Samhain – The Dead
'[…]
His soul had approached that region where dwell the vast hosts of the
dead.
He
was conscious of, but could not apprehend, their wayward and
flickering existence.
His
own identity was fading out into a grey impalpable world: the solid
world itself, which these dead had one time reared and lived in, was
dissolving and dwindling.'
A
Bloom accadeva spesso che qualcosa sembrasse totalmente differente da
come fosse
raffigurato nella sua memoria; solitamente dipendeva soprattutto
dalla direzione della luce solare, o dall'assenza di essa.
Ma
la figura che aveva davanti, rivolta verso il cielo all'imbrunire,
non era di certo una novità. Mille altre volte l'aveva vista
in tale
atmosfera ed altrettante erano le emozioni che aveva provato in tali
situazioni; ciò che provava ora, tuttavia, era totalmente
irriconoscibile.
La
soffice e rigogliosa terra di Domino le sfiorava le preziose scarpe
di vernice mentre prendeva qualche piccolo passo in avanti, senza
allo stesso tempo ritrovarsi troppo vicina; con la volta celeste che
cominciava ad oscurarsi non era convinta di poter distinguere troppo
bene un lungo abito nero che non nascondeva alla vista solamente le
sottili mani affusolate ed i candidi capelli, lasciati insolitamente
sciolti.
Come
avesse fatto suo padre, Re Oritel, a riconoscere in quella snella ed
immobile ombra la leader delle Trix, sarebbe stato uno dei quesiti
principali che avrebbero tenuto occupata la sua psiche. Lei stessa,
scorgendola di spalle, non l'avrebbe mai capito, non prima di vederla
in viso: cosa che né lei né il padre avevano
ancora fatto.
Forse
sarebbe stato meglio così, con la spada dall'elsa dorata a
separarli
da una delle streghe più pericolose della Dimensione Magica.
Eppure
la curiosità la stava spingendo ad avvicinarsi ulteriormente
al
rischio.
“Cosa
diavolo ci fai nel mio regno.” mai alcun intervento del
sovrano fu
così provvidenziale; la fata si irrigidì e non
osò avanzare oltre.
Icy
non si voltò, l'unico segnale della sua lucidità
furono le spalle,
che si raddrizzarono un minimo rimanendo in tensione. La punta della
spada si fece sentire contro la sua schiena, arrivando quasi a
lacerare il tessuto: e l'avrebbe fatto, se solo la strega non avesse
afferrato e stretto la lama con la sua mano destra per fermarla.
“Stai
rovinando il vestito.” sibilò, togliendo la spada
all'uomo con un
incantesimo – con la sola forza non ci sarebbe riuscita
– per poi
gettarla al suo lato. Il sangue ne aveva impregnato il filo, qualche
goccia bagnò il sacro terreno per disperdersi nel nero della
notte.
Bloom
non poté fare a meno di notarlo, il liquido rosso che
macchiava la
sua terra, colando dalle dita tremanti della sua acerrima nemica,
mentre quest'ultima sostava eretta ed immobile, come se non fosse
successo assolutamente nulla.
Non
riusciva a distogliere lo sguardo, ad evitare di sentirne il forte e
nauseante odore. In una festività come Samhain non avrebbe
mai
voluto vedere dell'altro sangue versato inutilmente.
E
di certo non voleva che finisse male com'era cominciata.
“Padre,
me ne occupo io.” fu una frase improvvisa, dettata
dall'impulsività, ma non si pentì affatto di
averla pronunciata.
Era disposta ad occuparsi da sola dei propri problemi – era
quasi
certa che la strega del ghiaccio fosse lì per lei.
Oritel
le rivolse un'occhiata severa, rimanendo teso e pronto a scattare a
prendere la propria arma: mossa che gli sarebbe costata cara, in
quanto la sua opponente era già pronta a ferirlo con una sua
magia
oscura.
“Ti
prego – si apprestò ad aggiungere la fata,
frapponendosi fra i due
– Fidati di me, me la posso cavare.”
Cercando
di essere più convincente possibile non distolse lo sguardo
nemmeno
per un secondo; risultare sicura di sé in una situazione
simile –
con la propria acerrima nemica che sostava in modo spaventosamente
rigido davanti ad un gruppo di legna – non era per nulla
un'impresa
semplice, ma, a giudicare dalla leggera distensione dei muscoli
facciali del re di Domino, stava funzionando. Fortunatamente non le
ci era mai voluto molto a far in modo che si fidasse di lei: non
ciecamente, ma avrebbe potuto dargli un aiuto per passare una
tranquilla, seppur non lieta, festività.
Lo
sguardo di lui si addolcì, capendo le intenzioni della
figlia, ma
non lasciò scemare il proprio tono autoritario.
“Spero
tu sia conscia dei rischi che stai correndo. Non possiamo permetterci
di metterti a rischio di nuovo, Bloom. Verrete controllate molto
strettamente dalle guardie, prenderemo le precauzioni necessarie pur
stando a poca distanza, se ciò che vuoi è
rimanere sola con quella
– puntò un dito contro Icy, che sembrò
non accorgersi di nulla –
allora sia. Ma ti prometto che non le permetterò di
sfiorarti
nemmeno con un dito.”
Bloom
annuì non troppo convinta, guardandolo avviarsi verso le
guardie ad
impartire degli ordini riguardo ad un modo per limitare la magia
oscura della strega. E poi la parte più difficile: si
voltò.
“Cosa
ci fai qui.”
“L'essere
ottusi è di famiglia, a quanto vedo: è una pira.
Sapete almeno
riconoscere una 'pira' ?” solo allora la
sorprese a
scrutarla con i suoi gelidi occhi azzurri; nonostante ne avesse colto
lo sguardo quasi infinite volte, vederli attraverso una fitta retina
nera le mozzò per un momento il fiato.
Il
suo volto frammentato era talmente chiaro nella notte da sembrare
quasi rilucente, le chiare labbra – prive di trucco
– serrate in
un'espressione indecifrabile; e le ciglia, poteva distinguerle anche
sotto il velo, bianche e di media lunghezza, così innaturali
su quel
viso, così diverse. Avrebbe voluto
distogliere lo sguardo, ma
allo stesso tempo non riusciva a smettere di guardarla.
Le
sue dita si mossero lentamente all'interno del pacchetto di
fiammiferi – appoggiato sulla sua mano e macchiato
leggermente dal
sangue che ne fuoriusciva – scostando il suo contenuto come a
trovarne un esemplare perfetto. Il tutto senza interrompere il
contatto visivo con la propria nemica.
Bloom
non guardò cosa stesse facendo, non si preparò ad
una eventuale
difesa; rimase come paralizzata.
Il
suo volto, il vestito che non era esattamente a misura –
forse
leggermente corto, forse leggermente largo – e quello
stramaledetto
nero che la confondeva terribilmente.
Ed
un profumo emanato dal tessuto, profumo che non era il suo.
'A
few light taps upon the pane made him turn to the window.
It
had begun to snow again.
He
watched sleepily the flakes, silver and dark, falling obliquely
against the lamplight.
The
time had come for him to set out on his journey westward.'
“Era
proprio necessario?”
Icy
si guardò per un attimo i polsi – lasciati
scoperti dalle maniche
nere – sui quali le guardie si erano preoccupate di porre dei
sigilli che, a detta del sovrano, sarebbero stati capaci di tener
sopita la magia oscura.
Aveva
qualche dubbio, ma forse in una situazione come la corrente era da
evitare.
“Sono
le condizioni. Nessuno di noi vuole problemi sta sera, Icy,
e...”
Bloom lasciò in sospeso la frase, rivolgendo il suo sguardo
alla
chiara pelle della strega, ora macchiata da un colore rossastro fino
alla stretta fasciatura. L'inchiostro magico stava reagendo, le
braccia tremavano leggermente sotto al bruciante, ma temporaneo,
incantesimo.
“… E
il tuo comportamento è fin troppo strano.”
concluse, mantenendosi
a dedita distanza, di fronte a lei.
La
scrutò alzare gli occhi, un'espressione di sufficienza
neanche
troppo celata.
“Strano?
Non hai idea di cosa sia 'strano' in un mio eventuale
comportamento.”
sibilò, accendendo un fiammifero – quando l'aveva
preso? Come si
era lasciata sfuggire un dettaglio simile? – con un veloce
movimento e buttandolo alle proprie spalle. E prima lentamente, le
voraci fiamme cominciarono a divorare la legna ceppo per ceppo, ramo
per ramo.
“Tu
che non hai attaccato, ecco cos'è strano.” rispose
la fata,
muovendo le iridi dalla scura ombra che le stava davanti al
crepitante fuoco alle sue spalle.
“E
tutta questa cosa allora come la chiami?”
“Samhain.”
la voce le uscì priva di ogni malizia, così
naturale che a Bloom
venne l'impulso di prendere qualche passo indietro, respirare
profondamente e destarsi dall'irreale sonno in cui credeva di essere
caduta. Probabilmente la stava confondendo di proposito.
“Samhain?”
ripeté la fulva, prendendo invece dei passi in avanti; il
tono
leggermente alterato provocò un accenno di
ilarità nella sua
acerrima nemica.
Ma
la sua bocca si tirò solo leggermente.
“Sai
cosa penso? Che tu stia cercando solo di irritarmi, rovinandomi
l'ennesima festa che potevo passare in pace con i miei genitori. Non
ti basta ciò che hai già fatto?
Oh,
certo che non ti basta, ora devi anche presentarti qui mentre
piangiamo chi molti anni fa ha perso la vita a causa delle tue
antenate.”
“Hai
finito?” disse Icy, alzandosi lo scuro velo per appoggiare
una
sigaretta fra le labbra; e allora di nuovo, il suo candore distrasse
per un attimo la fata dalla rabbia che le montava nel petto. Il fuoco
alto, dietro di lei, delimitava i contorni della sua figura,
illuminando l'abito con calde sfumature arancioni; nonostante tutto,
la freddezza era preservata più da tale indumento che dalla
strega
stessa.
Un
altro fiammifero finì fra le brucianti fiamme, una leggera
nuvola di
fumo bianco si levò sopra ad entrambe. Bloom ebbe tutto il
tempo per
far esplodere la propria ira di nuovo, convinta che non sarebbe stata
interrotta.
Sbagliava.
Oh
quanto si sbagliava.
“No
che non ho finito! Sei tu che-”
Un
lampo, immediato e brevissimo. Niente che facesse parte dell'ambiente
attorno al suo corpo osò interferire questa volta: venne
tutto
dall'interno.
La
voce le si smorzò in gola quando da così vicina,
riconobbe
chiaramente il taglio del vestito – come aveva potuto non
riconoscerlo – che per usanza veniva portato in funzione di
onorare
il lutto.
Onorare
il lutto, Samhain.
Quanto
era stata impulsiva e stupida.
Un
tempo anche su Domino venivano usate le pire in ricordo dei morti,
l'aveva letto il giorno stesso, con la scusa che doveva informarsi su
come si festeggiasse tale ricorrenza nel suo pianeta natale.
E
le stava leggermente fuori misura, ed evidentemente non era suo.
Ma
non le disse niente: ancora una volta, era caduto un asfissiante
silenzio fra le due. L'una che mirava le oscure distese d'erba oltre
l'altra, mentre quest'ultima non riusciva a guardare oltre alla
figura che aveva di fronte.
Lo
sfondo, dalla sua parte fin troppo sovraesposto, contribuiva a farla
concentrare solo e solamente su di lei; ed aveva ragione, in
principio, quella particolare sensazione che qualcosa in tutto
ciò
fosse tremendamente diverso da ciò che aveva sempre
conosciuto nella
sua ancora breve vita.
“Questo
è strano – disse poi Icy, ammorbidendo leggermente
l'assenza di
suoni, accompagnata dal crepitio del fuoco – Tu che smetti
tutto ad
un tratto di accusarmi.”
Prese
lentamente posto sull'erba, attenta a non far troppa pressione sulla
lunga gonna e scostandosi i capelli dal viso, per evitare che la
brace della sigaretta li bruciasse. Il calore, che in condizioni
normali l'avrebbe fatta allontanare, sembrò non darle
nemmeno troppo
fastidio.
Per
quanto la fulva avesse voluto dare una motivazione a tali
comportamenti insoliti, non osò chiedere; e si
limitò a mettersi a
sedere poco vicino a lei, fronteggiando le alte fiamme che sembravano
non volersi mai consumare. Sotto le stelle del cielo di Domino, una
fresca brezza autunnale portava il profumo del bosco, la quiete del
sonno eterno.
I
loro respiri la salvavano dall'assenza di rumori, ma di nuovo, essa
era diversa: accompagnava la calma, una piacevole sensazione di
calore nel petto. Non c'era alcuna urgenza di parlare per sentirsi a
proprio agio: Bloom lo era già.
Di
tutte le pieghe che potesse prendere la serata, quella le era
totalmente sfuggita allo sguardo.
Icy,
dal canto suo, non smise di fumare per l'intera durata della notte.
Respirava profondamente il fumo come qualcuno che, appena emerso
dall'acqua, riempiva i propri polmoni del tanto agognato ossigeno.
Non
si mosse dalla sua posizione, né accennò a
spostare lo sguardo
dalla rossa ed incandescente legna, in una sorta di silenzio
religioso imposto a sé stessa ed alla sua acerrima nemica.
Quando
le sue dita afferrarono l'ultima sigaretta fermò il
meccanico
movimento di portarsela alle labbra ed accenderla; gli altri
mozziconi ardevano al centro della pira. La fata le rivolse qualche
veloce sguardo, tesa ed immobile.
E,
con attenzione, seguì l'oggetto con le iridi, nel momento in
cui
volò dritto nel fuoco; non l'aveva accesso, non ne aveva
respirato
il tabacco al suo interno. Era stato lanciato nelle medesime
condizioni in cui era stato raccolto dal pacchetto.
A
Bloom sembrò un ottimo momento per interrompere la
tranquillità,
sottile e delicata come carta di riso. Ma quando si voltò
trovò il
nulla.
Leggermente
interdetta si guardò intorno; l'aveva fregata di nuovo.
Come
ho potuto farmela scappare?!
'[…]
It was falling, too, upon every part of the lonely churchyard on the
hill where Michael Furey lay buried.
It
lay thickly drifted on the crooked crosses and headstones, on the
spears of the little gate, on the barren thorns.
His
soul swooned slowly ad he heard the snow falling faintly through the
universe and faintly falling, like the descent of their last end,
upon all the living and the dead.'
Dubliners
(The Dead) – James Joyce
Avvertenze
e condizioni per l'uso:
Prima
di tutto buon Halloween a tutti, nel nome più popolare di
questa
festa.
E'
da un casino che avevo preparato questa robbaccia e l'ho cambiata
sessantamila volte, sperando di migliorarla ogni volta. Ma credo
faccia un po' schifo comunque.
Ho
voluto inserire frammenti dell'ultima parte della novella The Dead
tratta da Dubliners di Joyce perché, vabbè, si
prestava
particolarmente all'occasione. E alla strega del ghiacco, la quale
rimane ancora avvolta nel mistero perché lei spiegazioni non
le dà.
E tocca a me darle poi.
E
puntualmente non le do perché tutto deve rimanere vago ehehe.
Poi
è una festività, se non nascondo scheletri
nell'armadio oggi quando
lo faccio?
Spero
vi sia piaciuta, e buone feste a tutti.
Mary