Aperta parentesi
Erano
due giorni che Kirishima era chiuso in quella stanza d'ospedale e che
non lo facevano entrare. Bakugou aveva litigato con chiunque gli si
fosse parato davanti: compagni di classe, professori, personale
medico, perfino Recovery Girl. Un paio di volte aveva alzato talmente
tanto i toni che era stato scortato fuori dalla struttura ed era
stato riammesso solo grazie agli interventi di All Might.
Era
fuori pericolo ed era sveglio, gli avevano detto. E allora
perché
cazzo lo tenevano chiuso in quel posto come un fottuto ratto?!
“Giovane Bakugou...”, esordì All Might.
Erano ormai passate
le nove di sera, e in quel corridoio bianco ed asettico c'erano solo
loro due, su quelle tristi sedie di plastica verde marcio. Kaminari
era stato l'ultimo a rivolgergli parola, chiedendo di andare a casa
ed assicurandogli di tornare l'indomani mattina. Bakugou aveva
rifiutato in modo sdegnato.
“Dovresti andare a casa. Ti posso
accompagnare io, ma hai bisogno di riposarti.”, disse
gentilmente
l'eroe, affacciandosi e cercando di entrare nel campo visivo del suo
allievo, che teneva il volto ostinatamente fisso verso il pavimento.
“Col cazzo.”, tagliò corto Bakugou. Non
aveva spazio per
neanche un briciolo della rabbia cieca che solitamente lo animava, ma
la caparbietà era rimasta. Erano circa undici ore di fila
ormai che
passava su quella seggiola, alternando momenti di silenzio cupo a
scatti d'ira dove rischiava di far esplodere qualche infermiere.
Il
ronzio del neon di quel ridicolo giallo seppia gli aveva fatto venire
il mal di testa ed ormai il moscone che aveva sbattuto per tutto il
pomeriggio contro il vetro della finestra davanti a lui agonizzava
sul davanzale.
Il ragazzo si tirò le gambe al petto e le
abbracciò, appoggiando il mento sopra di esse.
All Might
sospirò, passandosi stancamente una mano sul retro della
nuca. I
tratti spigolosi e sgraziati del viso erano inquietanti sotto quella
luce sgradevole.
“Potremmo almeno mangiare. Ti va bene del
ramen istantaneo? Dovrebbero esserci dei distributori al piano di
sotto.” e mentre lo diceva, Toshinori si era alzato e si
frugava in
una delle tasche dei pantaloni troppo larghi in cerca di qualche
moneta. Bakugou, neanche a dirlo, non rispose.
“Non
sei obbligato a stare qui”, soffiò d'un tratto il
ragazzino.
Teneva tra le mani la ciotola di quel triste ramen che alla fine
aveva accettato. All Might si fece sparire un noodle tra le labbra
con un risucchio, prima di rispondergli: “Neanche tu,
eppure...”
Bakugou gli lanciò un'occhiata furiosa, ma restò
in silenzio.
Dopodiché bevve un paio di sorsi di brodo dalla ciotola e si
pulì
le labbra con il dorso della mano.
“Io sì. Lo sono.”
All
Might lasciò cadere le spalle e smise per un attimo di
mangiare.
Osservò il profilo di quel teppistello casinista, il volto
pallido e
le occhiaie profonde sotto gli occhi. Mostrava tutto il suo essere un
bambino cresciuto, in quel momento.
“No, giovane Bakugou. Tu ti
senti obbligato – non lo sei.
Il giovane Kirishima – Red
Riot – ha fatto quel che un eroe fa: rischia la vita per fare
del
bene. Fatgum mi ha raccontato com'è accaduto e--”
Bakugou lo
interruppe bruscamente, con le nocche sbiancate attorno alla ciotola
di ramen: “Fatgum! Tsk! È tutta colpa di quello
stronzo se
Kirishima è quasi morto!”
Toshinori lo osservò: quel ragazzo
tremava, in modo nervoso e quasi impercettibile. Sembrava stesse
facendo uno sforzo immane per mantenere per sé tutto
ciò che stava
provando, ma se aveva capito qualcosa di lui in quell'anno di lavoro
svolto insieme, non sarebbe servito a niente invitarlo a sfogarsi e
lasciarsi andare. Così, seppur esitante per un attimo, gli
posò con
delicatezza una mano sulla spalla. Fu strano non vederlo scostarsi
anche quando Toshinori si azzardò a stringere leggermente la
presa:
“Non ho necessità di convincerti che non
è colpa di Fatgum,
perché lo sai già. Io so che Kirishima
è un compagno molto
importante per te e so che saresti voluto essere con lui in quella
missione. Però probabilmente non avresti fatto la
differenza, anche
se tu fossi stato lì.”
Bakugou emise come un basso ringhio e
si alzò bruscamente in piedi, tanto da far rovesciare a
terra il
poco brodo rimasto all'interno della ciotola.
“Ma forse sì! Se
fossi stato lì forse avrei potuto proteggerlo e a quest'ora
non
sarebbe stato in queste condizioni del cazzo e l'avrei potuto vedere
e lui non sarebbe dovuto restare chiuso in questo buco per giorni e
giorni! Si starà sicuramente annoiando e – e
vorrà allenarsi, ma
non può farlo, perché lo tengono lì
dentro! Poi – cazzo –
vorrà vedermi. E non può fare neanche questo
perché sembra ai
fottuti domiciliari!”, sbottò, le mani che
crepitavano piano del
quirk che aveva trovato espressione in quell'eccesso di rabbia.
All
Might fissava il corpo piccolo e tremante di quell'adolescente
– e
all'improvviso capì: quando aveva detto che Red Riot era un
compagno
importante per lui, non aveva capito quanto
importante. In
effetti i professori avevano trovato quanto meno singolare il fatto
che proprio Bakugou Katsuki si fosse preso tanto a cuore la
questione. Forse peccando e con leggera cattiveria, ma la rabbia e la
voglia di primeggiare erano le uniche cose che quel ragazzo offriva,
in genere. Osservandoli, avevano notato che Kirishima era stato uno
dei pochi a riuscire ad avvicinarlo, ma forse avevano travisato
tragicamente la natura e la profondità del legame che vi era
tra
quei due ragazzi.
Paradossalmente, ad All Might venne da
sorridere. Fece attenzione a non farsi vedere da Bakugou, che ora
stringeva i pugni e respirava con furia, ma sorrise, intenerito. Non
avrebbe chiesto una conferma dei suoi sospetti e non avrebbe detto
niente al corpo docenti, ma se aveva ragione, comprese che era
necessario dare una svolta alla situazione, perché Bakugou
non si
sarebbe mosso di lì neanche se gli fosse crollato il terreno
sotto
ai piedi.
“Giovane Bakugou, aspetta qui. E pulisci il brodo che
hai rovesciato. Io vado a parlare con una persona.”
All
Might si osservò l'orologio da polso, che ormai segnava le
dieci di
sera passate. Sospirò, coprendo il suono dell'ascensore che
gli
segnalava che aveva raggiunto il piano e decidendo che dopo quella
discussione avuta col medico che aveva in cura Kirishima avrebbe
finito di fare l'eroe, almeno per quella giornata. Anche il simbolo
della pace, specie in quella forma, aveva i suoi limiti. E lui, dopo
aver passato sei ore in ospedale ed aver preso sotto la sua ala quel
ragazzino, li aveva ampiamente superati.
Nel corridoio era da
solo. Giusto le rotelle di qualche carrello spinto in lontananza
tradivano il fatto che ci fosse qualcuno, lì dentro. Le
porte delle
stanze alla sua destra si avvicendavano, tutte uguali l'una
all'altra. Sperò che tra i pazienti solo il giovane
Kirishima fosse
poco più di un bambino.
Poi svoltò l'angolo e la desolazione
di quell'immagine lo prese allo stomaco: Bakugou si era steso sulle
scomode seggiole che avevano occupato per tutto quel tempo ed usava
lo zaino che si era portato dietro come cuscino. Aveva le braccia
conserte e sembrava scomodo e precario, in quello stato. All Might
ebbe voglia di prenderlo per la collottola e obbligarlo ad
addormentarsi nel suo letto, ma senza la muscle form non era uno
scenario realizzabile.
Toshinori lo raggiunse e constatò che il
brodo era ancora rovesciato a terra. Strinse i denti e
sollevò gli
occhi piccoli su quel ragazzino.
“Avrei da dirti qualcosa, ma
non ho intenzione di farlo se non pulisci prima.”
Bakugou aprì
un solo occhio, e l'eroe vide che la rabbia, seppur stanca, era
tornata per l'ennesima volta a macchiare il volto del suo alunno.
Sembrava che si spegnesse, si ricaricasse e mostrasse nuovamente di
essere infuriato col mondo non appena in grado di farlo.
“Guarda
che non mi verranno a rapire. Ti ho detto che puoi
andartene.”
Toshinori sorrise. In modo estremamente sereno e cordiale, quasi
sul punto di perdere la pazienza con quello stupido di un
adolescente.
“Va bene. Immagino che non ti interessa neanche se
sono cose che riguardano Kirishima. A questo punto, giovane Bakugou,
io torno a casa. Sii puntuale domani in classe, perché non
accetterò
giustificazioni.” e così dicendo, All Might
raccolse la giacca che
aveva lasciato per tutto quel tempo sulla spalliera della sedia che
aveva occupato fino a quel momento. Diede le spalle all'alunno,
curioso di scoprire se l'avrebbe fermato o se il suo ridicolo
orgoglio avrebbe avuto la meglio ancora una volta. Il tempo di fare
(contati) otto passi, che la voce di Bakugou lo bloccò:
“Fermati.
Dimmi che ti hanno detto.”, bofonchiò
malvolentieri il biondo. All
Might rimase ostinatamente rivolto verso l'uscita del reparto.
Sospirò un paio di volte e poi si voltò per tre
quarti,
osservandolo con la coda dell'occhio: “Pulisci, giovane
Bakugou.”
Ormai era diventata una questione di principio. Da professore non
era tenuto solo a formare i ragazzi per diventare futuri grandi eroi,
ma anche per insegnare loro il rispetto. Se anche fosse diventato il
futuro numero uno, Bakugou Katsuki doveva ricordarsi sempre che
l'educazione e il rispetto non erano valori di cui un eroe potesse
fare a meno. E fu soddisfatto nel sentire le scarpe di Bakugou che si
schiantarono a terra con un tonfo, un'imprecazione a mezza bocca e
una corsa verso i bagni.
All Might l'aspettò con le braccia
conserte, imperscrutabile. Il ragazzino neanche lo guardò:
si gettò
a capofitto sulla macchia ormai rappresa delle mattonelle bianche,
mentre passava con furia della carta che era riuscito a rimediare.
Scattò in piedi, puntandogli un dito contro, l'ira chiara in
fondo
ai suoi occhi: “Ora dimmi che cazzo ti hanno detto su
Kirishima,
All Might!”
Quest'ultimo non si scompose. Districò le braccia
e le sistemò dietro la schiena, prendendosi qualche istante
di
troppo prima di rispondergli: “Tanto per cominciare, un eroe
deve
sempre ricordarsi che è una persona come tutti gli altri. E
le
persone qualunque utili alla società puliscono dove
sporcano.
Secondo: il dottore ha deciso che potrai entrare in camera del
giovane Kirishima. Potrai passarci la notte, ma domattina devi
andartene prima della colazione. Io invece aggiungo che a quel punto
dovrai venire a scuola e seguire le lezioni; dopodiché
rimarrai nei
dormitori almeno fino all'ora di cena e ti riposerai. Non ci sono
discussioni e controllerò personalmente. Accetti?”
Gli occhi
di Bakugou passarono dalla rabbia cocente all'incredulità. E
nel
momento in cui decise che mostrarsi in certi modi era troppo,
distolse lo sguardo e lo fissò sulle punte delle sue stesse
scarpe.
Annuì una sola volta, le labbra strette tra loro.
All Might non
disse niente: girò sui tacchi e si avviò con
calma verso l'uscita,
lasciando solo il giovane Bakugou, sperando che riflettesse e che si
godesse quelle ore con il suo compagno.
“Non è da persone come
tutti gli altri poter passare la notte in ospedale con un
paziente.”,
disse la voce di Bakugou ad un certo punto. All Might si
voltò verso
di lui – e sorrise, ma stavolta raggiante come al suo solito.
Gli
mostrò il pollice della mano destra, prima di parlare:
“L'ha
deciso il dottore, giovane Bakugou. Io ho solo chiesto, ma è
meglio
se rimane un segreto tra noi.”
Era ovvio e cristallino che
Toshinori avesse fatto pesare il suo nome e avesse chiesto come
simbolo della pace e non come “persona normale”.
Quelle,
tuttavia, erano piccole sfumature che il giovane Bakugou, che
mormorava un “grazie per il ramen” imbarazzato,
avrebbe imparato
col tempo. Non c'era bisogno di affrettare le cose.
Bakugou
stette lunghi minuti fermo, in mezzo al corridoio. Osservava nella
direzione in cui l'eroe era andato, profondamente colpito, suo
malgrado, dal gesto di All Might. Non era affatto dovuto, specie per
Bakugou, consapevole
di
essere una delle persone più sgradevoli su tutto il globo
terracqueo. Si chiese perché, e la voce che gli rispose
suonò quasi
sciocca: perché è un eroe,
è buono e tiene a te.
Sbuffò, irritato: ovvio che era per quelle ragioni.
Però non
era tempo di starci a rimuginare: poteva finalmente andare da
Kirishima e vederlo ed assicurarsi coi suoi occhi che tutto andava
bene, che sarebbe tornato in breve ad essere il suo compagno di
squadra. Avrebbero dovuto lavorare insieme, una volta diventati
professionisti. Ne avevano già parlato. Kirishima non poteva
finire
al tappeto in quel modo. E lui non poteva stare a pensare ad All
Might.
Bakugou prese il suo zaino rosso, rimasto abbandonato sulla
sedia, e si piazzò la cinghia sulla spalla destra. Poi
avanzò, fino
a trovarsi, per l'ennesima volta, faccia a faccia con quella porta.
Soli alcuni centimetri di legno a dividerlo dall'altro. Stavolta
però
strinse saldamente la maniglia e l'abbassò, senza
preoccuparsi di
bussare.
Nell'entrare trattenne il fiato, senza sapere cosa
aspettarsi. Forse Kirishima era completamente ingessato dalla testa
ai piedi come in quei film comici? Eppure Recovery Girl l'aveva
curato, per cui non doveva essere così tanto malridotto, no?
La
stanza era rischiarata esclusivamente dalla luce debole emessa dalla
televisione accesa, il cui audio era solo un brusio di sottofondo.
Mostrava la televendita di alcuni coltelli – e
capì perché era
lasciata a quel canale solo individuando finalmente la figura di
Kirishima. Aveva la testa scomodamente piegata sulla spalla destra,
le labbra appena dischiuse nel sonno che doveva averlo colto mentre
passava quel paio d'ore alla tv.
Bakugou chiuse cautamente la
porta alle sue spalle, attento a non fare rumore, e si fece bastare
la luce che aveva per raggiungere il letto del suo compagno.
Osservò
il suo volto e quasi – merda – gli venne da
piangere. Si sentì
riempire di sollievo e rilasciò un respiro che non sapeva di
aver
trattenuto. Aveva i capelli abbassati sulla testa ed un grande
cerotto su una guancia. Dormendo, sembrava estremamente vulnerabile
–
e tutto il mondo avrebbe potuto prenderlo in un palmo e stritolarlo
come un pettirosso, in quel momento, non importava che possedesse
un'armatura quasi impenetrabile naturale. Tuttavia, non c'era di che
preoccuparsi: ci avrebbe pensato Bakugou, a proteggerlo.
Per
qualche istante si limitò a fissarlo, indugiando sulla
piccola
cicatrice sopra l'occhio, sulla guancia ferita e sulle labbra
socchiuse. Cercò di convincersi a non svegliarlo,
perché sembrava
così beato e tranquillo che interromperlo sarebbe stato
molto
crudele. Però – si raccontò –
la posizione che aveva assunto
era molto scomoda. Si sarebbe sicuramente svegliato con un gran mal
di collo, se non avesse rimediato. E allora non ci mise molto a
perdonarsi il posargli una mano sulla spalla e scrollarlo appena,
chiamandolo in un sussurro nel frattempo.
Kirishima mugugnò,
biascicò qualcosa, e poi spalancò gli occhi di
scatto e saltò su.
Sibilò, mentre si premeva forte una mano sul fianco e
ringhiava un
“merda” a mezza bocca. Bakugou, allarmato da quella
reazione, gli
prese il viso tra le mani e lo obbligò a guardarlo in
faccia,
attirando la sua attenzione: “Tranquillo, idiota. Sono solo
io.”
Un lampo di confusione passò sul volto di Kirishima, ma
venne
rapidamente rimpiazzato dall'entusiasmo e da una contentezza genuina.
“Bakugou?! Oooh, ti prego, stai scherzando! Che ci fai qui?!
Non t--”
“Sssh!”, lo zittì il biondo, posando la
fronte
contro quella dell'altro e socchiudendo le palpebre. “Stai
zitto. È
stato All Might – credo. Mi hanno dato il permesso di passare
la
notte qui, anche se dovrò andarmene all'alba.”
A Kirishima
sembrava di star galleggiando in una bolla felice. Per la persona
attiva ed estroversa che era, stare chiuso anche solo due giorni in
quella stanza lo stava uccidendo. Poter vedere e parlare solo coi
dottori, Recovery Girl, il preside ed ogni tanto Fatgum... era una
tortura vera e propria. Anche considerato il fatto che, tutto
sommato, non si sentiva male; la ferita era più nello
spirito, per
essere crollato troppo presto contro quel Rappa, ma sapeva d'aver
dato il massimo. Fisicamente, invece, a parte un indolenzimento
generale ed una bella contusione al fianco, non se la stava passando
male. Per questi motivi, non avere compagnia lo stava decisamente
abbattendo, ma ora – ora oltre al fatto che non era
più solo,
aveva Bakugou. Ricordava d'aver pensato a quel ragazzo, prima di
perdere conoscenza. Ed aveva compreso che quella sarebbe stata una
bella immagine, per andarsene.
“Bakugou... mi dispiace di
averti messo in questa situazione. E so che tu non puoi
sap--”,
aveva cominciato il rosso, prendendo tra le mani una di quelle
dell'altro, ancora sul suo viso, e stringendogliela affettuosamente.
Tuttavia, Bakugou non sembrava troppo intenzionato a lasciarlo
finire, perché aveva fatto scontrare le loro labbra con il
suo
solito fare rude. Sembrava spazientito, mentre approfondiva
già quel
contatto; fu da subito un bacio profondo e bagnato, che urlava di
paura, mancanza e rimproveri reciproci a cui non sarebbero mai stati
in grado di dare voce a parole. C'erano solo Bakugou, in piedi al
lato del letto, e Kirishima, scomodamente proteso verso di lui.
Entrambi impauriti di venire divisi da quella vita fin troppo adulta,
per due adolescenti.
“Basta.”, sancì il biondo, staccandosi
dall'altro. Non si riferiva al bacio, quanto piuttosto alle parole
superflue del compagno, che sembrava desideroso di giustificarsi
quando non c'era niente da dire né da fare oltre a quello.
Kirishima capì – ed annuì con un
piccolo sorriso. Bakugou, così,
allungò la mano sul comodino del rosso e premette
l'interruttore per
accendere la piccola luce da lettura, che illuminava sufficientemente
per quel che doveva fare.
“Sono due giorni che aspetto di
vederti. Stavolta è andata, ma chissà quando
sarà la prossima...
così, siccome immagino che senza di me ti annoierai, sono
passato da
casa tua. Ti ho portato il game boy, alcuni fumetti e il mio Ipad.
C'è qualche film e ci sono anche – uhm –
alcuni episodi di
anime, forse.”, e così dicendo, posò
tutto sul comodino, sotto
gli occhi estasiati di Kirishima. Sapeva che nessuno avrebbe mai
pensato che Bakugou fosse il tipo di persona in grado di avere certe
premure per qualcun altro, così attento da dimostrare con
inaspettata attenzione e gentilezza quanto gli avesse pensato.
Eppure, lui era stato benedetto, per qualche ragione. L'unico a cui
era stato permesso di vedere Bakugou esporsi e quindi vulnerabile.
Non importava che fosse ruvido, confusionario e totalmente inabile ad
esprimere a parole certe emozioni. Erano i gesti ad avere voce e
Kirishima aveva orecchie per sentire.
“Grazie.”, soffiò,
evidentemente colpito e grato di quei pensieri. E l'altro, che doveva
chiaramente ristabilire l'ordine, sbuffò, ostentando il suo
essere
poco impressionato: “Prego. E ne avevi proprio bisogno, dato
che ti
riduci a guardare questi idioti che vendono cazzate in tv.”
Kirishima ridacchiò, prendendo l'ipad di Bakugou e
accendendolo,
mentre quest'ultimo scalciava via le scarpe senza slacciarsi le
stringhe e si arrampicava sul letto, sdraiandosi al suo fianco.
Entrambi ignorarono volutamente il fatto che quel materasso fosse da
una piazza e che fossero praticamente sovrapposti: stare vicini era
tutto, meno che un dispiacere.
“Mi dici di preciso cosa ti sei
fatto?”, chiese il biondo, le braccia conserte sul petto.
Kirishima, mentre se ne andava alla ricerca dei film che gli erano
stati promessi, sospirò e arricciò le labbra:
“Mi sono reso conto
che il mio quirk non mi rende completamente impenetrabile. C'era
questo tizio, che picchiava molto duro. Non so di preciso di che
quirk si trattasse, ma era come affrontare una mitragliatrice. Mi ha
colpito principalmente sull'addome, sul petto, in faccia e sulle
braccia, dato che mantenevo la posizione di difesa. Non riuscivo a
fare niente se non subire. Ho lividi un po' ovunque, ma il peggio
è
stato per il fianco sinistro. Recovery Girl ha parlato di
un'emorragia interna, ma – i dottori mi hanno operato e
l'hanno
bloccata. Poi lei mi ha curato ed è per questo che sto
già così
bene. Senza il suo quirk probabilmente sarei intubato in terapia
intensiva.”, spiegò brevemente Kirishima, senza
nessuna
particolare inclinazione nella voce.
Bakugou si prese qualche
istante per metabolizzare. Se questo tipo aveva ridotto in quelle
condizioni quel ragazzo, in grado perfino di tener testa alle sue
esplosioni, doveva essere davvero un carrarmato. Non aveva visto
Fatgum, ma aveva sentito vociferare che avesse perso quasi tutto il
grasso protettivo, in quella missione. Immaginava fosse per opera
dello stesso stronzo che aveva ridotto così il rosso. Come osava
far quasi morire Kirishima?
Bakugou deglutì, sospirò e si
sporse per frugare nello zaino che aveva abbandonato a terra. Prese
cinque piccoli pacchetti, e uno lo posò all'altezza dello
stomaco di
Kirishima. Il resto si aggiunse alla roba già presente sul
comodino.
“Ti ho portato anche dei Pocky* e dei mochi* da mangiare.
Chissà che schifo ti danno, in questo tugurio.”,
soffiò Bakugou,
evitando di proferire anche solo una parola sulla faccenda della
missione. Kirishima gliene fu grato e sorrise in modo raggiante,
lasciando un attimo l'ipad (aveva scelto Capitan America –
The
First Avenger, come film) per aprire la confezione di Pocky che gli
era stata offerta. Prese uno di quei bastoncini e lo offrì
al
ragazzo, che lo raccolse direttamente tra le labbra per cominciare a
sgranocchiarlo in modo distratto. Kirishima ne mangiò subito
due,
prendendone in mano un terzo.
“Sei un uomo da sposare, Bakugou
Katsuki.”, lo provocò, sforzandosi di rimanere
serio. La reazione
fu immediata: si sentì uno scoppiettio vago, prima della
voce del
biondo, che sbottò: “Se non fossi sicuro che
l'apprezzeresti, il
prossimo Pocky te lo infilerei nel culo, idiota. Smettila di dire
stronzate e premi play, forza.”
E Kirishima, ridacchiando,
obbedì.
La prima mezz'ora del film la passarono in silenzio,
mentre casualmente Bakugou
si era fatto un po' più piccolo e si era accoccolato su un
fianco,
la punta del naso che sfiorava di tanto in tanto l'orecchio
dell'altro. Entrambi in effetti erano sinceramente presi dalla
storia, ma questo non impediva a Kirishima di voltarsi di tanto in
tanto per stampare piccoli baci sulla fronte del biondo, mentre la
mano che non teneva l'ipad aveva trovato il suo posto sul fianco di
Bakugou. Questi, dal canto suo, si godeva il calore del corpo
dell'altro e delle coperte sotto cui si era infilato ad un certo
punto. Si godeva quelle tenerezze e come il tempo avesse costruito
due grandi parentesi in cui contenerli e dentro le quali proteggerli.
Là dentro nessuno avrebbe chiesto loro di essere qualcosa in
più di
due sedicenni che sgranocchiavano Pocky, guardavano Captain America e
si coccolavano reciprocamente in modo pigro. Era legittimo, quando
due o tre giorni prima avevi rischiato di morire.
“Steve Rogers
non ti ricorda un po' All Might?”, aveva chiesto ad un certo
punto
il rosso, guadagnandosi uno dei rari e sbilenchi sorrisi di Bakugou:
“Considerato quant'è vecchio questo film non so se
All Might lo
prenderebbe come un complimento. Però in effetti
sì: All Might fa
molto eroe classico vecchio stampo dei primi decenni del
2000.”,
concesse, senza guardarlo. Kirishima fece schioccare la lingua contro
al palato e mugugnò: “Non è che
quest'attore sia proprio da
buttare...”
Bakugou sbuffò una mezza risata, prendendo a
mangiucchiare un altro Pocky.
“Mi pare si chiami Chris Evans.
Perfino All Might si farebbe montare come un barattolo di panna da
lui.”
Kirishima ammiccò con le sopracciglia nonostante l'altro
ragazzo non potesse vederlo: “Oh, quindi... ti andrebbe di
essere
montato come un barattolo di panna? Non sono così biondo,
ma---”
“A parte che chi verrebbe sbattuto saresti tu, ma noto che
quel
tizio che ti ha picchiato non ti ha fatto diventare meno cretino.
Peccato.”, sospirò Bakugou, ignorando la risatina
giuliva di
Kirishima.
Calò il silenzio tra loro due per qualche altro
minuto, prima che fosse nuovamente il rosso a parlare. Stavolta,
tuttavia, era serio: “Grazie.”, soffiò,
abbassandosi sul volto
del biondo per avere un altro bacio. Stavolta fu più lento e
confortevole dell'altro, caldo e tranquillo. Bakugou infilò
il volto
nella nicchia tra il collo e la spalla di Kirishima e gli
legò un
braccio attorno alla vita, che strinse con fare protettivo. Era
quella, la sua risposta.
Solamente molto dopo, quando ormai i
titoli di coda del film scorrevano sullo schermo, Kirishima si sporse
nuovamente sul viso di Bakugou. Fu sorpreso nel trovarlo
addormentato, la linea dura dell'espressione che persisteva anche
durante il sonno. Era il respiro pesante e regolare, a tradirlo.
Il
ragazzo sorrise, spegnendo l'ipad e la televisione, che avevano
precedentemente lasciato muta. Una volta posato tutto quel che il
ragazzo gli aveva portato da casa, si infilò meglio sotto le
coperte, crogiolandosi nella stretta di Bakugou e nell'enorme fortuna
di averlo così, addormentato sulla sua spalla, evidentemente
vulnerabile e nonostante ciò deciso a tenersi il corpo del
compagno
stretto contro. Come se Kirishima se ne sarebbe mai potuto andare.
Quando la piccola luce da lettura fu spenta e l'oscurità
calò
su di loro, il rosso posò un bacio premuroso e tenero sulla
fronte
di Bakugou, attento a non svegliarlo. Anche lui chiuse gli occhi, e
non ci volle molto perché si addormentasse a sua volta.
Entrambi
sapevano che in quel momento potevano essere solo ragazzi che
vegliavano l'uno sull'altro, pronti ad accogliere le sfide del mondo.
Nessuno li avrebbe mai sconfitti.
Walking_Disaster's
corner:
*I pocky e i mochi sono
tipici snack giapponesi.
Storia
scritta per la Boku
no Hero Academia: Fanfiction Challenge! con il prompt
“dormire
nello stesso letto (senza fare sesso)”.
Diciamo che mi sono
molto lasciata prendere dall'ispirazione, per questa FF. E sono
piuttosto soddisfatta del prodotto finale. Scrivere finalmente di
loro due in questi termini così espliciti mi ha veramente
riempito
di soddisfazione.
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va!
Spero
vi sia piaciuta,
WD