Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug
Segui la storia  |       
Autore: Echocide    13/10/2017    0 recensioni
Dai lombi fatali di questi due nemici
toglie vita una coppia d'amanti avventurati,
nati sotto maligna stella,
le cui pietose vicende seppelliscono,
mediante la lor morte...

Agreste e Dupain sono due famiglie nobili di Paris, una città ricca di mistero e magia.
Una notte, il patriarca degli Agreste condanna i Dupain alla morte e dalla strage della famiglia, una bambina si salva: il suo nome è Marinette.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Titolo: Inori
Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, Altri
Genere: fantasy, romantico, drammatico
Rating: PG
Avvertimenti: longfic, AU
Wordcount: 1.942 (Fidipù)
Note: Ed eccoci di nuovo qua in quel della bella Paris: nuovo capitolo di Inori e intanto si smuovono un po' le cose, anche se non sembra...eeeh, a voi! Ma io ho mosso le mie pedine...vabbè, vabbè. Non sto a disturbarvi oltre con le mie chiacchiere senza senso: e mentre ci avviciniamo di più alla fatidica data della seconda stagione (per chi non lo sapesse, il 26 ottobre torna Miraculous), come sempre si passa alle informazioni di rito: vi rimando la pagina facebook per ricevere piccole anteprime e restare sempre aggiornati e al gruppo facebook Two Miraculous Writers, gestito con la bravissima e talentuosa kiaretta_scrittrice92.
Per concludere, voglio dire grazie a tutti voi che leggete, commentate e inserite le mie storie nelle vostre liste!

 

Adrien si sistemò meglio il cappuccio sulla testa, vagando poi con lo sguardo su ciò che lo circondava: i ricordi che aveva di una Paris in festa, piena di addobbi, cozzavano con ciò che adesso gli si proponeva davanti agli occhi.
Non c’erano più gli striscioni colorati appesi alle case che attraversavano le vie da muro a muro, le maschere variopinte avevano lasciato il posto a visi adombrati: non c’erano sorrisi o chiacchiericci e le persone tenevano lo sguardo basso, le labbra stretta in una linea sottile, completamente assorti in quello che facevano per dedicarsi agli altri.
Si fermò, osservando una donna seduta fuori casa, seduta per terra e con le braccia scarne allungate in avanti e una bambina che piangeva, tenuta sulla schiena da un intricato gioco di fasce: «Lei era una prostituta» mormorò Marinette, affiancandolo e tenendo lo sguardo sulla protagonista dell’attenzione di Adrien, gli angoli della bocca piegati all’ingiù: «Il padrone del bordello l’ha cacciata dopo che è rimasta incinta per la terza volta. E lei non ha di che mangiare adesso» dichiarò, avvicinandosi alla donna e lasciando cadere una moneta fra le dita.
«Che la dea vi protegga, mia signora.»
«Io non sono una signora» mormorò Marinette, stringendosi nel mantello e ripercorrendo i pochi passi che la separavano da Adrien, scoccando un’occhiata fugace al giovane e vedendo le linee del volto teso: «Questa è la realtà di Paris: io sono stata più fortunata, poiché mia madre ha aperto un’attività e questa è fiorita, ma avrei potuto essere tranquillamente come quella donna.»
«Mio padre non sa di tutto questo?» domandò Adrien, riprendendo a camminare al fianco della giovane e notando adesso cose che prima gli erano sfuggite o che, forse, non aveva voluto vedere: l’anziano mendicante dai logori stracci che, senza una gamba, sostava in un angolo della strada a pochi passi dagli escrementi di un cavallo; un bambino che addentava un pezzo di pane raffermo, gli abiti sporchi e in più punti lisi…
C’era povertà a Paris e lui non se n’era mai accorto.
In vero, quanto sapeva della città che avrebbe dovuto governare un giorno, al fianco di Chloé?
Quanto si era preoccupato di ciò che c’era al di là delle mura del castello che, alte e solide, lo proteggevano da tutto ciò?
Aveva sempre vissuto protetto da tutto ciò, al riparo dalla verità che era semplicemente a pochi passi: avrebbe potuto prendere il suo cavallo in un giorno qualsiasi e i suoi occhi avrebbero visto quella realtà che, invece, Marinette aveva vissuto per diciotto anni.
La ragazza che adesso camminava al suo fianco aveva visto tutto ciò ogni giorno, aveva vissuto quelle condizioni di miseria sulla propria pelle, comprendeva ciò che il popolo soffriva e quanta indifferenza ci fosse da parte di chi regnava: non aveva forse decantato il suo odio per il principe Adrien, la prima volta che si erano incontrati?
Ed era forse così in torto?
Aveva avuto ragione a odiarlo, mentre viveva in tutto ciò?
Inspirò, buttando fuori l’aria e si guardò attorno, adocchiando un vicolo e, presa la mano di Marinette, la trascinò verso di questo, sentendola fare resistenza e le rimostranze che arrivavano alle sue orecchie: la tirò a sé, mentre si addossava contro il muro e le circondò la vita con le braccia, stringendola con forza e affondando il volto contro il suo collo: «Io non sapevo…» bisbigliò, mentre sentiva la presa di lei sulle maniche della camicia, le piccole dita stringevano la stoffa e usavano tutta la loro forza per allontanarlo, ma Marinette era più debole di lui e non sarebbe mai riuscita nell’impresa: «Io…»
«Lo so» mormorò la ragazza, nello stesso istante in cui smise di rifiutare il suo abbraccio, partecipando attivamente e passandogli le braccia attorno al collo, stringendosi a lui: «Io lo so. Adesso lo so.»
«Avevi ragione a parlare male di me quando ci siamo conosciuti» mormorò Adrien, voltando appena la testa e sfiorandole il collo con le labbra, sentendola irrigidirsi appena nel suo abbraccio prima di lasciarsi andare e sciogliersi come se fosse burro; Adrien trovò maggior stabilità contro il muro, inspirando il profumo della ragazza e allontanando il viso, osservando il volto arrossato e lo sguardo celeste che sembrava posarsi ovunque, tranne che su di lui: «Io ho già rinunciato al mio titolo e farò tutto ciò che è in mio potere per permetterti di salire su quel trono: Paris non ha bisogno che la tirannia prosegua e solo una Dupain può mettere fine a tutto ciò.»
«Co-cosa?»
Adrien le sorrise dolcemente, allungando una mano e carezzandole lo zigomo con le nocche: «Tu sai cosa significa soffrire, hai vissuto qua e conosci quello che prova il popolo, Marinette. Ora comprendo perché vuoi combattere, io…»
«Io pensavo solo a proteggere chi mi è caro» bisbigliò la ragazza, chinando il capo e nascondendosi alla vista di lui: «Non sono così nobile come tu credi, io sono egoista e ho pensato solo che…»
«Qualsiasi motivazione ti ha spinto a muoverti, è sempre migliore di ciò che anima mio padre.»
«Non so neanche cosa significa governare» mormorò la ragazza, stringendo le labbra: «Alle volte mi chiedo se il cammino che ho intrapreso è quello giusto: come posso essere d’aiuto a queste persone se io non so cosa fare?»
«Io sono stato educato a governare, fin da piccolo la mia istruzione è servita per far sì che un giorno potessi sedere sul trono di Paris e la governassi» si fermò, sorridendo allo sguardo che si era puntato su di lui: «Quindi se tu mi sposassi avresti un perfetto consigliere al tuo fianco…»
«Tu non demordi mai, vero?» un sorriso tranquillo fu la sola risposta che la rabazza ebbe: «Dobbiamo andare» mormorò, muovendosi e cercando di liberarsi dall’abbraccio del giovane: Adrien storse appena la bocca, allentando la stretta e liberando la giovane; la osservò mentre si sistemava il mantello, portandosi le mani al cappuccio, tirandolo appena in modo da coprirsi il viso il più possibile.
Le tremavano le dita mentre si sistemava il pezzo di stoffa e teneva lo sguardo basso: «Dove dobbiamo andare?» le domandò Adrien, cecando di rammentare ciò che aveva detto loro Fu prima di farli uscire di casa ma ricordando poco o nulla, stringendo le dita a pugno e reprimendo così il bisogno di stringerla nuovamente a sé.
«Ah…» Marinette s’interruppe, voltandosi verso la strada principale e aggrottando le sopracciglia, inclinando la testa e stringendo le labbra l’una con l’altra; Adrien alzò il capo, ascoltando lo sferragliare che aveva interrotto la giovane: riconosceva quel suono, lo aveva sentito molte volte al castello, mentre le guardie attraversavano i corridoi o i giardini.
Si tirò il mantello sul volto, cercando di nasconderlo il più possibile, allungando poi una mano e afferrando quella di Marinette, avvicinandosi lento e il più possibile silenzioso all’apertura del vicolo in cui aveva portato la giovane, voltandosi verso di lei e sorridendole appena in modo da rassicurarla; si affacciò oltre il muro, osservando due soldati che, tronfi, camminavano per la strada.
Un’anomalia con le loro armature dorate in quel posto fatto di miseria.
Adrien sentì Marinette trattenere il fiato alle sue spalle, mentre le due guardie si avvicinavano al mendicante che aveva attirato, per un breve momento l’attenzione di Adrien poco prima, e risero mentre lo colpivano con la punta dei loro stivali: «Miei signori» mormorò l’anziano, alzando il volto segnato dal tempo e dalla vita dura, passandosi poi la lingua sulle labbra sottili e rovinate: «Siate generosi, datemi una moneta per mangiare…»
Le risate delle due guardie aumentarono di intensità, sguaiate e stridenti si spargevano per la strada gelando chiunque; Adrien avvertì un brivido lungo la schiena, mentre osservava uno dei due mettere mani all’elsa della spada: «Ti togliamo il problema» sentenziò l’uomo, sfilando lentamente la spada dal fodero.
Sapeva cosa stava per succedere.
Lo sapeva.
Eppure il suo corpo non riusciva a muoversi mentre vedeva la consapevolezza apparire sul volto dell’anziano, insinuarsi nello sguardo e nella bocca che si spalancava, mentre la punta della spada entrava nel suo corpo, attraversandolo da parte a parte; un singulto si levò da Marinette e solo quello riscosse Adrien dalla visione del mendicante che, come un insetto, veniva ucciso dalla guardia mentre il suo compagno rideva.
Si voltò, riportando la ragazza nel vicolo e addossandola contro al muro, appoggiandosi a lei e nascondendo entrambi con il proprio mantello, mentre il rantolo dell’anziano arrivava forte e chiaro alle sue orecchie, quasi un’accusa per la sua inerzia: cosa stava facendo? Perché non li aveva fermati? Perché non era nella strada adesso a fare…
Qualcosa.
Qualunque cosa.
Strinse gli occhi, come se questo potesse far sparire la crudeltà a cui aveva appena assistito, ma le risate delle due guardie non riuscivano a farlo andare lontano da quel posto: suo padre lasciava che i suoi sottoposti facessero ciò al popolo che doveva proteggere.
Suo padre non stava proteggendo Paris, non la stava governando…
No, aveva semplicemente lasciato la città a se stessa, arroccato nel suo palazzo e completamente dimentico di ciò che accadeva oltre le mura.
Come…
Come lo era stato anche lui: cullato e protetto in una vita fatta di oro e lussi, ignaro di ciò che c’era fuori.
Ma adesso sapeva. Adesso aveva visto e non poteva più rimanere cieco di fronte a ciò, non poteva più far finta che ciò che aveva visto non esistesse: qualcosa andava fatto, Paris andava cambiata e il più grande cambiamento sarebbe stato mettere la ragazza, che adesso era con lui, sul trono della città.
Una regina giusta e saggia, per quanto Marinette si sentisse incapace.
Ma fino ad allora…
Doveva fare qualcosa.
Adesso ne sentiva il bisogno fin dentro le viscere.
Il suo intero essere reclamava qualcosa.
Strinse le dita, colpendo le pietre del muro con un pugno e sentendo gli occhi pizzicare per via delle lacrime che, inconsciamente, stava trattenendo; piccole dita gli sfiorarono il volto e scivolarono attorno al suo collo, stringendolo in un abbraccio e Adrien lasciò fare, incapace di reagire alla dolce comprensione di Marinette.


Nathaniel non alzò la testa dal disegno, osservando le dita sporche di nero che si muovevano veloci sulla carta e tracciavano le linee che erano state create nella sua mente: non gli importava delle grida isteriche che si levavano dalla camera attigua a quella dove era lui, non gli interessava ascoltare il rifiuto deciso di quella che era, adesso, la sua promessa sposa.
Era abituato ai modi di fare di Chloé, avvezzo alla sua isteria che, di solito, era blandita dalla presenza del principe Agreste: ma Adrien, suo cugino, non era più lì e la figlia di Bourgeois si sentiva in dovere di fare come più gli pare.
Di esternare le proprie rimostranze nel modo più rumoroso e fastidio possibile.
Storse le labbra, quando uno strillo più acuto gli fece sbagliare la linea dell’occhio e rimase a fissare il proprio errore: era piccolo, avrebbe potuto eliminarlo velocemente, eppure non faceva altro che guardarlo mentre l’irritazione montava dentro di lui.
Strinse la mano, sentendo il carboncino contro il palmo e avvertendo poi il dolore della stretta: avrebbe dovuto aprire le dita, lasciare andare l’oggetto e pulirsi, ma tutto ciò che faceva era rimanere immobile, lo sguardo fisso sull’errore che aveva fatto per colpa della voce stridula e isterica di Chloé.
Era colpa di Chloé.
No, non era vero.
Tutto era iniziato da quando Adrien se n’era andato, ignorando ciò che avrebbe lasciato: egoisticamente aveva fatto finta di non vedere l’amore fedele di Chloé e aveva seguito la sottana di una meretrice, costringendo il re a nominare lui suo successore e Chloé a legarsi a qualcuno che non amava.
Era Adrien l’errore.
Era lui che andava corretto, per far sì che tutto quadrasse.

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug / Vai alla pagina dell'autore: Echocide