesi la stesse rendendo incredula. Prese della garza e ci avvolse la coscia tonica del ragazzo, lentamente, mentre fingeva di pensarci su. Lo stava medicando come se non si stesse già auto rigenerando da solo. «Ho letto che avvolte le quinque manifestano una volontà loro», gli disse alla fine. Sistemò la cassettina del pronto soccorso, riponendo tutto ordinatamente e alzandosi per buttare il cotone nel cestino. «Shinohara aveva scritto in un suo vecchio rapporto che Arata, per esempio, aveva rifiutato di attaccare un ghoul, una volta. Altri investigatori hanno riportato fatti simili. Forse in qualche modo Noro è ancora vivo dentro alla tua katana e ha riconosciuto la persona che aveva di fronte. Forse qualcuno a cui voleva bene, che amava, se questo ha fatto scattare in lui l’istinto di proteggerla.»

Urie la guardò, con gli occhi a mezz’asta. Poi si mise seduto, sfilandosi anche la maglietta sudata e buttandola a terra. «Sembri bene informata.»

«Lo sai che io sono sempre informata su tutto.»

«Touché

Aiko si lasciò cadere accanto a lui, con una gamba a penzoloni oltre il bordo del materasso e l’altra ripiegata sotto al sedere, così da poter rimanere totalmente voltata verso di lui. Appoggiò le labbra fredde sulla sua spalla nuda e rimase in silenzio per qualche istante.

«Sei preoccupato per domani?»

«No. Ti ho mostrato i piani e concesso di ascoltare la chiamata fisicamente. Non ci sono tracce a livello telematico di una nostra conversazione in merito all’operazione di ieri. Nemmeno nei messaggi che ci siamo scambiati nell’arco della giornata.»

«Che sono stati tre», gli ricordò con tono quasi offeso Masa, prima di rialzare il capo. Passò una mano fra i suoi capelli, levando una fogliolina dalle ciocche viola e appoggiandogliela sul palmo della mano. «Non preoccuparti. La tua carriera non sarà compromessa. Io non dirò nulla e loro non troveranno nulla.»

«Non è questo a turbarmi», ammise alla fine Kuki.

«Allora cos’è che ti fa sentire così? Sembra che tu abbia subito la peggior sconfitta mai vista dall’uomo.»

Urie ci dovette pensare un po’, però in realtà sapeva perfettamente cosa lo faceva sentire male. «Il non capire.»

Masa non replicò. Si limitò a girargli piano il viso, appoggiando le labbra sulle sue in un casto bacio a stampo. Poi si alzò.  «Ti preparo un bagno veloce. Dopo aver grattato via la puzza di fallimento dalle tue ascelle, potrai dormire un po’. Una volta svegliato, sono certa che vedrai le cose meno negativamente. Non azzardarti ad addormentarti mentre sono di là, ok?»

«Non prometto proprio niente.»

Lei gli tirò in testa il cuscino, prima di accendere la luce ed entrare nell’ambiente accanto. Kuki scostò l’oggetto, guardandola sparire, mentre sentiva che ogni dubbio poteva dirsi risolto.

Aiko Masa non era Labbra Cucite.

Nessuno avrebbe potuto recitare così bene.

Con quel pensiero, sospirò.

Almeno su quel fronte, sentì un peso in meno sullo stomaco.

 

 

Continua…

 

  
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