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Autore: AintAfraidToDie    20/06/2009    6 recensioni
<< Kyo è un'entità, sì. >>
... credo proprio inizierei a raccontarla così, la nostra assurda storia.
[ 17 / 06 / 09 nel cuore. Dedicata a chi c'era. ]
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Die, Kyo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Amore Assurdo
Genere: Introspettivo; Romantico; Triste
Rating: Giallo
Avvisi: Slash; OneShot
Personaggi: Dir en grey [ Dai/Kyo]
Riassunto: << Kyo è un'entità, sì. >>
... credo proprio inizierei a raccontarla così, la nostra assurda storia.


Dedicata a chi c'era - a chi ha vissuto quel che ho vissuto io.
17 / 06 / 09 nel cuore.
Per sempre.


“ Amore Assurdo ”



“È inevitabile.”, lo penso spesso; azzarderei di continuo. Non ricordo del tutto il come ed il perché io sia arrivato a parlare d'inevitabilità all'interno della mia mediamente corta esistenza - forse per disperazione, per alleviare il docile dolore che mi ha spesso compresso il petto; l'essenza dell'inevitabile non comporta modifiche o cambiamenti concreti, quindi mi sono forse messo il cuore in pace senza nemmeno accorgermene?
Quando lo guardo, quando lo tocco, quando lo respiro: ogni volta è inevitabile pensare un “non è mio”. Non sono miei gli occhi neri in cui mi costringo ad affogare, non è mia la pelle candida e liscia che accarezzo, non sono miei i capelli stopposi e sfibrati all'interno dei quali adoro soffocare: queste sono le assurde e - mio malgrado - quasi poetiche certezze che ho assimilato e reso concepibili per la mia mente grazie ad una decina d'anni passati accanto a lui, costituiti da ripensamenti, strane forme d'amore e tanta musica.
Non è mio e non lo sarà mai, oramai lo so e riesco quasi a capirlo con scioltezza - ma è stato un concepimento lento e doloroso, lo ammetto: ho assistito alla creazione di tutto ciò che ci riguardava ostentando continuamente una forza che non ho mai avuto e che non mi apparteneva; e forse proprio per questo lui si è sempre sentito... tranquillo?
“Riuscirà a capire.”, riesco adesso ad immaginarmi il suo iniziale pensiero, l'assurda idea che il - non - mio biondino si era potuto fare di me e delle mie illusionistiche potenzialità d'uomo. Magari senza nemmeno rendersene conto, allontanandosi dalla mia vera essenza passo dopo passo.
Ma quando mai mi era stato realmente vicino?

Kyo è un'entità - non so realmente cosa ho più volte voluto dire o concretizzare, ponendolo su questo diverso piano e definendolo così. Tempo fa ho letto da qualche parte, magari in uno di quei giornaletti culturali che Shinya si ostina ogni settimana a comprare, che nella filosofia moderna tale termine viene usato per designare un oggetto, un pensiero privo di qualsiasi determinazione o un modello immutabile cui l'uomo dà solo riproduzioni imperfette: un qualcosa che esiste e non esiste, quindi? Un'anima capace di vivere e di uccidersi, di modificarsi e rendersi immateriale? Molto probabilmente... un essere inumano?
“Questa roba mi fotte il cervello.”, riflettei all'inizio di tutto, scaraventando le varie riviste all'interno di un qualsiasi secchio della spazzatura. In fondo mi sono sempre ritenuto una persona alquanto ignorante, priva di carisma e capace in un solo ambito: la musica.
Forse mi sono inventato definizioni inappropriate; forse non ho mai capito un cazzo della vita ed ho continuato a fingere intelligenza inesistente per troppo tempo, fino ad arrivare all'auto convinzione che quella mia capacità inventata esistesse veramente. Ma chissenefrega, no?
Non so, un giorno l'ho guardato e l'ho pensato: mi sono morso il labbro inferiore per mezzo di un gesto nervoso e  ho asciugato due fastidiose lacrime in prossimità del mio occhio destro; due gocce che volevano proprio uscire. “Ci siamo.”, mi son detto, credendomi pronto a fronteggiare la sua realtà, il suo mondo. Qualcuno adesso potrebbe prendermi per pazzo, ne sono più che certo: per quanto anche un immutabile mito come Edgar Allan Poe abbia affermato che la pazzia è forse la più grande elevazione d'acume, continuo imperterrito ad avere grossi dubbi a riguardo. Sono sempre stato convinto che certe riflessioni spesso nascono e muoiono in un istante, designate dal crudele destino di dovere esser tenute nascoste dal resto del mondo, confiscate dentro un bauletto di marmo e buttate in mare - ma se mai qualcuno avrà la malizia di chiedermi qualcosa riguardo al mio vocalist risponderò col sorriso sulle labbra, come non ho mai fatto durante un'intervista, schiarendomi l'ugola rafferma e soffocando un po'.
<< Kyo è un'entità, sì. >>

... credo proprio inizierei a raccontarla così, la nostra assurda storia.

Neanche riesco ad immaginarmelo, il modo in cui la mia narrazione potrebbe andare a finire; forse nemmeno terminerei il mio vago e sconclusionato discorso, scoppiando improvvisamente a piangere davanti alle facce sbigottite del gruppetto di anonimi giornalisti di turno e del resto del mio gruppo - se mi sforzo posso quasi sognarmi la scena, con un preoccupato Shinya alle mie spalle pronto ad arpionarmi le ossa in un materno gesto di rassicurazione ed il Kao totalmente spiazzato nella sua mise di leadersama che per la prima volta in tutta la sua carriera si ritrova a non saper che fare. Sì, io seduto in una poltroncina comoda a singhiozzare come un disperato nel bel mezzo di una crisi isterica, quasi contento del fatto che Toshiya sia come suo solito a cazzeggiare da qualche altra parte, magari a comprarsi dei cracker scadenti a delle macchinette mobili, e che Kyo... beh, che Kyo sia già ovviamente scappato, defilato.
Non credo reggerebbe - sentirmi sproloquiare di lui o su di noi, intendo. Sono certo che, appena posta la domanda a suo riguardo dall'ipotetico tipo sfacciato del momento, con uno scatto quasi felino fuggirebbe dalla stanza attirando tutta l'attenzione dei presenti, già comunque avvertiti delle sue innumerevoli stranezze e continui sbalzi d'umore. Routine, diciamo.
“Ma da cosa scappi? Da cosa fuggi? Da un amore che non vuoi, o che hai voluto troppo?”, gli avrei voluto chiedere proprio all'inizio della nostra conoscenza, quando ancora mi sentivo totalmente sicuro di me stesso e di ciò che credevo di essere: il fatto era che fino ad allora le mie certezze non erano state distrutte da uno dei suoi sorrisi appena accennati.
Oh, perdizione dovrebbe essere stato il suo secondo nome fin dalla nascita: in fondo il suo gioco era sporco e bastardo; lui ti sbraitava dietro e poi ti sorrideva, come il più dolce degli angeli - ed allora te lo chiedevi, era ovvio chiederselo: ma tu sei Dio o sei il diavolo? Sei il bene o sei il male?
In realtà quel che Kyo è sempre e solo stato capace di sentire era la sua medesima voce, la sua ugola d'oro e l'estensione dei suoi ruggiti; nient'altro. Potevo urlargli nelle orecchie, sussurrargli nella bolgia di un concerto, balbettare il suo nome in preda ad una crisi: lui non ha mai voluto sentire - lui non ha mai voluto capire. In fondo il sapere è essere, conoscere le cose è esistere: per quanto lui possa essere sempre stato un tipo intelligente e perspicace, non ha mai voluto imparare a vivere. Un'ignoranza grave, no? Questo è quel che ho continuamente pensato con una meschina boriosità poco nascosta, credendomi spesso e volentieri il giusto maestro capace di allevarlo alla vita.
Ebbene, la prima volta che lo vidi lo disprezzai: vedevo che ogni suo capriccio era sempre esaudito; si faceva di tutto pur di evitare che sul suo visino di porcellana si formasse un perenne ed usuale broncio. “Cos'ha di speciale oltre alla voce, questo mostriciattolo depresso?”, mi chiedevo in continuazione, non accorgendomi che giorno dopo giorno il mio pensiero - poco importava se pieno di malizia o di bontà - si posava sempre e comunque su di lui; poi ho capito di esserne innamorato e mi sono sentito infinitamente stupido. Solo adesso riesco a rendermene finalmente conto: in realtà non sono riuscito a capirlo per anni, e quando l'ho fatto... forse era troppo tardi.

Amandolo l'avrei forse perso? Se avessi smarrito del tutto anche quel poco di lui che avevo ottenuto solamente grazie a familiarità forzata, io sarei morto - l'ho capito sin da subito, ma non ho mai voluto ammetterlo: confessare a me stesso una così grande debolezza avrebbe significato perdere un pezzo di quello sconfinato orgoglio pezzato che mi costringevo a mantenere; aspettai quindi l'attimo in cui ebbi il coraggio e la forza di sussurrargli un flebile “ti amo” per la prima volta, assumendo un duro tono che non ammetteva alcuna replica. Egoista e null'altro, dico io.
Quel pomeriggio era caldo, troppo caldo - eppure  lo baciai di slancio, comprimendo le mie mani sulle sue esili braccia, temendo quasi di poterle spezzare, e le sue labbra erano fredde. Quel contatto era divenuto nel lasso di pochi mesi il mio principale desiderio: per intere notti avevo sofferto, crogiolandomi spesso in un bagno di sudore, sognando quel momento e l'avveramento di quel che mi costringevo solo ad immaginare; non ce la facevo più, oramai. Davanti ai suoi occhi nascondevo le mie voglie carnali dietro un sorriso di circostanza - sapevo che era capace di leggermi dentro, ma poco m'importava.
E fu proprio in quell'istante, quando ogni mia paura se n'era andata a farsi fottere grazie alla freddezza della sua bocca, che avvertii in un attimo il battito cardiaco del suo cuore aumentare all'inverosimile ed il suo fisico prendere fuoco. Quel tum-tum all'inizio normale ed umano che era quasi riuscito a cullarmi si tramutò nel rombo di un motore impazzito, espandendosi per tutto il corpo e rendendo le sue intere carni pulsanti, come se non avesse più un organo vitale - come se lui stesso fosse divenuto il suo medesimo muscolo cardiaco. Si staccò da me con un balzo animale nel lasso di pochi secondi, mettendosi a ringhiare ed a stringere i pugni in maniera convulsa; e mi spaventai, cazzo se mi spaventai. Quel che avevo davanti non sembrava più il Kyo che credevo di aver imparato a conoscere, rosso di rabbia e tremante come una foglia - ancora fasciato nei suoi vestiti di due taglie più grandi, ancora con i capelli spettinati al vento, ancora piccolo e gracile come un cucciolo abbandonato; eppure non lui. In quel preciso momento non mi resi totalmente conto della gravità di ciò che avevo detto e fatto: sapevo solo che lo volevo, lo volevo da morire e che solo adesso riesco ad ammetterlo con non poca incertezza. Se lui mi amava o no, cosa me ne poteva importare? Quello di cui avevo bisogno era sentirlo mio e di nessun altro - molto probabilmente già allora sapevo che il mio desiderio era vano ed alquanto illusionistico, ma ci avevo voluto provare.
Quindi cosa c'era di meglio, se non baciarlo? Magari pure prenderlo con la forza, fregarsene del resto e fregarsene di lui stesso. Quando le sue labbra cozzarono con le mie, ci avvicinammo all'incrinatura totale ed incommensurabile del nostro rapporto: potei quasi udire un crack!, sonoro attuarsi nel bel mezzo di quel forzato bacio.
Poi capii. Riuscii a comprenderlo solo dopo essermi allontanato di qualche passo: i suoi occhi erano iniettati di sangue e la sua bocca stentava a chiudersi del tutto; “tu non puoi avermi!”, mi diceva.
No, non lo potevo avere. Kyo non apparteneva nemmeno a sé stesso.

Sconvolto. Sì, è lui l'unica persona al mondo capace di riuscire a turbarmi; da quella sera ogni mio freno mentale fu rotto in mille pezzi insieme all'autostima che avevo di me stesso, ed un caos totale iniziò a mettere le radici al mio interno. Tutt'ora potrei tranquillamente affermare che innamorarmi di lui ha segnato involontariamente l'ora ed il giorno del mio declino, che il mio amore è divenuto la mia personale piaga e che sono impazzito a forza di sofferenza e pianti: mentirei, ovvio. Seppur veramente stanco, seppur ossessionato fino al midollo osseo, seppur forse malato mentalmente ed addolorato; sì, io posso ritenermi felice.
Dovettero passare due o tre mesi, prima del suo ritorno da me: mi aspettava alla porta del mio primo appartamento comprato nella periferia di Tokyo con i risparmi di una vita, seduto docilmente a terra e con lo sguardo completamente perso nel vuoto. Senza nemmeno alzarsi o sillabare parola, mi porse un piccolo fagotto all'apparenza bianco e sgonfio: quel che mi donava era stoffa sudicia, quasi lercia e completamente polverosa. Lo presi dalle sue mani con una lentezza esasperante, sentendomi il suo sguardo fermo puntato addosso e stando terribilmente attento a non sfiorargli le dita. Lo aprii con accuratezza, preso da una curiosità maniacale ed avvertendo distintamente il mio respiro accelerarsi, divenire più fioco. Cos'era, cos'era, cos'era?
Sussultai. Dentro quel cencio sporco non c'era niente.
<< Ecco quello che sono e che posso darti. >>  sobbalzai all'improvviso sentendolo sussurrare, con voce flebile e sguardo alto. I suoi occhi infinitamente neri - neri come la pece, oscuri come un pozzo senza fondo; semplicemente belli - mi scrutavano come in tanti anni di amicizia non avevano mai fatto. Mi fece quasi paura, lo ammetto: le sue pupille scaturivano nel mio essere domande scomode, mi fottevano l'anima. Potevo io affermare con certezza di conoscerlo, potevo io ritenermi adeguato e capace di amare ogni suo aspetto più nascosto?
<< Un involucro superficiale e scadente, poi il nulla. Dimmi, cos'è che tu ami di me, Daisuke? >> si costrinse a continuare dopo qualche interminabile secondo, forse conscio del tempo cui necessitavo per assimilare completamente quelle sue parole taglienti. In realtà capivo per metà quel che stava cercando di fare; come mio solito aggiungevo ad ogni cosa quel tocco di malizia che mi contraddistingueva: ero convinto che cercasse di spaventarmi, distogliermi dal mio obbiettivo per farmi desistere e lasciarlo in pace. Stolto.
Restai irrimediabilmente a bocca asciutta per un bel po', del tutto assorto dal suo triste sproloquiare e molto probabilmente quasi privato di pensieri: in fondo di quegli assurdi attimi incantati e fuori dal mondo ricordo poco, se non la sua espressione principalmente ferma ed immobile, quasi di pietra. Riesco a stento a ripercorrere i miei veloci passi nella sua direzione ed il nostro abbraccio di riconciliazione, e poi quelle poche parole che mi uscirono dalla bocca come parte di un fiume in piena; “amo i tuoi occhi”, gli dissi senza nemmeno pensarci. Ed a lui indubbiamente bastò.

In verità, come mi sembra quasi ovvio da pensare o ipotizzare, non mi ha mai detto un “ti amo” o “stiamo insieme”. Sono finalmente arrivato alla conclusione che tra noi ci fosse qualcosa di speciale o concreto solo dopo il nostro primo vero bacio, quando le sue labbra arrivarono in prossimità della mia bocca di sua spontanea volontà, senza forzamenti o avance varie - da quell'attimo in poi tirai un sospiro di sollievo, ricordo. L'ansia ossessionante che aveva albergato in prossimità della mia anima fino a quel giorno sparì alla velocità della luce; cominciai a sentirmi importante e gioioso, quasi come uno sposo novello. Abolii l'illusione dai miei pensieri e cominciai a vivere meglio: ripensando di continuo al modo in cui Kyo si era ripresentato a me - con il fagotto vuoto in mano e l'aria funeraria in volto - ero arrivato a capire almeno parzialmente il significato di ogni sua azione. Oramai sapevo ed ero conscio del fatto di non poter più tornare indietro, rivangare i miei passi e cancellarlo dalla mia vita: io ero completamente suo, ma lui non era mio. Potevo forse ritenermi contento? Non lo so, non ne ho idea. Osservando la mia situazione da un punto di vista esterno, in molti sicuramente m'infamerebbero ed affermerebbero senza pena che mi sono scavato la tomba da solo, firmando la mia condanna ed andandomi a cercare un uomo dai mille problemi e dalla personalità distorta; qualcuno semplicemente non alla mia portata. Molto probabile, risponderei io. Forse morirò giovane e di cuore infranto, non saprò mai che sorriso ha l'amore vero e mi corroderò pian piano all'interno. Ma come fare, per sconfiggere la maledizione che quei suoi occhi hanno più volte lanciato su di me? Come fare, a non rimanere affascinati da quel corpo e da quell'anima in pena? Più volte me lo sono chiesto, devo essere sincero.
Non ho mai avuto risposta.

Un'entità appartiene a tutti, e non appartiene a nessuno - molto probabilmente lui per me è sempre stato come uno di quei tesori naturali, venduti a caro prezzo al mondo intero e conservati dentro teche di cristallo. Un'entità vaga per il mondo alla ricerca di qualcosa che forse non esiste, ma effettivamente ciò che Kyo sta cercando in mezzo ai palchi di tutto il mondo oramai da anni è per me ancora un mistero e spero lo sarà per sempre. Magari una completa pienezza interiore che solo le urla esaltate di centinaia di persone impazzite possono dargli, il sentirsi acclamato ed adorato? O forse vorrebbe soltanto sfinirsi le ossa fino alla morte, degradarsi i polmoni per mezzo di ruggiti ed acuti? Non lo so, e non lo voglio sapere: a volte temo che la verità potrebbe uccidermi; sapere il perché mi ha accettato al suo fianco mettendomi alla prova con poco e permettendomi perlomeno di amarlo. In fondo i miei lamenti sono sciocchi, quasi infantili: non c'è niente che lui mi faccia mancare, tra sesso, uscite e tenerezze adorabili che stenta a darmi per pura vergogna e timidezza. Il suo comportamento è stato fin da subito inesperto e quasi pigro, ma col tempo sono riuscito ad addolcirlo: le sue guance adesso sono più porpora, ed i suoi occhi meno neri - a volte quasi riesco a scorgerle, delle luminescenze bianche in mezzo a quei pozzi scuri che tanto amo.
Molto probabilmente sto continuando a sognare da troppo tempo.


Se non c'è speranza non c'è vita, ho sentito dire in giro da qualcuno.

Se non c'è Kyo non c'è - la mia - vita, dico invece io.



“ Assurdo cosa accadde
quando ti vidi per la prima volta
Portavo un cuore entrando nella stanza
ma uscendo non lo avevo più
L'amore come vetro
lo infranse al primo colpo
E dopo un tale amore
non posso più amare* “




Owari




Note:

*Amore Assurdo by Morgan

Dopo mesi e mesi ritorno a scrivere su questo fandom - il mio fandom per eccellenza, aggiungerei. Grazie alle Dai/Kyo mi sono fatta le ossa e ho più volte dato sfogo alla mia anima; dire che devo molto a questo pairing è poco, poiché questo è IL MIO PAIRING.
L'ho scritta di getto in due giorni e mezzo, senza un attimo di pausa e riletture varie: quel che ho voluto fare è una OneShot che inizialmente avrebbe dovuto parlare del concerto in maniera marginale; alla fine l'ho tolto del tutto perché non ci stava proprio.
Beh, che dire? Ecco per voi un Daisuke strano - un Daisuke che forse non esiste, se non che nella mia mente. Ce lo vedo, innamorato e non ricambiato; dannato per la vita da un amore malato.
Non so da dove mi sia uscita fuori, davvero.
Il concerto deve avermi fottuto il cervello, dico io, ma che bel modo d'impazzire!

E Kyo.  Beh, dopo averlo visto live era ovvio... tramutarlo in un essere peggiore del mio solito. Perché il mio amore per lui è cresciuto, la mia ossessione pure; ed ogni cosa deve aumentare, anche la degenerazione. Lui davanti a me, i suoi occhi nerinerineri - forse quel che Daisuke descrive in questa fanfic è quel che ho avvertito io, chi lo sa. Il suo ginocchio magro sotto la mia mano e la sua voce nelle orecchie... Dio, stento a viverne senza. Mi è mancato, cazzo quanto mi è mancato. Scrivere su di lui è come perdermi in un baratro dal quale non voglio uscire - loro sono il mio OTP e non gli voglio abbandonare, non un'altra volta. Spero di riuscire a scrivere presto altro su di loro, davvero.

Grazie Dir en grey. Per sempresempresempre.

Dedicata ad ogni essere che quella giornata c'era.
Perché è ovvio ringraziare chiunque abbia partecipato al giorno più bello di tutta la mia vita.



AintAfraidToDie
  
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