Libri > Strega. Cronache dal Regno di Oz in rivolta
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Autore: frances bruise    05/11/2017    0 recensioni
"A quindici anni dall'arrivo del Meraviglioso Mago che aveva estirpato l'erbaccia della monarchia nel Paese di Oz, non v'era creatura esistente che non desiderasse mettere piedi nella Città di Smeraldo almeno una volta nella vita. (Cap. 1)"
Ho deciso di ripercorrere con una serie di one-shot la trama di "Strega: Cronache del Regno di Oz in Rivolta" di Gregory Maguire, specialmente le parti ambientate nella Città di Smeraldo.
Genere: Dark, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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INCONTRO
 
A quindici anni dall'arrivo del Meraviglioso Mago che aveva estirpato l'erbaccia della monarchia nel Paese di Oz, non v'era creatura esistente che non desiderasse mettere piedi nella Città di Smeraldo almeno una volta nella vita. Non esisteva da nessun'altra parte in tutta Oz, e probabilmente neanche negli altri Mondi Magici conosciuti, un complesso urbano tanto vasto e tanto all'avanguardia: la Città di Smeraldo, forgiata dalle Antiche Regine di Oz con le pietre preziose provenienti dal Glikkus, sorgeva nella regione più tecnologicamente avanzata di Oz, il meraviglioso Gillikin. Sontuosi palazzi, università, teatri, biblioteche, negozi, chiese— tutto ciò era ospitato dal Gillikin, sempre sulle bocche degli stranieri provenienti dal Quox, da Ev, da Fliaan. Nella Città di Smeraldo, poi, era possibile incrociare per strada le creature più straordinarie: Animali senzienti che si sorreggevano sulle zampe posteriori e sfogliavano pagine di tomi polverosi con quelle anteriori, macchine parlanti e perfettamente autonome che facevano da facchini alle signore d'alta società, scherzi della natura dalla pelle azzurra, viola, arcobaleno. La Città di Smeraldo era un centro urbano culturalmente ricco, un'attrazione per i visitatori stranieri, ma non solo: persino le popolazioni della Munchkinland, del Quadling e del Vinkus rimanevano affascinate dagli smeraldi del Palazzo del Mago, dal caratteristico mercato frequentato da gente proveniente da tutti mondi, Élan incluso. In un simile contesto, qualsiasi ragazza dalla pelle verde sarebbe passata inosservata; agli occhi di un Principe Winkie, invece, tutto ciò sarebbe parso uno spettacolo unico ed irripetibile.
  Fiyero Tigelaar aveva solo diciannove anni, eppure sulle sue giovani spalle gravava da un pezzo il peso di più di una responsabilità. Suo padre, il Principe Reggente degli Arijki, era deceduto da un anno ed ora spettava a lui, il maggiore, prendere il suo posto a capo della sua gente, nonché il ruolo di diplomatico. Il suo aspetto non era passato inosservato all'Università di Shiz, la pelle scura e gli occhi zaffiro una combinazione troppo esotica per non essere notata, ma era certamente mutato da quando aveva preso il posto di suo padre: egli aveva abbandonato l'aria timida ed impacciata per cui i suoi amici lo rimproveravano all'università per divenire un giovane uomo carismatico, il degno erede di un Principe Reggente. In quanto tale, tra l'altro, ad arricchire i caratteri esotici della sua persona erano i diamanti blu che gli adornavano la pelle sul volto. Non erano chiaro se fossero veri e propri diamanti o dei tatuaggi: toccandoli, non risultavano in rilievo rispetto alla pelle, ma splendevano come vere pietre preziose. Ad ogni modo, erano il segno contraddistintivo del Principe degli Arijki, ed era proprio in tali vesti che Fiyero si trovava nella Capitale. Doveva incontrare un Principe Winkie in visita in città per degli affari strettamente personali che, tuttavia, Fiyero riteneva avessero a che fare con il Mago. Prima dell'incontro, però, aveva approfittato della visita in centro per acquistare dei regali per i suoi due figli: Irij, il maggiore, e Manek. Irij non aveva nemmeno tre anni e Manek era nato da poco, ma sua moglie Sarima, ch'egli aveva sposato secondo il rito Arijki a soli sei anni di età, diceva già di volere un terzo figlio. Fiyero aveva tentato di dissuaderla, facendole notare che avevano ancora molto tempo per mettere su una grande famiglia, ma Sarima non aveva voluto saperne ed infine Fiyero aveva ceduto. In fondo, sapeva che Sarima avrebbe fatto tutto il possibile per aggrapparsi a quel matrimonio, a quell'unica opportunità di ricchezza contro la povertà da cui proveniva. Non importava che, in realtà, ad unirli non vi fosse neanche un briciolo di sentimento. Acquistò un giocattolo per Irij e una cuffietta per Manek, poi alzò lo sguardo zaffiro sul grande orologio esposto sulla piazza principale: mancava ancora una mezz'ora al suo incontro, ma sarebbe stato meglio incamminarsi verso il luogo dell'appuntamento, un locale a pochi isolati dai cancelli del Palazzo di Smeraldo. Camminando, s'imbatté in una chiesa Unionista e, anche se non era mai stato un tipo religioso, si lasciò sedurre dalla tentazione d'entrare a dare un'occhiata.
  Eran veramente rare le occasioni che spingevano la ragazza dalla pelle verde a spingersi oltre il confine della periferia cittadina. Da quando aveva tagliato i ponti con amici e familiari, ella viveva in uno squallido appartamento in cui quelli che avrebbero dovuto essere tre ambienti diversi — cucina, bagno e camera da letto — convivevano nello stesso locale. Al suo arrivo, la ragazza aveva piazzato un materasso alquanto malandato in fondo alla stanza, si era procurata un paio di cuscini ed una coperta e aveva decretato quel lurido talamo la sua camera da letto. Quanto alla cucina, non le capitava spesso di mangiare in casa, ma — quando lo faceva — consumava del formaggio o dei cibi in scatola, e poi beveva un bicchiere di latte. L'acqua no perché, per uno strano scherzo del destino, le risultava intollerabile. Quanto ai servizi, oramai era abituata all'odore nauseabondo di cui tutte le strade periferiche erano impregnate, per cui non si faceva alcun problema a gettare in strada i suoi scarti. Come se tutto ciò non fosse bastato, infine, con lei viveva un altro inquilino che, fortunatamente, le risultava più o meno gradevole: si trattava di un gatto dal pelo bianco ingrigito dalla vita di strada. Le risultava gradevole d'inverno, quando aveva freddo e non poteva permettersi di riscaldare l'appartamento. Per il resto, non gli badava molto: condividevano il latte, ma ognuno sembrava felice della propria indipendenza.
Quella fatidica mattina, la ragazza sedeva sul letto, intenta ad allacciare le stringhe degli scarponi usurati dal tempo. Lunghi capelli neri e bagnati le ricadevano sulla fronte verdastra, rendendole difficoltosa la visuale sull'appartamento. Indossava, come suo solito in quelle occasioni, un abito nero che le copriva le ginocchia e le caviglie. Il suo corpo ossuto sotto quel ridicolo strato di tessuro profumava degli oli che utilizzava come alternativa all'acqua e al sapone. Il gatto, sul materasso alle sue spalle, miagolò.
« Ah, per quanto mi riguarda puoi pure andare a caccia di topi, sanguisuga » gli disse aspratamente la ragazza, « Il latte è finito e dovrai aspettare il mio ritorno per averne ».
Si stava preparando per uscire. Aveva molta strada da percorrere a piedi e, per di pù, prima di recarsi al suo appuntamento doveva fare altri giri. Niente di veramente importante, ma doveva confondere le acque sul reale luogo dell'incontro, quindi ne avrebbe approfittato per comprare due bottiglie di latte e qualche libro di quarta mano. Sistemati i lacci delle scarpe, si voltò un istante verso il gatto, indecisa se sfiorarlo con una carezza o meno. La sua mano fluttuò sulla testa di quel minuscolo individuo per qualche istante, insicura, fin quando non fu l'altra a decidere per lei. Il gatto, annoiato dalla sua mancanza d'affetto, si alzò, si stiracchiò e scese rapidamente dal materasso.
  In periferia, la Città di Smeraldo non sembrava nemmeno lo stesso posto in cui personalità importanti sfilavano prima di recarsi ad una prima teatrale. Oltre all'odore nauseante che l'appestava, la periferia era l'altra faccia di una città grande e dinamica: quanto più il centro era ricco, la periferia era povera; in centro sorgevano continuamente negozi, club e café, mentre in periferia le strade erano frequentate da prostitute, papponi, barboni, ladri, spacciatori e drogati. Avvolta dal grigio paesaggio che non vedeva nemmeno lo splendore degli smeraldi caratteristici della città, la ragazza dalla pelle verde procedeva verso la sua meta. Ogni tanto, gettava occhiate alle proprie spalle per assicurarsi di non essere seguita, ma non lo dava a vedere: il suo volto era parzialmente coperto dal cappuccio di un lungo mantello nero e, in quei panni, sembrava in tutto e per tutto una suora Unionista. Giacché non era raro vedere donne e uomini di chiesa bazzicare nei bassifondi della città, nessuno le prestò attenzione e, soprattutto, fece caso al colore della sua pelle, tanto più che gli edifici malandati della periferia venivano quotidianamente occupati da un numero sempre più alto di scherzi della natura come lei. Essi emigravano dal centro, che diveniva sempre più intollerante verso di loro, alla periferia per sfuggire alla nuova politica sugli Animali ed altre creature bizzarre: ritenevano che i bassifondi fossero più sicuri per loro perché meno controllati dalla Guardia del Mago. Ma la ragazza dalla pelle verde e quelli che, come lei, avevano dichiarato guerra al dittatore sapevano che la vista del Mago si stava facendo sempre più ampia e che, presto o tardi, avrebbe coperto anche la zona grigia della città.
  La ragazza dalla pelle verde uscì da una drogheria con un paio di bottiglie di latte sotto le braccia. Le nascose, poi, in una borsa a tracolla che portava sotto gli abiti da suora Unionista. Aveva già comperato un paio di libri del tutto innocenti: uno narrava la storia di Oz dalla prima Ozma, ma, come aveva immaginato, di Ozma si parlava solo in maniera dispregiativa. L'altro, invece, era un ricettario. Ora che era sicura di non essere seguita, poté dirigersi verso il luogo dell'incontro. Si trattava della Chiesa Unionista di Santa Glinda, culto che presto o tardi sarebbe scomparso del tutto per volere del Mago: la ragazza riusciva già ad immaginare come avrebbero riarredato gli interni del luogo sacro, spogliandolo dell'immagine della santa per riempirlo di manifesti propagandistici. Tuttavia, il Mago non aveva ancora dato l'ordine di smantellare quella chiesa pezzo dopo pezzo, per cui — almeno per il momento — rimaneva un luogo sicuro per una (finta) suora Unionista. Una volta entrata, la ragazza accese un cero davanti all'effige di Santa Glinda, dopodiché adocchiò un posto vuoto tra le file di panche per sedersi e pregare in silenzio.
  In quello stesso momento, Fiyero Tigelaar, pieno di meraviglia, distoglieva lo sguardo dal volto angelico di Santa Glinda per posarlo sul capo di una suora passatagli accanto. Gli era parso, ma evidentemente si sbagliava, di conoscerla.

 
   
 
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