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Autore: Jenny of Oldstones    29/10/2017    1 recensioni
[...] In piedi vicino all'entrata e nascondendosi dalle ampie vetrate del locale, stettero un po' senza sapere bene cosa dire ( ammesso che ci fosse effettivamente bisogno di dire qualcosa ), fino a quando Iris non balbettò dei ringraziamenti: di nuovo per averla afferrata prima che cascasse e per la sciarpa, che si affrettò a sfilare in modo da restituirgliela.
Zsadist la prese, osservano il pezzo di stoffa, finché non la posò di nuovo sulle spalle delle ragazza, e per l'ennesima volta in quella strana serata, stupì lei e sé stesso.
« Dopo dovrai tornare alla macchina e prenderai freddo » si giustificò. « Tienila tu. Se ce ne sarà occasione me la restituirai. » E senza attendere una risposta, entrò nel pub.
Iris attese giusto qualche attimo, prima di entrare a sua volta: prima aveva voluto affondare il naso in quella particolare fragranza di tabacco, boschi e dopobarba che emanava la sciarpa, pensando all'ambra degli occhi del suo proprietario.
Genere: Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Profumo di dolci, Natale e di te

Profumo di dolci, Natale e di te

 

 


 

 

L'aria natalizia si respirava ovunque, tutti gli anni.
Le luminarie stavano appese tra un tetto e l'altro, sui balconi, addobbavano i grossi alberi, illuminavano il paese conferendo un'atmosfera magica.
Le ghirlande erano fissate su ogni porta, i vialetti delle villette erano perfettamente spalati e i giardini pieni zeppi di luci bianche o colorate.
I negozietti stavano aperti fino a tardi, musica natalizia risuonava per tutte le vie, cori di persone di ogni età intonavano canti popolari, chioschi all'aperto vendevano caramelle, canditi, dolciumi delle più svariate forme, perfino salumi, formaggi e frittelle dolci o salate; nell'aria aleggiava un piacevole profumo di calore, cibo e felicità.

Iris adorava il Natale, e adorava il suo paesello nel periodo di Natale, nonché le persone, i regali, gli addobbi, perfino la tradizione irrinunciabile di zia Diane di presenziare alla messa della Vigilia.
In realtà quell'anno, la sua euforia non era dovuta solamente alle festività: era un'allegria che le faceva nascere sorrisi dal nulla, che le faceva perdere lo sguardo nel vuoto, che le solleticava la pancia, il cuore e che le portava tanta energia e voglia di fare.
Infatti, nonostante fossero decisamente in ritardo con i preparativi, lei e Diane erano tutte prese da drappi e festoni colorati con i quali stavano riempiendo l'ampio salone di casa.

« E in cima la stella! A te l'onore, tesoro! » Proruppe Diane, porgendole una stella di cristallo.
Iris la prese, tutta emozionata, e sfilandosi le pantofole salì su una sedia e posò la stella in cima all'albero. Dopo essersi assicurata che non cadesse, scese dalla sedia ed accettò l'abbraccio di sua zia, tutta presa ad osservare il loro capolavoro.

« Adoro il Natale! » Esclamarono all'unisono.

Ci volle un po', ma quando finirono di addobbare Iris e sua zia si misero a chiacchierare amabilmente del più e del meno, mentre mettevano su il the. Stavano decidendo cosa preparare per il cenone di Natale, quando d'un tratto suonò il campanello.

« Dev'essere Lukas » disse Iris, avviandosi verso la porta. « Gli avevo promesso che gli avrei passato gli appunti di... » Ma si bloccò di colpo, una volta che si trovò davanti a un bell'uomo, alto e distinto, con una zazzera rossa, grandi occhi marroni e un mucchio di  lentiggini sparse su tutto il viso.

« Papà! »

 

*

 

« Zsad... » Un gemito strozzato echeggiò nel silenzio di una buia camera da letto, interrotto solo da sospiri languidi; era l'intenso segnale che decretava la fine di un passionale amplesso.

Zsadist uscì frettolosamente dal corpo di Kate, buttandosi di schiena sul materasso e accendendosi una sigaretta.
Lei, come di consueto, non si offese per l'indifferenza di Zsadist, né pretese le classiche coccole dopo sesso. Dopotutto, sapeva perfettamente che erano solo amici che cercavano una valvola di sfogo.

« Come mai oggi hai accettato di farlo qui? » Chiese Kate, incantata a guardare i ghirigori di fumo della sigaretta.

« Perché mi andava. »

Non era una bugia, ma nemmeno la verità: in realtà da quando Iris aveva messo piede nel suo rifugio, non riusciva a portarci Kate per fare quel tipo di cose, e dirla tutta, evitava di portarcela proprio.

«Ultimamente mi sembra che tu non sia del tutto sincero con me... che mi nascondi qualcosa. - Confessò Kate, con una punta d'incertezza nella voce.

Zsadist spense la sigaretta nel posacenere, si alzò dal letto mostrando il fisico nudo e statuario, e fece per vestirsi.
Anche Kate, si alzò incurante della sua nudità, e gli afferrò il polso mentre era intento a raccogliere i suoi pantaloni da terra.

« Lo so che non stiamo insieme, ma penso di essere una tua buona amica. Perché non ti confidi con me? »

Zsadist si scostò delicatamente e prese ad infilarsi i boxer e i pantaloni.

« Parlami » continuò. « ti posso consigliare. » Le sue parole suonavano come una supplica.

Zsadist terminò di vestirsi, chiuso nel suo ostinato mutismo; ma dopo un po' si sedette e scrocchiò le dita delle mani, vizio che aveva quand'era nervoso, e dopo un po' cominciò a parlare.

« C'è una ragazza. »

Kate chiuse gli occhi, sentendo l'ansia attanagliarle le membra.

Quello per Zsadist non era proprio amore: erano sempre stati solo loro due contro il resto del mondo, fino a quando crescendo non si erano aggiunti gli altri amici - amici che tutt'ora facevano parte del gruppo -, le varie scappatelle di lui e le storielle di lei.
Ma erano comunque solo loro, da tutta la vita. Lei si confidava solo con lui, e anche Zsadist, anche se poco in un modo tutto suo.
E crescendo avevano trovato nel sesso, nel rifugiarsi l'uno nelle braccia dell'altro, come una sorta di sfiatatoio, anche se entrambi tenevano ben lontani la fisicità e l'amicizia.

Quindi sì, lei era effettivamente gelosa, ma tra le sue maggiori preoccupazioni c'era quella di venire messa da parte dal suo migliore amico e rimanere con quello spazio vuoto nel cuore che - sapeva per certo -, nessuno avrebbe saputo riempire così bene come faceva Zsadist.

« Mhh... credo di sapere di chi stai parlando! » Esclamò fingendo allegria.

L'albino non si stupì più di tanto perché sapeva che Kate era in grado di capirlo più di chiunque altro al mondo, ma s'infastidì leggermente senza darlo a vedere, perché sebbene si trattasse di lei, lo seccava l'idea che fosse così evidente.

« Parliamo di Iris, giusto? Mi sembra una brava ragazza. » Disse Kate, osservandolo di sottecchi.

« È proprio per questo! » Sbottò Zsadist. « Se fosse una delle solite non mi sentirei minimamente in colpa nel farmi una scopata, sanno quello che cerco e il più delle volte lo cercano anche loro. Ma con lei è diverso! »
« Che cosa è diverso? » Domandò incuriosita e sì, anche preoccupata.
« Lei è... dolce. È delicata. Fin da subito l'ho vista come un qualcosa da proteggere, perfino da me stesso. Lo sai come sono quando ottengo qualcosa e poi mi stufo e me ne disfo. Ma con lei... il solo pensiero di essere la causa di una sua sofferenza mi fa stare davvero di merda. »

Sospirò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli di quell'insolito bianco.

« È diversa. » Ripeté. « Non mi è mai successa una cosa così. » Ammise subito dopo.

Kate si sedette affianco a lui sul letto sfatto e ancora tiepido, e gli prese il volto tra le mani, in modo da farsi guardare dritto negli occhi.

« Tu sei diverso. » Gli rivelò la rosa, marcando sul pronome. » Lo Zsadist che conoscevo se ne sarebbe sbattuto. Forse dovresti provare... » E si sentì ipocrita Kate, perché una piccola e infida parte di sé, sperava che si stufasse davvero e presto di Iris.

Zsadist non disse nulla, si limitò a staccarsi dall'amica, a salutarla con un cenno del capo e ad andarsene da casa della ragazza, che si rannicchiò sotto le coperte.
Il giovane tornò a casa, che distava davvero poco da quella di Kate, infatti non si era preso la briga di prendere l'auto.

Salutò la madre intenta a guardare una soap opera in televisione, circondata da bottiglie di birra. Cercò di non far caso alla donna e, passato da camera propria per prendersi un cambio, se ne andò in bagno per buttarsi sotto la doccia.
Sì insaponò e sciacquò frettolosamente, per poi uscire ed asciugarsi altrettanto di corsa.

La conversazione avuta con Kate l'aveva scombussolato.
Provarci?
Gli sembrava assurdo. Seppur piacevole.

Con i capelli ancora leggermente umidi, fece per uscire di casa.

« Zsadist. » Lo chiamò Mariah, sua madre. « Prendimi un pacchetto di sigarette. » Ordinò, con voce sbiascicante e arrochita.
Zsadist trafficò nelle tasche del giubbotto e posò un pacchetto dei suoi sul tavolino accanto al divano sul quale sua madre era comodamente stravaccata, e senza dire niente né ricevendo ringraziamenti, uscì di nuovo.  
Entrò in auto e andò al rifugio. Durante il tragitto ascoltò tre o quattro canzoni che passavano in radio a volume assordante. Tutto pur di non ascoltare i propri pensieri.

Una volta arrivato nel suo posticino, per poco non andava a sbattere contro un albero quando notò Iris seduta sulle scalette malandate che portavano nel piccolo portico della casupola, avvolta da una coperta azzurra, con un libro in mano e gli auricolari nelle orecchie.
Andò a parcheggiare sul retro, e scese con trepidazione.

Si sentì molto stupido.
Le mani avevano preso a sudargli e il suo battito cardiaco era aumentato già dal momento in cui l'aveva intravista.

C'erano un paio di scalette anche sul retro della casetta e le salì con un'unica falcata, con in testa l'obiettivo di rimanere a guardarla almeno un po', prima di uscire allo scoperto. Dalla sua posizione non riusciva a vedere granché, ma un sorriso intenerito non poté fare a meno di sorgergli sulle labbra quando vide Iris sbuffare mentre riportava una ciocca di capelli fiammeggianti dietro un orecchio ( e si domandò quante volte avesse ripetuto quel gesto per spazientirla in quel modo ). Il suo viso era contratto in un'adorabile smorfia corrucciata; sembrava che quello che stava leggendo l'innervosisse.
Si fece un sacco di domande in quei cinque minuti di breve osservazione: si chiese se era il tipo di persona che si emozionava quando leggeva o vedeva qualcosa di triste, se reggesse un libro con una mano mentre con l'altra si abbracciasse perché aveva freddo, se potesse desiderare che uno come lui la intrappolasse tra le braccia per poterla scaldare.
Troppe domande, troppi "se", ma Zsadist non pretendeva nessuna risposta; il solo vederla lì, a casa sua, magari proprio mentre lo stava aspettando, gli fece sentire un insolito calore nel petto.

Un calore che desiderò non l'abbandonasse mai.

 

*

 

Iris stava leggendo "Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban". O meglio, lo stava rileggendo per la centesima volta. Era arrivata al punto in cui Peter Minus veniva smascherato e si scopriva che i genitori di Harry li aveva condannati proprio lui, e non il ricercato Sirius Black.
Certamente sapeva come andavano gli avvenimenti, ma non poteva fare a meno di innervosirsi ogni volta che leggeva quei capitoli.
Nelle orecchie suonava "Let it Be" dei Beatles.
Era talmente concentrata che ci mise qualche istante a rendersi conto degli stivali neri che erano apparsi accanto a lei. E della persona che li calzava, d'altro canto.

Subito staccò gli auricolari dalle orecchie e si alzò di scatto, lasciando che la coperta scivolasse per terra.
« Zsadist! » Esclamò sorpresa.
« Proprio lui! » Scherzò l'albino.
« Sono mortificata, mi dispiace... A casa è un macello e non sapevo dove andare per starmene un po' da sola... »
Zsadist sorrise ancora mentre la sentiva balbettare delle scuse e la guardava torturarsi le mani, a testa china.
« Pare che sia arrivato nel momento sbagliato. Ti lascio le chiavi e vado a farmi un giro, se vuoi. » Le propose, porgendole le chiavi del rifugio.
« Assolutamente no! Sono io che dovrei andare... » e si chinò per infilare in fretta e furia la coperta e il libro nella grossa borsa. Se la caricò su una spalla e lo salutò, rossa di imbarazzo.

Zsadist ebbe un tuffo al cuore, appena la vide fare dei passi per allontanarsi da casa, da lui. Con appena due - tre falcate la raggiunse e la agguantò per un polso. Lei si girò verso di lui, con le labbra leggermente schiuse. E fu proprio lì che lo sguardo di Zsadist si posò. La gola gli si seccò e le parole gli morirono in bocca. Dentro di sé c'era un tumulto di emozioni, dovute anche alla conversazione con Kate: una parte l'intimava di provarci, di non fare il rammollito; un'altra invece lo faceva tirare indietro, perché non era proprio il caso di farle conoscere la merda che c'era nella sua vita.

E un'altra ancora avrebbe semplicemente desiderato di farsi guardare ancora da quei grandi occhi blu, di stringerle le mani bianche, delicate e fredde e di sentirla canticchiare sdraiati davanti al focolare.

Le lasciò immediatamente il braccio, infilando le mani nelle tasche della giacca e cercò di mettere su una frase di senso compiuto.
Che fare? Chiederle di non tornare più o invitarla dentro?
Fare finta di non averci mai parlato, ignorarla, oppure provare a instaurare un rapporto con lei?

« Iris... » cominciò. « Se vuoi vado a prendere qualcosa di caldo al bar e lo porto qui. Nel frattempo te ne stai dentro e ti accendo il fuoco, stai congelando. »
La ragazza parve un po' sorpresa dalla proposta, ma qualche secondo dopo le sue labbra si stirarono in un sorriso timido e felice ed accettò: "solo a patto che mi lasci pagare la mia parte".
Bisticciarono un po' a questo proposito, poi gli chiese di portale la sua solita cioccolata bollente in tazza grande con panna montata, scaglie di cocco e una spruzzata di cacao.
« Tempo di fare due passi verso il pick up e avrò già dimenticato tutto. » Borbottò Zsadist, grattandosi il mento.
Iris ridacchiò. « Basta che tu dica a Amy o a chiunque altro ci sia che vuoi una cioccolata calda per me, e ti serviranno subito la cosa giusta. »

Zsadist annuì e una volta entrati a casa accese frettolosamente il fuoco nel camino, che cominciò a scoppiettare allegramente.
Fece per uscire, salutando Iris, ma poi si voltò improvvisamente.

« Iris? »
Zsadist ghignò.
« Stavolta vedi di non giocare con il fiume ghiacciato, sei troppo pesante perché ti reg.. » Ma non poté finire la frase che dovette fuggire, perché Iris gli aveva tirato addosso un piccolo cuscino rosso, che andò contro la porta producendo un leggerissimo tonfo.

L'albino scoppiò a ridere e salì sul pick up.
Alla fine aveva deciso di stare insieme alla ragazza, di farla entrare nel suo rifugio un'altra volta, di farla entrare perfino nel suo cuore spinoso.

Guidò a cuor leggero, felice di poter passare qualche ora con lei.

 

*

 

« Jessie è incinta, Diane, e io voglio che lei e Iris leghino. Voglio portarla via da questo paesino sperduto. » Dichiarò Lex, il padre di Iris.
« E non pensi a Iris, non è vero?! Non pensi che lei sia più felice qui?! » Gridò Diane, con le guance rosse e le narici che si dilatavano come se fosse un toro sbuffante.
« Dovrà venire, volente o nolente. In città c'è una scuola perfetta che l'aiuterà ad entrare in università, dopodiché diventerà un'imprenditrice di successo e dirigerà l'azienda al posto mio... O almeno finché il figlio che aspetto da Jessie non sarà diventato grande abbastanza da dirigerla lui stesso. »
« Sei un egoista! non pensi a quello che desidera Iris! E dopo che tuo figlio sarà diventato grande hai anche intenzione di toglierle l'azienda! E Alex?! Lui l'hai dimenticato? »

Lex serrò le labbra così tanto che divennero due linee sottilissime, quasi inesistenti.

« Alexander ha dimostrato di avere una vena fin troppo ribelle per poter essere un uomo d'affari. E d'altro canto Iris è una donna, non verrà mai presa sul serio quanto un uomo. »

Diane spalancò la bocca, indignata. Livida di rabbia, si alzò di scatto dalla poltrona, rovesciando la tazza di the sul tavolino per il movimento brusco, e Lex si alzò a sua volta, fronteggiandola.

« Vai fuori da casa mia, Lex, non ti voglio mai più vedere. Sei stato una delusione per me, per la povera Katherine, lo sei stato per Alex, ora non ti lascerò rovinare anche Iris! Fuori! »

L'uomo sembrava quasi che stesse per protestare, ma poi si avviò a testa alta verso l'uscita, agguantando il cappotto dall'aspetto costoso e uscendo immediatamente, sbattendosi la porta dietro le spalle.

Diane pianse per il nervoso, crollando sulla poltrona e reggendosi il viso con le mani a coppa. Si asciugò gli occhi dopo poco, tossicchiò e cercò di darsi un contegno. Era decisa più che mai a proteggere la sua nipotina da quell'idiota del fratello, e l'avrebbe fatto a qualsiasi costo, con qualsiasi mezzo.
Non avrebbe lasciato che Iris perdesse quella dolcezza e freschezza che la contraddistingueva, non dopo che si era finalmente ripresa dal lutto della madre, non ora che aveva ripreso ad uscire e a divertirsi con gli amici, non ora che suonava e cantava e rideva, non ora che, anche se inconsapevolmente, aveva trovato l'amore.

 

*

 

« Ma dai! Ma è da bambini! » Proruppe Zsadist incredulo, sgranocchiando patatine nel mentre.
« Non è da bambini! La Disney è per qualsiasi età, e ti dirò di più: quando muore Mufasa, piango ancora. » Poi scoppiò a ridere, quando incrociò gli occhi strabuzzati del ragazzo.
« Questo è uno dei miei più grandi segreti, solo Simon lo sa! Quindi tu devi mantenerlo. »
Zsadist annuì, promettendole che non avrebbe aperto bocca. Poi però si rabbuiò, mentre Iris gli raccontava di quanto Simon la prendesse in giro ogni volta.

« Tu e questo... Simon. State insieme? » Domandò, quando Iris finì il discorso.
« Oh, no! » Esclamò la rossa, sorridendo. « Siamo un po' come fratello e sorella. Praticamente ci conosciamo da quando indossavamo i pannolini. »
Zsadist non poté fare a meno di sentirsi sollevato davanti a quella dichiarazione, ma tuttavia non si era scordato che, quella sera del BlackSnow, c'era qualcun altro del gruppo della ragazza che le aveva puntato gli occhi addosso.

« E che mi dici di quell'altro? Quello spilungone. »
« Michael? »
« No, lui mi piace, lo rispetto. E picchia bene. »
« Allora Lukas, per forza. E la violenza è sbagliata. »
« Suppongo di sì. » Disse Zsadist, ma senza specificare a quale affermazione della ragazza si riferisse. "Anche il nome è da finocchio", pensò Zsadist, ghignando.

Iris sospirò, spalmando la faccia sul materasso.

« Credo di piacergli, ed è un po' appiccicoso, diciamo. E fastidioso. Gli voglio bene ma, non penso che starei mai con lui. » Spiegò Iris.
Zsadist si irrigidì, e la rossa notò immediatamente la sua mascella serrata.

« Appiccicoso e fastidioso in che senso? » Le chiese.
« Beh, nulla di che. Tipo carezze a abbracci non richiesti, parole dolci e... » Ma venne interrotta dal cinguettio del cellulare, segno che le era arrivato un messaggio. Sbloccò il telefono e tirò giù la barra, leggendo il mittente e il messaggio.
« ...E messaggi dolci ma altrettanto indesiderati. » Concluse, mostrandogli il telefono.

"Sono stato felice di vederti, oggi, anche se per poco. Sei bellissima in azzurro, sai? Quando usciamo un po', io e te? Stavo pensando che potremmo andare a...". Il resto del messaggio non si leggeva, perché troppo lungo, e Iris non aveva voglia di visualizzarlo, ma ciò che Zsadist aveva letto gli era bastato e avanzato per fargli prudere le mani.
Sapeva perfettamente che non aveva alcun diritto di sentirsi geloso, ma non poteva fare a meno di provare quello spiacevole sentimento. E Dio solo sapeva quando avrebbe voluto spaccare la faccia a quel damerino.

« Non so proprio come dirgli che non fa per me. Mi dispiacerebbe ferirlo. » Asserì la ragazza.

Zsadist grugnì.

« Se non lo capisce con le buone, fammelo sapere. Glielo farò capire io che non c'è trippa per gatti. » Brontolò in tutta risposta.
Iris arrossì, ridendo leggermente, e poi gli rivolse uno sguardo dolce, inclinando la testa.
« Ti ripeto che la violenza è sbagliata. » Disse in tono carezzevole.
Zsadist desiderò baciare le sue belle labbra rosse e piene, ma non lo fece. Anche solo quella sua ultima affermazione gli faceva capire quanto diversi fossero. Lui affrontava le situazioni a suon di pugni, a lei bastava fare uno di quei suoi teneri sorrisi e chi avrebbe potuto dirle di no? Lui di certo non ce l'avrebbe fatta.

Sospirò rumorosamente e le prese una mano, carezzandone il dorso con il pollice. Lei ricambiò la stretta immediatamente, e posò la testa sulla spalla sinistra del ragazzo, che avvolse a sua volta le sue piccole spalle con un braccio.
Non sapevano come avessero fatto a ritrovarsi in quella situazione, ma poco importava. Stavano bene.

Stettero semplicemente in silenzio, abbracciati, mano nella mano a guardare le fiamme arancioni, ascoltando i crepitii del fuoco e i propri respiri, sentendo i loro profumi mischiarsi e aleggiare nell'ambiente finché Iris non sarebbe dovuta tornare a casa.
Ma anche se fuori il cielo era già buio, l'orologio segnava solo le cinque e mezzo del pomeriggio, ed in quel piccolo alone di calore e felicità, non dovevano ancora preoccuparsi di nulla.

 

 

 

Spazio Autrice:

ciao a tutti! Scusate il ritardo ma ho avuto qualche problemino che non starò a raccontare per annoiarvi.
Bene! In questo capitolo ci sono un po' di avvenimenti. Il papà di Iris, intenzionato a portarla via dal paesello e il suo avvicinamento con Zsadist. Il loro rapporto verrà stroncato sul nascere o zia Diane farà in modo di convincere Lex a lasciarle Iris?
Chissà!
Ringrazio come al solito tutti coloro che leggono "You Found Me" e dedico questo capitolo a Fanny93, come promesso.
Spero di non aver fatto troppi errori, nel caso segnalatemelo! Appena trovo un po' di tempo sistemerò qualcosina anche nei capitoli precedenti.
Buona serata a tutti e grazie per avermi letta fin qui.

Baci, Night :*

  
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