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Autore: Sameko    08/11/2017    2 recensioni
[Villainous]
Quando Flug era stato assunto come scienziato personale di Black Hat, certo non si aspettava di poter cadere vittima di un grosso malinteso, uno che nel mondo dei cattivi non è semplice sbrogliare, non quando credi ci sia la tua stessa vita in ballo… e, a maggior ragione, se sei uno scienziato paranoico in disperata ricerca di approvazione ed il tuo capo è un mostro lovecraftiano con una gamma di emozioni davvero ristretta.
|Paperhat|Black Hat x Dottor Flug
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter One: Mess
 


 

Quando si era reso conto di non contare nulla, era già troppo tardi.
Flug non era mai stata la tipica personalità ricca di autostima, intrepida, con imperfezioni che potevano essere mascherate facilmente, attraverso la pratica o la buona volontà. No, Flug rappresentava l'opposto rispetto ai canoni che in società caratterizzavano una persona realizzata, di successo, generalmente ben voluta da almeno una discreta cerchia di persone. Flug era insicuro, si inceppava a volte penosamente nelle sue stesse parole, la sicurezza di sé a volte non sapeva nemmeno dove stava di casa. Ed aveva difetti ed imperfezioni che non era in grado di mascherare efficacemente.
La sua invidiabile intelligenza era ciò che lo rendeva in qualche modo diverso dalla gente comune, dalla massa di volti anonimi in cui usava mescolarsi quando viveva in città, quando quel sacchetto perennemente sulla sua testa non era ancora divenuto per lui una seconda pelle. Ma ben sapeva Flug che, all'infuori del suo genio, c'era ben poco di lui che lo contraddistingueva da una persona comune.
Nonostante questo autodegradarsi e questa profonda mancanza di autostima, Flug era comunque stato in grado di ritagliarsi un presente nell’Organizzazione Black Hat, la più efficiente organizzazione criminale al mondo. Ed era lì che, fino ad ora, aveva potuto mettere in pratica le sue conoscenze facendo esattamente ciò che aveva sempre sognato di fare: creare, per servire uno scopo, per sentirsi importante.
Ed era così che aveva fatto la conoscenza del leader di quella prestigiosa organizzazione: Black Hat, una creatura demoniaca, un Eldritch per la precisione, la cui potenza e malvagità era eguagliata solo dal suo essere terribilmente lunatico ed incline a perdere la sua già incredibilmente ridotta pazienza.
Flug era convinto di essersi ormai abituato al carattere alcune volte intrattabile del suo principale, soprattutto dopo anni di lavoro sotto la sua leadership. Credeva bene, infatti, di aver imparato a svolgere il suo lavoro con diligenza e adeguarsi a ricevere apprezzamenti fin troppo rari per dare una gradevole spinta al suo ego, ma che aveva reputato sufficienti per un lungo periodo di tempo. Non era stato così, purtroppo.
Dalla parte di Black Hat aveva notato arrivare uno scomodo silenzio da qualche tempo in caso di invenzioni funzionanti e le solite sfuriate in caso di fallimento. Si suol dire che chi tace acconsente e che, dunque, il silenzio è un sinonimo di approvazione... ma vale in qualunque circostanza, in qualunque caso? Flug sarebbe stato più che pronto a mettere in dubbio quella credenza, a dimostrare quanto fosse infondata utilizzando come campione in esame il suo inconsapevole superiore. Tuttavia, aveva spinto da parte quel pensiero, di cui non aveva comunque ignorare la crescente molestia che gli causava. Ma aveva invenzioni e progetti da mandare avanti; perdersi in quei pensieri non gli avrebbe garantito alcun genere di progresso a lungo termine.
 
 
 
Poteva accadere che qualche eroe altamente sconsiderato, credendo di poter conquistare fama facile tra i suoi colleghi, provasse ad irrompere nella magione per sfidare, assicurare alla giustizia, o volentieri uccidere l’essere che aveva soggiogato il mondo più di una volta. Con i miglioramenti che Flug cercava di apportare regolarmente al sistema di sicurezza, quelle visite indesiderate erano divenute sempre meno frequenti, ma gli eroi cambiano continuamente ( pur restando in qualche modo tutti uguali ) e non è semplice come sembra restare al passo coi tempi.
Gli era parso una nuova leva questo tipo tutto sgargiante nella sua tuta in spandex, il cui pessimo gusto in fatto di costumi era disgraziatamente ben compensato dalla sua forza sovraumana. E Flug, grande nel cervello ma non nel corpo, aveva potuto contare solo sulle sue invenzioni nel momento in cui era avvenuta quell’irruzione e Black Hat non era stato presente in casa.
Demencia aveva affrontato la sconfitta solo dopo un’estenuante battaglia, al termine della quale era rimasto solo lui, Dottor Flug Slys, a rappresentare l’ultima linea di difesa del covo.
« E cosa vorresti fare con quella, Dottor Smilzo? Riempirmi di vernice? » Lo aveva beffeggiato l’eroe, riferendosi ovviamente alla pistola che lo scienziato stava impugnando contro di lui. « O è una pistola ad acqua? »
« Vedremo che fine farà la tua spavalderia fra poco… » Aveva mormorato sotto il proprio respiro Flug, il sacchetto sulla tua testa che aveva attutito largamente il suono della sua voce, rendendola quasi inudibile dal suo avversario, in piedi dall’altro lato del salone d’ingresso.
Prevedibilmente, l’eroe si era lasciato prendere in pieno dal colpo laser che gli aveva diretto contro, ricevendo la sorpresa di una cocente ustione che aveva bruciato spandex e pelle, ma non abbastanza in profondità da metterlo fuorigioco. Quel tipo era più resistente di quanto Flug avesse potuto dapprima anticipare.
Da lì in poi, aveva cercato di fronteggiarlo come meglio poteva, non armato sfortunatamente dell’arma più potente del suo arsenale nel laboratorio ( troppo lontano da raggiungere anche tentando una corsa disperata ).
Non era riuscito a neutralizzarlo, ma lo aveva tenuto impegnato per il tempo necessario a Black Hat per fare ritorno alla magione.
Il suo capo era stato livido in volto non appena aveva messo piede nell’atrio e aveva trovato un campo di battaglia assolutamente devastato, la sua assassina inerme e priva di coscienza in un cratere creatosi nel pavimento, la sua cavia da laboratorio pateticamente rannicchiata dietro un vaso troppo piccolo per nascondere un orso della sua stazza, e il suo scienziato che, ormai disarmato, stava per ricevere il colpo decisivo da parte dell’intruso in colori sgargianti e capelli ingellati.
I suoi tentacoli avevano raggiunto l’eroe ad una velocità non percepibile da qualunque occhio umano, si erano stretti attorno al corpo muscoloso dell’intruso e avevano cominciato a strappare molto, molto lentamente. Black Hat se l’era presa comoda quella volta, lasciando a terra un cadavere irriconoscibile una volta che aveva fatto ritirare i tentacoli e riacquistato un atteggiamento quanto più vicino al suo normale e sofisticato sé stesso.
Flug si era alzato faticosamente da terra a quel punto, troppo distratto fino ad allora dall’inumanità che il suo superiore non mancava mai di dimostrare nei confronti di un avversario, soprattutto se non lo riteneva degno del suo tempo.
« S-signore… grazie per e-essere intervenuto… mi avete- »
Un’occhiata di duro snervo da parte di Black Hat aveva fatto arrestare il suo esitante avvicinarsi.
« Ti dispiacerebbe spiegarmi come un simile insulto all’esistenza sia stato capace di superare il sistema di sicurezza da te messo a punto, Flug? »
Flug aveva deglutito silenziosamente, cercando di non rifuggire lo sguardo inflessibile del suo capo, che pretendeva ora delle risposte da chi era di sua competenza fornirle – ovvero, lui.
« Una f-falla, signore… » Aveva mormorato, con voce più flebile di quanto avesse voluto.
« Una falla nel tuo sistema di sicurezza? » Aveva indagato Black Hat, le sopracciglia che stavano disegnando due rigidi archi sopra le fessure che erano i suoi occhi.
« S-sì… » Aveva mormorato lo scienziato. Non aveva seriamente avuto una risposta migliore da fornire al suo superiore e aveva temuto, quindi, che Black Hat si sarebbe infuriato quel tanto che bastava per farlo assomigliare ad una mostruosa pentola a pressione.
L’Eldritch lo aveva studiato dall’alto della sua rispettabile altezza per parecchi secondi di fila e Flug aveva sentito il suo già debole e consumato coraggio spezzettarsi sotto quello sguardo impenetrabile.
« Va a darti una ripulita e torna immediatamente qui a sistemare questo macello, Flug. » Gli era stato comandato al termine di quello scrutare così oppressivo. Flug aveva a malapena assentito con la testa a quell’ordine.
Non aveva indugiato un secondo di più nell’atrio, dimentico in quel momento del povero 5.0.5 e della malamente ferita Demencia.
Aveva voluto dire solo una cosa al suo capo prima di essere interrotto:
Mi avete salvato la vita.
Grazie, Jefecito.
Ma non aveva potuto pronunciare nessuna di quelle parole di riconoscenza, nemmeno durante i giorni seguenti.
 
 
Non accadeva di rado che Black Hat, qualora avesse bisogno dei progetti di passate e recenti invenzioni, lo chiamasse tramite l’interfono per chiedere che gli venissero consegnati suddetti progetti direttamente sulla sua scrivania.
Appena ricevuto l’ordine dal suo capo, Flug si era affrettato a raccogliere le carte richieste e ad imboccare il corridoio che portava all’ufficio del suo superiore.
Giunto davanti alla porta designata, bussò tre volte, prima di ricevere il permesso di entrare.
Black Hat era seduto sulla sua poltrona, con le mani intrecciate davanti al volto e i gomiti appoggiati sulla scrivania, in una posa che riusciva ad essere intimidatoria nonostante la postura almeno apparentemente rilassata del demone. Il suo occhio visibile lo scrutò fermamente sin dal suo ingresso nel locale fino al suo fermarsi al cospetto del suo datore di lavoro. Era un’azione da cui lo scienziato aveva lentamente imparato a non restarne intimorito, visto che era una strategia come un’altra sfruttata dal demone per affermare la sua supremazia su chiunque si trovasse in sua presenza. E Flug sapeva che l’Eldritch era perfettamente capace di non sbattere le palpebre per parecchi minuti di fila – anche per ore molto probabilmente –, il che rendeva qualsiasi gara di sguardi già persa in partenza.
« I rapporti e i progetti che avevate richiesto, signore. » Dichiarò, stendendo sulla scrivania alcune delle carte del mucchio che aveva sottobraccio. Cercò di eliminare le grinze più evidenti prima di farle scivolare in direzione di Black Hat, così che potesse visionare da sé nel caso non fosse convinto della sua spiegazione. « I primi prototipi dei propulsori al plasma saranno pronti tra due settimane per essere testati, collaudati e in seguito mostrati al pubblico, sono fiducioso che una volta verificata la loro efficienza la produzione in massa procederà spedita. »
Si sfilò da sotto il braccio altri due fogli, ripeté gli stessi procedimenti e si accinse di nuovo a spiegare.
« Questi sono i progetti della vostra macchina per la clonazione, una volta ultimati i nuovi propulsori al plasma mi metterò all’opera per iniziare la costruzione del primo prototipo. » E fu il turno del suo ultimo foglio di venir messo ordinatamente in mostra. « E questo è un progetto secondario di cui ho ultimato la costruzione: è una pistola congelante a base di azoto liquido, una volta premuto il grilletto il congelamento di qualsiasi nemico è pressoché istantaneo. »
Terminata la sua spiegazione, Flug attese il responso del suo capo, le mani coperte dagli spessi guantoni in lattice che armeggiavano leggermente con le maniche del suo camice col trascorrere dei secondi. E cominciò a pensare, a temere, che aveva detto qualcosa di sbagliato, forse non si era spiegato bene, aveva fatto del suo meglio per non balbettare questa volta
« Dopo tutto il tempo che ti ho concesso per arrivare a dei risultati, quando chiedo di vedere i cosiddetti ‘risultati’, non è un aggeggio per granite ciò che mi aspetto venga ultimato. » Parlò a denti stretti Black Hat, il labbro superiore che metteva in mostra le zanne verdognole. « Ci sono delle scadenze da rispettare, lo sai? »
Lo scienziato tremò in modo impercettibile davanti al tono pericolosamente intransigente dell’Eldritch, venato da un’irritazione ancora contenuta ( forse, solo in via momentanea ). Quei suoi tremori, per fortuna abbastanza innocui, non gli impedirono di replicare dovutamente all’istigazione del suo capo.
« S-signore, ciascuno di questi progetti per p-poter essere messo sul mercato funzionante deve essere costruito e testato con la massima attenzione. »
Non era un irresponsabile o uno stupido, Flug sapeva che c’erano scadenze da rispettare, ma era anche vero che Black Hat non poteva pretendere che estraesse armi ed invenzioni già ultimate dalla manica – o dal cappello a cilindro del già citato Black Hat, già che c’erano. Ognuna di esse richiedeva progettazione, ricerche e tempo, soprattutto tempo, e già lui sacrificava spesso e volentieri le sue ore di sonno per portare avanti il lavoro. Se lavorava troppo frettolosamente e sotto pressione, la percentuale di incidenti in laboratorio o in sede di dimostrazione sarebbe aumentata in maniera vertiginosa – e Flug sapeva quanto la cattiva gestione fosse per lui dannosa.
« Ne sono consapevole, dottore. Come sono consapevole che questa azienda ha, bensì, bisogno di rinnovare il suo catalogo se si vuole evitare il fallimento. » Lo interruppe Black Hat, stringendo le palpebre scure fino a ridurre gli occhi a due minacciose fessure, come se con tale sguardo l’Eldritch lo stesse sfidando a replicargli di nuovo.
Flug sbatté le palpebre da dietro i suoi occhialoni, ringraziando il cielo che lo spessore di questi ultimi avrebbe in parte occultato il suo lieve nervosismo.
« Ma è anche vero che l’Organizzazione Black Hat è solita promuovere l’efficienza del prodotto. » Asserì, mantenendo un tono quanto più tranquillo e diplomatico possibile nonostante il suo attuale stato d’animo tutt’altro che pacato.
« Oh, prendiamo dunque come esempio l’efficienza del tuo sistema di sicurezza? »
Lo scienziato si sentì preso contropiede dal tono intriso di accusa e di una punta di derisione con cui il suo capo aveva ribattuto. Sul volto di Black Hat, tuttavia, vi era un’espressione freddamente distaccata, le sue labbra formavano una dura linea. Questa volta, sacchetto e occhialoni non avevano potuto nascondere il suo sbigottimento davanti a quel contrasto tanto stonato.
Ma lo sbigottimento lasciò presto spazio allo sdegno sul viso dell’inventore. Questo era stato un colpo basso, meschino, e Flug faticò davvero a sopprimere la risposta scortese che avrebbe altrimenti lasciato la sua bocca.
« Signore, con tutto il rispetto… se siete insoddisfatto delle mie prestazioni, potreste comunicarmelo direttamente, non tramite simili commenti- » Infantili. « -inappropriati. »
« Non ho alcunché da comunicare, Flug. » Dichiarò Black Hat, con quello sguardo di velata sfida. Non aveva battuto minimamente ciglio dopo quell’affermazione, il suo occhio visibile lo stava fissando con un’intensità che nessun mortale avrebbe mai potuto imprimere in un solo e disarmante sguardo.
Lo scienziato strinse vagamente le dita in due pugni, trovandosi incapace di sostenere quell’occhiata per più di pochi, miseri secondi. Ed ecco l’emergere dell’atteggiamento cocciuto ed intrattabile del suo principale, che indicava ( come sempre ) che la conversazione era giunta davanti ad un vicolo cieco. Se stavano così le cose, allora restare lì rappresentava solo una perdita di tempo – evidentemente, un dialogo civile non poteva essere portato avanti quando si trattava con certe personalità.
« Farei ritorno al laboratorio, con il vostro permesso. » Mormorò Flug, sperando che il demone non lo trattenesse oltre.
Black Hat lo occhieggiò ancora per qualche breve secondo, secondi in cui l’inventore non seppe decifrare il fiume di pensieri che avevano tutta l’aria di star invadendo la testa dell’Eldritch.
« Permesso acconsentito. »
Quando la voce piatta del suo capo tornò a farsi udire, fu come se Flug si fosse improvvisamente svegliato da una trance. Era stato così concentrato nel difficile compito di leggere qualcosa in quell’espressione illeggibile che tutto il resto era venuto meno; ma non aveva intenzione di costringere il demone a ripetersi una seconda volta. Raccolse sbrigativamente le carte che aveva posato sulla scrivania, rinunciando in partenza a rendere meno evidente la frettolosità del gesto, o anche solo a sopprimere i tremori delle sue stesse mani. Nel momento in cui lasciò l’ufficio, non dedicò una seconda occhiata al suo capo – non desiderava certo incontrare lo sguardo che era stato fisso sulla sua schiena durante tutto il breve tragitto dalla scrivania alla porta.
Finalmente nel corridoio vuoto, Flug rilasciò un flebile ma irritato gemito. Ci mancavano solo le lamentele, solo le lamentele in aggiunta alla mancanza di supporto, o gratitudine, o almeno apprezzamento. Aveva sempre cercato di metterci l’anima nei marchingegni che creava, in quelli che considerava un po’ inconsciamente come dei figli, gli unici che potrà probabilmente avere nell’arco di tutta la sua vita… ma Black Hat non sembrava vedere tutto ciò e, se lo avesse mai ipoteticamente visto, adesso certamente lo ignorava.
Cosa stava facendo di sbagliato? Dove stava sbagliando…?
Si portò una mano contro il viso, a massaggiarsi la radice del naso attraverso la carta per frenare l’insorgere di quei pensieri. Era troppo nervoso in questo momento per tornare immediatamente al laboratorio ed irritazione e lavoro, solitamente, non costituivano un’accoppiata vincente. Forse, non gli avrebbe fatto male passare per la cucina e prepararsi una tazza di caffè, o una tisana rilassante.
Fu allora che le sue orecchie captarono la voce del demone pronunciare il suo nome con quel caratteristico gorgogliare di vocali e consonanti che gli era ormai inconfondibile. La porta aveva reso ovattate le parole che seguirono, ma lo scienziato fu comunque in grado di riconoscere il tono colloquiale con cui erano state espresse. Black Hat stava parlando con qualcuno… di lui? Sì, aveva proprio sentito bene, non si era certamente sbagliato.
Nonostante l’ancora percepibile agitarsi dell’irritazione nel suo stomaco, non gli fu possibile frenare l'emergere di un’insana curiosità. Forse non avrebbe dovuto assecondarla, origliare in generale non era la cosa più educata da fare ( e dire che a Black Hat non avrebbe fatto piacere scoprirlo era un eufemismo ). Il suo corpo stava già propendendo per fare un deciso dietro front e la sua mente era un cinquanta e cinquanta tra l’assecondarlo e il tornare, invece, al laboratorio.
Con un sospiro, Flug decise di assecondare la sua inguaribile curiosità. Tanto valeva a questo punto, visto che due terzi di lui si erano già messi d’accordo in partenza.
Si voltò, facendo attenzione che il camice non frusciasse troppo contro i suoi vestiti, e si piegò davanti alla serratura della porta per accostarvi l’orecchio.
« Mh? Che dire di Flug? È uno scienziato, fa quello che gli scienziati si suppone facciano. » Disse Black Hat, in risposta ad un interrogativo che non aveva udito, ma di cui poteva facilmente intuire il contenuto sulla base di quella replica. « Che domanda insignificante, dovresti saperlo meglio di me in cosa consiste il suo impiego. »
Un lieve rumoreggiare proveniente da un telefono fu l'indicazione, per Flug, che l'interlocutore con cui il suo capo stava conversando doveva aver risposto in virtù di quel commento provocatorio.
« Chi penso sarebbe più meritevole del posto che Flug occupa? Stai forse implicando qualcosa? » Chiese l'Eldritch, con un ringhiare accennato, di avvertimento.
Altro lieve rumoreggiare, più concitato del precedente.
« Quindi, secondo te, dovrei liberarmi di lui per fare spazio a qualcun altro? » Domandò Black Hat, con un tono di nascente ma già ponderata riflessione. Come se stesse davvero prendendo l'idea in considerazione, come se ci stesse rimuginando perché il pensiero lo attraeva.
Per Flug fu difficile trarre un respiro nel modo più silenzioso possibile, il petto gli dolse leggermente nel farlo, come se un batuffolo di cotone si fosse malamente incastrato nel suo esatto centro.
« Oh, certo... licenzio Flug – o, meglio, riduco quel vermiciattolo in poltiglia – e assumerò qualcuno che pretenderà una paga minore per una produttività maggiore. Immagina le urla, eh eh. » Pianificò ad alta voce Black Hat, con un pizzico di contentezza nella voce un pelo più civettuola del normale. « Non male come suggerimento. »
Flug si sentì quasi mancare la terra sotto i piedi, le sue ginocchia furono vicine a cedere da un istante all’altro sotto il peso del suo corpo. In un attimo, il cuore aveva preso a battergli veloce nel petto, tanto veloce che lo sentì pulsare nei timpani delle orecchie. Non poté ascoltare oltre.
Si tirò su in piedi, stringendosi tremando le spalle mentre lasciava il corridoio dell'ala personale del suo superiore, le dita che massaggiavano tremolando la pelle improvvisamente sudaticcia al di sotto dei suoi multipli strati di vestiti.
La risatina finale di Black Hat gli risuonò nelle orecchie come un infernale, stridulo campanellino, mentre percorreva la magione per raggiungere il suo laboratorio, mentre entrava nel laboratorio, mentre si lasciava cadere sulla sua sedia con la testa fra le mani, contenendo a stento un singhiozzo affannato e stroncato dal terrore, un terrore che gli stava ora mangiando il ventre e la pelle.
Non sapeva che, se fosse rimasto più a lungo, se avesse indugiato maggiormente davanti a quella porta, avrebbe potuto udire il pungente sarcasmo e la disapprovazione impregnare successivamente la voce dell'Eldritch.
« Non ero per nulla serio, testa di polpo. Come se fosse anche lontanamente vantaggioso sostituire uno come Flug. E non è certo colpa mia se non riesci a capire il mio sarcasmo! »
Se solo fosse rimasto più a lungo, Flug lo avrebbe udito.
 
 
La sua vita era stata rivoltata sottosopra da un giorno all'altro. Fino a poco prima di udire quelle parole, era stato ancora lo scienziato di Black Hat, il più grande villain che fosse mai esistito, una posizione ambitissima che era il Dottor Flug Slys a ricoprire con un silenzioso orgoglio, non qualcun altro. E ora... ora temeva per la sua vita, ora aveva paura di perdere la sua vita, e di non poter far niente per impedirlo.
Le notti erano insonni e le giornate erano stressanti, ogni qualvolta sentiva qualcuno avvicinarsi al laboratorio il suo respiro si inceppava dolorosamente e il suo intero corpo si tendeva come una corda sul limite di sfilacciarsi. Non importava fossero 5.0.5 o Demencia, il suo organismo reagiva sempre e comunque in quel modo finché uno dei due non compariva sulla soglia. Rare volte, era bensì Black Hat a fare il suo ingresso nel laboratorio… e l'aria, a quel punto, diveniva puro acido bruciante nei suoi polmoni.
Qualunque cosa stesse facendo, che fosse avvitare un bullone o miscelare sostanze chimiche in un'ampolla, Flug continuava a farla con un'automatica, metodica precisione, mentre i suoi sensi si proiettavano tutti sulla figura del suo capo, sulla consapevolezza della sua presenza, sul frusciare delle sue vesti e del cliccare dei tacchetti delle scarpe… tutti suoni che non potevano rivaleggiare col chiassoso battere del suo cuore angosciato ed impaurito.
Quando Black Hat se ne andava, spesso dopo aver scambiato poche parole con lui, lo scienziato si concedeva il lusso di sollevare la busta per asciugarsi il viso, cercando di regolarizzare il suo stesso respiro, mentre il malsano sollievo di averla scampata ancora una volta gli bagnava i sensi in ipertensione. Il suo stomaco rimaneva sempre un po’ annodato su sé stesso al termine di ogni visita, nodo che se era ora di pranzo o cena gli faceva passare l’appetito, che se era orario di riposo gli faceva ronzare il cervello sotto mille pensieri spasmodicamente agitati. Riprendere il lavoro dove lo aveva lasciato diveniva ogni volta sempre più difficile, costantemente più difficile.
Aveva paura di morire, non si vergognava nemmeno ad ammetterlo, o a dirlo ad alta voce qualora fosse da solo – e quella realtà diventava ancora più vivida quando quella confessione senza filtri lasciava le sue labbra tremule. E Flug non voleva morire, ma non poteva esattamente sperare di lasciare la villa indisturbato, Black Hat sarebbe andato su tutte le furie, lo avrebbe rincorso in capo al mondo, e una volta trovato – ed era certo che lo avrebbe trovato, perché nessuno poteva sperare di nascondersi per tutta la vita da Black Hat – lo avrebbe torturato spietatamente, e avrebbe indugiato nella tortura quanto più gli aggradava. A Flug non dispiaceva quando erano altri a divenire oggetto del divertimento del suo capo, m-ma lui… non voleva divenire lui stesso oggetto di quel sadismo agghiacciante, privo di una pietà che sarebbe stata inutile da invocare; Black Hat non aveva pietà per i suoi nemici e ne riservava ancora meno ai traditori.
Aveva paura di morire, e si stava scervellando per trovare un modo per scampare ad un destino che poteva diventare prossimo da un secondo all’altro.
Ed il punto di rottura era infine giunto prima di quanto credesse.
Stavano filmando una pubblicità per un nuovo prodotto, la presentazione stava andando bene, ma al momento della dimostrazione, nell’esatto momento in cui Black Hat aveva iniziato la dimostrazione, l’invenzione aveva avuto un malfunzionamento considerevole.
E l’ira dell’Eldritch non aveva tardato a scuotere l’aria del laboratorio.
« FLUUUG! DANNATO INCOMPETENTE! »
Flug sentì un paralizzante brivido lungo tutta la schiena in quel frangente e non badò alle risatine di Demencia, o al rannicchiarsi impaurito di 5.0.5.; badò solo all'incedere minaccioso, inevitabile, del più potente villain dell'universo, di cui si era attualmente attirato addosso le ire.
Oh no, o-oh no.
« S-signore i-io- io p-posso spiegare- »
In un battito di ciglia, Black Hat fu su di lui e gli artigliò il bavero del camice, i suoi piedi molli finirono a toccare terra solo con le punte.
« Spiegare COSA, Flug? Io vedo solo te e la tua solita inutilità espressa qui al suo massimo grado! »
I-inutilità? No, no, non poteva essere, Black Hat non stava mica p-pensando-!
« S-signore, l-la p-prego-! »
« Osi ancora ribattermi Flug? Vuoi MORIRE per caso?! »
Flug spalancò gli occhi, ogni centimetro del suo campo visivo traballante era occupato dall’espressione incollerita di Black Hat. L’occhio visibile dell’Eldritch era iniettato di rosso, un riflettersi di rubino si era rispecchiato sul vetro del monocolo, le zanne sporgevano da quelle labbra inumane come rasoi.
Il sacchetto divenne una scatola che non faceva filtrare ossigeno e Flug tremò incontrollatamente, i denti affilati del suo capo così pericolosamente vicini al suo viso avrebbero potuto strappargli la carne dalle ossa in un solo morso ed emanavano un inquietante alone verdastro a causa della saliva.
Un estenuante e lungo brivido gli attraversò la schiena, gli intirizzì la pelle e lo raggiunse in viso, dove le lacrime si accumularono in un attimo all’interno dei suoi occhialoni.
“ Mi vuole uccidere. ”
Quel pensiero era stato la goccia che aveva fatto traboccare il suo vaso di contenimento, riempito fino all’orlo dopo tutte le volte che credeva di aver avuto salva la vita, ma che ora poteva solo strabordare, perché il fato lo aveva finalmente raggiunto – e lo aveva fatto con la promessa di un dolore che aveva solo voluto rimandare e rimandare e rimandare ancora.
La paura si tramutò in terrore e Flug spinse con tutte le sue forze contro la presa delle mani di Black Hat.
Il demone miracolosamente lo lasciò e lo scienziato si ritrovò carponi a terra, in iperventilazione, le mani che a malapena lo reggevano da quanto tremavano – ma il resto del suo corpo non fu altrettanto impreparato.
Le sue gambe si mossero in autonomia, lo fecero filare via fuori dal laboratorio e giù nel corridoio, i piedi che a stento toccavano terra. Doveva fuggire, Black Hat lo voleva uccidere, lo avrebbe ucciso, lo avrebbe fatto sicuro, e lui non sapeva dove scappare, non sapeva come salvarsi, n-non c’era modo di s-salvarsi.
Aveva cercato di non fare passi falsi, aveva oh così disperatamente cercato di rendersi di nuovo indispensabile agli occhi del suo superiore, ma era stato tutto inutile, tutto i-inutile. Inutile come la sua solita i-inutilità...
Si era lasciato cadere a peso morto sulle sue ginocchia ad un certo punto, incurante di dove si trovasse, di dove il suo corpo in preda al panico lo avesse portato.
Respira, respira, respira – ma a cosa sarebbe servito respirare, quando aveva probabilmente fatto infuriare il suo capo per quella che era la volta decisiva, per quella che era la volta fatale? La volta fatale, la volta fatale, la volta in cui quegli artigli gli avrebbero tirato fuori le interiora, la volta in cui quei tentacoli lo avrebbero fatto a pezzi, la volta in cui il suo genio non lo avrebbe aiutato a salvarsi.
Una folata di vento, che gli gonfiò il camice e si infiltrò tra i suoi vestiti fino a gelargli la pelle sudaticcia, lo rese finalmente consapevole di dove si trovava: il tetto della magione.
Flug si strinse addosso i suoi indumenti da lavoro, con le mani che scavavano in profondità nei suoi avambracci, le lacrime che stavano bagnando le guance ed appiccicavano la carta al suo viso. Tutto ciò che poteva ormai fare era aspettare l'arrivo del demone, sperare che Black Hat non sarebbe stato dell'umore per prolungare le sue sofferenze.
Una parte dentro di lui protestò contro quel pensiero: non voleva morire in questo modo, non voleva morire soffrendo come un cane! Non era dignitoso andarsene così, non era dignitoso lasciare che fosse Black Hat a decidere del suo destino!
Ma non aveva molto tempo, non aveva più tempo.
Si alzò in piedi, raccogliendo le ultime forze rimastegli in corpo per avvicinarsi al limitare del tetto. Le uniche risorse che poteva utilizzare in un luogo del genere era l’altezza e la velocità di caduta del suo corpo. Forse era per questo che i suoi piedi lo avevano portato lì, forse perché inconsciamente aveva già deciso cosa doveva fare.
Un'altra folata di vento lo scosse non appena abbassò la testa, a fissare il giardino sul retro della magione che si estendeva sotto di lui. Erano... q-quanti metri potevano essere? Una cinquantina? Una settantina? Di meno? Da quell'altezza ogni cosa a livello del terreno gli sembrava piccola, piccolissima, minuscola. Aveva pilotato aerei in grado di giungere ad altezze molto più elevate di questa e aveva osservato decine di paesaggi senza mai sentire un principio di vertigini stringergli lo stomaco. M-ma adesso... adesso le sue caviglie erano divenute di gelatina, il suo stomaco sembrava essergli finito in gola, le lacrime sfocavano una vista già annebbiata e nauseata.
Era alto, e-era troppo a-alto... non poteva saltare, non riusciva a muoversi.
Lo scienziato piangente incassò la testa tra le spalle, seppellendo il viso nei suoi spessi guantoni. Nemmeno la prospettiva di una minore, quasi nulla sofferenza sembrava convincerlo a fare neanche un passettino.
Era finita.
Lui era finito.
« FLUG! »
Oh no, oh no, no no no nononono, lui non era pronto, non era p-pronto, NO-
Un tentacolo si avvolse fulmineo attorno alla sua vita e Flug strillò atterrito, il terreno gli mancò da sotto i piedi e venne strattonato all'indietro.
« No! N-no, no, no, mi lasci, mi lasci la p-prego, mi lasci vivere! »
Flug non aveva nemmeno prestato attenzione al tono con cui il suo nome era stato pronunciato, o neanche a come il tentacolo che lo stava reggendo non stesse applicando più della pressione necessaria a reggerlo adeguatamente e vincere il suo disordinato dimenarsi.
Quando l'appendice lo lasciò, l'inventore crollò a terra, mormorando suppliche incoerenti e sempre più prive di un senso logico man mano che i secondi scorrevano... e nulla era ancora successo.
Fu allora che Flug si accorse che qualcosa sembrava essere fuori posto in quella situazione, tanto fuori posto da lasciargli una sensazione di estraniamento lungo la schiena... la stessa sensazione che provi quando qualcuno ti sta fissando intensamente da un discreto margine di tempo.
Lo scienziato abbassò timorosamente le mani e con un timore ben più considerevole sollevò il capo: Black Hat lo stava osservando in silenzio dall'alto della sua rispettabile statura, le sopracciglia erano severamente calate sui suoi occhi in una percepibile confusione, le sue labbra leggermente sporgenti evidenziarono ancora di più il suo anomalo stato d'animo.
Flug sbatté gli occhi, strizzando le palpebre per schiarirsi la vista appannata. Non c'era più rabbia in quell'espressione, non c'era nemmeno una furia sanguinaria ad agitarsi all’interno degli occhi del demone, e lo scienziato si trovò in uno stato di inaspettato smarrimento nel notare l’assenza di entrambe.
« Flug, ma che diavolo...? » Gli domandò Black Hat con un vago sentore di sconcerto, davanti a cui Flug non seppe come reagire. Doveva essere lui quello che aveva il diritto di esternare una simile esclamazione, ma restò invece pietrificato nell'ammutolito silenzio che stava ostentando ormai da qualche secondo.
L'appena visibile confusione sul volto del suo superiore si irrigidì in uno dei suoi soliti cipigli, eccetto che non era il suo solito cipiglio; vi era una strana sfumatura a differenziarlo dai suoi simili, una sfumatura che Flug non colse completamente per quanto era sottile ed estranea sul viso inumano di Black Hat.
« Alzati, Flug. »
Lo scienziato ebbe un brivido quando la voce lievemente gorgogliante del suo capo lo distrasse da quel loro fissarsi.
Chinò d'istinto la testa, rattrappendosi un poco su sé stesso mentre un consistente timore si stava ancora agitando come una trottola impazzita all'altezza del suo petto. Non sapeva cosa stesse succedendo, non aveva assolutamente idea di cosa stesse succedendo, la sua mente da un accatastarsi di pensieri di morte e dolore era divenuta un muro bianco e anonimo.
« È un ordine. »
Flug tremolò leggermente, costringendosi comunque a rimettersi in piedi. Il suo respiro usciva a singhiozzi appena udibili dalle sue labbra e le sue dita erano come attaccate coi chiodi ai suoi avambracci. Era ora, era qui che Black Hat lo avrebbe ucciso, qui, in piedi come un condannato a morte, tutto perché lui non aveva avuto il coraggio necessario per salvare quel poco di dignità che ancora gli restava.
Una mano gli venne posata sulla schiena, quasi al centro delle scapole, e l'inventore sobbalzò distintamente, sopprimendo a stento un urletto intimorito. Si stupì allora di vedere il demone in piedi al suo fianco, con un silente comando nel suo sguardo di iniziare a camminare, rinforzato dal contatto di quella mano.
Flug deglutì piuttosto rumorosamente, il tremare delle sue labbra venne nascosto dalla carta del sacchetto stropicciato ed inumidito. Doveva obbedire, doveva solo obbedire, non c'era altra scelta che potesse prendere; la sua unica possibilità di scelta se l'era già giocata, lasciata già sfuggire in un momento di codardia, di debolezza.
Si lasciò condurre via da Black Hat, mantenendo il capo basso e il suo singhiozzare ridotto al minimo.
Scesero dal tetto in religioso silenzio, senza guardarsi l'un l'altro una volta di più.
 






Sameko's side
Da dove partire con questo angolo autore, se non professando il mio amore per Villainous ( e per la Paperhat, ovvio )? :D Avevo scritto questa storia in estate, quando in rete giravano ancora i primi dieci corti, il fandom all'estero era davvero in rapida espansione e il mio entusiasmo era alle stelle. E niente, ho deciso di riprenderla in questo momento perché ho un piccolo blocco dello scrittore e pensavo che correggere qualcosa di già scritto avrebbe aiutato a sbloccarmi ( successo parzialmente raggiunto ). Non è nulla di speciale a livello di storyline, volevo scrivere qualcosa di semplice per prenderci un po' la mano con questi nuovi personaggi, ma spero che qualcuno possa comunque gradire. ^^"
Piccola nota: il personaggio con cui Black Hat stava parlando è una mia OC, che non farà nessuna apparizione in questa fanfiction, ma che probabilmente sfrutterò in futuro per una long, sempre se l'ispirazione vorrà. :)
Come avrete potuto intuire, ho già la storia completa sul mio computer e avviso che si concluderà con la pubblicazione del terzo ed ultimo capitolo. A quando il prossimo aggiornamento, quindi? Quando avrò voglia di correggere, ecco quando. ^^"
Alla prossima e baci!

Sameko
 
   
 
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