Non ci pensare… non pensarci… avanti, Jake, so che ce la puoi fare.
   Jacob cercava con tutto se stesso di non pensare a quanto era accaduto la notte precedente. Si sentiva ancora scosso, piacevolmente rilassato e soddisfatto, ma il desiderio di celare al branco quanto accaduto e la consapevolezza di doversi trasformare per forza - prima che Sam lo venisse a prendere a casa a calci -  lo facevano rodere dall’ansia.
   Gli alberi intorno a lui ed il frusciare delle foglie sotto i suoi piedi gli erano familiari, sapevano di casa. Arresosi, iniziò a spogliarsi, sempre concentrato sul non pensare e sperando che Paul, Jared ed Embry non ci fossero. Il contatto dei pantaloni sulla pelle gli ricordarono il gesto fatto da lei la sera prima, quando piano, quasi imbarazzata, glieli aveva sfilati.
   Sospirò, mentre la sua mente divagava.
   Dannazione! – pensò – Come diamine faccio a levarmela dalla testa?
   I suoi sospiri, il suo profumo, l’attimo in cui, al culmine, l’aveva stretto a sé.
   Merdamerdamerda.
   Rivolse una supplica al cielo affinché, almeno quel giorno, non ci fossero tutti.
   Si legò i vestiti alla gamba destra e in un balzo si trasformò. Un vociare chiassoso gli irruppe nella testa, impedendogli, per sua fortuna, di pensare.
   Jake! - Rimbombò la voce di Embry – Dove diamine ti eri cacciato?
   Jacob maledisse il cielo. Chiaramente, tutti i membri del branco erano presenti.
   Ci hai fatto preoccupare, Jake. – Rincarò Sam. Non era poi da tanto che Jacob aveva stabilito il controllo su di sé e sulle proprie trasformazioni, e Sam aveva paura della sua relazione con Bella.
   Io… merdamerda! Non pensare! – Si autoimpose Jacob, iniziando a correre verso lo spiazzo dove percepiva si trovassero gli altri.
   I ricordi della notte appena trascorsa cercavano di tornare a galla. Accelerò, sperando che i suoi istinti animali prendessero il sopravvento.
   Quei ricordi erano privati. Erano suoi. Non gli andava proprio a genio la prospettiva che qualcuno li sbirciasse. I suoi fratelli, però, sembravano aver intuito dove la scia delle sue emozioni portasse.
   Embry sghignazzò.
   Non pensare non pensare non pensare
   Jared s’intromise, anche lui in vena di prenderlo in giro - Avanti, Jake… lo sai come si dice, no? “Non pensare a un elefante blu”.
   Per un istante Jacob fu sollevato dall’immagine dell’elefante blu che gli si parò in mente, ma che svanì subito al pensiero di quello a cui stava cercando di non pensare. L’immagine di Bella, stesa sul suo letto, guizzò per un attimo nella sua mente.
   AAAAAAAAAAAAAAARGH! – scosse forte il capo – DANNAZIONE! – Stava iniziando ad alterarsi.
  Avanti, idiota… pensa a qualcosa di complicato – si disse. – Com’è che era quella roba di matematica? I numeri primi?
   1… 2… 3… 5… 7… 11…
   Paul ululò dal ridere.
   Mancava poco. Una volta raggiunta quella dannata radura si sarebbe trasformato in umano e avrebbe supplicato, se necessario, perché la riunione del branco si tenesse in quella forma.  
   29… 31… 37? Ma il 33 non era periodico? Jacob si confuse, irritato dai bacetti che Embry mimava col pensiero.
   Smack!
   Smack!
    Sma… Troppo distratto dal pensare di non pensare, dai numeri primi, da Embry che gli mandava quei dannati bacetti e dall’ululare sganasciato di Paul, Jacob si schiantò in un tronco d’albero.
 
 Dannati, dannatissimi elefanti blu.