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Autore: AintAfraidToDie    13/11/2017    2 recensioni
Mi sono riscoperta bastarda, da quando non ci sei più tu; l’indifferenza che mi ha sempre contraddistinto ha lasciato il posto ad un disagio che mi attanaglia minuto dopo minuto. I miei pensieri si sono fatti pian piano sempre più stronzi, impregnati di odio e di malessere. Perché è proprio vero: quando non stai bene tu, non vuoi che stiano bene neanche gli altri. Non ci credevo, prima, o forse non ci volevo credere: guardo con disprezzo le coppiette felici ed auguro loro una prossima rottura; mi disgustano i volti sorridenti e mi giovo di lacrime e lamenti. L'uomo è per natura un essere egoista, no? Lo so, il mondo non gira intorno a me. Ed io sono solamente l'ennesima persona innamorata, dichiarata, rifiutata. Ma come posso fare a meno di questo egocentrismo, se è l'unica cosa che mi rimane? Se smetto pure di pensare a me stessa, dov'è che vado a batterlo, questo mio fottuto capo? 'Affanculo, mi rispondo ironicamente. Ti ci ho mandato così tante volte, in questo rinominato posto. Mi piacerebbe raggiungerti.
[Fem!Sherlock] [Viclock] [Prequel di "Wild Thoughts"]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mycroft Holmes, Sherlock Holmes, Victor Trevor
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Premessa:

 

Salve a tutti! Allora, eccomi con un nuovo “esperimento” alquanto particolare; come sempre, oserei dire. La premessa è doverosa per spiegare il significato di tale storia: le Viclock non sono sicuramente la mia passione, ma volevo alimentare ancora l’universo da me creato con “Wild Thoughts”. Questo mio scritto si può infatti considerare un prequel della storia, quindi credo che sia necessario aver letto la sopracitata per comprendere e per farsi contagiare dall’angst pesantissimo che è intrinseco in queste righe. Volevo anche specificare che la Sherlock diciannovenne di questa OS mi pare alquanto OOC; mi dispiace, poiché apprezzo il rimanere nel personaggio, ma durante la stesura mi sono fatta come mio solito prendere dai miei sentimenti personali ed alla fine il risultato mi è sinceramente piaciuto così come è. Spero che le mie parole possano emozionarvi. Buona lettura!

 

 

"Momenti no.

Unsent letters."

 

 

 

 

 

 

“Quanti momenti no, quanti progetti; e poi?

Nonostante ti amo non funziona tra di noi.

Ma se ti incontro per la strada con un'altra non lo so..

Le prenderò di scatto il collo, la spingerò e la strozzerò.”

 

 

 

 

03/05/2012

 

Fin dove può spingersi la follia umana? È una domanda che mi pongo di continuo, rinchiusa in camera, accompagnata soltanto dalle mie fedeli cuffie nelle orecchie e da questi stupidi pensieri. Stupidi, perché fanno male. Stupidi, perché sono veri. Reali. Tangibili.

Mi rispondo che non c'è limite alla pazzia, come non c'è cosa che possa mettere la parola “fine” davanti alla cattiveria, alla malignità, alla sofferenza.. all'amore. Mi sono riscoperta bastarda, da quando non ci sei più tu; l’indifferenza che mi ha sempre contraddistinto ha lasciato il posto ad un disagio che mi attanaglia minuto dopo minuto. I miei pensieri si sono fatti pian piano sempre più stronzi, impregnati di odio e di malessere. Perché è proprio vero: quando non stai bene tu, non vuoi che stiano bene neanche gli altri. Non ci credevo, prima, o forse non ci volevo credere: guardo con disprezzo le coppiette felici ed auguro loro una prossima rottura; mi disgustano i volti sorridenti e mi giovo di lacrime e lamenti. L'uomo è per natura un essere egoista, no? Lo so, il mondo non gira intorno a me. Ed io sono solamente l'ennesima persona innamorata, dichiarata, rifiutata. Ma come posso fare a meno di questo egocentrismo, se è l'unica cosa che mi rimane? Se smetto pure di pensare a me stessa, dov'è che vado a batterlo, questo mio fottuto capo? 'Affanculo, mi rispondo ironicamente. Ti ci ho mandato così tante volte, in questo rinominato posto..

Mi piacerebbe raggiungerti.

 

Eppure avrei dovuto dirtelo tanto tempo fa, “amami di più quando commetto sbagli, quando non me lo merito”. Perché non so come hai fatto a non capirlo, o magari l’hai compreso adesso; io sono un errore continuo. Sbagli, cazzate, pentimenti: la mia vita si è sempre basata su questo ciclo di azioni e sensazioni negative. Non ho mai fatto la scelta giusta ed ancora ci penso sopra, “come sarebbe stato se..?”.

Ma è inutile parlare al condizionale. A dir la verità attualmente mi sembra inutile anche respirare, o scrivere questa roba. Non ho mai scritto in tutta la mia vita, Victor, lo sai? Non so perché sto facendo tutto questo; forse perché ai miei occhi ogni cosa appare come abbastanza mediocre, da quando la nostra storia è finita.

 

Anche stanotte ti ho sognato; non ne posso più, lo ammetto. Ma eravamo dentro una macchina, molto probabilmente quella di mia madre, e tu mi ripetevi in una sorta di litania che te ne dovevi andare.

“Resta, resta, resta.” ti dicevo io in risposta, avvicinandomi sempre di più. Ti abbracciavo tremando e muovendomi a scatti, con il timore che tu ti allontanassi; ti toccavo la pelle come se non l'avessi mai fatto.

“Ti amo, ti amo, ti amo.” ti ripetevo ancora, accarezzandoti una guancia ed evitando di guardarti negli occhi: non lo volevo proprio vedere, quel tuo sguardo freddo e distante che ormai mi riservi da un po’. Fa veramente male.

Ma all'improvviso ecco che rispondi al mio abbraccio; mi inizi ad annaspare nervosamente su una spalla e poi mi fissi, indecifrabile. Infine soltanto un piccolo tocco di labbra appena accennato; la tua bocca fredda che riesce a farmi andare in ebollizione il cuore.

“Mi manchi, mi manchi, mi manchi.. da morire.” continuavo, mentre mi iniziavi a sfiorare la carne nuda del bassoventre, facendomi eccitare in un attimo: solo tu sai dove mi piace essere toccata; solo tu sai farmi questo effetto.

Poi mi sono svegliata. 'Fanculo.

 

Sono arrivata a pensare che la mia sia proprio una fottuta dipendenza a tutti gli effetti, sai? Come quella che ho per le maledette sigarette, ma nel tuo caso è molto più grave.

E fa male, fa male vedere ed avvertire che è una cosa a senso unico. Che per te non è più così; mi vuoi bene, ma poi? Come puoi semplicemente voler bene ad una persona che hai amato, che hai baciato, che hai tenuto per mano, con cui hai fatto l'amore mille e più volte? Qual è la differenza, tra me e te? Io lo so. Tu, per me, sei stato l'unico.

Io, per te, sono semplicemente stata una delle tante. Quelli provati insieme a me sono stati sentimenti che avevi già sperimentato; io invece non avevo mai avuto una storia come la nostra in tutta la mia vita. La mia prima volta. I miei primi ed unici pianti di felicità.

Adesso non c'è più niente. Se piango è per dolore e se rido è soltanto una messinscena recitata male. Mi costringo ad andare avanti per inerzia, vivendo queste mie pessime giornate, una peggio dell'altra. Mentre mi distruggo il cuore pensando a te con lei, chiedendomi se le dici le stesse identiche cazzate romantiche e sdolcinate che sussurravi a me, che mi facevano stupidamente sognare una vita insieme. Mi hai ingannato dicendomi che ci saresti stato per sempre. Bugiardo.

 

Ma come faccio, come faccio a cancellarti? Non mi è possibile, lo sai meglio di me. Non ho le tue stesse capacità di rimozione; sono stata capace di tenere chiuso il mio cuore per un decennio, poi sei arrivato tu ed hai rovinato tutto. Ora anche se scorgo la tua figura per un millisecondo dalla macchina mi si ferma il cuore e le lacrime spingono per uscire.

Sai, non ho mai pianto così tanto in vita mia. Dovrei odiarti, per tale motivo, ma non ci riesco.

 

Mi hai detto che sarebbe una vigliaccata lasciare lei, ma non ti pare una vigliaccata anche farmi stare così? Nell'attesa, nel ricordo, in una morte costante di anima e cuore. Vivo solo quando sono insieme a te, ti vedo e ti tocco. Il resto del tempo è un continuo farsi logorare dalla tua assenza e dai sentimenti che essa mi fa provare.

Mancanza. Frustrazione. Rabbia. Malinconia. Tristezza. Non li sopporto, Victor, non li sopporto più.

 

Io credo che nessuno potrà mai amarti quanto ti sto amando io; e non lo dico per egocentrismo, lo dico perché lo sento. Ho sopportato cose che nessuno avrebbe mai accettato, ho combattuto contro tutto e tutti, ho tenuto duro e stretto i denti fino ad indolenzirmi la mascella. Ed adesso? È questa, la ricompensa?

Altre lotte, altro da sopportare. Mi sembra quasi che tu mi stia mettendo alla prova.

Ma non ho più niente da dimostrarti. Sono qui, senza riuscire a staccarmi da te, mentre tu ti diverti con qualcun'altra. Ed io continuo a RESTARE senza aprir bocca, anche quando mi sento dire “sarebbe meglio che tu non mi dicessi che mi vuoi, per rispetto di lei.”; mi fai gelare il sangue, cazzo. Ma quale rispetto? Come posso avere dei riguardi verso la persona che adesso possiede ciò che io più bramo; dimmi, fossi tu al mio posto, ce li avresti veramente? Ho già fatto tanto, le ho provate tutte ottenendo solo insuccessi e fallimenti, ma non riesco a darmi per vinta. Il mio cuore non me lo concede. Mi ordina di continuare a dimostrarti che TI AMO, che non posso stare senza di te, che per me continui ad essere LA MIA VITA. Anche se i risultati di ciò che faccio per te sono sempre riassumibili con un colpo doloroso al cuore, non m'importa: TI RIVOGLIO. Ti voglio al mio fianco, ti voglio chiamare almeno quattro volte al giorno, voglio vederti ogni pomeriggio o ogni sera, voglio baciarti, voglio accarezzare ogni centimetro del tuo corpo, voglio abbracciarti, voglio ridere insieme, voglio fare l'amore con te e sentirmi tua, solo tua.

Sai, adesso mi sento come se fossi di nessuno.

 

Ma non lo vedi che quando mi tocchi tremo, mi si velocizza il respiro?

Ma non lo vedi con che sguardo ti osservo, perso nel cercare di memorizzare ogni tuo piccolo dettaglio, perché ogni volta che ci vediamo vivo con il timore che sia l'ultima?

Ma non ti accorgi che io e te non possiamo stare lontani, che siamo fatti l'uno per l'altra?

La verità è una, secondo me non c'è alternativa: io e te facciamo rima. Tu sei capace di mandarmi in Paradiso o all'Inferno con un unico gesto, con una sola parola. Tipo ieri notte, quando mi hai chiamata all'una per domandarmi come stavo; ero contentissima ed il cuore mi batteva a mille. Avrei voluto stare al telefono con te almeno un'ora, come ai vecchi tempi, quando ci vedevamo la sera ed appena arrivavo a casa ti richiamavo per darti la buonanotte “per bene”. Era fantastico, non trovi?

 

Dici “la minestra riscaldata non è mai buona”, ed io potrei capirti e potrei darti anche ragione, se tu ti riferissi ad una storiellina qualsiasi. Ma davvero hai il coraggio di pensare queste cose di noi? Io lo so, io so già tutto di un nostro futuro possibile. Perché me lo sono immaginato giorno per giorno in questi due mesi d'Inferno; da quando ci siamo lasciati. Sognare qualcosa che prima o poi spero si avveri è l'unica attività che mi fa stare bene. Sono patetica, lo so.

 

Ma non ci sei più ad ascoltarmi tutti i giorni, a farmi stare bene anche se ho passato una giornataccia. A farmi i complimenti quando prendo un bel voto a scuola, a dirmi “secchiona di merda”. Ho paura anche di chiamarti, di sentirmi ripetere ancora “non ho tempo, non ho tempo, non ho tempo!”.

 

Sai, ho trovato una tua foto su facebook, nel profilo di quel tuo caro amico che mi sta sulle palle. Risale al 2007, sembri quasi un bambino: l'ho salvata sul computer ed ho passato almeno mezzora a guardarla. Hai una frangina piastrata veramente sudicia, con le labbra serrate fai un sorriso strano, ti senti gasato e si vede. Ma sei bellissimo, davvero. Non saprei spiegare a parole cosa io provo verso di te, ma è dalla seconda superiore che ti trovo magnifico, ti rendi conto? Io, la glaciale ed inarrivabile Sherlock Holmes: eppure ho rimuginato su di te per tre anni, senza avere nessuna speranza di poterti avere. Guardandoti da lontano mentre te ne stavi con un'altra idiota, sognandoti ogni tanto per poi dirmi “Sherlock, smettila, non ha senso pensarlo”. Riuscivi a spezzarmi il cuore senza nemmeno conoscermi, ma io continuavo a trovarti il ragazzo più bello e speciale di tutti. Con quei dentini che tu odi, ma che io trovo tenerissimi. I tuoi occhi un po' stranamente orientali, il nasino all'insù. La pelle chiara, i capelli che fanno sempre e comunque i cazzi loro. Amo anche i tuoi peli, te lo giuro. Anche se mi hanno sempre dato fastidio, adesso li accetterei pure se si fossero moltiplicati. Le tue voglie più chiare sulla pelle, le cicatrici. L'ombelico con i perenni pelucchi delle canottiere di lana, la barba a chiazze, il pancino. Le unghie sempre troppo lunghe e le tue mani grandi e forti, che tenevano le mie e mi facevano sentire al sicuro; una sensazione che mai avevo provato prima: la voglia di lasciarmi andare, la consolante resa delle mie impenetrabili difese.  

Ti amo tutto. Ti rivoglio, tutto.

 

Non c'è nessuno che possa cambiare il mio sentimento per te, lo sai? Questo perché finché ti amo, non potrò mai innamorarmi di nessun altro: il mio cuore è pieno di te ed in stand-by per il resto del mondo. Adesso sono di nuovo fatta di ghiaccio: non ho sensazioni, non voglio bene a nessuno. Esco il sabato sera, mi ubriaco pesantemente e trovo qualcuno con cui scopare; il mio è solo un aprire le gambe come un automa ed un lasciarsi prendere provando piacere fisico e nessun trasporto emotivo. Tornata a casa, mi sento peggio di prima e penso che mi faccio schifo.

Quando sono lì autorizzo me stessa pensandola come una specie di ripicca: vorrei tu fossi geloso. Vorrei che mi dicessi “sei mia, mia e basta, non farlo più”.

Eseguirei i tuoi ordini, se non l'hai capito.

Vorrei che capissi che non ce la faccio a voltare pagina. Questo libro, il mio ed il tuo, per me non è ancora finito: ci sono almeno altre mille pagine da scrivere. Vorrei che quello che sto vivendo adesso fosse solo un capitolo di intermezzo, un’inserzione insignificante: “fra poco passerà”; dimmelo, per favore. Ne ho troppo bisogno.

 

 

 

04/05/2012

 

Ed invece eccomi ancora qui, davanti a questo computer a scriverti ed a fumare una sigaretta dopo l'altra; anche se ho una tosse che fa paura, chissenefrega. Preferisco tossire fino a vomitare un polmone piuttosto che togliermi questo vizio: sarà anche una cosa solamente psicologica, ma mi viene naturale nei momenti di crisi affidarmi ad il fumo di un cicchino. Mi tranquillizza, almeno un po'. Ognuno ha le sue, no?

Di recente mio fratello mi ha detto che secondo lui sono una malata di mente patologica, perché continuo a correrti dietro come un cagnolino. Dice che non te lo meriti, che non ne vale la pena; che potrei trovare centinaia di ragazzi meglio e che è inutile sprecare tempo, lacrime e forze per un tipo come te. Io ho risposto che è tutto vero, questo suo tipico e razionale discorso da persona anaffettiva non ha una virgola fuori posto, ma la verità è che lui non sa. Non sa di tutto quello che abbiamo passato, di tutti i sorrisi, le emozioni. Non sa delle lacrime, dei pianti, dei baci. Non sa delle fughe in motorino, della complicità che c'era tra me e te, come se ci conoscessimo da una vita. Non sa proprio niente.

Però mi sorge un dubbio, adesso: non è che anche tu hai scordato tutto?

 

Ho paura, forse per la prima volta in tutta la mia vita. Paura di restare per sempre qui da sola, ad aspettare un treno che non arriverà mai. Paura di continuare ad esistere in questa maniera; anzi, a sopravvivere. Senza riuscire ad andare avanti e trascinandomi di qua e di la, fra una discoteca e l'altra ubriacandomi, non capendo nemmeno il senso delle azioni che faccio. Stampandomi un sorriso accattivante sulla bocca, spengendo il cervello perché è così che deve essere e basta. Niente ha un significato preciso, ho perso anche l'appetito e la voglia di abbuffarmi delle poche cose che mi piacciono: non hanno sapore. Tutto è solamente una grande merda.

 

Dormo coi pupazzi che mi hai regalato stringendoli forte, cercando di ricreare quell'abbraccio intenso; ma essi sono solo oggetti inanimati, neanche riescono a darmi calore. Piango dentro quel letto che ha raccolto tante nostre notti, a dormicchiare stretti stretti o a fare l'amore piano, per non essere scoperti.

Come faccio ad assopirmi tranquilla dentro un mare di ricordi? Eppure il sonno è l'unico rimedio a questo stato di malessere perenne. Quando dormo, sto bene. Vorrei addormentarmi e non svegliarmi più. Sai, credo che la mia adesso non si possa denominare vita: un'esistenza così orrenda non vale la pena di essere vissuta, detto sinceramente. E con questo non voglio farti recepire il messaggio “o torni da me o mi ammazzo”; è solo una mia verità: non dico cazzate quando ti scrivo che non riesco a vivere senza te.

 

Here without you: ho deciso di tatuarmelo sulla nuca perché non c'è frase più azzeccata. È dedicata a lui, è dedicata a te. Non c'è più mio figlio, non c'è più il mio amore. Sono sola, senza le due persone più importanti per me. Dilaniata da un dolore forse troppo forte per questo corpo fragile, per quest'anima provata. Non c'è pace per me, ormai questo l'ho capito; pensavo di poterla trovare, credevo che ce l’avrei fatta sempre, nonostante tutto. Ma non ha senso se l'unica cura per l'anima è l'amore quando è proprio quest'ultimo a farti impazzire. 

 

Here without you: me lo tatuo sulla nuca perché il mio corpo ormai è poco più di un foglio di carta, ed io ci scrivo sopra quello che non voglio dimenticare. Un senso di te e di lui rimarrà sempre stampato sulla mia pelle, e per quanto chiunque potrà impegnarsi a cancellarlo, non se ne andrà mai via. Rimarrai imprigionato insieme a quel ricordo spietato; ancora ben impresso nella mente insieme ai segni di una crudeltà che non mi meritavo. Perché mi ha spezzato, troppo.

 

Here without you: lui non potrà mai tornare indietro; mi dovrò arrendere ad una convivenza con questo lutto eterno. Ma tu puoi, tu puoi tornare qui.

Rivivere quei momenti ed inventarne di migliori. Puoi cambiare radicalmente tutta la mia vita attuale con un solo “sì”, oppure decidere di continuare a portare avanti questo martirio su di me. Ma lo sai, lo sai che io non me ne andrò mai. Perché senza di te sarei più libera, ma intanto sbatterei i pugni contro un muro per riaverti. Ed allora ti chiedo di portarmi altrove, dove non c'è nessuno che sappia di noi.

Perché non proviamo a ricominciare da capo? Fammi vedere come si muore senza che nessuno viva di noi. Solo io e te, stavolta. Nessun altro nel mezzo, né genitori, né amici scomodi. A me basti tu, Victor.

 

 

 

05/05/2012

 

Non mi chiami e mi distruggi. Non c'è neanche un attimo di tempo per me, nella tua vita. Me ne accorgo da queste piccole cose; nemmeno un "oh, come stai?" mi merito, evidentemente.

Quanto valgo ancora, per te? Vorrei poter entrare nella tua testa, nel tuo cuore, per osservare adesso che posto mi è stato riservato. L'ultimo? O magari nemmeno quello?

È in momenti come questo che vorrei mandarti a quel paese e sparartele a zero, infamarti fino a non avere più fiato, vomitarti addosso tutta la mia rabbia ed il mio dolore, per farti capire che conseguenze hanno le tue azioni su di me. Ma a cosa servirebbe? Proverei sollievo per la prima mezz'ora, poi me ne pentirei e verrei a chiederti scusa. E tutto ricomincerebbe da capo, ancora. Grazie a questo anno praticamente chiusa in casa ho capito che a nessuno gliene frega un cazzo di me: nessuna chiamata, nessun messaggino, nessun “Sherlock, rimettiti presto”.

Sono sola come un cane, ma a te di questo fatto te ne importa il giusto, no?

Anche tu mi hai abbandonata come tutti. Questa vita mi fa sempre più schifo e non ho proprio più voglia di affezionarmi a nessuno. Forse è vero, Mycroft ha ragione: meglio soli che mal accompagnati. Meglio soli, apatici e privi di sentimenti. Meglio soli e freddi come il marmo. Meglio soli per tutta la vita.

Eppure mi domando una cosa: se tu riuscissi ancora a leggermi dentro come prima, a vedere quanto grande è il mio amore, avresti davvero il coraggio di trattarmi così? Sai, io come una stupida bambina giro ancora ogni volta la sigaretta del desiderio pensando a te.

 

Mi hai richiamata verso le 15. Hai dormito fino a tardi e ieri sera eri in paese con lei. Beh, mi sono abituata a non fare più domande e ad evitare di chiedere spiegazioni: non ne ho il diritto. Mi adeguo a quel che tu mi dici. Lo sai cosa mi sconvolge di più? L'impassibilità con la quale ascolti e rispondi alle cose che ti dico al telefono. Discorsi pieni di silenzi e di frasi fatte, nessun commento degno di nota; parole che sembrano entrarti da un orecchio ed uscirti dall'altro. Ma forse tu non puoi comprendere il fatto che io soppeso ogni minima sillaba che esce dalla tua bocca. Faccio finta di niente, mi sforzo di parlarti serenamente: sembra l'unica maniera per continuare la conversazione. Ma anche in quel caso essa viene portata avanti quasi ed esclusivamente da me; allora mi sorge un dubbio: non è che tu non riesci più a parlare con me? Eppure dal vivo è diverso. Quando sei davanti a me vedo i tuoi occhi che non sembrano affatto scocciati; la tua bocca pronuncia velocemente parole ed il tuo corpo mi cerca, mi vuole. Certe cose riesco a notarle facilmente, lo sai, no?

È come se tu volessi costruire una barriera: quando hai a che fare soltanto con la mia voce recepita attraverso un apparecchio elettronico ce la fai, ma faccia a faccia è tutta un'altra storia. Poi potrei sbagliarmi, certo, ma la mia sensazione è questa.

 

Quanto vorrei che non esistessero i cellulari: i rapporti sarebbero più semplici e più veri, anche. Al massimo ci si potrebbe servire di qualche lettera; no problem, attualmente sembra essere il mio forte.

Ti ho raccontato di un libro che mi commuoveva, ricordi? Anche se un po' me ne vergogno, vorrei narrartene la trama: una ragazza nipponica fa un viaggio a Roma e lì incontra un uomo, se ne innamora. Quando torna in Giappone viene a scoprire che suo padre – mai conosciuto – è morto e che ha un fratello; egli è il ragazzo di cui si era innamorata durante il suo viaggio in Italia. Iniziano da qui una serie di disavventure per la coppia incestuosa, che pur sapendo di non potersi amare non riescono a fare a meno di questo sentimento. Tutti sono contro di loro, li giudicano e cercano di allontanarli, a volte anche riuscendoci. Alla fine decidono di scappare di nuovo in quel luogo che li aveva uniti per la prima volta; il treno però si schianta e tutti danno per morto il ragazzo. Lei, sconvolta e distrutta, decide di rimanere comunque a Roma, andando tutti i giorni ad aspettarlo nel posto in cui si erano visti ed innamorati sin dal primo istante. Lui arriva, tutto era una messinscena: vivono felici e contenti.

"Ma che cazzata di libro!" penserai, quasi sicuramente. Ed invece ti smentisco: è bellissimo, uno dei racconti più emozionanti e tormentati che abbia mai letto. Una storia d'amore difficile, piena di sentimenti contrastanti, odio-amore. Ho pianto, sai? Anche se ormai non è più una novità, mi sono rivista in quella protagonista incostante, che lascia la persona che ama seguendo il giudizio degli altri, che se ne pente, torna indietro. Gelosa fino al midollo marcio, egoista ed egocentrica, ma che non si arrende mai perché sa che stare senza lui sarebbe peggio che morire. Bene, questo libro nonostante tutto ha un lieto fine. E noi?

 

 

 

07/05/2012

 

Oggi, dopo quasi otto mesi, il maestro privato che ha assunto mia madre ha fatto di nuovo la sua comparsa: il mio lutto, a detta dei miei e di Mycroft, può dirsi finito. Ho indossato la mia maschera d'impassibilità ed ho dato il meglio di me stessa. So recitare bene, non te lo ricordi? Mi reputo una grande falsa. Ora come ora credo che nessuno mi conosca veramente, soprattutto i miei genitori. Neanche te, a dir la verità. Mi hai cambiata; questa non è un'accusa, è soltanto la verità.

 

Non ho molto da scrivere. Domani mi tocca andare a Londra per fare una visita di controllo ma non ne ho per nulla voglia. Non vedo l'ora sia Mercoledì per tatuarmi. Vorrei che mi chiamassi di tua spontanea volontà ma non lo fai. Mi domando una cosa: se smettessi di mandarti messaggi, per te farebbe lo stesso? Credo che tu non abbia né voglia di sentirmi, né di vedermi. Lo fai perché senti di doverlo fare o forse perché ti faccio pena?

Sono assillata da pensieri negativi che continuano a moltiplicarsi, giorno dopo giorno. E non si fermano, non si fermano mai. Non posso fare a meno di voler rimanere nella tua vita ma allo stesso tempo ho paura di farlo: e se non sono desiderata veramente?

E se tu non tornerai mai? Non lo nascondo, ogni mio gesto ed ogni mia parola ha un secondo fine: riaverti. Ed è inutile fare finta di nulla, nascondersi dietro definizioni scialbe tipo “amici” e ridere di gusto senza volerlo fare. Per adesso è questo ciò che mi concedi; ma te ne accorgi pure tu, vero? Quello che tu vorresti costruire insieme a me sarebbe solo una castello di sabbia, qualcosa di patetico. Tu quando mi guardi mi mangi con gli occhi, ed io faccio lo stesso con te. Cerco qualsiasi contatto, anche solo un semplice sfiorarsi, pur di saggiare ancora la morbidezza della tua pelle.

 

Se tu fossi qui in questo momento ti bacerei fino a farti sanguinare le labbra. Ti direi che te lo meriti perché mi hai privato di esse per troppo tempo e poi continuerei a morderti, passando al collo ed a quella determinata zona che ti fa rabbrividire. Poi ti chiederei di fare di me qualsiasi cosa tu voglia, perché è questo ciò di cui necessito: voglio sentirmi sotto il tuo possesso. Che tu mi butti su un letto o da qualsiasi altra parte; non voglio che tu mi tolga i vestiti, me li devi strappare di dosso. Desidero risentirti addosso, strusciarti contro il mio corpo come un animale, senza ritegno e senza alcuna vergogna. Avvertire di nuovo quella passione mai estinta che ancora mi porto dentro e che mi fa impazzire dalla voglia; mi sento malata, a volte. Perversa fino al midollo, arrossisco per colpa dei miei stessi pensieri, ma fremo davanti ad essi.

Vieni qui, vieni qui. Prendimi, prendimi. Non voglio altro. Io e te, nudi, e quel momento che è sempre stato il più perfetto: in un giardino, dentro una macchina, in mezzo ad un bosco, sul divano, sul tavolo, in doccia, in vasca, nel lavandino..

 

Voglio graffiarti la pelle. Voglio lasciarti lividi ovunque. Voglio che mi dici che sono la più bella, la più brava; l'unica. Come prima.

Costringimi a fare anche ciò che non voglio fare. I miei “no” sono stati sempre e solo recite; fingevo di essere una brava ragazza ed intanto mi eccitavo ancora di più vedendoti non desistere. Sono cattiva? Sono troia? Io vorrei soltanto essere la tua puttana. Perché mi piaceva troppo, quando m'infilavi le mani nelle mutandine davanti ad altra gente senza che nessuno si accorgesse di nulla. Mi piaceva troppo, quando facevamo l'amore in luoghi pubblici d'Estate con l'ansia perenne che qualcuno ci potesse scoprire che faceva aumentare l'adrenalina. Mi piaceva troppo, quando mi provocavi ed io da brava bambina cercavo di resistere, per poi lasciarmi andare a sensazioni che mai avevo provato. Mi piaceva troppo, mi piacevi tu.

 

Mi piaceva tanto, fare l'amore con te.

 

 

 

08/05/2012

 

Oggi è stata veramente una giornata pessima; arrivati a Londra ci hanno rimandato a casa immediatamente perché il medico chirurgo che mi ha operata era assente e nessun altro voleva prendersi le responsabilità di toccare lo scempio che mi porto addosso. Mycroft ha pure minacciato un'infermiera recitando qualche punto del Giuramento di Ippocrate a memoria; beh, se tu ci fossi stato avresti riso a crepapelle, ci scommetto. Io invece avrei voluto tanto sotterrarmi.

 

Continui a non farti sentire mai. Questa cosa mi opprime, sai?

Evidentemente non ti interessa sapere se sono guarita, o se magari sono in punto di morte in ospedale; per te è uguale, no? Che io ci sia o non ci sia. Che io esista o che sia all'altro mondo. Per te, adesso, è tutta piana. Io invece in ogni minuto delle mie giornate mi domando cosa tu stia facendo; verso l'una penso che stai quasi per svegliarti, poi ti immagino mentre ti prendi un caffè e ti fai una doccia. Ti mangi un panino o due, guardi un po' di televisione e poi vai a bivaccare a giro. Ti penso mentre indossi il primo jeans e la prima maglietta che ti capita, inforchi gli occhiali da sole e ti metti le cuffie nelle orecchie. Accendi svogliatamente un cicchino, o magari una canna, e poi esci.

 

Le tue serate però non voglio immaginarmele, sai? Non la voglio proprio neanche pensare di sfuggita, l'immagine di te e di lei insieme. E la notte, mentre cerco inutilmente di addormentarmi, fantastico sulle tue possibili reazioni davanti ai messaggi che ti invio.

A volte ti vedo scocciato, altre ti stampo sulla faccia un sorriso malinconico; la maggior parte di esse faccio lavorare al massimo la fantasia e do vita astratta ad un mio grande desiderio: vederti piangere. Come quando leggesti la mia prima lettera, come quelle tante sere al telefono a dedicarci canzoni. Vorrei vedere qualche lacrima; anche una sola mi basterebbe. Vorrei vedere che qualche emozione sono ancora capace di fartela provare, ecco tutto.

 

Oggi mi sono ritrovata a pensare a quel giorno davanti al bar, quando minacciai di scomparire per sempre dalla tua vita, richiedendoti tutte le mie cose. Tu arrivasti presentandoti con un solo libro, dicendomi che così ci saremmo rivisti altre cento volte. Mi abbracciasti come se fossi preziosa, mi baciasti il collo facendomi sentire desiderata. Il tuo corpo fremeva ed io pensavo di essere in un sogno: stava accadendo veramente? Eri lì, vicino, come non lo eri da molto tempo. Sentivo che qualcosa si stava riparando; stava tornando tutto come doveva essere. “A Mycroft ho risposto che non durerà a lungo, questa situazione. Lo sai che io e te non riusciamo a stare lontani, no?”; mi dicesti, sorridendo appena. Ed il mio cuore si sciolse, grazie ad un solo sguardo: il momento di riaverti sembrava veramente lì, ad un passo.

 

Ma il giorno dopo era di nuovo tutto cambiato. Freddo come il marmo, schivo, distaccato.  Mi venisti a parlare di lei, di come fare a risolvere i vostri problemi. Ed io intanto mi tormentavo; ho sbagliato ancora, ho frainteso, mi sono illusa?

Tu, nel frattempo, non rispondevi. Portavi avanti un silenzio glaciale, pungente ed abbastanza fastidioso: ero nulla, ero spazzatura, contavo meno di niente. Questo era il tuo messaggio, sintetizzato con parole chiare. Quelle che tu non hai mai usato.

 

Non so se tu sia veramente confuso o se forse ti piace fingere di esserlo. Alla fine ho pensato che la cosa migliore sia far finta di nulla, non litigare: mi distrugge farlo, non ne ho più voglia; sono così stanca, Victor. Prendo quello che mi dici, lo soppeso un po', decido se fidarmi o no e vado avanti portandomi addosso il peso di una montagna di dubbi che tu però non sai o non vuoi togliermi. Non so, forse ti piace avermi qui a dirti che ti amo e che lo farò per sempre; magari ti fa sentire appagato. Non ti giudico: molto probabilmente una situazione del genere lusingherebbe anche me. Ma spero che non sia solo questo.

Spero che tu sia semplicemente combattuto, che tu non abbia la forza di fare una cosa che sai ti porterebbe via questa situazione di stabilità che adesso ti sei creato attorno. Una stabilità fatta di amici, girate in macchina a notte fonda, nessuno che ti rimprovera le tue mancanze ogni giorno. Ecco, io nei miei momenti più ottimisti la penso così.

Che non sia quella persona a piacerti così tanto, ma che lo sia più che altro il contesto che lei si porta appresso. Io, a confronto, che ti offro? Persone che ti odiano, genitori che non ti possano tollerare, guerre quotidiane disarmanti. Non è tutto rose e fiori, proprio no; è una situazione difficile da sopportare e da sostenere.

 

Ma io ti amo, cazzo. Ed ecco cosa ti voglio dare, veramente: questo cuore straziato che ti desidera con tutto sé stesso, che non riesce a guardare le cose con razionalità ed a cui non importa proprio niente di tutto il resto. Voglio espellerti addosso tutto questo amore, farti soffocare in esso e poi dirti che quello che ci circonda è il niente, non ha importanza. Non hanno senso la tristezza, la rabbia, la malinconia ed il disprezzo di chi non comprende che L'AMORE VA SOPRA OGNI COSA. L'amore non ha spiegazioni logiche, l'amore perdona ogni cosa, l'amore sopporta tutto. Tutto, davvero; io l’ho capito grazie a te.

 

Amore è quel messaggio che ti mando la sera per ricordarti che esisto, che sono ancora qui ad attenderti. Amore è quel pupazzo a forma di particella molecolare che stringo al mio petto la notte, pensandoti. Amore sono album di foto nascosti, ma tirati fuori e riguardati ogni giorno. Amore è mettersi a ridere stupidamente ricordando tutte le volte che mi addormentavo sulla tua spalla la sera, ma non volevo comunque che te ne andassi. Amore è annusare la maglia del tuo pigiama che conservo ancora nell'armadio. Amore è arrivare ad autodistruggersi pur di riaverti. Amore è mangiare un piatto di noodle e commuoversi pensando a tutte le volte che l'ho condiviso con te. Amore è sentirti nell'aria, in ogni dove.

Amore è scriverti, ancora e ancora. Amore è non arrendersi mai.

 

Amore, per me, sei tu. 

 

 

 

 

09/05/2012

 

Mi sono fatta il tatuaggio, anche se non ancora colorato. Giovedì prossimo rimedierò.

Ha fatto un male cane, il dolore fisico più grande che io abbia mai provato. Sentivo l'ago pungermi gli ossi battitura dopo battitura, trafiggermi la pelle ed andarsene. Il ronzio della macchinetta mi era entrato nel cervello, me lo devastava: la punta dell'oggetto intanto continuava a battermi sul cranio, in prossimità dell’inizio della colonna vertebrale. Ogni volta che affondava era una fitta che mi percuoteva tutto il corpo, che mi faceva stringere le mani in un pugno di sopportazione; "resisti, Sherlock, resisti!".

Ho creduto di morire lì, su quella poltrona. Con la testa rasata a metà ed arrossata, macchiata d'inchiostro nero oramai indelebile. Il battito del mio cuore aveva preso il ritmo delle fitte ed i miei occhi strizzati premevano per far fuoriuscire calde lacrime. Ma non ho pianto, proprio no: non sono quel genere di persona che piagnucola per colpa del dolore fisico, questo lo sai bene. Ho pensato a te, cercando di distogliermi da quella tortura. Non è servito a niente. Poi ho pensato a lui. A tutto quello che il nostro piccolo può aver provato nel momento in cui è soffocato dentro la mia pancia, per poi essere estirpato e dichiarato morto ancor prima di essere nato.

“Questo dolore atroce me lo merito.“ mi son detta, in quel momento.

Ed è vero. Me lo sono proprio meritata tutto.

Me lo meriterò per sempre.

 

Vorrei fartelo vedere adesso, in quest'istante, e vorrei che tu scoppiassi a piangere. Un pianto afflitto, mesto, senza speranza: proprio uguale ad uno dei miei.

Ma so che non sarà così; al massimo mi dirai che è bello, che ti piace. Invece ti dovrebbe disgustare, ti dovrebbe distruggere: questa è una cicatrice, una cicatrice del cuore.

E non c'è niente che possa risanarla. Le ferite dell'anima non guariscono mai; illuso chi pensa il contrario. Illuso te, che pensavi di poter fare qualcosa. Ti sei arreso, come chiunque, ma in realtà ti invidio: vorrei essere come te, capace di andare avanti nonostante tutto questo. Capace di non pensarci mai.

 

Scusa. Oggi sono a pezzi e penso si denoti; vorrei scappare e lasciarmi tutto alle spalle. Tu intanto non mi chiami e ciò aggrava la situazione. Adesso vorrei soltanto avere un bambino di otto mesi che mi gattona attorno sillabando a stento “mamma” e che non mi concede nemmeno un attimo di tempo per mettermi a pensare a cose brutte. Magari non mi credi; ed invece mi basterebbe, davvero.

 

 

 

 

17/05/2012

 

“Sei un'altra cosa che ho perso, che mi e' scivolata, che mi e' caduta

Io c'ho provato ma non ti ho tenuto.

Vabbé pazienza, credimi posso farne senza, sei già un ricordo in dissolvenza e non fai differenza con tutto quello che ho perso senza rendermene conto, come ogni volta che perdo un tramonto ed il giorno dopo lo affronto lo stesso, magari piove come adesso ed ho perso l'ombrello ed il cappello, ma il bello è questo.

È il duello che ogni minuto ho fatto con la vita e quando la sorte mi si e' accanita contro sapevo che dovevo trovare veloce una via d'uscita, procurandomi qualche ferita, che non si chiude e ancora brucia.

Ma fa niente e' solo un'altra cosa persa o forse una cosa data e dopo tolta all'improvviso, senza preavviso, che rende inferno ciò che era paradiso.

Ore passate a misurare dolore, dolore di testa, dolore di occhi, dolore di cuore, dolore d'anima, di sangue, di ossa. Ma ciò non vuol dire che non possa darmi una scossa.

In fondo e' solo una scommessa che ho perduto, una promessa a cui ho creduto e che non hai mantenuto. Già, basta non perdere la dignità, almeno curandola un po' con un bicchiere pieno come le tue frasi, adesso tutte perse come un mazzo di chiavi. Tu che cercavi parole per farmi capire che eri pulito, ma per finire poi sei riuscito a perderle come mille lire. Ed adesso credimi non ne voglio più sentire, voglio guarire.

Guardando l'altra faccia di te che ho scoperto, pensandoti solo come una cosa che ho perso.

Ho perso treni e aerei, più d'una volta il portafoglio; ho perso indirizzi, soldi ma mai l'orgoglio. Il che e' una sbaglio se mi fa perdere l'autocontrollo, però non mollo, c'ho fatto il callo e resto in ballo.

Sei solo un'altra cosa uscita dalla mia vita che presto o tardi verrà sostituita.

In un futuro dove tu sarai passato remoto, cancellato, dimenticato; sarai una foto buttata sul fondo di un cassetto chiuso, coperta da qualche maglia che non uso.

E disillusa ci proverò ad odiare, se non ci riuscirò mio malgrado dovrò amare; ma mai come cura per un vuoto da colmare e non mi scrivere, non mi chiamare, non mi pensare.

Perché da oggi un'altra cosa cerco e ne sono certa:

sarà diversa, da quella cosa che ho perso.”

 

Sono queste le parole che vorrei dedicarti oggi. Oggi, un giorno come tanti, un giorno come tutti che mi conferma quello che tu sei diventato: un grandissimo pezzo di merda. Uno stronzo senza un minimo di premura, un cuore. Sei come tutti gli altri; ecco, l'ho pensato, l’ho detto, l’ho scritto. Non hai niente in più di quei coglioni qualunque che hai infamato tanto. Non sei migliore di loro; anzi, forse sei peggio: loro ti amo non me l'hanno mai detto. Non hanno mai affermato di volermi bene, né di tenere a me; il loro ed il mio messaggio è sempre stato chiaro, “voglio solo scopare”. Ma tu, invece? Mi vuoi tanto bene, vero?

Ma vaffanculo. Di cuore.

E vaffanculo a me. Perché sono stata io a permetterti di trattarmi come un fottuto zerbino da quattro soldi. Hai anche il coraggio di chiedermi perdono; ma chi cazzo te la da la forza di essere così falso? Sei un bugiardo di merda. Ora come ora mi fai solamente schifo, e mi disgusta il fatto di continuare ad amarti così tanto. Sì, perché nonostante tutto ti vorrei ancora qui con me; ti amo ancora, già. Ma sai com'è, c'è un limite a tutto; sia alla sofferenza che alla pazienza. E la mia sta finendo, è agli sgoccioli: cerco di restare calma, di non mandarti un messaggio con una sequela di infamate che nemmeno ti immagini. Tanto non servirebbe a niente, no? IO NON ESISTO PIU'.

Le mie parole non ti toccano..

Ho scritto che ti amo. In realtà non so se mi riferisco a te, o al tuo ricordo: tu non sei più quella persona con cui ho condiviso un anno e passa della mia vita. Quel ragazzo non mi avrebbe mai trattata così, ne sono certa. Mi umili, mi ferisci, mi cancelli. Forse hai sempre finto di essere qualcuno che in realtà non esiste..? In un momento del genere questa domanda mi sorge spontanea. In un momento del genere vorrei venire sotto casa tua con una mazza da baseball e spaccarti la faccia a suon di bastonate. Vorrei vederti devastato, sanguinante, con qualche costola rotta. Vorrei sfogare tutta questa rabbia, tutto questo cazzo di dolore, TUTTO! Così capiresti.. capiresti che mi hai uccisa.

Voglio vederti soffrire. Te lo meriti, bastardo. Mi dici in poche parole che sono divenuta una zoccola, che sono una cretina e che la devo smettere di fare ciò che faccio. Io vorrei risponderti che questa troia l'hai creata tu, che è tutta colpa tua. È colpa tua se la mia vita fa schifo, se riesco a spengere il cervello soltanto ubriacandomi o drogandomi, cercando un oblio della mente che non ho mai desiderato. Sei tu che mi hai rovinato l'esistenza, sei tu che mi hai fatto stare male senza mai prenderti le conseguenze delle tue azioni. Non te ne frega un cazzo nemmeno del tatuaggio che ho fatto per nostro figlio. Vero?

Tanto sono io quella che se l'è portato in pancia, quella che ci ha condiviso nove mesi sentendolo crescere, sopportando crampi e restando notti intere a parlarci. Sono io quella che ha dovuto sopportare il giudizio dei propri genitori e di mio fratello, la denominazione di “troia” da parte di mio padre, la loro rabbia. Sono io quella che è andata in quel fottuto ospedale, in quella schifosa corsia, a finire tutte le mie lacrime mentre intorno a me avevo il disinteresse o al massimo la pena di tutti. Sono io quella che ancora combatte con questo macigno sulle spalle, camminando a fatica. Sono io, l'omicida.

 

Tu non c’entri proprio un cazzo, vero?

 

Ma va bene così, ecco. Finalmente ho capito chi sei veramente.

Finalmente ho compreso che tutti avevano sempre avuto ragione; non vali un cazzo, Trevor. Non vali queste parole, questi pianti, queste lacrime. Non vali l'amore che ti ho dato, la vita che avevamo progettato, il bene che ti ho fatto.

 

Non ti meriti nemmeno il mio odio, quindi la faccio finita.

 

 

Addio, amore mio.

 

 

 

 

 

 

 

 

The end

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:

Le due canzoni citate sono “Momenti no” di Fabri Fibra e “Un’altra cosa che ho perso” degli Articolo 31.

 

Eccomi di nuovo qua! Allora, che aggiungere? È difficile commentare questo scritto, anche perché è la prima volta che mi cimento in qualcosa del genere. Rileggendo “Wild Thoughts”, che reputo onestamente uno dei miei lavori più impegnativi, sentivo come se mancasse qualcosa al personaggio di Sherlock. La sua sofferenza era palpabile, ma nel finale mi pareva che il tutto si fosse mosso in maniera troppo sbrigativa: volevo dare una spiegazione in più, volevo descrivere il suo martirio di adolescente innamorata; non una sociopatica, non un essere privo di sentimenti. Una semplice ragazza un po' fuori dal comune che si è ritrovata a combattere contro qualcosa più grande di lei, uscendone palesemente sconfitta. La fine del primo amore, quell’amore che le aveva promesso il meglio, e che invece le ha donato solamente il peggio. Le date servono a descrivere il progressivo deterioramento della sua stessa vita e del sentimento che la lega a Victor. La lettera del 17 Maggio rappresenta il punto di svolta; la storia, nella mia testa, continua con lei che si trasferisce a Londra, mantenendosi da sola. Infine conosce John Watson, e tutto va come è stato già scritto e come deve andare. Mi piaceva anche cercare di creare un cambiamento caratteriale fra la Sherlock-adolescente e la Sherlock-adulta; spero di esserci riuscita. L’abitudine di andare per locali, ubriacandosi e lasciandosi andare a del sesso occasionale, è accennata lievemente anche in “Wild Thoughts” mentre il tatuaggio non è presente perché è una cosa a cui ho pensato soltanto scrivendo questa storia (per questo è sulla nuca, così può essere nascosto dai capelli). Mi rendo conto che i miei Victor sono sempre delle merde; che ci posso fare, Johnlock forever and ever. :)

Beh, penso di aver spiegato più o meno tutto. Credo che scriverò ancora su questo universo, magari prossimamente vi ritroverete un bel sequel romantico sulla storia fra John e Sherlock. Questa volta è andata così, chiedo venia.

Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va: apprezzerei davvero delle opinioni a riguardo.

Ciao a tutti,

 

 

AintAfraidToDie

  
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