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Autore: themermaidwriter    12/10/2017    1 recensioni
"Non dovresti andare in giro con un esame imminente." sputò Alex.
"E voi non dovreste oziare sul mio pavimento."
"Noi non oziamo." George tirò un dito verso l'alto poi volse la testa verso Izzie che quasi s'era addormentata.
"Fu mia madre a raccontarmi quella storia quando ero piccola, mi parlò di una creatura che abitava nel nostro salotto e del suo potere di sistemare le cose. Se c'era un problema Il Dio Serpente l'avrebbe aggiustato."
"L'avete trovato?" sussurrò Meredith nel silenzio.

Facciamo un passo indietro a quando tutto stava ancora iniziando.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Derek Sheperd, Meredith Grey
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima stagione
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Worshiping the Snake God in the living room
- Meredith Grey & Derek Shepherd.

 
 
 

"Mentiamo. Noi mentiamo continuamente. Su 1.000 persone diciamo una bugia in media tra una e le due volte al giorno. Il bugiardo complessivo ha tra il 22 e il 26% di materia bianca in più nella zona della corteccia prefrontale del cervello e questo da a lui la possibilità di inventare storie il più complesse possibili. E' una creatura piena di inventiva che non fa altro che praticare la sua arte. Non è questo infondo, un arte?" 
Derek Shepherd uscì silenziosamente dalla sua stanza, la terza di quella settimana, nudo e bellissimo si faceva strada tra vestiti ad un orario improponibile per paura che gli altri specializzandi, quelli che vivevano in quella casa, potessero incappare in un imbarazzante incontro con il proprio capo mezzo nudo (e bellissimo) mentre sgattaiolava via dalla stanza di una matricola. 
"Dr. Shepherd!" levò il capo disorientato non appena finì di rimettersi la camicia bianca. 
"Stevens!" saltellò la voce. "Cosa ci fai qui?" 
"Io ci vivo, cosa ci fa lei qui..?" mise in bocca una patatina al formaggio e si strinse nel suo maglioncino magenta. 
"io..ehm.." iniziò a balbettare e ad indicare l'uscita mentre il cervello cercava di elaborare una spiegazione logica. 
Sapeva benissimo come il cervello funzionava: non era mai stato bravo, si perdeva le parole dalla bocca quando si trattava di mentire. Fu l'istinto, come da bravo essere umano a suggerirgli di farlo nonostante le sue pessime capacità. 
Secondo lo psicologo Shaul Shalvi, noi mentiamo quando non abbiamo tempo e fu proprio quello che successe a Derek, si sentì semplicemente colto alla sprovvista e la fretta ebbe la meglio su di lui. Forse, se avesse avuto più tempo sarebbe riuscito a inventare una storia convincente, forse no, forse il motivo per cui non sapeva farlo non era il non esserne capace, forse non era sua intenzione. 
"Dr.Shepherd!" ripetette una voce un po' più in là. 
"O'Malley, anche tu qui?" usò il ragazzo come il diversivo perfetto: si mise a camminare tra una parola e l'altra e in men che non si dica aveva già sbattuto la porta tra una farfuglio e l'altro. 
I due ragazzi si guardarono tra loro affacciati alle porte delle loro rispettive camere che abbandonarono nello stesso momento per dirigersi in quella della conquilina. 
"Meredith!" la voce stridula della dottoressa modella si diffuse nella camera della donna che balzò sul suo letto mantenendosi la coperta bianca sul corpo grugnendo. "Meredith! Cosa ci faceva Shepherd nella tua camera? A quest'ora!" aprì la bocca sorpresa e divertita ingoiando un'altra patatina. 
"E' un medico, non mi sentivo bene." farfugliò quasi incomprensibilmente, si tirò di nuovo la coperta sulla testa e si distese dando le spalle ai due ragazzi. 
C'è chi, pur di non mentire, non dice nulla e poi c'è chi mente, pur di non dire tutto.


"Allora avete una storia? Davvero avete una storia?! Sembra una telenovela." Izzie cinguettò per tutto lo spogliatoio continuando a parlare senza sosta tra gli armadietti e utilizzando lo stesso tono di voce di una cheerleader ad una partita di football, le si addiceva. 
"Smettila Izzie! Non c'è niente." Meredith alzò il capo e mise in terra la gamba, una volta finito di allacciare la sua scarpa destra. 
"Con chi vai a letto?" la silenziosa presenza di Cristina si interruppe con il suono dell'armadietto sbattuto con forza rivelando la sua figura dapprima ignorata. 
"Nessuno." rispose decisa. 
"Biondina, lasciaci sole." Cristina si rivolse alla ragazza che sorseggiava una tazza di caffè. 
Dopo l'ultimo sorso si ribellò. "Hey, è una conversazione privata." tuonò. "E' una cosa tra persone." ribattè l'asiatica. 
"Io sono una persona." affermò con lo stesso stupore di chi stava dicendo qualcosa di stupido e un "ORA" e "ADESSO" tuonarono in contemporanea verso di lei facendola dileguare come un agnellino spaventato. 
"E' di nuovo lui?" si rivolse all'amica che tentava di sgusciare fuori dalla conversazione. Senza successo, lei la prese per un braccio. "E' lui vero?" aveva già confermato da sola la sua tesi. "Non importa quanto ti abbia fatto sentire bene. E' il tuo capo, Meredith, potrebbe comprometterti l'intera specializzazione. Come fai a non vederlo?" scosse la testa davvero preoccupata. 
"Lo vedo..." balbettò 
"Grey, tu e la Stevens siete con me oggi." Derek si affacciò con la stessa velocità con cui sentenziò e rimase sulla porta a scrutare una cartella. L'aveva incastrata, se lo sentiva. 
"Lo vedo benissimo." concluse la frase con occhi sognanti. 
Derek sparì dalla prospettiva della stanza senza alzare la testa dai suoi documenti e quando Meredith fu in procinto di seguirlo, Cristina la fermò prendendole nuovamente lo stesso braccio. "Meredith.." 
"Se l'avessi incontrato per la prima volta in ospedale probabilmente sarebbe successo comunque, probabilmente sarebbe successo nello stanzino." Si lasciò dalla presa e si dissolse anche lei.


"Dottoressa Grey?" chiese serio. 
"Sindrome di Mobius, si manifesta con l'incapacità di muore volto e occhi." 
"Causa..?" si rivolse alla bionda dopo aver finito di visitare la paziente. 
"Problemi respiratori, disturbi del sonno, nel linguaggio e nella deglutizione." 
Derek sorrise alla donna distesa nel letto e spiegò nel modo più semplice possibile l'approccio che avrebbe utilizzato per limitare chirurgicamente i danni celebrali che la malattia le aveva procurato. Sorrise come se fosse la cosa più facile da fare e quella fosse una clinica di bellezza con una cliente che avrebbe effettuato l'ennesimo trattamento. La donna fu capace di dire solo quattro parole in fila ma s'era tranquillizzata e lasciò i medici uscire dalla stanza. 
"Stevens, preparala per l'intervento." disse alla donna che eseguì immediatamente. 
"Meredith, dovremmo parlare." la fermò lui, una volta da soli. "Non è questo il momento, non è questo il luogo." sussurrò lei per poi divincolarsi dalla conversazione.


Le pupille della paziente dondolavano da una parte all'altra. 
Le pupille di Meredith diventavano sempre di più grandi. 
Lo guardò visitare la donna da lontano finché il suo viso non si corrucciò alla vista di quello che sembrava un problema appena nato. Si precipitò nella stanza guardando l'uomo preoccupato e la donna completamente immobile. 
"E' stato l'intervento?" 
"No, non credo." si mise nella tasca del camice la penna blu. "Credo che sia Cotard, Sindrome di Cotard. Lei crede.." 
"Crede di essere morta." concluse la sua frase senza nascondere il fascino di una nuova patologia, che aveva tutta l'aria di essere sovrana nella storia della poesia medica. 
Meredith si sentì sopraffatta da una sensazione che già conosceva. 
Quella donna si sentiva morta, sentiva gli organi cedere, il sangue disidratarsi e l'odore della propria carne che volgeva alla putrefazione. 
Una puzza che Meredith a fine giornata, sotto la doccia, strofinava con forza senza sapere che s'era cicatrizzata. Prendeva i suoi pensieri, li avvolgeva nell'accappatoio e se li portava nel caldo delle lenzuola. Da sola, sola ad annusare l'odore di una pelle che aveva già anticipato la fine del suo viaggio. 
Le forze la stavano abbandonando, sarebbe crollata per davvero se non fosse per il suono del campanello al quale era costretta ad aprire. 
Quell'uomo bellissimo le si palesò davanti, le tese una mano ma lei tentennò. 
"Cosa ci fai qui?" 
"Ho trovato il momento e ho trovato il luogo." strinse forte la sua mano e la lasciò sorridere per portarla via con sé. 
Una volta arrivati alla sua roulotte notò molta più luce di quella che doveva esserci. Voltò il capo verso destra e una tenda verde acqua attirava l'attenzione con tante piccole luci colorate che brillanti le mostravano il cammino verso quel piccolo rifugio. 
Sorrise ancora mentre lui la accompagnava al suo interno. 
Non era tipo da natura e campeggio e continuava a chiedersi il perché Derek avesse scelto di vivere lì, quando poteva semplicemente comprare una bella casa con il suo stipendio da neurochirurgo. "Io non sono solo un neurochirurgo, Meredith, e tu non devi essere necessariamente solo una specializzanda." 
"Probabilmente questo non è il nostro momento." smise di guardarlo e in un posto così piccolo trovo un vuoto in cui perdersi. "Forse tu ci guardi come se fossimo perfetti insieme ma non è questo il momento di essere perfetti insieme." Tornò a guardarlo posando una mano sulla sua. 
"Smettiamola di tormentarci con quello che potremmo essere." concluse. L'uomo rimase a fissarla senza prestare davvero attenzione alle sue parole, parole che anche lei dimenticò nell'attimo in cui l'uomo le regalò un bacio a cui nessuno dei due aveva voglia di rinunciare. 
"Siamo quasi usciti allo scoperto." sussurrò inebriandola del suo alito caldo al profumo di caffè. "Magari è adesso il momento, infondo, sarebbe poi così terribile?"


Meredith sbuffò tornando a casa per via della porta che strisciando sul pavimento emettendo fastidioso rumore gracchiante. Si voltò verso il salotto e cedette alla richiesta delle sue ossa che chiedevano riposo stendendosi lunga sul pavimento in uno spazio tra Cristina e Alex, anche loro in terra con lo sguardo nel vuoto. 
"Non dovresti andare in giro con un esame imminente." sputò Alex. 
"E voi non dovreste oziare sul mio pavimento." 
"Noi non oziamo." George tirò un dito verso l'alto poi volse la testa verso Izzie che quasi s'era addormentata.

"Fu mia madre a raccontarmi quella storia quando ero piccola, mi parlò di una creatura che abitava nel nostro salotto e del suo potere di sistemare le cose. Se c'era un problema Il Dio Serpente l'avrebbe aggiustato."

"L'avete trovato?" sussurrò Meredith nel silenzio.

"Quando fui abbastanza grande da capire, mi resi conto dell'espediente escogitato da mia madre per tenermi buona. Una bugia per tenermi distesa sul pavimento del salotto nel tentativo di chiamare il Dio Serpente che con questo modo folle di adorarlo mi avrebbe aiutato a sistemare tutto ciò che richiedeva un messa appunto."

"No." urlarono in coro. 
Sospirò ripensando a ciò che di stupido stava facendo e nello stesso tempo chiedeva aiuto al serpente della sua infanzia. Uno sciocco gioco che pur essendo tale la faceva sentire bene. 
Ah, se solo il Dio Serpente si fosse palesato, le avrebbe spiegato punto per punto, come una guida online, che cosa avrebbe dovuto fare con Derek Sheperd, invece di continuare a cercare la risposta dentro di sé. 
"L'avete visto?" riprese a parlare. 
"Shh.." un secondo coro la silenziò e pregò che silenziasse anche i suoi pensieri. 


the mermaid's notes: Eccomi qui con una nuova OS sui merder (parte della mia raccolta di one shot) in cui non potevo fare a meno di tornare indietro nel tempo alla cara vecchia prima stagione con le comparse di tutti quei personaggi che (ci) mi mancano tanto. Spero che l'idea non risulti troppo bizzarra e che vi piaccia. Fatemi sapere e lasciatemi una recensione!
   
 
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