Destiny
Pioveva a dirotto quella
sera. Le goccioline fredde cadevano copiose sul parabrezza dell’auto,
scivolando silenziose. L’unico rumore udibile era quello della pioggia sul
tetto dell’auto e dei tergicristallo sul vetro.
Max stava guidando da
ormai da un paio d’ore abbondanti ed era stanco. Inoltre c’era qualcosa che non
andava, era come turbato.
“Non c’è nulla di cui
essere turbati…” si era ripetuto con un filo di amarezza.
“Non è la prima volta che
succede…”.
No, non lo era. Gli era
già capitato di dover guidare alle due di notte. Era la strada da fare ogni
volta che tornava a casa dopo essere stato da Craig.
Ormai non era più un segreto, ma non per questo era diventato un problema.
Sarebbe stato il suo modo di far capire a tutti che aveva girato pagina. Per
far capire a se stesso che era ora di cambiare pagina…
A volte si sentiva un po’
in colpa nei suoi confronti, come se lo stesse usando. Ma aveva sofferto troppo
per farsi degli scrupoli su una cosa come questa.
Era talmente stanco che
quando lo vide da lontano, illuminato dalla luce dei fari, pensò di aver avuto
un’allucinazione. Invece ci aveva visto bene. Un autostoppista se ne stava sul
ciglio della strada, immobile sotto quel diluvio, con il braccio alzato e il
pollice teso. Max ne fu colpito. Gli era successo di dover fare l’autostop,
anche se mai sotto ad una pioggia così scrosciante, e sapeva che gli
automobilisti alla volta della scintillante Vegas erano poco disposti a
caricarsi viaggiatori extra. Così decise di fermarsi. Tirò giù il finestrino e
gridò al tipo “Sali, ti do uno strappo”.
Il ragazzo si trascinò sul
sedile del passeggero e chiuse la portiera.
Max gli gettò uno sguardo.
Non lo vedeva in faccia, in quanto era coperto dal cappuccio della felpa,
zuppo.
Non sembrava intenzionati
a proferir parola.
“Tutto ok?”
chiese Max. Ma insomma, lui lo caricava con sé e sto
qui non diceva nemmeno un fottuto ‘grazie’?!
Il tipo annuì.
“Dove vai?”
“Vegas” la sua voce
sembrava forzatamente roca. E certo, sotto quell’acqua
una bella polmonite non gliela toglieva nessuno.
Rimasero qualche minuto in
silenzio, poi Max riprese la parola.
“Sei sicuro di voler
tenere quella roba fradicia addosso?”
“Sì”. Il ragazzo si mosse
appena.
Fu allora che lo sentì. Un
profumo. Il suo profumo.
No. Dio, no.
Max fu scosso da violenti
brividi. Non poteva essere…
La testa gli girava.
Quella voce…
Accostò violentemente,
evitando per un pelo di andare fuori strada.
“Fammi vedere la tua
faccia…”
Il pellegrino non rispose.
Aspettò incerto qualche
secondo, poi si portò le mani alla testa.
E tirò giù il cappuccio.
A Max mancò un battito.
“Ciao Max” disse Ronnie Radke, un mezzo sorriso
dipinto sulle labbra disegnate.
“Cazzo
ci fai qui?! Il tuo posto è in galera!!”
“Buona condotta…” Ronnie non accennava a smettere di sorridere.
“Non me ne frega un cazzo. Scendi”
“D’accordo”
Il ragazzo scese e andò a
rimettersi a lato della strada. Sempre il solito Ronnie.
“Cazzo
fai lì, sali immediatamente”
Il ragazzo salì di nuovo
sull’auto e chiuse la portiera.
“Sembra un sogno…anzi un
incubo” disse Max.
“Credimi, sono sorpreso
quanto te”. La voce di Ronnie era limpida come cinque
anni prima, anche il suo viso portava i segni della sofferenza.
Max ora faceva fatica a
respirare.
Non avrebbe mai creduto
che il Destino sarebbe potuto essere tanto Crudele…
“Max, ascolta…”
“No, non ho intenzione di
farlo! Non più! Non ho più voglia di ascoltarti, di parlarti o sentire parlare
di te!! Non abbiamo niente da dirci!!! Cazzo, pensi
di poter uscire di prigione e fare così, come nulla fosse?!”
“Io…sai che non ho mai
voluto…”
“Cosa?? Non hai mai voluto
fare cosa?? Non volevi ferirmi?! No, Ronnie, hai
fatto di più. Mi hai ucciso, mi hai fatto a pezzi e poi mi ha calpestato. Hai
tradito la fiducia che avevo in te, io povero cretino che avevo riposto tutte
le mie speranze in te!! Tu che mi dicevi di crederci, che ce l’avremmo fatta,
che credendoci e mettendoci l’anima avremmo realizzato tutto i nostri sogni!! Bhe sai che ti dico?? Tu hai trasformato il sogno in un
incubo, hai distrutto me e i ragazzi, sei stato un egoista!!”
“Lo so e… mi dispiace”
“Sì, l’hai già detto”
Rimasero qualche minuto in
silenzio. Poi Ronnie riprese la parola, in un
sussurro.
“Max, ti prego. Lo so, non
ho giustificazioni e non ne avrò mai. Ma credimi, se avessi saputo quanto male
ti avrei fatto…”
“Bhe
sei stato un ingenuo a non prevederlo prima!! Tu non sai quanto ho sofferto…”
“Sì che lo so! Max, io ho
sofferto le pene dell’inferno!!” disse Ronnie
accalorandosi.
“Sì, ma io ti amavo!!!!!
Ti amavo, cazzo Ronnie!!!
Ti ho dato il mio fottuto cuore e tu me l’hai ridato
in pezzi!!!”
Max si accorse che adesso
stava piangendo. Il suo respiro era irregolare e calde lacrime gli rigavano il
viso pallido.
Appoggiò la fronte al
volante. Si sentiva uno stupido, un debole…
“Io ti amo. Ti amo da
sempre, dal primo giorno di scuola assieme, attraverso ogni minuto condiviso,
durante ogni giorno in galera, dietro le sbarre, mentre mi picchiavano, dopo
che ho saputo di Craig, quando ho riabbracciato la
vita e anche ora. Ti amo.”
“Smettila… non voglio
sentire! Io sto cercando di dimenticare…”
Baby don’t talk to me,
I’m trying to let go,
Not loving you is
Harder than you know...
Intanto la pioggia
scrosciava sempre più copiosa, coprendo il rumore delle vetture che
sfrecciavano accanto alla macchina di Max,ancora immobile accanto al ciglio
della strada.
Silenzio. Uno stancante,
gravoso, denso silenzio.
Poi, senza una parola Max
rimise in moto e si rimise in corsia. Era troppo stanco per guidare, ma voleva
farlo, giusto per essere costretto a guardare la strada. I suoi occhi, ancora
umidi, gli bruciavano e gli girava la testa. Ronnie
non fece una piega. Ma dopo poco il più piccolo, stremato da tutta quella
serata, decise di fermarsi.
“Non ce la faccio a
guidare e devo fare benzina” disse freddo, senza staccare le mani dal volante e
gli occhi dall’asfalto.
“Ok”
Intravidero le luci di un’insegna. Era un
motel. Si fermarono lì. Mentre Max faceva benzina Ronnie
prese una camera.
“Non ho i soldi per due
singole…” disse Radke, senza guardarlo in faccia.
“E va bene”
Salirono in camera. Una
stanza modesta, con un minuscolo bagno e un terrazzino. C’era un enorme letto e
due comodini.
“Ti va bene se vado prima
io in bagno?”
“Accomodati” disse Max,
sdraiandosi.
Sentì l’acqua scrosciare
dalla doccia.
Aveva ancora il respiro irregolare
e il cuore sembrava intenzionato ad uscirgli dalla gola.
Il Destino sta volta
gli aveva tirato proprio un tiro crudele…
Rimase lì a pensare.
Ripercorse con la mente gli ultimi tempi prima dell’arresto di Ronnie. I litigi, le urla, la paura, le incomprensioni, le
lacrime…
Rivide Ronnie
sdraiato sull’asfalto nel retro di un locale, privo di sensi dopo un’overdose…
Ripensò a Bryan, che gli era sempre stato vicino come un fratello, e Robert, che lo aveva sostenuto anche quando era in errore…
anche loro avevano sofferto, e molto, anche se molte volte i più, lui compreso,
se ne dimenticavano.
Riascoltò la conversazione
con il suo agente che gli diceva di aver trovato un nuovo cantante, e gli
ritornò in mente quello che aveva pensato. “Non ci sarà mai un altro Ronnie, uno che possa rimpiazzarlo…”
Il suo flusso di pensieri
venne interrotto dal cantante in questione che usciva dal bagno.
Si era rivestito, e mise
la felpa ancora bagnata attaccata all’appendiabiti.
Max chiuse gli occhi, e
sentì Ronnie che si sdraiava sull’altro lato del
letto. Cercò di farsi piccolo piccolo. Si sdraiò in
posizione fetale e si rannicchiò, cercando quella protezione che non aveva più
da tanto.
We stay here tonight
So promise me you won’t leave my side,
The warmest place to lie my head...
La voce melodiosa di Ronnie riempì l’aria per un momento. Poi si dissolse.
“Se potessi tornare indietro,
non rifarei mai e poi mai gli stessi errori. E sai perché? Perché ora sono
davvero consapevole della fortuna che avevo nell’avere te.”
Max strinse le palpebre,
per impedire a quelle lacrime traditrici di rigare ancora il suo viso.
“E io ti starei vicino,
più di quanto ho fatto in realtà, perché saprei il dolore che mi provoca il
vuoto di non avere te.”
Max si voltò a guardare in
faccia Ronnie.
Un sorriso timido apparve
sulle labbra dell’ex cantante.
“Mi sembra di aver vissuto
un orribile incubo, e di essermi svegliato solo ora” disse Ronnie.
Guardò meglio Max. Era cresciuto, anche se il suo viso da bambino e i
suoi occhi verdi e dolci erano sempre gli stessi.
Allungò una mano sul
letto. Max la fissò. Aveva sofferto tanto per stare vicino a Ronnie perché lo amava, e altrettanto per staccarsene
quando era arrivato il momento, perché lo amava ancora di più. E ora il suo
castello di carte stava crollando inesorabilmente. Il moro allungò la sua mano
e prese quella di Ronnie.
“Mi sei mancato” sussurrò Max. Una scarica elettrica li attraversò, potente come la
prima volte che si strinsero la mano.
Ronnie si avvicinò e avvolse il moretto in un caldo
abbraccio. Gli accarezzò i capelli e lasciò che Max appoggiasse la testa
nell’incavo del suo collo, che era ancora umido e profumato. Le loro dita
intrecciate, ancora una volta.
Rimasero in silenzio,
così, semplicemente, come tante volte prima di quella magica notte.
“Sai di lui…”
Max alzò gli occhi in
quelli di Ronnie. Lui sapeva. Sapeva di lui e Craig. Lo fissò, tentando di decifrare i suoi pensieri.
Ronnie lo strinse più forte, continuando ad accarezzargli
le braccia e i capelli.
Lo baciò sulla fronte. “Ti
prego, ridammi il mio cuore che ti sei preso il
giorno in cui mi hai detto il tuo nome…”
Max si aggrappò più
stretto a Ronnie. Ma come aveva fatto per tutto quel
tempo senza lui?
“Se ci fossero parole per
descrivere come mi sento ora…”
“Sono solo due le parole
che voglio dirti ora, e sono le stesse che avrei dovuto ripeterti molto più
spesso, perché sono le uniche due che mi vengono davvero dal cuore. Ti amo.”
“Ti amo”.
E si addormentarono così,
abbracciati e perfetti l’uno con l’altro. In un legame inscindibile, più
profondo dell’amore, più forte dell’amicizia. Loro erano una cosa sola.
La mattina dopo Maxwell si svegliò felice come non mai. Ma poi fu preso
dallo sconforto più nero. E se fosse stato solo un sogno?
Ma quando aprì gli occhi Ronnie era lì, era tutto intorno a lui. Come doveva essere.
Un sorriso felice gli dipinse il viso dei colori della vita, sostituendo il
nero e il grigio del dolore.
So paint my portrait
The colours of my life
And the untold stories
Are painted in black and white
Quella mattina la pelle di
Max odorava di Lui. Il suo Lui.
Quando Ronnie
si svegliò vide Max che lo osservava, con sguardo dolce.
“Buongiorno”
“Buongiorno”
Fecero colazione e si
rimisero in marcia.
I sole illuminava i loro
visi, i silenzio saziava i loro cuori.
Poi, alle porte della loro
magica Vegas, Max fece quello che aveva sognato di fare e rifare ogni notte, nel
suo letto freddo o tra le lenzuola calde di Craig.
Fermò l’auto e si sporse
su Ronnie. Le loro labbra si unirono, combaciando
perfettamente. Un bacio puro e casto. Un bacio che era parole, carezze,
sussurri, sguardi.
E in quel momento Max
realizzò che il Destino, con lui, era stato decisamente generoso.