POV AKITO
Per poco non mi è venuto un infarto! Non mi sarei mai aspettato di vederla correre al parco. Ha sempre odiato l’attività fisica, e a ragione, visto che è un’imbranata.
Mi dà un po’ fastidio che abbia invaso così questo mio spazio, certo non ha modo di saperlo che questo è il mio spazio visto che non ci vediamo da anni, ma diamine con tutti i parchi della città…probabilmente da domani andrò a correre in un’altra zona. Anzi Sicuramente.
Ovviamente non si è accorta di me con quella visiera così calata sugli occhi, e un po’ sono contento così posso osservarla quanto mi pare. Mi concedo di guardarla solo per oggi però, lo so che mi pentirò e che ne sarò torturato per chissà quanti giorni, ma che importa adesso?
Corro ad una certa distanza da lei la osservo: i suoi capelli rossi ondeggiano, è diventata più alta, ha le gambe lunghe e il sedere sodo. Attraverso i leggings posso persino vedere il muscolo della coscia che si contrae. Kami com’è bella nel corpo di una donna!
Dal vivo è ancora meglio che sui cartelloni, non che mi soffermi a guardarli di solito, ma a volte capita che mi sbattano davanti agli occhi inaspettatamente. Sembra che non voglia lasciarsi dimenticare, come se servissero i cartelloni…Devo distogliere lo sguardo o rischio che mi venga davvero un infarto.
Con enorme sforzo mi fermo e aspetto che vada oltre la curva. Ma non resisto per molto, il mio corpo è come chiamato dal suo e mi ritrovo a correrle ancora dietro. Solo per oggi, lo prometto.
Giro l’angolo e quella testona è sparita, si sarà persa. Imbocco un viottolo sperando di non ritrovarmela di fronte e il mio cuore ha un tuffo.
Prima che possa realizzare quello che sta succedendo passa qualche istante.
Sana è contro un albero, un uomo alle sue spalle la tiene il braccio intorno al collo, e sta cercando di divaricarle le gambe.
Sento la rabbia che mi scorre nelle vene e mi pulsa nelle tempie, non ho neanche il tempo di pensare che mi trovo a prendere a pugni il tizio costringendolo a scostarsi da lei. Il tizio incassa i miei colpi violenti, ma con mia sorpresa comincia a rispondere. Mi sferra un calcio al fianco e scappa via come un fulmine.
Sono tentato di seguirlo, ma ora devo pensare a Sana. È immobile ancora contro l’albero.
“Sana, è tutto finito” le dico,
da quanti anni non pronuncio il suo nome?
Le afferro piano le spalle costringendola a voltarsi, ho provato dolore nella mia vita, tanto. Ma il ferro rovente che mi sta bruciando le viscere è una tortura nuova.
Ha gli occhi sgranati pieni di puro terrore, si rannicchia contro l’albero alzando le mani per difendersi da me. Trema come una foglia e respira a fatica.
“Sana, sono io, mi riconosci?” dico con dolcezza.
Sana abbassa le mani, mi guarda un attimo prima di svenire.
Non posso fare altro, la prendo di peso e corro verso la macchina.
Mentre le allaccio la cintura, noto il segno rosso che ha sulla gola. Per questo non ha urlato, quel farabutto le ha dato un colpo alla trachea.
Stringo forte il manubrio mentre sfreccio verso l’ospedale più vicino, non credevo di poterlo fare, ma ora so che sarei in grado di uccidere.
Al pronto soccorso i dottori mi strappano via Sana dalle braccia, “ora ci pensiamo noi giovanotto” mi dicono chiudendomi la porta in faccia.
Rimango immobile pregando che si risvegli.