Serie TV > Once Upon a Time
Ricorda la storia  |      
Autore: Ghillyam    27/11/2017    4 recensioni
[Modern/Fantasy!AU]
Nel momento in cui la porta si chiuse dietro di lei si tolse le scarpe e le gettò in un angolo indefinito del salotto, poi corse in bagno. Dovette fare affidamento a tutte le sue forze per non rimettere quello che aveva mangiato e quando trovò il coraggio di aprire gli occhi e guardarsi allo specchio notò che anche sul marmo bianco del lavandino, a cui si era aggrappata come se da quello dipendesse la sua vita, adesso erano visibili tracce di sangue.
[La storia fa parte della serie "We all do shipping"]
Genere: Fantasy, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Regina Mills, Ruby/Cappuccetto Rosso
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'We all do shipping'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Storia partecipante all’Iniziativa “Halloween Town Femslash” indetta dal gruppo LongLiveToTheFemslash.
 
Too late for treat
 
 
L’aria fredda di novembre entrava insistente dal finestrino, andando a scompigliarle i capelli e rendendole ancora più difficile rimanere concentrata sulla guida. Chiuderlo sarebbe stato inutile: le luci dei lampioni si riflettevano a intermittenza nei vetri sul sedile del passeggero.

Dopo essersi liberata dell’ennesimo autista davanti a lei – quella sera sembrava che ogni taxista di New York avesse deciso di renderle la vita un inferno, rallentando oltre l’immaginabile – finalmente Regina riuscì ad imboccare la strada che l’avrebbe portata a casa.

Senza preoccuparsi di controllare se fosse il suo, parcheggiò nel primo posto libero e, ondeggiando pericolosamente sui tacchi alti, raggiunse l’atrio del palazzo dove viveva. Il portiere si era abbandonato ad uno dei suoi interminabili pisolini e per una volta la donna ne fu grata; l’ultima cosa che voleva era dare spiegazioni a lui. I minuti in ascensore le parvero interminabili e quando guadagnò la porta del suo appartamento le ce ne vollero altrettanti per riuscire ad inserire correttamente la chiave nella serratura.

Non riusciva a smettere di tremare.

Nel momento in cui la porta si chiuse dietro di lei si tolse le scarpe e le gettò in un angolo indefinito del salotto, poi corse in bagno. Dovette fare affidamento a tutte le sue forze per non rimettere quello che aveva mangiato e quando trovò il coraggio di aprire gli occhi e guardarsi allo specchio notò che anche sul marmo bianco del lavandino, a cui si era aggrappata come se da quello dipendesse la sua vita, adesso erano visibili tracce di sangue.

«Tesoro, sei uno spettacolo, farai girare la testa a tutti stasera!»

«Forse se indossassi qualche strato in più… Ma poi tu non dovresti essere gelosa?»

«Tranquilla, ho messo bene in chiaro che tutto questo – le mani di Ruby tracciarono la silhouette di Regina – è il mio territorio

Si fece scivolare sul pavimento, la schiena appoggiata al muro in freddo contrasto con la sua pelle rovente. Chiuse gli occhi e cercò di regolarizzare il respiro ma riuscì solo a far aumentare il panico che le stava scorrendo, come una sequenza di scariche elettriche sempre più forti, nelle vene. Sprazzi confusi di immagini violente si sovrapponevano gli uni agli altri: maschere e musica, un manto rosso. Denti più affilati di un rasoio.

Regina si conficcò le unghie nella carne. No, non stava sognando.

«Mmm, wow.! Se mi bacerai così tutta la sera, questa festa potrebbe anche iniziare a piacermi.»

«Vieni con me.»

Le luci si infransero sul costume di Ruby, nascondendo l’ombra che era scesa sul suo viso.

Regina riuscì a trascinarsi fino alla doccia e si sollevò quel tanto che bastava per poter aprire il rubinetto. Il getto d’acqua la investì in pieno, vestito compreso.
Era così fredda che le bastarono un paio di minuti per recuperare quel poco di lucidità che le serviva per rimettersi in piedi e riguadagnare il controllo. O almeno una parte di esso.

Quasi strappò il tessuto nero mentre si spogliava di quel ridicolo costume, lasciandolo cadere ai suoi piedi dove il liquido cristallino si stava mescolando a quello più denso e rosso.

Ne stava perdendo davvero troppo.

«Voglio farti vedere una cosa. In realtà devo, è necessario.»

«Ti prego, non qualcos’altro legato a questa storia dell’Halloween in ritardo. Oh Dio, c’entra?»

«Puoi deciderlo tu.»

Ancora tremante per la necessaria doccia fredda, afferrò uno degli asciugamani lì vicino e se lo avvolse attorno al corpo mentre si accucciava fino a raggiungere la scatola delle emergenze nel mobiletto vicino alla finestra. Per sua fortuna o, meglio, grazie alla sua incredibile scrupolosità era fornita di tutto ciò che poteva servire e le bastò un istante per visualizzare la garza.

Tenne il braccio teso mentre l’avvolgeva attorno alla ferita, dopo averla tamponata con forza per far diminuire l’afflusso di sangue. Ora che l’osservava meglio notò con una punta di sollievo che non era così profonda come l’era parsa all’inizio, sebbene i graffi solcassero quasi metà avambraccio.
Quando fu soddisfatta di quella medicazione provvisoria uscì dal bagno e si diresse subito in camera, guidata solo dalle luci provenienti dall’esterno. La casa era ancora avvolta nel buio; entrando, non si era preoccupata di illuminare il percorso.

Regina lasciò cadere l’asciugamano ai piedi del letto e, per la prima volta da quando se ne ricordava, afferrò i primi abiti che le capitarono in mano. Recuperò un paio di stivali dal tacco basso che non vedeva da secoli e, ancora finendo di infilarsi la camicia, lasciò nuovamente il suo appartamento.

«Non mi fa più ridere. Che stai facendo?»

Erano nel piccolo vicolo adiacente al locale, dove Ruby l’aveva trascinata con la forza, e adesso la ragazza aveva quasi finito di spogliarsi. L’unica cosa che le impediva di rimanere nuda in mezzo alla strada era il mantello rosso che ancora teneva stretto a sé.

«Stasera la luna è piena.»

«Non mi interessa. Rivestiti!»

«Regina, non mi crederesti mai, ti conosco. Per te contano i fatti, le prove.»

«E adesso ho la prova che mia madre aveva ragione su di te: sei completamente fuori di testa! Se passasse qualcuno…»

Ruby scosse lievemente la testa, sembrava quasi divertita dal farneticare della compagna. Se fosse passato qualcuno di certo non sarebbe rimasto lì a guardare.

I semafori furono clementi con lei e il percorso che la separava dalla casa della cameriera fu più veloce del previsto. O forse era lo scorrere difficoltoso e saltuario dei suoi pensieri a farglielo sembrare tale; la confusione che albergava nella sua mente non le dava la possibilità di concentrarsi su niente. Di tanto in tanto un dettaglio o una sbavatura di quei tre anni andava al suo posto, ricomponendo il quadro completo e facendola sentire, a turno, una stupida e una folle.

Lo sguardò che le lanciò il portiere quando entrò di corsa dalle porte girevoli era abbastanza eloquente da far intendere a chiunque che si sarebbe dovuto fermare, ma in quel momento Regina era l’ultima persona che gli avrebbe dato retta. Quando però capì di chi si trattasse anche lui lasciò perdere e decise che per una sera non avrebbe fatto del male a nessuno se non avesse adempiuto ai suoi compiti.

Nel momento in cui anche l’ultimo lembo di stoffa si separò dalla sua pelle candida e la luce della luna fu l’unica cosa rimasta a coprirla Ruby si decise ad incontrare lo sguardo di Regina, che la stava osservando con occhi sgranati. Il movimento impercettibile della lingua della mora ad umettarle le labbra non le sfuggì.

«Hai avuto il tuo scherzetto, ora potresti…»

Le parole le morirono in gola quando la schiena di Ruby si inarcò in modo innaturale e un guaito sofferente la raggiunse fino a scuoterla nell’angolo più recondito del suo animo.
La ragazza cadde carponi sull’asfalto e Regina fece due passi verso di lei. Aveva già pronto il telefono per chiamare il 911.

«No.»

Quello di Ruby fu più un ringhio che altro e la donna si bloccò di colpo, lasciando cadere il braccio lungo il fianco.

Un paio di occhi gialli illuminarono la strada buia, mentre il rumore di ossa che si spezzano riempì il vicolo.

«Cristo, vuoi svegliare l’intero palazzo?»

Regina non lasciò alla compagna nemmeno il tempo di finire la frase che già si era messa – braccia conserte e sguardo accigliato inclusi – al centro del salotto in attesa di risposte.

«Sto per essere processata?» tentò la più giovane, ma non ottenne il sorriso, sarcastico o divertito che fosse, che di solito seguiva una delle sue battute.

Ruby era ancora avvolta nel suo mantello rosso e ne stringeva gli orli con tanta forza che la mora temette che l’avrebbe strappato. Cautamente la cameriera si avvicinò a lei, cercando di studiarne i movimenti per capire quali fossero le emozioni che la stavano attraversando e non si stupì di trovarla piuttosto agitata. Di sicuro più di quanto non fosse lei.

«Come mai sei qui?»

I fari della macchina lampeggiarono quando Regina premette il pulsante delle chiavi per aprirla. Nella foga di raggiungere il lato del guidatore andò a sbattere contro la carrozzeria ma non si concesse più di un «Ahi.» stretto tra i denti e aprì velocemente la portiera.
Si chiuse dentro l’abitacolo e inspirò a fondo e ripetutamente, ma l’immagine delle zanne sporgenti dalla bocca della sua fidanzata e dei peli che rapidamente erano cresciuti sulla sue pelle, coprendola del tutto, era indelebile.

L’infrangersi del finestrino la fece sobbalzare e non riuscì a trattenere un urlo mentre, senza pensare, allungava il braccio per allontanare il lupo che adesso era affacciato all’interno della sua auto. Gli artigli le squarciarono la pelle quando quella, che fino a poco prima era stata Ruby, tentò di rimanere aggrappata a lei.

Mise in moto e partì a tutta velocità.

Regina fece un passo indietro quando la distanza tra lei e Ruby si assottigliò ulteriormente, ma non si allontanò più del minimo indispensabile.

Tirò un sospiro profondo e parlò «Santo Dio, noi due stiamo per sposarci!»

«Lo so.»

«Non mi interrompere. Io ti ho fatto quella dannata domanda, andando contro tutto e tutti, e ho ignorato i dubbi e le paranoie. Non vuole nemmeno convivere, perché lo sto facendo? me lo sono ripetuta per giorni, ma alla fine ho ceduto comunque e tu, invece di dirmi un chiaro no, organizzi questo Hallow-coso – «Late Halloween Party.» le sembrò di sentir bisbigliare Ruby – Per poi denudarti in un fottutissimo vicolo e diventare un, un… Cosa diavolo era?!»

«Un lupo mannaro.»

Le tre parole pronunciate dalla ragazza aleggiarono nell’aria per minuti interminabili, gravando tra di loro come un peso insormontabile. Regina respirò rumorosamente, cercando di mantenere i battiti ad una velocità che non prevedesse l’infarto mentre il suo cervello lavorava per riuscire ad elaborare quanto appena sentito.

Fu Ruby a decidere di non poterne più di quel silenzio agghiacciante e, per la seconda volta nel giro di poche ore, si privò del mantello che sua nonna le aveva fatto promettere di togliere solo per la persona con cui avrebbe voluto condividere il resto della sua vita, come lei aveva fatto con suo nonno e la sua amata mamma con suo padre. Nessuno di loro era rimasto: c’erano storie che le persone volevano far rimanere tali.

In una rapida successione – molto più di quanto non fosse stata la prima, ma forse era solo il fatto di averla già vista che diede a Regina questa impressione – di guaiti, ringhi e sussulti, Ruby si raggomitolò sulle quattro zampe e crebbe fino ad arrivare fin quasi sotto lo sterno della mora.

Il fiato caldo del lupo investì la donna, che rimase completamente immobile. La meraviglia e allo stesso tempo l’orrore per ciò a cui aveva appena assistito erano emozioni troppo forti per poter essere assimilate in così poco tempo. Gli occhi gialli di Ruby, che, nonostante tutto, non avevano perso la loro scintilla di umanità, scrutarono attentamente la figura di Regina e un uggiolio sottomesso riempì la stanza.
Trovando un coraggio che non credeva di avere Regina sollevò la mano tremante e lentamente l’accostò al muso dell’altra, che ci strofinò contro il naso umido. Trattenne il fiato.

Il lupo approfondì il contatto, inumidendole il palmo con la lingua ruvida e la mora lasciò che lo facesse. Poi, si spostò e immerse la destra tra lo scuro e morbido pelo che faceva da pelliccia. Passò un bel po’ prima che interrompesse le carezze con cui stava cercando di creare un contatto con la forma lupina della sua ragazza, ma quando lo fece fu per andare a sedersi sul divano lì accanto e per invitare Ruby ad accoccolarsi accanto a lei.

Aveva preso la sua decisione: le sarebbe rimasta vicino. Per sempre.
 
 

Prompt: A ha un segreto sovrannaturale e decide che invece di confessarlo a B, glielo mostrerà.
 
NdA: ma come? Ma perché? Cosa cavolo è appena successo?
Lo so, sono imperdonabile. L’idea originale prevedeva che venissero spiegate nei dettagli sia la storia tra Regina e Ruby sia la condizione di quest’ultima, ma è mezzanotte passata e la fic si è praticamente scritta da sola. Quando ho iniziato avevo messo in conto di inserire una valanga di personaggi e riferimenti alla serie (anche il Late Halloween Party aveva una sua logica), inserendoli però in un contesto molto alla Sex and the city e l’idea mi piaceva da matti; inutile dire che sono andata fuori strada.
Qualche riferimento alla vita newyorkese di queste due bellissime donne comunque sono riuscita ad inserirlo, ma se avete voglia di sorbirvi me che straparlo o semplicemente volete delle delucidazioni sul perché ci siano dei lupi mannari a Manhattan io sono a disposizione!
Detto questo, spero vivamente di aver rispettato il prompt e di non aver divagato troppo dalla traccia data e ringrazio Natsumi Raimon del gruppo LongLiveToTheFemslash per avermi dato finalmente occasione per scrivere sulla RedQueen.
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: Ghillyam