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Autore: Moglyo    15/11/2017    2 recensioni
Una favola della buonanotte, un racconto di fantasia... Tutto mi sembrava fuorché la verità nascosta nelle piaghe di una fiaba.
Adrien e Mari, due ragazzi legati dal destino, separati dalle differenze, uniti in una leggenda.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Sabine Cheng, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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"Nonna mi racconti la storia del castello?"

"Se intendi quella del gatto, sta sera è meglio di no."

"Dai, ti prego non me la racconti mai!"

"E va bene, ti racconterò quella storia. La storia d'amore tra una ragazza e un gatto."

"Ma nonna come facevano ad amarsi ?"

"Lui non era proprio un gatto, ma neanche del tutto umano. Lui era speciale."

"E aveva un nome ?"

"Si, si chiamava Adrien..."


La nostra storia inizia tanto tempo fa, in un quartiere normale di quelli che vedi sui cartelloni pubblicitari con le case tutte uguali, i prati verdi, le famiglie sorridente e accoglienti. Tutto perfetto, o quasi. Si sa che la gente mormora sempre, e in quei cari quartieri le novità correvano in fretta. 

Qui un giorno una ragazza dai capelli neri e occhi azzurri si svegliò al suono della sveglia, strofinandosi gli occhi e stiracchiandosi il corpo si alzò dal materasso ad acqua. Quel giorno doveva accompagnare sua madre, un'arredatrice di case che aveva arredato ogni singola abitazione del quartiere. L'unica che le mancava era il vecchio maniero che si stagliava sopra la collina, l'unica macchia nera in quel bel quadretto di case nuove. Lugubre, abbandonato, vecchio, decadente, insomma un postaccio che tutti evitavano come la peste; soprattutto dopo l'incidente che si era verificato in quelle mura.

Anni prima ci viveva una coppia: i signori Agreste.

La moglie era una donna bellissima, dai lunghi capelli biondi e gli occhi verdi, il marito invece, alto e magro, non lo si vedeva mai uscire, ma era noto che fosse un grande stilista, quindi tutti pensavano fosse solo un genio incompreso. La coppia aveva avuto anche un figlio, o almeno così si diceva in giro.

Nessuno l'aveva mai visto. 

Un giorno funesto la notizia della morte della signora Agreste sconvolse l'intera cittadina. Nessuno sapeva bene cosa fosse successo, ma la gente mormorava senza interessati della verità. C'era chi diceva che fosse stato il marito, chi un assassino, chi un rapimento finito male, chi un suicidio. La verità non saltò mai fuori, e mister Agreste si rinchiuse ancora più in se stesso, lasciando il maniero alla mercé del tempo.

La mora non aveva molta voglia di andare a vedere le case delle "amiche" di sua madre, donne di mezz'età che non avevano niente da fare se non spettegolare l'una dall'altra. Avrebbe preferito di gran lunga andare con il suo ragazzo Kim, un figlio di papà le cui uniche passioni sono il sesso e l'alcool. 

"Mamma devo per forza venire? Sono appena tornata dal campeggio, per forza mi tocca vedere quelle arpie?" chiese la mora, mentre caricava i campionari di sua madre in macchina.

"Si, Mari si, tutte ti vogliono vedere. Marge, Peggy, Olivia...." La madre della ragazza, le rispose un po' brusca dopo l'ennesima volta che le veniva fatta la stessa domanda; per poi iniziare ad elencare i nomi di tutte le sue amiche.

Mari sali in macchina sbuffando, sarebbe stata una lunga mattinata. 

Erano circa le dieci e mezza, tutti gli impegni erano finiti, la mora non vedeva l'ora di andare a casa di Kim quando sua madre inserì la prima ed entrò nel primo cancello del maniero, talmente arrugginito da essere caduto da solo anni prima. 
La ragazza si stupì della cosa e provo più volte a chiedere alla madre spiegazioni invano, una luce brillava in quei grandi occhi grigio azzurri. 

Mari si allaccio bene la cintura sbuffando, ancora contrattempi e Kim l'avrebbe visto solo in sogno.

Dieci minuti dopo arrivarono al cancello principale, anche questo arrugginito e ricoperto di edera. Appena scese dell'auto un profumo di fiori inebrio le due donne, davanti a loro c'era un giardino pieno di rose.


Ogni rosa era divisa per colore, fragranza e specie, la mora si avvicinò a quelle rosse attirata da una fragranza dolce, intensa e leggermente speziata. La madre intanto bussò un paio di volte, ma, come si aspettava, nessuno le rispose. Quasi decisa ad andarsene sentì un rumore provenire dall'interno, così provò a spingere quel grosso portone che si aprì con inaspettata facilità.

Appena misero il naso all'interno si resero conto che nessuno abitava li d'anni.

Manichini, abiti finiti e non, bozze, tessuti, tutto era ricoperto dalla polvere, di uno spessore tale che a ogni passo se ne alzava.

"Eppure chi teneva così curato il giardino?"
Si domandarono entrambe. 

Avanzando un po', Mari vide un gigantesco quadro raffigurante i due proprietari e il loro figlioletto in fasce, forse l'unica prova della loro unità. 

Nel mentre che ammiravano il quadro un altro rumore proveniente dal piano superiore ruppe il silenzio che regnava sovrano. Un sussulto le riportò alla realtà, iniziarono a guardarsi intorno poi incamminarsi sulle scale.

La casa era immensa. 

Le molte stanze chiuse a chiave o inagibili, portarono l'esplorazione della ragazza fino in soffitta, mentre la madre si fermo un piano più sotto.

Il suo sguardo passò dal tetto crollato al pavimento marcio a causa delle intemperie, finché un soffio attirò la sua attenzione su una trave in fondo alla stanza. 

Un essere era rannicchiato sulla trave.

Nascosto nell'oscurità, solo i suoi occhi brillavano nel buio della stanza, verdi e felini; emetteva dei soffi dalla bocca-semi aperta che mostrava quattro canini affilati. 

La ragazza indietreggio di qualche passo. Sentiva il legno marcio scricchiolare sotto i suoi piedi. 

La belva si avvicinava a ogni suo movimento, passo dopo passo, la luce del giorno colpi la creatura che si fermò, forse accecata. Mari non trattene l'urlo di spavento e angoscia che si era formato in gola, davanti a lei un animale o un ragazzo dalle sembianze animalesche la trafiggeva con lo sguardo. 
Due orecchie feline si distinguevano tra i capelli biondo cenere, il corpo umano legato in una tuta di cuoio e cinghie, né limitava i movimenti. Una coda si muoveva agitata, le gambe posteriori pronte a scattare, le mani guantate avevano già sfoderato gli artigli. Il viso delicato, contratto in una smorfia, gli occhi dal taglio felino erano pieni di paura, angoscia e solitudine. 

La madre di Mari corse subito dalla figlia, pietrificandosi alla vista del ragazzo. Prese la figlia per un braccio, facendola indietreggiare molto piano verso di sé; ogni suo movimento veniva seguito molto attentamente. 

"Chi siete? Che volete?" ringhio il biondo.

"Niente, eravamo solo passate a vedere se...se il signor Agreste era ancora vivo. È da tanto che non si abbiamo più notizie." Con voce calma, ma tremante la donna cerco di spiegarsi, stupita dalle improvvise domande.


Storia presente su wattpad dove verra prima aggiornata  https://www.wattpad.com/user/moglyo
   
 
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