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Autore: Alley    31/10/2017    2 recensioni
[a Maddalena, per il suo compleanno]
Tutt’a un tratto, gli occhi del Corvo si spalancano; lo sguardo vitreo è una finestra su un futuro destinato a diventare presto presente.
“Stanno arrivando.”

Grande Inverno crolla sotto i colpi degli Estranei. L’Inverno, però, non durerà per sempre.
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Maddalena.
Per farle tanti auguri e perchè il buono che ho saputo trarre dall'ultima stagione è anche merito suo.

















Tutt’a un tratto, gli occhi del Corvo si spalancano; lo sguardo vitreo è una finestra su un futuro destinato a diventare presto presente.

“Stanno arrivando.”

*

Per qualche motivo, Jaime si ritrova spesso a varcare la soglia di Grande Inverno per osservare i draghi stanziati oltre le mura.

Era convinto che la loro sola vista sarebbe bastata a procurargli un profondo rifiuto e invece, contro ogni previsione, scopre nelle creature qualcosa capace di attirare il suo sguardo.

Non si tratta di fascino né di soggezione; è, piuttosto, qualcosa che ha a che vedere con il suo passato, con il filo sottile ma indistruttibile che lo tiene indissolubilmente legato al presente.

“Stanno per arrivare.”

Jaime lascia cadere il monito nel vuoto. I suoi occhi restano fissi sugli enormi animali alati. Le loro scaglie sono imbiancate dalla neve. “Devi averli visti bruciare centinaia di uomini.”

Di sottecchi, scorge le labbra di Tyrion stirarsi in una specie di smorfia. Anche lui li sta guardando. “Molti di meno.”

“Sicuro?” Jaime cerca di tenere a bada il rancore, di impedirgli di svelare quanto male Tyrion sia riuscito a fargli. “Da sole, le perdite nel nostro esercito hanno sfiorato le tre cifre.”

“Mi dispiace.”

“Allora avresti potuto dissuaderla.”

“Hai mandato all’aria tutti i piani con cui ho provato a farlo” ribatte Tyrion tranquillo “E, comunque, non è per quello che mi dispiace.”

Uno dei draghi ringhia, un suono alto e animalesco che si propaga nell’aria con la violenza di un boato.

“E per cosa?”

“Per come deve averti fatto sentire. Essere lì senza poter fare nulla.”

È una manciata di sale gettata sulla ferita riaperta dallo scontro con la madre dei draghi - Jaime la sente bruciare con la stessa intensità con cui ha fatto sul campo di battaglia, mentre riviveva ad occhi aperti l’incubo che tormenta il suo sonno ogni notte.

“Non sai niente di come mi ha fatto sentire” sputa tra i denti e, questa volta, non può impedire alla rabbia di esplodere nella sua voce.

“Hai ragione.” Tyrion si volta nella sua direzione, ma incontra solo il suo profilo; Jaime continua a guardare ostinatamente dritto di fronte a sé. “Ma avrei dato qualsiasi cosa per risparmiartelo.”

*

“Va’ a Sud.” Arya formula l’esortazione mentre ripone Ago nel fodero, gli occhi bassi e il tono secco che si conferisce agli ordini. “L’avanzata degli Estranei è lenta e la freneremo ulteriormente quando attaccheranno il castello. Ci sarà il tempo di fabbricare altre spade prima che arrivino.”

“Sono qui per combattere, non per fabbricare spade.” Non si aspettava una risposta diversa da quella – maledetto toro testardo. “Ad Approdo del Re ci sono già tutti i fabbri che occorrono.”

“Il tuo stupido martello non è di acciaio di Valyria” dice piccata, con un cenno all’arma che Gendry tiene ancora tra le mani. “Non può ucciderli.”

“Ma può fargli male.” Gendry fa un passo verso di lei, guardandola di sbieco. “Bada a come parli del mio martello.”

“Ci tieni così tanto a morire?”

“E tu ci tieni così tanto ad allontanarmi?”

“Non mi sembra che provare a trattenerti abbia mai sortito qualche effetto.”

“Quindi è questo? Ce l’hai ancora con me?”

Le voci s’alzano e si scontrano, come i colpi che si sono scambiati fino a poco prima.

“Ce l’avrò sempre con te---”

“So che ho sbagliato ad andarmene ed è per questo che---”

Alla fine, si sovrappongono, in un incrocio di confessioni troppo grandi per essere rivestite da semplici sussurri.

“---ma voglio che resti in vita!”

“---non ti lascerò un’altra volta!”

Insieme, si spengono. Dopo un lungo istante tornano a levarsi, rompendo all’unisono il silenzio denso piombato a rimpiazzarle.

“Arya---”

“Gendry---”

Tacciano di nuovo, schiacciate dall’impaccio, dal peso di paure che ostruiscono la gola.

“Okay” dice Gendry alla fine “Comincia tu.”

Arya tira un respiro prima di prendere la parola. “Grande Inverno è casa mia e ho il compito di difenderla.” Costi quel che costi. “Per te è diverso. Non hai nessun motivo per restare.”

“Ti sbagli.” Gendry la guarda, fisso, e Arya sente il cuore spaccarsi quando legge la risposta nei suoi occhi. “Ce l’ho.”

*

“Come stai?”

Dall'arrivo a Grande Inverno, Jaime ha ricevuto soltanto occhiate diffidenti ed insulti mormorati a mezza bocca. Se non gli sono stati rivolti direttamente, è solo perché è il fratello del consigliere di quella regina che il Nord ha accettato di servire.

Non che abbia mai conosciuto un trattamento diverso da quello, nel corso della sua vita.

Quando si è abituati al disprezzo, ci si corazza a tal punto da non lasciar penetrare nemmeno la gentilezza. “Lady Sansa ti ha concesso il permesso di parlarmi?”

Jaime sa che il colpo è destinato a non andare a bersaglio: Brienne non si è mai lasciata toccare dall’arroganza di cui riveste le sue debolezze.

“Lady Sansa ha da badare a cose più importanti delle persone a cui rivolgo la parola.”

“Commissionare il mio omicidio, ad esempio.” Sono parole più vere di quanto il suo tono lasci credere.

“Organizzare le difese in vista dell’arrivo dei Non Morti” replica seria Brienne “Non ha intenzione di ucciderti.”

“Ne avrebbe tutto il diritto.” Ormai, la morsa del senso di colpa è talmente familiare che Jaime riesce a stento a distinguerla. “Sai cosa ho fatto a suo fratello.”

Non sa se sia suonata come un’affermazione o una domanda; in compenso, sa che Brienne ha colto il senso che vi si cela dietro. “È stato molto tempo fa.”

Le parole gli affiorano spontanee alle labbra. “Prima di conoscerti.” È più di una semplice constatazione. Da come Brienne lo fissa, capisce che anche lei ne è consapevole. “Il tempo non ha restituito a Bran Stark l’uso delle gambe.”

Negli occhi di Brienne non c’è indulgenza né condanna – lo guardano e basta, senza giudicarlo, come Jaime ha sempre voluto che il mondo facesse. “Un errore non si paga per sempre.”

*

Tyrion guarda Sansa e rammenta il tempo condiviso con lei a Castiel Granito, i ricordi pervasi di una nostalgia pungente, dolorosa.

Non è rimasto nulla di quei giorni lontani, né di quella ragazzina spaurita bisognosa di protezione. L’istinto di tenerla al sicuro, però, è qualcosa che gli anni non hanno intaccato. 

“Dovresti andare a Sud, mia signora.”

Solleva il capo, Sansa, la fierezza indomita dei lupi incastonata nelle iridi di ghiaccio. “Sono Sansa Stark di Grande Inverno” scandisce, la sua voce un blocco di marmo privo di scanalature “Non lascerò la mia casa fino a quando sarà in piedi.”

Tyrion scoppia d’orgoglio davanti alla donna che è diventata.

*

Al termine dell’addestramento, il gruppo di uomini si dirada fino a lasciare sgombero il cortile. In vista dell’imminente arrivo dei Non Morti, a Brienne è stato impartito l’ordine di intensificare le sedute. Sono ogni giorno più serrate e più dure, ma Jaime sa che non basteranno a prepararli a ciò che li attende.

“Resti al Nord?”

Brienne ripone Giuramento nel fodero appeso all’armatura. “Lady Sansa non ha intenzione di partire” spiega “Ho fatto un giuramento. Continuerò ad onorarlo.”

“Anche quando sarà tutto finito?”

Non mette in dubbio che ci sia un dopo ad aspettarli: i se sono intralci da bandire prima della battaglia, zavorre di cui disfarsi.

“Fino a quando ne avrò la possibilità.” Nel silenzio intessuto di gelo, Jaime può sentire risuonare la domanda prima ancora che le venga data voce. “E tu? Cosa farai dopo?”

In risposta, Jaime si limita a distogliere lo sguardo.

Il suo dopo, per adesso, è una voragine in cui ha paura di precipitare.

*

“È stata Olenna ad avvelenare Joffrey.” Gli occhi di Tyrion si allargano davanti alla rivelazione. “Me lo ha confessato prima di morire.” Quando Jaime gli si avvicina, si accorge del velo di lacrime che li inumidisce.

“Riguardo a nostro padre.” Jaime si ferma, respira. Nella sua bocca, le parole sono pesanti come piombo. “Avresti potuto andartene senza ucciderlo--”

“Jaime---”

“--e lui avrebbe potuto giudicarti per le tue azioni e non per quello che sei. Entrambi avete deciso diversamente.”

Ha considerato l’idea di restare aggrappato al rancore, di trincerarvisi dietro come fosse uno scudo, ma, quando si è trattato di scegliere, la possibilità di andare a morire senza riabbracciare l’unica persona che per lui abbia significato famiglia gli è risultata intollerabile.

Voltare pagina, tendere la mano: forse, alla fine, sono queste le cose che si fanno per amore.

“Potrai mai perdonarmi?”

Nella testa di Jaime, riecheggia una voce familiare – sempre quella, sempre la stessa – a fornire la risposta.

“Un errore non si paga per sempre.”

*

“Sei sicura?” Jon sa che l’avanzata dei Non Morti gli porterà via tutto, ma non vuole che a lei tolga altro – ha già sacrificato troppo per perorare la sua causa. “Puoi volare a Sud con Drogon e Viserion. Lì sarà più facile opporre resistenza.”

Daenerys abbraccia il cortile innevato con lo sguardo, fuoco ardente che incontra il ghiaccio duro del Nord. Jon si aspettava che avrebbe accusato l’impatto con quella terra fredda e sconosciuta, eppure, da quando sono arrivati, in lei non ha riscontrato traccia di smarrimento o insofferenza.

Se non avesse asciugato lui stesso le lacrime piante per il figlio che il Re della Notte le ha strappato, si domanderebbe se esista qualcosa in grado di scalfirla.

“È casa tua” dice Daenerys, come se spiegasse tutto.

Jon pensa che la fedeltà sia una ricompensa appena sufficiente con cui ripagarla.

*

“Sei ancora in tempo a cambiare idea.”

“Pensi che abbia cavalcato fino a qui per tornare indietro prima che si aprano le danze?”

Amante del pericolo, assetato di guerra: Jaime è sempre stato così, anche se, stavolta, Tyrion sa che c’è molto di più in ballo – ci sono colpe da espiare e giuramenti a cui tener fede, appellativi ingombranti da cancellare. “Vorrei che mio nipote avesse almeno un genitore da cui prendere esempio.”

Tyrion lo coglie, il fremito che attraversa l’espressione di Jaime, lo vede calargli sul volto come un’ombra prima di spegnersi. “Non essere di parte, fratellino. Non sono un modello da seguire.”

“Sei l’uomo migliore che abbia mai conosciuto” dice, totalmente, completamente sincero.

“Dovresti ampliare i tuoi orizzonti, allora.”

“Resteresti comunque tu.”

Sa che Jaime non è disposto a crederci; per questo, lo farà lui per entrambi.

*

“L’ultima volta che abbiamo condiviso un campo di battaglia hai provato ad uccidermi, Jaime Lannister.” Per un momento, i capelli della madre dei draghi lo proiettano indietro nel tempo, confondendosi con la distesa d’argento che ricopriva la schiena trapassata dalla sua lama. “Rimpiangi di non esserci riuscito?”

Jaime si riscuote, ricacciando il ricordo nell’angolo di memoria da cui è emerso, e scruta Daenerys Targaryen in cerca dei sottintesi nascosti dietro la sua domanda. “Non avremmo alcuna chance, se non fosse per i tuoi draghi.”

La risposta viene accolta da un’espressione eloquente. “Apprezzo gli uomini che non sentono il bisogno di dispensare bugie lusinghiere.” D’improvviso, lo sguardo di lei si fa più greve. “Non sono come l’uomo che hai ucciso.”

“Se lo fossi, voleresti via in groppa al tuo drago e lasceresti che i Non Morti distruggano il mondo.”

Questa volta, è lei ad interrogarsi sul senso delle parole ricevute. “Vuoi dire che ti fidi di me?”

Non si tratta di fiducia, pensa Jaime, ma di sopravvivere. “Voglio dire che siamo dalla stessa parte.”

*

“Brienne.” Con il tempo, il suo nome è diventato qualcosa di caldo e rassicurante - non ha nulla a che vedere con il brivido che gli dava pronunciare quello di Cersei, ma, se c’è una cosa che Jaime sa di quel dopo ancora senza volto, è che vuole continuare a sentirne il sapore sulle labbra. “Dopo” dice, chiamando a raccolta il coraggio “Non so quello che farò, ma vorrei che noi due--”

Il boato che si leva oltre le mura divora il resto delle parole.

*

“Giusto in tempo.” L’esercito dei Non Morti assale l’ingresso del bastione e la terra trema. Sandor, invece, è una roccia che non si lascia smuovere. “Avevo voglia di spaccare qualche culo.”

*

Tra le mani di Gendry, il martello è pesante come non lo è mai stato prima.

I battiti gli rimbombano nelle orecchie così forti da rendere l’esercito dei Non Morti un’eco distante che si spande oltre le mura, disperdendosi come polvere nell’aria gelida. Se si concentra, però, il suono – una marcia roboante inframezzata da lamenti lugubri che paiono risaliti direttamente dalle viscere della terra - diventa una cappa soffocante che risucchia fino all'ultima molecola d'aria.

Al suo fianco, Arya è l’unico appiglio che lo tiene ancorato alla realtà. “Non morire” la sente dire, gli occhi attaccati al portone che Gendry si aspetta di veder sfondato da un momento all’altro.

Strette attorno all’elsa di Ago, le piccole dita di Arya tremano impercettibilmente.

Gendry si sistema più vicino al suo fianco, si avvicina fino a quando i loro corpi non si sfiorano. “Vuoi essere tu ad uccidermi?”

“Dico sul serio.” Per un momento, la supplica nella sua voce spegne qualsiasi altro rumore. “Non morire.”

*

La prima cosa che Brienne visualizza è la lama insanguinata sospesa nel vuoto; dopo, si accorge che spunta fuori da un torace trafitto da parte a parte; alla fine, realizza che quel torace appartiene a Podrick.

L'immagine le appare lontana ed estranea, come una visione senza sostanza o lo scampolo di un sogno.

Brienne impiega qualche istante a capire che il grido che le fende le orecchie proviene dalla sua stessa bocca; è a quel punto che si riscuote.

Mossa da una rabbia cieca, avanza e infilza il Non Morto con un secco colpo di spada; cadendo all’indietro quello trascina con sé l’arma, che fuoriesce dal corpo di Podrick lasciando un grosso squarcio laddove era stata ficcata.

Brienne ritrae la spada e si protende verso Podrick, lo sorregge per attutirne la discesa verso il terreno cosparso di neve e cadaveri.

“Mia signora” esala lui senza fiato “Mi dispiace. Avrei dovuto--”

“No” lo interrompe Brienne – è stata rigida ed intransigente tutte le volte che occorreva, con lui, e anche quelle in cui non ce n’era davvero bisogno, ma adesso non c’è spazio per la durezza “Sei stata bravo, Podrick. Lo sei stato davvero.”

Brienne vede brillare nei suoi occhi un ultimo barlume di luce prima che si spengano per sempre.

*

Salita sul dorso di Drogon, Daenerys afferra la mano di Jorah e lo tira a sé affinché la imiti; lui si limita a ricambiare la stretta, restando fermo ai piedi del drago.

Quando scorge la tristezza riflessa nei suoi occhi, la realizzazione la colpisce come uno schiaffo in pieno volto.

“Ti ordino di salire.”

Sa che Jorah ha colto la supplica nascosta dietro il comando; sa anche che, per la prima volta, non asseconderà il volere della sua regina – sarà anche l’ultima in cui avrà l’opportunità di disobbedirle, e la consapevolezza è una crepa che le apre il cuore in due.

“Non sapevo cosa fosse l’onore, prima di conoscerti. Lasciami essere il cavaliera onorevole in cui mi hai trasformato.”

Daenerys sa quanto gli costerebbe mollare la presa; per questo, è lei a ritrarsi.

Alle spalle di Jorah, gli Estranei sono un’onda di furia e ghiaccio pronta ad investirli.

“Va’, mia Regina.”

Quando Drogon spicca il volo, Daenerys tiene gli occhi puntati verso il basso; li solleva soltanto quando Jorah diventa un punto indistinguibile in mezzo alla calca. 

*

Davanti agli occhi di Arya, la cascata di fiamme continua ad abbattersi sul castello, a fagocitarne le mura fino a farle scomparire in una nube di blu elettrico e d’azzurro lucente.

Grande Inverno distrutta da una scarica di ghiaccio. È il paradosso più sbagliato a cui riesca a pensare, qualcosa che stride come una macchia di sporco su una distesa di bianco immacolato.

Insieme a quello del fuoco vomitato da Viserion, l’unico ricordo che conserva vivido di quei momenti è la presa solida che, d’improvviso, ha sentito stringersi attorno alla vita; un paio di braccia forti l’ha strappata al torpore in cui era piombata mentre guardava il Re della Notte dirigere l’attacco del drago.

Dobbiamo andare. Non c’è più nulla che possiamo fare.

Gendry l’aveva issata sul dorso di Raeghar come fosse una bambola di stoffa. Arya non saprebbe dire che faccia avesse; per tutto il tempo, aveva continuato a tenere gli occhi incollati allo spettacolo di morte e desolazione che si consuma dinanzi a loro e che, adesso, la sua mente non cessa di riproporle.

La sequenza d’immagini è spezzata dall’arrivo di Gendry. Stavolta, Arya lo guarda in volto; quello che incontra è più simile ad una maschera che ad un’espressione vera e propria.

Mentre le si avvicina, Gendry non dice una parola. Resta in silenzio anche quando si ferma ad un passo da lei: semplicemente, c’è.

“Ero finalmente riuscita a tornare. Dopo tutto quel tempo.” La voce di Arya si piega, si riempie di crepe come un vecchio foglio di pergamena che si accartoccia su se stesso. “Credevo---”

Quando Gendry si tende verso di lei, Arya si sottrae alla sua presa. “No” dice e s’impone di non piangere – dev’essere forte com’è stato suo padre e come sarebbe stato Robb se fosse stato ancora in vita, come lei non ha mai saputo essere davvero. “Non ho bisogno di--”

Gendry emette una specie di sospiro e la tira a sé. “Sì invece.”

Questa volta, Arya non oppone resistenza; si lascia avvolgere dall’abbraccio e affonda il viso nella stoffa all’altezza del suo torace, lasciando che le lacrime e il dolore fluiscano liberamente.

Mentre piange, i pensieri di tutto ciò che è andato perduto la colpiscono come altrettante stilettate: le ceneri di suo padre, il corpo di Rickon; il cortile in cui da bambina scagliava frecce di nascosto, per provare a se stessa e al mondo che poteva essere quello che voleva; le pareti tra le quali, in un tempo lontano mille anni, ha ingenuamente creduto che la vita le avrebbe riservato soltanto felicità.

La sua casa.

“La mia casa.”

“Lo so.” Gendry è un appiglio sicuro e un tocco gentile tra i capelli. “Lo so.” Arya si stringe contro di lui, si aggrappa alla sua voce per tornare a respirare, almeno per un momento. “Va tutto bene.”

La verità è troppo dura da affrontare; per questo, Arya si rifugia in quella bugia.

*

Appena scesa dal drago, Sansa si stacca dal resto del gruppo per appartarsi. Mentre la segue con lo sguardo, Jon coglie la rabbia emanata dal suo incedere, la vede snodarsi alle sue spalle come una scia che s’allunga ad ogni passo.

Quando smonta da Raeghar e la raggiunge, lei comincia a parlare ancor prima che le si affianchi. “Abbiamo lottato così tanto per riavere casa nostra.”

La voce di Sansa brucia di collera e rimpianto. Jon ne osserva il profilo, in silenzio. Il modo in cui assomiglia alla lady sua madre non smetterà mai di sconcertarlo: è così uguale a lei che a volte, in maniera del tutto irrazionale, si ritrova a temere di incontrare lo stesso odio nei suoi occhi. In realtà, non vi ha mai trovato nulla che fosse nemmeno vagamente simile a quel sentimento.

“E tutto per perderla di nuovo.”

Alla rabbia si mescola qualcosa di meno duro, qualcosa che riporta a galla la fanciulla che è stata prima che la vita la obbligasse a crescere. Ora Sansa è così forte che Jon tende a dimenticare che quel nucleo di fragilità è ancora lì, nascosto sotto lo strato d’acciaio che è diventata la sua pelle.

“Abbiamo ancora l’un l’altro.” Jon le cinge le spalle con un braccio, tirandola a sé. Sansa inclina la testa per poggiarla sulla sua spalla e, adesso, gli appare addirittura come la bambina che sognava principi e feste e abiti eleganti. “Questo è casa.”

*

In un avvenire ancora irrealizzato, Bran vede il Nord risplendente di vita e i vessilli del lupo mossi dal vento gelido: sa che l’Inverno è destinato a finire, e casa a tornare.






















Note
Probabilmente, adesso, la Madda rimpiangerà il giorno in cui, durante una delle nostre sedute di fangirlamento a distanza, mi ha prospettato lo scenario di Grande Inverno distrutta dagli Estranei.
Hai creato un mostro, mia cara: prendine atto.
Alla dedica allego anche i crediti per lo spunto e, in particolare, per la morte di Jorah: l'head canon che lo vede sacrificarsi con le modalità descritte in questa storia è frutto della fantasia della festeggiata e mi sono presa la libertà di prenderlo in prestito. Le rinnovo gli auguri e ringrazio chiunque sia arrivato fin qui!
 
  
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