Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Jade Evans    19/11/2017    1 recensioni
Eren sapeva che quel momento sarebbe arrivato. Il momento in cui per lui sarebbe finito tutto con un semplice punto. Forse.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eren sapeva che quel momento sarebbe arrivato. Il momento in cui per lui sarebbe finito tutto con un semplice punto.
Lo sapeva ed era riuscito nel suo intento primario. Aveva mantenuto la promessa che si era fatto quando era solo un ragazzino che era bravo soltanto a prenderle e a farsi proteggere.
Eppure, nonostante tutto, aveva un rimpianto.
In quei suoi ultimi momenti il petto gli bruciava, non per il dolore, ma per quella sensazione più profonda e incurabile che gli stava dilaniando il cuore.
Riusciva a scorgere con la coda dell’occhio come i suoi amici, la sua nuova famiglia, lo stavano guardando con terrore.
Il suo corpo fu attraversato da un’altra ondata di dolore e la mutazione fu compiuta. Il suo “io” gigante non era più sotto controllo, distruggeva quello che aveva intorno, cercava i suoi vecchi amici e tentava di afferrarli, di ucciderli.
Perché lui fosse ancora cosciente per vedere tutta quella devastazione non lo sapeva, voleva scuotersi, urlare, riuscire fermare tutto, ma l’unica cose che riusciva a fare era disperarsi mentre le lacrime che cercano di sgorgare dai suoi occhi venivano assorbite dai collegamenti dei muscoli.
Sentì il tipico rumore del dispositivo di movimento tridimensionale e qualcuno gli si parò davanti al volto del gigante, urlando piangendo e disperandosi.
Era lei ovviamente. Solo lei poteva essere tanto stupida da fare una mossa del genere.
Eren strizzò gli occhi di colpo quando la mano gigante afferrò Mikasa per sollevarla sopra la testa e spalancare la bocca.
Fortunatamente sentì qualcuno tagliargli le dita e portare via la sua preda.
Avrebbe dovuto ringraziarlo invece di mettersi a litigare come al solito la sera precedente, quando già aveva capito cosa sarebbe successo il giorno successivo. Sarebbe stato strano, però, fra loro non funzionava in quel modo.
Di nuovo il rumore di un dispositivo che si muoveva a grande velocità verso di lui.
Non gli servì nemmeno un istante per capire di chi si trattava. Il suo unico rimpianto. Avrebbe voluto che almeno lui sapesse, avrebbe voluto proferire quelle dolorose parole almeno un volta, non importava cosa sarebbe successo.
Eren avrebbe voluto dire un sacco di cose al capitano Levi.
Lo avrebbe fatto anche in quel momento se solo avesse avuto il controllo del suo gigante e sapesse parlare, invece si ritrovò ad attaccarlo, distogliendo completamente l’attenzione da tutti gli altri e concentrandosi su lui, considerato la più grande minaccia.
Fu felice però che l’uomo stesse mantenendo la promessa che aveva fatto quando lui si era ritrovato in prigione.
Levi lo stava affrontando da solo, agli altri aveva ordinato di non aiutarlo e capì che forse era stato un errore quando si ritrovò fra le fauci del gigante di Eren, che naturalmente conosceva bene il suo metodo di combattimento.
Eppure non ci fu nessun punto per lui. Il gigante si era bloccato con la bocca aperta e gli occhi spalancati.
Levi approfittò subito per fuggire e quando si ritrovò fra i rami di un albero a guardare il gitante dal basso spalancò gli occhi e le lame tremarono impercettibilmente.
Eliminò la ragione e l’istinto, spense la mente e agì d’abitudine di fronte ad un gigante.
Le sue lame affondarono nella carne ancora prima che ne avesse pienamente coscienza.
Due voci si levarono disperate in mezzo a quel bosco, ma lui non si voltò. Rimase impassibile a guardare il gigante che pian piano evaporava e quell’ultima lacrima che scivolava da quegli occhi che erano di un verde intenso fino a pochi istanti prima.
Quel moccioso l’aveva salvato e lui l’aveva ucciso.
Rimase ancora immobile davanti alla carcassa in vapore del gigante conscio che non ci sarebbe stato nessun corpo da recuperare, consapevole che gli amici di Eren avrebbero pianto su una tomba vuota negli anni avvenire.
Restò lì anche quando tutti se ne erano andati, voleva vedere con i proprio occhi come tutto sarebbe sparito. Stette lì a lungo perché Levi Ackerman sapeva. Non era così stupido da non averlo notato, l’aveva capito.
Ed ora era lì con le lame sguainate e sporche di sangue dove il corpo di Eren Jeager stava svanendo nel nulla.
Il ragazzo era morto con un rimpianto nel cuore, il capitano Levi avrebbe vissuto con uno altrettanto grande.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
(Non riesco ufficialmente a fare finali tristi)
 
Erano immagini violente quelle. Sentiva urla, vedeva rosso e bocche giganti. Tutti ne avrebbero avuto paura, ma lui avvertiva solo rabbia.
-Eren svegliati. Ti sei addormentato di nuovo.-, una voce piuttosto monotona di una ragazza gli fece aprire gli occhi.
La prima cosa che vide furono foglie verdi e fini raggi di sole che attraversavano le fronde dell’albero sotto cui si era disteso.
La seconda fu la suddetta ragazza che gli afferrava una mano e lo trascinava attraverso il prato in cui era steso per andare da qualche parte, che nello suo stato attuale di appena sveglio non ricordava.
-Eren se non ti muovi si arrabbierà di nuovo e dovrai di nuovo rispondere alle spiacevoli domande di papà.-, disse la ragazza.
Il castano dagli occhi verdi non comprese appieno le sue parole però, ancora troppo concentrato sui ricordi dello strano sogno che aveva fatto.
Si rese a malapena conto di non ritrovarsi più all’aperto. Appena entrò in un aula sbatté due volte le palpebre per abituare gli occhi alla differenza di luce e…
-Jaeger! Sei di nuovo in ritardo! Due ore di detenzione!-, la voce bassa e alterata dell’uomo poco più  basso di lui che si ritrovò davanti con gli occhi di ghiaccio che lo pugnalavano fin dentro l’anima e i capelli neri lo fece risvegliare completamente e ricordare.
Mikasa, la sua sorellastra. Università, corso facoltativo di storia per prendere crediti. Levi Ackerman, il suo professore. Levi, il motivo per cui qualche settimana fa suo padre gli aveva fatto l’interrogatorio sul perché zoppicasse quando era evidente che non aveva ferite o simili sulle gambe o sui piedi.
-Moccioso svegliati!-, urlò il professore.
-S-Sì! M-mi scusi non capiterà più!-, urlò a sua volta il ragazzo inchinandosi di novanta gradi.
Delle risatine risuonarono per la classe e le guance di Eren divennero rosse.
-Vai al tuo posto.-
A quel comando il più giovane scattò verso il suo banco alla fine dell’aula per poi buttarsi sulla sedia cercando di non cadere per terra e fare l’ennesima figuraccia.
-Te l’avevo detto che dovevi svegliarti.-, disse Mikasa a bassa voce alla sua sinistra.
-Lo so, lo so… ma non capisco perché solo io sono stato punito?-, borbotò Eren.
-Ehi idiota, guarda che Mikasa è venuta a cercarti dopo aver visto che non eri in classe. Il tuo amato professor Levi le ha detto che doveva cercarti subito.-, ribatè Jean, che stava seduto di fronte a lui e l’aveva sentito.
Il castano arrossì di colpo alla parola “amato”, ma si riprese subito. -Sta zitto faccia da cavallo.-, gli rispose neanche tanto silenziosamente.
-Come mi hai chiamato!? Sei tu quello che…!-, cominciò Jean voltandosi di scatto, ma venne interrotto quasi subito.
-Il fatto che stai chiacchierando coi tuoi amici, distraendoli, mi fa pensare che tu voglia rimanere un’altra ora in più in classe, giusto Jaeger? E che tre ore siano.-, disse una voce calma e bassa, ma che per qualche strano motivo riusciva a superare di gran lunga il loro chiacchiericcio.
Il ragazzo nominato spalancò occhi e bocca spostando lo sguardo sull’uomo vicino alla cattedra. Una voce nella testa, che assomigliava in modo inquietante a quella di Armin, gli disse di scusarsi e pregare che non venisse più notato, ma Jean aveva ragione su una cosa. Delle volte, Eren Jaeger, era un idiota.
-Cosa?! Ma perché solo io? È stato Jean che mi ha…-, urlò alzandosi di scatto indicando il ragazzo difronte a se.
-Vuoi fare quattro? Sicuro di poterlo sopportare?-, il professore ghignò come vide il ragazzo impallidire per poi diventare tutto rosso e richiudere la bocca senza finire le sue proteste.
Gli studenti nell’aula erano ormai abituati a quelle scene, tutti sapevano che Eren era innamorato del professore di storia e che suddetto uomo aveva determinati comportamenti solo con lui, ma per fortuna, o sfortuna dipende dai casi, soltanto i tre amici che circondavano il ragazzo in piedi che assomigliava ad un semaforo sapevano della vera relazione fra i due.
Jean prese a mordersi una mano per trattenere le risate e Mikasa venne avvolta da un’aura oscura mentre fissava con occhi pieni di morte il professore, che notandola non fece una piega, ormai abituato e per nulla spaventato.
-N-no, mi scusi.-, Eren si lasciò cadere sulla sedia fissando intensamente il banco sentendosi ancora addosso gli occhi del professore, per poi tirare un sospiro di sollievo e rialzare la testa quando questo riprese la lezione.
-Stavolta dovrai davvero trovare una scusa plausibile per tuo padre Eren…-, disse il ragazzo biondo dai tratti femminili alla sua destra. Armin stava cercando di non far vedere che stava per scoppiare a ridere.
-Lo so Armin.-, mormorò il ragazzo dagli occhi verdi non distogliendo lo sguardo dal suo professore di storia.
Un sorriso voleva farsi largo sulle lue labbra ma un occhia di Levi nella sua direzione lo fece deglutire rumorosamente invece.
Quegli occhi freddi, con una solo occhiata, gli aveva fatto capire che non sarebbe tornato a casa con le sue gambe quel pomeriggio. E probabilmente nemmeno i giorni successivi.
Ma infondo non c’era niente di male in questo. L’importante era non avere più rimpianti ed entrambi se ne erano assicurati già dal loro primo incontro.
 
 
 
 
 
 
 
Che enorme cavolata è uscita dalla mia mente? Beh è colpa dell’ultimo capitolo uscito e del fatto che gli anni nel manga passano velocemente e il tempo che rimane ad Eren da vivere (sempre se è vero che chi ha il suo potere muore dopo 13 anni) orami non sembra più molto. Se volete ditemi pure che ne pensate!
 
Ps. Il titolo fa pena scusate.
   
 
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