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Autore: Virtual Deliverance    30/10/2017    0 recensioni
Un reboot di Superhuman Samurai Syber Squad, dove Malcolm Frink è il personaggio principale e Sam Collins non esiste. E' ambientato in un momento del tempo tra gli anni 90 e il prossimo futuro, in un universo alternativo in cui la tecnologia informatica si è evoluta in modo diverso dal nostro. Tutti gli anacronismi e le differenze dal telefilm originale sono intenzionali.
Genere: Angst, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse | Avvertimenti: Violenza
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Ancora tre giorni. Il pensiero aveva fatto capolino nella mente di Malcolm appena si era svegliato.
Prese il telefono e guardò la data. Era il penultimo martedì di novembre, l'ultimo giorno di scuola prima della vacanza del Ringraziamento. Ma, cosa più importante, mancavano solo tre giorni al Black Friday. Tre giorni prima di andare al centro commerciale Creek Side a prendere il visore Visette Shell per cui aveva manipolato il concorso.
Mentre si alzava e si preparava per la scuola, ci stava ancora pensando. La realtà virtuale. Come sarebbe stata? Aveva letto le descrizioni tecniche, sapeva come funzionava un visore. Sapeva della stereoscopia, del campo visivo e della risoluzione, ma non ne aveva mai usato uno lui stesso. Poteva solo tentare di immaginare come sarebbe stato, mettere un dispositivo davanti ai suoi occhi e ricevere l'illusione di stare fisicamente in un ambiente generato al computer, ma finché non l'avesse provato, non c'era alcuna garanzia che ciò che immaginava fosse corretto.

Sembrava quasi irreale: tutto ciò che serviva era una breve camminata verso il centro commerciale. Entrare, farsi spazio attraverso la folla, prendere il premio. Forse avrebbe di nuovo incontrato Elizabeth. Avrebbero giocato insieme per un po'...

Fermò bruscamente il filo dei suoi pensieri. La domanda che gli sorse subito dopo fu "Perchè ho pensato a questo?" Poi riconobbe il tiro che il suo subconscio stava cercando di giocargli. Ottimismo mal riposto.
Sì, interagire con Elizabeth era stato divertente. Sì, sarebbe stato bello ripetere una tale esperienza. Tuttavia, l'incontro era stato un caso fortuito: la probabilità di essere nuovamente in un luogo particolare in un momento particolare con una persona particolare era così bassa, da dover essere ignorata. Immaginare un risultato improbabile, solo per stare male quando non si verifica, era la miglior ricetta per la delusione, soprattutto quando c'era la certezza di un risultato diverso ma ugualmente felice. E lui era certo che, prima della fine della settimana, avrebbe sperimentato la realtà virtuale.

La prima lezione della giornata era informatica pratica. Appena Malcolm girò l'angolo per entrare nel laboratorio di informatica, vide la maggior parte dei suoi compagni nel corridoio, in piedi intorno a qualcosa o qualcuno che lui non vedeva. Poco dopo, scoppiarono a ridere.
Malcolm si avvicinò, curioso di sapere cosa fosse così divertente. Davanti a loro c'era Daniel Miller, un suo compagno di classe, che faceva le imitazioni di alcuni insegnanti.

"Sono morti milioni di persone!" diceva Daniel Miller in una voce baritonale. "Lo trovi buffo?"
Daniel poi si spostò di un passo alla sua sinistra e parlò con un tono più alto. "Sì, da morire!"

Si spostò nuovamente a destra. "Vai fuori!" esclamò, di nuovo col tono baritonale, facendo un ampio gesto con la mano.
Gli altri iniziarono a ridere, ma si fermarono improvvisamente appena videro Malcolm. Daniel lo guardò imbarazzato.

"Continua" disse Malcolm. "Era piuttosto divertente."

Incoraggiato, Daniel continuò. "E questa è la professoressa Stone che spiega l'esercizio del giorno" disse. Poi, in un falsetto stridulo: "Allora adesso formattate il petaflop con il megahertz e caricate un array di blitter nel registro, poi aprite l'interrupt dell'accumulatore per deframmentare la GPU. Ma non sovrascrivete la porta cache quando salvate lo stack FIFO nel coprocessore, o il chipset esaurirà tutta la ROM!"

Malcolm rabbrividì per il miscuglio casuale di gergo informatico, ma riconobbe che, per chiunque non conoscesse i computer, la prof di informatica sembrava probabilmente parlare in quel modo.

Quando suonò la campanella, la professoressa Ada Stone raggiunse la classe e tutti entrarono. Daniel si avvicinò a Malcolm con noncuranza e disse: "Ehi, apri la finestra, lo sgomberonte monocruito ha stimbato il virlo!"
"Definisci le ultime sei parole" rispose Malcolm.
Daniel sospirò per la frustrazione. "Era uno scherzo! Avresti dovuto fare: Eh? E io ti avrei risposto: Puppa!"
Solo allora Malcolm rise. "Lo so! Adoro rovinare le battute vecchie!"
"Dannazione, Frink, non sei affatto divertente."
"Non è vero. Il mio concetto di umorismo è solo diverso dal tuo."
"Dimostralo" disse Daniel. Parlava a bassa voce, per assicurarsi che l'insegnante non lo sentisse. "Prova a fare uno scherzo alla prof."

Improvvisamente, a Malcolm venne un'idea irriverente. E ora, naturalmente, doveva provarla.

"Ne conosco uno che le farebbe fare la figura dell'idiota davanti a tutta la classe", rispose, "ma se lo facessi io, sospetterebbe che c'è qualcosa sotto. Non sarebbe il mio comportamento abituale."
"Okay, dimmelo. Se è bello, lo farò io."

Malcolm sussurrò qualcosa nell'orecchio di Daniel. Subito dopo, Daniel rise. "Allora mi sbagliavo" aggiunse. "Ce l'hai, il senso dell'umorismo!"

Tutti si sedettero ai banchi, in gruppi come al solito. Malcolm si sedette di nuovo con Yoli e accese il computer portatile, lasciando a lei il computer sul banco.

La professoressa accese il proiettore. "L'esercizio di oggi introdurrà un concetto fondamentale della programmazione strutturata" disse. "Ma prima, avete capito tutto quello che ho spiegato l'ultima volta?"
Dal banco dietro a quello di Malcolm, Daniel alzò la mano.
"Cosa c'è?" disse l'insegnante.
"Professoressa Stone" cominciò Daniel, "mi punirebbe per qualcosa che non ho fatto?"

Malcolm ridacchiò in attesa di quello che stava per accadere.

La risposta dell'insegnante fu istintiva. "Se è qualcosa che avresti dovuto fare, allora assolutamente sì!"
Daniel aveva appena aperto la bocca per la sorpresa, quando la Stone aggiunse: "Non hai fatto i compiti, vero?"

Malcolm abbassò la testa, cercando di trattenere le risate. Dietro di lui, Daniel stava passando da una tonalità di rosso all'altra.

"In realtà, li ho fatti" disse infine Daniel, mestamente. "Stavo cercando di farle uno scherzo, e... non è finito come previsto."
"Ti credi così originale" rispose la prof. "Quella battuta era già vecchia quando i miei professori erano studenti! Ora fai silenzio e segui la lezione."

Daniel toccò la spalla di Malcolm. "Frink! Non doveva andare così!"
Malcolm si voltò. "Pensavo ci sarebbe cascata" mentì. "Quando me l'ha raccontato mio nonno, sembrava così divertente."

Tutto era accaduto esattamente come previsto.

L'insegnante cominciò un lungo discorso sui diversi tipi di cicli in Pascal, e, come Malcolm si aspettava, non fece alcuna menzione dell'istruzione Goto. Subito dopo, presentò l'esercizio del giorno: scrivere un programma per visualizzare i primi n numeri della sequenza di Fibonacci, dove n era un parametro definito dall'utente.

Yoli accese il computer sul banco. "Mi aiuterai?" chiese.
"Sì" rispose Malcolm. "Dammi solo un secondo, ho un'idea che voglio testare. Puoi iniziare a scrivere l'intestazione."

Malcolm aprì il suo editor di testo sul computer e attivò l'applicazione cronometro sul cellulare. Iniziò a scrivere codice, ed esattamente tre minuti e venticinque secondi dopo, il programma veniva eseguito correttamente. Fermò il cronometro.

"Che cosa hai fatto?" chiese Yoli.
"L'intero esercizio" rispose Malcolm. "Ora hai la mia completa attenzione. Vediamo cos'hai fatto."

Yoli aveva dato il nome al programma, dichiarato alcune variabili e iniziato a scrivere codice, fino al punto in cui la prima variabile veniva inizializzata a 0, la seconda a 1 e il loro valore sommato.

"Finora, tutto bene", disse Malcolm. "Adesso, che faresti?"
"Userei un if" rispose Yoli. "Se il programma ha calcolato il numero di valori richiesto, si arresta, altrimenti torna all'inizio."
"Okay... e come lo rimanderesti all'inizio?"

Yoli esitò. "E' questo, che non capisco. Come... funzionano, i cicli?"

Malcolm inspirò. "Allora. Il ciclo while è molto simile a un if. Controlla la condizione, e se è vera, esegue le istruzioni all'interno. Altrimenti, le salta. Solo che, quando raggiunge la fine, torna automaticamente all'inizio. Il ciclo repeat/until è come una barriera. Esegue le istruzioni, quindi controlla la condizione. Se è vera, il programma continua. Se è falsa, il programma è intrappolato nel ciclo finché non diventa vera. E il ciclo for... si limita a ripetere le istruzioni per un numero prestabilito di volte."

Yoli spalancò gli occhi. "Tutto qui?"
"Praticamente sì."
"Perché sembra così semplice, quando lo spieghi tu?"

"Perché è veramente così semplice. E' la prof che lo fa sembrare complicato. Quindi quale struttura useresti?"

"For" disse Yoli un paio di secondi più tardi. "Per contare le ripetizioni e fermarsi al momento giusto."
"Sì!"
"Lascia provare me, allora."

Malcolm si rilassò sulla sedia e si mise a guardare Yoli che scriveva il suo programma. L'inesperienza la rendeva più lenta di lui, ma sapeva cosa stava facendo. A volte si fermava per pensare a cosa fare dopo, e sorrideva soddisfatta quando trovava la risposta giusta.
La compilazione del programma non restituì alcun errore. Yoli lo lanciò e vide che funzionava correttamente.
"Ottimo" disse Malcolm, e diede una leggera pacca alla mano di Yoli in segno di approvazione. Una parte di lui si aspettava di vederla indietreggiare, e un'altra sperava che non lo facesse. Per un momento, rimase genuinamente sorpreso quando lei rimase lì. "Hai assimilato il concetto, e hai anche scoperto l'algoritmo corretto da sola!" concluse.
"E' finito? Possiamo condividerlo?" chiese Yoli.
"Assolutamente si."

Mentre Yoli copiava i file del programma, Malcolm aprì un nuovo file di testo sul suo portatile e iniziò a scrivere. Intorno a loro, molti degli altri studenti stavano ancora lavorando.
Con niente da fare, Yoli cominciò a leggere il suo libro di testo. Pochi minuti dopo, lo mise da parte e guardò che cosa faceva Malcolm. Stava scrivendo un lungo testo, non un programma. Gli si avvicinò e lesse il paragrafo che stava scrivendo:

Nel dominio digitale non esiste alcun mouse, tastiera o joypad, per cui ogni potere deve essere attivato da un gesto o una sequenza di gesti. Il potere principale è il volo, che può essere attivato prima inginocchiandosi e poi saltando in alto per un decollo esplosivo, oppure facendo un piccolo salto ed estendendo le braccia verso l'alto per una levitazione più lenta.
Le scariche di plasma possono fornire una distruzione precisa e localizzata, e possono essere attivate estendendo il braccio destro e...

"Cosa scrivi di bello?" chiese improvvisamente Yoli.
Malcolm trasalì. "No!" esclamò, e chiuse di riflesso il suo computer portatile.
"Frink! Impara a lavorare insieme alla tua compagna!" intervenne l'insegnante.
"Sì, professoressa" rispose automaticamente Malcolm.

Ora Yoli si era allontanata. Malcolm la guardò e si rammaricò per la sua impulsività.
"Mi... mi dispiace per la mia reazione. Tendo a fare così quando sono concentrato" disse. "Sto scrivendo tutte le idee che mi vengono per... giochi virtuali che mi piacerebbe creare, perché venerdì prossimo mi arriverà un visore per la realtà virtuale."
Yoli era ancora perplessa. Pochi secondi più tardi, Malcolm aggiunse: "Potrei fartelo provare, una volta o l'altra. Se vuoi."
Yoli inclinò la testa. "Va bene."
"E quando vedi che la mia attenzione è da qualche altra parte... per favore, cerca di essere più delicata" concluse lui. "Non voglio spaventarti con le mie reazioni."

Nel frattempo, la professoressa aveva iniziato a valutare i lavori che erano già stati condivisi. "Tempo scaduto!" esclamò. "Salvate e copiate nella vostra directory condivisa tutto quello che avete fatto."
Attese gli esercizi mancanti, poi si avvicinò al gruppo di Daniel. "Miller, vergogna" disse. "E non accusare il tuo compagno, lo so che è opera tua."
"Cosa?"
"Lo sai. Che cos'hai scritto nel sorgente?"
"Ma io non ho scritto nie... oh porco..." Improvvisamente imbarazzato, Daniel si coprì il viso con le mani.
"Sì. Esattamente."

Tornata alla cattedra, l'insegnante raggiunse la directory condivisa di Daniel. "Ed ecco un esempio di nome da non dare mai a un programma."
Il codice sorgente di Daniel apparve sullo schermo del proiettore, visibile a tutti. Sulla prima riga c'era scritto:

program fibonacciporco;

Dalla classe si levò una risata collettiva.
"Inizio sempre con nomi così, poi li cambio" disse Daniel. "Questo deve essermi... sfuggito."
"A voi due metterò una D, non una F, solo perché il programma funziona" rispose la professoressa. Poi mostrò la soluzione corretta dell'esercizio, dando una prolissa spiegazione su come e perché si doveva fare in quel modo. Malcolm aveva ripreso a scrivere, smettendo di prestare attenzione a ciò che sapeva già dalla scuola elementare.
Quando l'insegnante chiese se c'erano domande, Malcolm salvò il suo file di testo con il nome specs.txt, alzò la mano e chiese: "Posso andare ai servizi?"

La professoressa Stone gli gettò un'occhiataccia. "Oh perbacco, non lo so! Puoi?" gli disse, con un tono che tradiva la sua rabbia.
"Oh perdincibaccolina" rispose lui in un tono da presa in giro, esagerando i suoi gesti. "Non lo so ancora, ma ora eseguirò un esperimento!"
Senza altro clamore, Malcolm si alzò e uscì dalla classe.

Pochi minuti dopo, era tornato. "Ho scoperto che posso!" esclamò, con un'aria da sbruffone. Proprio mentre terminava la frase, notò che l'insegnante non era più lì.
Sentì un sibilo dall'interfono, e poi, la voce del preside annunciò:
"Lo studente Malcolm Frink è pregato di presentarsi immediatamente in presidenza."
Il volto di Malcolm perse colore. In quel momento, seppe di aver esagerato. Uscì nuovamente dalla classe, mentre gli prendeva un leggero capogiro.

La porta della presidenza era aperta. "Entra" disse il preside Pratchert.
Malcolm lo fece. Il preside era dall'altra parte della stanza, seduto alla sua scrivania. La professoressa Stone era in piedi accanto a lui.
"Siediti", disse il preside, indicando una sedia dall'altra parte della scrivania. Malcolm obbedì.

"Che cos'hai fatto?" chiese il preside.
"Ho motivo di credere che lei lo sappia già" rispose Malcolm.
"Voglio sentirlo da te."
"Va bene. Ho lasciato la classe senza l'autorizzazione necessaria."

Il preside scosse la testa. "Tu esprimi ostilità verso la professoressa Stone da quando sei in questa scuola", disse. "Sai che c'è un codice di comportamento, vero? Anche se odi i computer, non puoi disturbare la lezione per tutti gli altri."

Malcolm si alzò di scatto dalla sedia. "Cosa?! No, ha equivocato completamente! Io adoro i computer!" esclamò.
"Allora... perché, Frink?" chiese il preside. "Dovresti essere il primo della classe."
"Lo sono!" rispose Malcolm. "Guardi i miei voti!"
Il principale annuì. "E' quello che non capisco: dimostri di capire perfettamente i concetti, ma mostri costantemente mancanza di rispetto verso la materia e verso l'insegnante".

Malcolm guardò il preside dritto negli occhi. "Posso parlare francamente?"
"Ma certo."

Si sedette di nuovo. "Mio padre è un ingegnere informatico" iniziò. "Sono sempre stato circondato dai computer. Per me, usare un computer è naturale come respirare. Io sono affamato di conoscenza, ma tutto ciò che mi viene dato sono cose che conosco da un'eternità! Le cose che spiega la professoressa Stone, io le ho imparate da solo dieci anni fa. Osservavo mio padre che lavorava al computer, gli facevo domande, e le sue risposte avevano intuitivamente senso! Tutto combaciava, ed era così semplice!"

"Allora, perché ti comporti male?"

"Il mio cervello brama la stimolazione, la voglio disperatamente, ma le lezioni della professoressa Stone sono tutto l'opposto. Spiega i concetti più semplici, che anche un bambino di prima elementare capirebbe, come se fossero supercomplessi, come se dovessimo in qualche modo essere in debito verso di lei, per il privilegio di ricevere un frammento di conoscenza arcana dalla maestà del suo trono celestiale!"

L'insegnante intervenne. "Devo spiegare così. Devo assicurarmi che anche chi non ha mai visto un computer capisca quello che insegno."
"Ma non funziona neanche questo, non se ne accorge?" rispose Malcolm. "Yoli è intelligente, ma le manca esperienza con i computer. Quando ascolta le sue spiegazioni, non le capisce affatto. Poi fa domande a me, io spiego gli stessi concetti in pochi secondi, e allora lei capisce, perché il metodo della scuola non stimola le menti degli studenti. E' per quello che mi comporto così, capisce? Per stimolarmi! Solo una volta, durante una sua lezione, mi sono sentito stimolato a sufficienza. Sa quando? Quando mi ha dato un programma da scrivere per punizione."
"Non saresti dovuto essere in grado di scriverlo. Mi aspettavo che fallissi, così ti avrei dato una F" rispose la professoressa.
"Lo vede? E' proprio per questo che le sue lezioni non sono adatte a me!"

Il preside prese la parola. "Sono solo poche ore, puoi stimolarti a casa. Tutti i tuoi compagni di classe le sopportano, perché tu no?"
Malcolm scuoteva la testa mentre il preside parlava. "Io non sono come loro" disse poi. "E non sono poche ore, è un giorno dopo l'altro, dopo l'altro ancora. Se io fossi un qualsiasi altro studente, e mi lamentassi che un insegnante vuole farmi cantare ripetutamente la canzone dell'alfabeto, mi direbbe la stessa cosa? "

"Le lezioni di informatica sono parte del programma. La canzone dell'alfabeto no."
"L'obiettivo dichiarato delle lezioni di informatica è rendere le persone esperte di computer, è così?"
"Sì, e allora?"
"Allora sono completi fallimenti! Sembrano sforzi deliberati per far sì che chi è già esperto di computer, come me, inizi a odiarli! Ma io non voglio odiarli, non voglio che la scuola uccida la mia passione, voglio che venga nutrita e possa crescere! E' quello che voglio fare per vivere!"
"Non posso mandarti a casa per due ore solo perché non ti piace come un'insegnante spiega la materia."

Malcolm fece un respiro profondo. "Signor Pratchert, non voglio essere mandato a casa. Voglio fare qualcosa di più avanzato."
"Come per esempio?"
"Dalla prima lezione con la professoressa Stone, avrei voluto una classe in cui poter imparare la scienza informatica a livello universitario. Di sicuro ci saranno altri come me in questa scuola!
Oppure potrebbe farmi lavorare come assistente di laboratorio! Oppure... ecco un'idea di cui potrebbero beneficiare anche gli altri. Quanti studenti vanno male di informatica?"

La professoressa si voltò verso Malcolm. "Più di quanti ne vorrei."
"Più di quanti ne vorrebbe" ripetè Malcolm. "Allora... signor preside, perché non avviare un corso di recupero di informatica, con me come insegnante? Anche sua figlia dice che ho talento nell'insegnare!"
"Puoi dimostrare di essere in grado di farlo?"

"Mi metta alla prova! Prepari una sfida, un problema che dovrò risolvere. E se ci riesco..."

Il preside rimase pensieroso per un paio di secondi. "Sì, potrei organizzare un test" disse poi. "Ma ho bisogno di una promessa. Da ora in poi, il tuo comportamento con la professoressa Stone deve essere assolutamente impeccabile."
"In realtà, sono sempre stato riluttante a fare promesse, perché..."
"Prometti. O non se ne fa nulla."

Malcolm sospirò. "Lo prometto, allora." disse infine. Dopodiché, venne rimandato in classe.

  
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