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Autore: iamnotgoodwithnames    25/10/2017    1 recensioni
"Al cuore non si comanda, non c’ha mai creduto ai modi di dire, non li ha mai voluti prendere neppure in considerazione, assurde frasi dette, ripetute così tante volte, da così tante bocche diverse, da perdere significato; da diventare banali cliché.
Eppure, alla fine, c’è rimasto incastrato anche lui in uno stupido cliché.
Al cuore non si comanda, si ripete, cercando di perdersi nel buglio di sogni che non sono mai piacevoli, cercando di dimenticare che, suo malgrado, la sua intera vita, per colpa di due iridi d’un pungente azzurro cielo, è diventata un banalissimo, insopportabile, cliché."
[Theo x Liam][Introspettiva][Slow Build][Spoiler!6A][Slice Of Life][Missing Moments][OC][OFC x Greenberg / Mason x Corey]
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Corey, Liam, Liam Dunbar, Mason, Nuovo personaggio, Theo Raeken
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Moonbeams Bonds'
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~ Chapter Nine : Crawling Back To You ~


Dalla notte dell'incidente e dell'inaspettato incontro all'ospedale Esme continua a domandargli se quel ragazzo dagli occhi chiari e confusi fosse lo stesso di cui le aveva raccontato e perché non voglia rivederlo e Theo non sa neppure se volesse davvero lasciarlo, infondo da Beacon Hills non è riuscito ad andarsene, da quel branco che un tempo desiderava distruggere non è riuscito ad allontanarsi, forse voleva davvero incontrarlo ancora; magari in fugaci istanti inosservati.
Forse sperava davvero di poterlo rivedere, magari impegnato in qualche partita di lacrosse o dall’altro lato della strada, un incontro così effimero da durare il battito di ciglia; forse per questo era rimasto in una città che non gli serviva più, a cui non apparteneva e non era mai appartenuto davvero.
Ha così tante domande che cercare di rispondere a quelle di Esme è impossibile, è solo altra confusione, un ulteriore uragano d’emozioni che Theo non è abituato a gestire, a cui non sa come reagire, si chiude nel silenzio ed impegna la mente in ogni cosa che possa distrarlo da quelle iridi di cieli estivi che gli rubano il sonno.

La verità è che forse, una parte di sé, un istinto a cui non può ribellarsi, vorrebbe davvero sollevare quel dannato telefono e far quel che Esme, da giorni, gli suggerisce; contattare Liam.
Se sia la paura a bloccarlo o il rifiuto di una certezza, di essersi aggrappato ad un’illusione, Theo non saprebbe dirlo e respira nicotina, rigirandosi il cellulare tra le dita, maledicendo gli effetti della mutazione genetica che gli impediscono di alleggerirsi la mente bevendo litri di birra scadente


“Greenberg lo conosce – insiste Esme, che ormai da ore sta cercando di far parlare la chimera – giocavano a lacrosse insieme, cioè lui era una riserva, non credo stesse troppo simpatico al coach, comunque lo conosce, ha detto che gli sembra di ricordare si chiami Liam”


La chimera soffia nicotina al cielo, poggiando la nuca allo schienale del divano, cercando d’ignorare le parole che scivolano come torrente in piena dalle labbra della castana o la sgradevole capriola che il cuore ha deciso di compiere tra le costole, resta impassibile nascondendosi dietro il velo di grigio fumo


“o meglio così gli sembra, sai ho provato a descriverglielo e dice che gli ricorda un ragazzino che girava sempre intorno ad un certo McCall, non ho idea di chi sia, frequentavano alcuni corsi insieme, questo tipo, non il ragazzino, e Greenberg – una cascata di parole confusionarie che la chimera preferirebbe evitare – ad ogni modo, è il ragazzo di cui mi parlavi, questo Liam dico, è lui il ragazzo?”


È la decima volta che prova a chiederglielo ed è la decima volta che Theo grugnisce un "no" poco convincente, schivando senza neppure troppo impegno la conversazione


“oh andiamo – soffia un sorriso sottile Esme, strappandogli la sigaretta dalle labbra, infossando le ginocchia tra la logora stoffa del divano – se me lo dici giuro che smetto di infastidirti, giuro”


Marca la castana, inspirando nicotina, puntando le iridi nocciola al volto, plasmato da fittizia indifferenza e scetticismo, della chimera che scuote il capo, passandosi una mano tra i capelli


“dubito – trattiene il respiro Theo prima di riuscire a pronunciare quell’unica, singola, frase che forse riuscirà a liberarlo dalla tortura – sì, contenta adesso?”

“decisamente meglio”


Ridacchia soddisfatta Esme, stringendo le affusolate dita alla spalla della chimera, drizzando la schiena d’orgoglio


“dove lo tieni? – chiede, la sigaretta incastrata tra le carnose labbra, tastando le tasche dei jeans  scuri di Theo che arcua un sopracciglio – dai tirarlo fuori, ci serve”

“diretta – dopo ore di apatica indifferenza un sorriso sghembo è riuscita a strapparglielo, anche se Esme non ne coglie la causa – sei molto carina, ma non sono interessato”


Nel tono sarcastico la castana coglie l’ambiguità della frase da lei pronunciata e rotea lo sguardo al cielo, trattenendo una risata


“già, fossi stata diciamo un bel ragazzo di Beacon Hills, magari biondo con gli occhi azzurri, sarebbe stato meglio, vero?”


Ammicca cercando di scherzare, ma l’irrigidirsi della chimera le permette d'intuire che, forse, si è spinta troppo oltre, ha nuovamente parlato troppo, ha sempre avuto quest’insopportabile, a detta dei suoi fratelli, difetto di non pensare prima di aprire la bocca


“scusa – pigola, ritraendosi, gettando il mozzicone di sigaretta al suolo – è solo che…secondo me…insomma dovresti contattarlo, incontrarlo ecco”

“ottima idea, lo faccio subito”

“davvero?”

“no – sibila, sollevandosi rigidamente Theo – è un’idea stupida”


Esmeralda balza in piedi, la gonna floreale svolazza leggiadra ricadendole alle pallide cosce, cinge le braccia al minuto seno, mordicchiandosi il labbro inferiore


“nascondersi è un’idea del cazzo – esclama, cercando di soffiare via alcuni ciuffi che le coprono gli occhi – ignorarlo è un’idea del cazzo, non sono una stupida Theo, ho visto come vi guardavate, cazzo pure un cieco sarebbe stato in grado di notare la tensione, cioè magari non proprio, ma avrebbe sicuramente sentito l'elettricità statica che c'era tra di voi, mi si sono rizzati i capelli per quanta ce n’era”


Gesticola animatamente, un fiume di parole ne agitano rapide le labbra, punta l’indice alla sagoma della chimera che s’infossa nelle spalle, mascherandosi dietro un ghigno di sfacciata indifferenza


“e non puoi fingere di non averla notata, tu te ne sei andato, tu hai deciso di non vederlo più, la cazza l’hai fatta tu – puntualizza, enfatizzando quel tu con eccessiva veemenza – il minimo che lui può fare è essere incazzato con te, ma non potete continuare così, a che porta ignorarsi? Quindi adesso muovi quel grazioso culo che ti ritrovi e lo contatti! Chiamalo, mandagli un messaggio, una mail, un piccione viaggiatore, quel che ti pare, ma fallo, ora”


Conclude, lasciando ricadere pesantemente le braccia ai fianchi, assottigliando lo sguardo come farebbe una madre in procinto di punire il figlio per qualche idiozia commessa e, per un fugace istante, a Theo ricorda la sua, di madre, quella donna che era solita preparargli pancake ogni mattina, che lo sgridava quando tirava i capelli alla sorella e che, forse se fosse ancora viva, se fosse qui, probabilmente gli diriebbe qualcosa di simile, estremamente simile, a quello che Esme gli ha quasi urlato contro.
Inspira, socchiudendo gli occhi, infossando le mani nelle tasche dei jeans


“vedi cose che non esistono e non chiamerò nessuno, è una pessima idea”

“non sono pazza Theo, okay forse un po’, ma questa volta no, questa volta ho ragione – grida Esme, seguendolo sino alla porta della roulotte – e lo sai, smettila di essere così…così…spaventato”


Si ferma la chimera, la mano tesa a mezz’aria poggiata alla maniglia, si sbaglia, non è paura quella sente, non è il timore che gli impedisce di agire, Esmeralda si sbaglia.
È la consapevolezza, la certezza di non poter essere la persona che Liam meriterebbe, di aver commesso troppi, imperdonabili, errori.
Non c’è rimedio per i peccati del passato, non c’è soluzione per le colpe di cui si è macchiato e non può semplicemente chiedere al mannaro di accettare ogni singola macchiata di sangue di cui si è sporcato; non può fargli questo.
E' migliorato, non è più soltanto un'egoista che pretende ciò che vuole. 


“Theo – mormora la castana, poggiandogli una mano alla spalla – devi farlo anche, soprattutto, per te o vuoi vivere nel rimpianto chiedendoti cosa sarebbe successo se avessi provato a parargli?”


Non risponde la chimera, non c’è risposta che possa concederle, che possa darsi, sono così tanti i rimorsi che ha, può sopportarne altri; può riuscire a resistere ad ogni rimpianto, infondo vi è abituato.
Scrolla le spalle, è più facile fingersi indifferente senza il peso di iridi nocciola a studiarne ogni angolo del volto, stringe la maniglia svanendo oltre la porta della roulotte, Esme non lo seguirà, lo conosce abbastanza bene da sapere che ha bisogno di stare solo; per un po’.
 
 
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~

 
Liam ha cercato ogni scusa, alcune se l’è persino inventate, ha addirittura aiutato nelle faccende domestiche, pur di non pensare a quelle iridi glauche che credeva non avrebbe mai più rivisto.
Le aveva immaginate così tante volte, ogni singolo istante in cui chiudeva gli occhi, ogni notte, ma averle di nuovo così vicine, è stato strano, come elettricità statica, come fiamme a bruciare tra i succhi gastrici, a rendere instabile l’equilibro, a far vacillare ogni certezza, gli è bastato perdersi, per fugaci istanti, in quelle iridi di oceano per annegare, nuovamente, nei dubbi che si era convinto di poter respingere con ostentata indifferenza.

Nascondersi dietro muri silenziosi non funziona più, i tentativi di Mason, di cercare di farlo parlare, si sono fatti più insistenti da quella notte all’ospedale e Liam non riesce quasi più a respingerli, forzarsi al mutismo, dare la colpa agli allenamenti estivi di lacrosse, alla lontananza di Scott, al peso d’un branco che non sente di poter gestire non basta più; sono scuse che non hanno più senso.
Ne è consapevole Liam, lo legge negli sguardi titubanti dell’amico, nei messaggi che persino Corey ha cominciato a mandargli, e la rabbia è sempre più difficile da gestire.

La notte che è tornato dall’ospedale, dopo l’incontro inaspettato, ha quasi rischiato di distruggere il volante dell’auto, di frantumare il cellulare tra le dita, si è sfogato al cuscino e ne ha nascosti i resti spennacchiati sotto al letto, maledicendosi nell’istante successivo, rendendosi conto di doverlo sostituire con quello stesso cuscino su cui, per notti, aveva dormito Theo; ha ancora il suo odore impresso tra la stoffa.
Così intenso e fastidiosamente persistente che Liam, alla fine, si è costretto a comprarne un altro.

Ha passato le ultime ore a chiedersi se, forse, non sia giunto il momento di confessare tutta la verità, ogni singolo aspetto della scomoda verità, ad Hayden.
Si sta rigirando il cellulare tra le dita da così tanti minuti che i polpastrelli, ormai, sono appiattiti alla sagoma del telefono e lo schermo s’illumina ad intervalli, accecandolo all’improvviso, sospira di nuovo scorrendo l’indice tra i cristalli liquidi; ha bisogno di dirlo a qualcuno.
Di confessare quell’impellente necessità che ha sentito di colpire quel viso impassibile, colpevole di avergli fatto credere di essersene andato per sempre


 
“ho bisogno di parlarti – digita rapido, arruffandosi i capelli – disturbo?”


Aggiunge, un po’ per educazione ed un po’ per timore, ha bisogno di ordinare i pensieri, di dargli un senso, uno diverso che non siano occhi d’oceano imperscrutabili.
Inspira, stringendo il cellulare tra le dita, gettandosi al materasso a fissare il bianco soffitto, in attesa di una risposta, ma il telefono tace per minuti, tanto da far sospettare Liam che forse, le una di notte, non siano l’orario migliore per confessarsi; poi una lieve vibrazione lo fa ricredere.

Sblocca lo schermo con frenetica impazienza, affrettandosi a leggere la risposta di Hayden, preparandosi il lungo, quanto breve, discorso che ha, ma ciò che i suoi occhi notano non è quel che si aspettava.

Resta a fissare quelle parole, che lampeggiano tra i cristalli liquidi, per interminabili istanti in cui, persino il cuore, sembra essersi fermato e l’ossigeno si blocca tra i polmoni, il sangue congela nelle vene e poi un battito, un’ondata d’aria, fiamme sotto cute ed un intenso fastidio, persistente, come un macigno incastrato tra le corde vocali lo costringe a deglutire a vuoto; cercando di ricacciare nel fondo dello stomaco quel peso che ne intralcia la trachea.

Non ha mai cancellato quel numero, non c’è mai riuscito, ed ora si ritrova a fissarlo, lampeggiare chiaro in quel piccolo schermo che sembra essere divenuto ancora più minuscolo tra le dita tremule, di rabbia e stupore, del mannaro.
Le iridi azzurre ripercorrono quelle poche parole dalla prima all’ultima, persino all’incontrario, sono un’illusione?
E' la stanchezza accumulata dalle notti insonni che lo sta ingannando?
No, è reale, si convince sbattendo energicamente le palpebre.
È tutto vero.


 
“da Patsy’s alle nove, domani"


Conciso, chiaro, sbrigativo, perentorio; tipico di Theo si ritrova a sbuffare il mannaro, in un sorriso che non si accorge neppure di avere incastrato tra le labbra dischiuse.

Scuote il capo, nascondendolo nel tessuto del cuscino, e quella rabbia che con fatica sta cercando di gestire da giorni riemerge con violenza, gli artigli pizzicano sottocute e le zanne fremono, s’impone di respirare,
respiri profondi, resistendo alla tentazione di infrangere il cellulare alla parete di fronte a sé.

Ispira più volte, digitando parole confuse tra i cristalli liquidi, cancellandole e ripetendole, vorrebbe dirgli di no, vorrebbe rispondergli che qualsiasi cosa senta, proprio ora, il bisogno di dirgli è troppo tardi, può pure risparmiarsi la fatica, vorrebbe mandarlo a quel paese ed ignorarlo come lui è stato in grado di fare negli ultimi mesi; ma quello che le sue dita picchiettano allo schermo non è ciò che si era imposto di dire


 
“va bene”


Stenta persino a crederlo, le sue dita devono averlo tradito, non era questo ciò che voleva dirgli, la mente era stata chiara, gli aveva ordinato di mandarlo a quel paese ed ignorarlo; come sono riuscite le dita a ribellarsi?
Forse, si vede costretto ad ammettere Liam, semplicemente aspettava da troppi mesi il coraggio di poterlo rivedere, di urlargli contro tutta la rabbia che sente, di colpirlo sino a rompergli il setto nasale, di perdersi in quell’oceano d’acquamarina, di respirare quell’odore inconfondibile che solo la pelle di Theo possiede.

Stringe il cellulare tra le dita, gettandolo da qualche parte tra le lenzuola, non attende neppure una risposta che sa già non arriverà, si nasconde tra la federa del cuscino e si costringe a non pensare al sapore, ancora persistente tra i ricordi, di quelle labbra carnose e al calore, dannatamente intenso ed avvolgente, di quel corpo pressato contro il suo; a come poi fu tutto trascinato via dal vento e solo la brezza d’inizio primavera rimase ad insinuarsi tra le ossa di Liam ed il freddo fu tutto ciò che restò.
 



 
E dopo non so più neppure quanti giorni o, forse, addirittura mesi di assenza sono tornata a disturbare. 
Chiedo scusa per il ritardo, ma avevo una lieve crisi, chiamiamolo pure blocco (incolperò il finale di stagione e di tutto, per questo) e non riuscivo proprio a far uscire nulla di buono dal cervello, per lo più inutile, che mi ritrovo. 
Alla fine sono riuscita a buttare giù qualcosina, spero che possa essere quanto meno vagamente interessante
Probabilmente i personaggi stanno cominciando ad essere più OOC, ma necessità di trama. 
Ad ogni modo, come al solito, grazie mille a tutti coloro che hanno aggiunto tra seguire/preferite/ricordate la storia, ai silenziosi lettori e alle magnifiche recensioni; davvero grazie infinite. 
Come al solito critiche e commenti sono ben accette, tiratemi pure contro la frutta marcia se volete. 

Grazie ancora, 
alla prossima (spero di metterci meno tempo) 

 
 
 
   
 
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