Storie originali > Romantico
Segui la storia  |      
Autore: gy25    17/11/2017    0 recensioni
Due amici e un appuntamento rituale con il pensiero, lui sa che ad ogni partita lei è fra le tribune a fare il tifo.
La storia va avanti e indietro con il tempo, per un racconto di un amicizia legata a delle stupide partite di calcio.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
#tifastarebene
Guidava fra le strade della capitale, cercava di fare il più in fretta possibile, ma era un eufemismo, quella sera particolarmente, non era e non sarebbe stata una notte qualunque, lei lo sapeva e come lei tutta la nazione. Nei dintorni dello stadio era ancora peggio, la confusione raggiungeva livelli assurdi, era pieno di gente angosciata, alcuni seduti sui muretti a piangere, atri abbracciati con la testa china, sembrava usciti da un massacro e non da un partita di calcio, ma quella non era una qualunque sfida fra uomini in calzamaglia che rincorrono una palla. Doveva arrivare all’uscita di emergenza sul  retro e quindi girare tutto intorno allo stadio, ma credeva che non ci sarebbe mai arrivata.
Negli spogliatoi invece c’era un aria di tensione e tristezza mai vista, molti potrebbero pensare che gente d’un pezzo come i famosi calciatori non hanno emozioni, e invece si sbagliano…sono persone comuni con emozioni e sentimenti e aver perso quella sera significava aver fallito nella carriera.
Lui sotto il getto dell’acqua pensava a quella sera, a quello che avrebbe significato per la sua vita, avrebbe voluto scomparire e non aver mai voluto fare quella intervista a fine partita, batteva i pugni contro il muro e piangeva, si sedette e si rannicchio come un bambino, mentre il getto dell’acqua gli scorreva addosso lavando tutta la fragilità che provava in quel momento.
Uscito dalla doccia con l’asciugamano in vita tutti lo abbracciavano e gli tiravano pacche di incoraggiamento ma a lui non importava, voleva solo uscire da li senza passare davanti a nessun giornalista o fotografo, l’ansia lo stava logorando.
- È arrivata la macchina? – chiese al responsabile, ma lui con un cenno del capo gli negòFinita la partita prima di chiamare i suoi figli, mando un messaggio a un amica per venirlo a prendere allo stadio perché non aveva voglia di vedere nessuno che gli parlasse di quella giornata, voleva ubriacarsi e sfogare tutto il suo stato d’animo. Ed ora si stava vestendo con abiti comuni per non dare nell’occhio e cin ancora le lacrime agli occhi aspettava con ansia che gli dicessero che poteva uscire.
Aspettava sbattendo il piede a terra e controllava il telefono, si alzava, camminava. Voleva scappare, non si era neanche asciugato i capelli per fare il più in fretta possibile. La maledisse un paio di volte per aver fatto ritardo.
All’improvviso senti una voce in sottofondo venire dal corridoio
“è arrivata un macchina sull’uscita di emergenza, aspettavamo qualcuno?”
In un lampo prese il borsone lo appoggio sulla spalla e corse fuori, con gli occhi degli altri compagni che lo guardavano sbalorditi.
- È per me.
Dalla fretta dimentico il piumino negli spogliatoi, la sicurezza lo scortò attraverso i corridoi fino a fuori arrivati alla porta uno steward fece un gesto che non si sarebbe mai aspettato. Si tolse il giubbotto e glielo porse
- Tenga, fuori piove e c’è molto freddo, si prenderà un malanno, nonostante tutto teniamo ancora alla salute del nostro capitanoLui gli sorrise e lo abbracciò, gli era molto grado, lì dentro loro li vedevano come un essere superiore inarrivabile, e lui per un momento si senti molto più piccolo, accettò con molta gratitudine il dono del ragazzo, lo indossò, alzò il cappuccio e uscì sotto la pioggia rovente di una notte di metà novembre.
Finalmente era arrivata, si fermò davanti all’uscita di emergenza, accese la radio, ma stentò a trovare un canale che non parlasse del disastro calcistico di quella sera e quindi frugò nella borsa alla ricerca del suo Huawei, aprì Spotify e mise la sua playlist che le ricordava i momenti spensierati dell’estate appena passata e la metteva di buon umore. Nel frattempo aspettava fino a quando lo vide uscire con tutto il suo fascino a testa bassa e il borsone sulle spalle, arrivò aprì la portiera e salì in silenzio senza neanche salutare.
- Ti prego parti e portami viaLe parole gli uscirono a fatica dalla bocca con la voce smorzata dal pianto ininterrotto da quando uscì da quel prato verde.
Lei non rispose e senza che lui le dica niente iniziò a guidare per le fantastiche strade della capitale, lui non si curò di dove stessero andando ma senza dire niente guardava lo scorrere della vita con la testa appoggiata al finestrino, lei di tanto in tanto si girava e lo guardava come se avesse paura che morisse attaccato al finestrino.
Appena fuori la capitale prese il telefono e chiamò sua moglie per parlare con i bambini.
- Pronto
- Sono io, i bambini dormono già?
- Aspettavano una tua chiamata, ma sono crollati sul divano
- ok dagli un bacio, domani chiamo, ci vediamo lunedì
- non ti chiedo se va tutto bene perché so che non è così ma sappi che ti amo.
Non rispose, staccò la chiamata e si girò a guardarla. La conosceva da quando era un bambina, ora era un donna sicura della sua precaria vita che gode di ogni giorno come fosse l’ultimo. Non si sentivano spesso, anzi quasi mai, ma sapeva che quella sarebbe stata presente, era come una sicurezza, saperla in mezzo a quella moltitudine di gente lo faceva stare bene, per questo dopo l’atroce sconfitta decise di cercarla ed era sicuro che non le avrebbe detto no. Ed ora la guardava canticchiare Caparezza provando a nascondere la sua malinconia, perché quella sera non era l’unico a stare male, ma un intera nazione.
Si era messa a cantare per non sembrare interessata alla telefonata e si era tanto immedesimata che non si rese conto che la fissava, girò lo sguardo e lo vide fare un sorrisino
- Che c’è non hai mai visto una persona catare mentre guida?
- Per un momento mi hai fatto ridere, perché eri così a tuo agio…hai ancora la voglia di cantare…
- Quando sono giù lo faccio sempre.
Quella sera anche lei non era dell’umore giusto, guardava fuori la campagna boia e fresca della notte, aveva smesso di piovere e decise di abbassare il finestrino per sentire l’odore della terra bagnata che la riportava a quello che era la sua casa natale che ormai vedeva rare volte e si immaginava suo fratello e suo padre al bar delusi da quello che avevano appena finito di vedere in tv, e chissà sua madre dove fosse, con loro non si parlava da tre anni, ma nonostante il male che le abbiano fatto lei continua a pensarli.
- Hai preso quello che ti avevo chiesto
- No…io non posso bere lo sai benissimo e non mi va di vedere gli altri e io posso solo guardare
- Vero scusami sono stato uno  stupido, mi dispiace –rispose e riprese a lacrimare.
Voleva consolarlo ma non ci riusciva, nella sua tenera età aveva visto molto di più di quello che aveva visto lui e non riusciva a comprendere tutto questo mal essere, anche lei era dispiaciuta, ma la sua breve vita l’ha segnata e ormai non prova emozioni se non poche e contenute.
- Comunque stiamo per arrivare , ho prenotato una camera in un hotel qui vicino
- Siamo molto lontani dalla capitale?
- Non molto siamo in campagna, ho prenotato in un hotel il migliore che ci sia in zona.
Arrivarono in un paese ormai in letargo vista l’ora, si avvicinano ad un palazzone enorme con la scritta Hotel delle Meraviglie. Rimasero sbalorditi di una struttura tanto imponente in un paesino così piccolo. Parcheggiarono nella grande piazza antistante e scesero, l’impatto con l’esterno fu traumatico la temperatura era molto più bassa rispetto alla citta.
Entrati dentro si ritrovarono in  una hall lussuosissima a metà tra il moderno e lo stile tradizionale, si vede che era un vecchio hotel ristrutturato in parte, dietro il banco della reception un uomo di mezza età con qualche ciuffetto bianco qua e là.
- Buonasera, ho chiamato qualche ora fa per prenotare una camera
- Si…i documenti?Lei le porse i suoi documenti e assieme a quello un modulo
- Ma lei è quella ragazza che anni fa…
- Si sono io, poche chiacchere, assieme al documento le ho consegnato un modulo, dovrebbe compilarlo ora qui davanti a me il responsabile della struttura per essere sicuri che qualsiasi cosa debba succedere voi qui non mi avete visto
- Il direttore non è in sede per ora, io non so come aiutarla
- Benissimo, allora confido nella sua discrezione, qui si rischia il penale quindi le consiglio di mantenere il segreto della mia presenza qui
-Certo signora non si preoccupi…i documenti del suo accompagnatore?
Lei si girò verso di lui, ancora chino con il cappuccio fino davanti agli occhi cercando di non farsi conoscere, si girò poi verso il receptionist gli fece un occhiolino e lui sembrò capire
- Allora signora sa quando lascerà la camera?
- No ancora non abbiamo programmato la nostra permanenza…domani la prego di farmi avere documenti e modulo firmato e compilato dal direttore.
Porse una cospicua mancia e si prese le chiavi, prese l’ascensore è arrivarono al quinto piano, aveva preso una suite.
Appena entrato gettò il borsone in angolo si tolse il piumino e si buttò sul letto a faccia in aria e iniziò a piangere, le vedendolo si tolse il suo parka e gli annessi sciarpa e cappello e si buttò accanto a lui a faccia in aria.
- Ehi calmati un po’, vedrai che domani sarà tutto diverso – gli disse appoggiandogli la mano sul braccio
- Non cambierà un cazzo, ma ti rendi conto che tutti contavano su di noi, su di me, abbiamo deluso una nazione e il peggio è che ero diventato un simbolo della nazionale ed ora mi ritrovo ad essere un fallito
- Non sei un fallito, tu sei e rimarrai sempre il nostro capitano lo sai benissimo, il mio capitano preferito – gli disse con un sorriso sincero sulle labbra.
- Ed era pure l’ultima con la maglia della nazionale – disse scoppiando a piangere.
Lei vedendolo così piccolo e indifeso si avvicinò e lo abbracciò, e in quel momento lui si senti nel posto giusto con persona giusta, l’unica che non gli avrebbe detto no a niente, abbassò la testa e la vide con il viso contro il suo petto e le braccia attorno alla sua vita, le alzò il viso con delicatezza e vide le prime sue lacrime della serata solcarle quel viso schernito dalla malattia, la guardò negli occhi per qualche istante e poi di istinto la baciò. Quel bacio la spiazzò, le teneva la testa fra le mani, lei non si tirò indietro, non lo avrebbe fatto ne con lui ne con un altro, da questo punto di vista aveva adottato il “carpe diem”, si continuarono a baciare fra le lacrime che uscivano senza sosta dai loro occhi, si spogliarono con molta fretta e si amarono violentemente per tutta la notte fino a quando all’alba crollò su di lei scoppiando in un pianto straziante. Lei aveva già messo in conto che quella sera avrebbe esaudito ogni suo desiderio, ma alla fine si sfogarono entrambi nel modo che per lei è il più significativo: stare bene con la forma migliore, l’amore…o almeno questo era quello che pensava lei.
 
 

 
 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: gy25