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Autore: Gallapreach    01/12/2017    1 recensioni
Mickey ed Ian parlano finalmente di West Point, anche se l'intera famiglia Gallagher è lì per ascoltare. Come volevasi dimostrare - questo è solo l'inizio! [ambientata dopo la 3x07]
Questa è solo una TRADUZIONE, potete trovare la storia originale qui: http://archiveofourown.org/works/3975757?view_full_work=true
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
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The West Point Conversation



 

Lentamente, le cose avevano iniziato a tornare come prima che Terry li trovasse. Ovviamente molto era cambiato, ma i due avevano bisogno l’uno dell’altro ed entrambi avevano provato ardentemente a far sì che tra di loro tutto tornasse alla normalità. Ora erano più attenti, ma Mickey non aveva respinto Ian. Semmai, era più determinato di sempre ad impedire che qualcosa del genere accadesse di nuovo. Voleva proteggere Ian, non voleva vedere mai più il dolore nei suoi occhi, e ciò includeva quello sguardo ferito che aveva ogni volta che Mickey fosse distante o provasse a troncare con lui. Mickey non voleva porre fine a ciò che c’era tra loro, il solo pensiero di non avere Gallagher al suo fianco lo feriva più di quanto volesse ammettere a se stesso, ma era cosciente del fatto che fosse per lui una fonte di guai. Sapeva di rappresentare un pericolo per Ian, la sua famiglia rappresentava un pericolo per Ian. Ma Ian non la vedeva allo stesso modo, nel modo in cui lui la vedeva,  non si era mai sentito più al sicuro, più protetto di quando Mickey era al suo fianco. Quando Mickey gli copriva le spalle, niente avrebbe potuto toccarlo. E così si erano aggrappati a qualsiasi ritaglio di normalità, ed avevano iniziato a ritornare ad essere i teenager spensierati che una volta erano stati.

Tutto ciò cambiò quando Lip irruppe nel ‘Kash and Grab’, quando Ian era andato a recuperare una prescrizione per Linda.

"Tuo fratello non è qui." Mickey annunciò nel momento in cui capì che fosse Lip e che non fosse lì come un cliente.

"Sì, l’ho capito nel momento in cui l’ho visto uscire venti minuti fa." Lip rispose, facendo sempre il saputello. "Innanzitutto, so che ti stai scopando Ian, voglio solo togliere l’argomento di mezzo, così quando dirò quello che devo dire, ascolterai e non perderai tempo fingendo che non te ne freghi un cazzo."

Mickey finse stupore. Sapeva che Lip sapesse, Ian gliel’aveva detto quando per la prima volta avevano parlato seriamente di tutto ciò che era successo tra loro. Dopo, Mickey aveva finalmente abbassato la guardia e risposto alle costanti avances di Ian. Mickey aveva detto ad Ian tutto quello che Terry avesse fatto una volta che lui se n’era andato. Gli aveva detto che l’unico motivo per cui si era scopato la russa era perché sapeva che fosse l’unico modo per permettere ad Ian di uscirne vivo. E una volta finito, non aveva avuto più la forza di fingere, così suo padre aveva trovato nuovi modi per picchiarlo “finché non fosse diventato etero”. Ian si era lasciato scappare che aveva discusso con il fratello del perché Mickey fosse in una tale condizione, aveva detto di essersi confidato già una volta con Lip, quando Mickey era andato per la prima volta in riformatorio, ma di non avergli detto nulla di quanto gli era successo perché non era suo diritto. Tutto ciò che sapeva il fratello era che fossero stati scoperti e che Ian non stesse bene, ma che lo sarebbe stato.

"Ti ci sono voluti venti minuti per farti uscire le palle per venire qui e dirlo?” Mickey alzò lo sguardo dalla rivista e su Lip, che era a disagio e sulla difensiva, come se Mickey potesse attaccarlo da un momento all’altro. Ma Mickey sapeva che avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggere suo fratello, dunque non era paura quella che aveva visto negli occhi di Lip, bensì determinazione. E Mickey lo rispettava per questo.

"Sì, avrei voluto metterci più tempo però, perché ora non so come dirlo." Lip si agitò, prima di saltare sul bancone ed afferrare un pacchetto di sigarette. Stette seduto lì sul bancone, rivolto verso Mickey, per qualche minuto, finché uno dei due non parlò di nuovo.

"Il genio è senza parole, eh?" Mickey sorrise beffardo, "Deve essere qualcosa di buono."

Ancora una volta ci fu silenzio.

"Senti, immagino che riguardi tuo fratello e  suppongo tu non voglia che lui venga a saperlo, quindi dovrai sputare il rospo velocemente prima che ritorni, cazzo." Dall’espressione sul volto di Lip, Mickey capì che piega stava prendendo la conversazione, e non gli piaceva per niente.

"Okay, fanculo." Lip annunciò bruscamente mentre saltava giù dal bancone e si voltava verso un Milkovich sempre più irato. "Non ho idea di cosa cazzo siate tu ed Ian l’uno per l’altro, e non so neanche se a te importi, ma Ian parla di West Point ormai da anni e non gli permetterò di rinunciare al suo sogno per una sveltina ogni volta che dimentichi di odiare il fatto che tu sia fottutamente gay." Lip aveva detto tutto d’un fiato, quasi come se temesse che se si fosse fermato anche solo per una frazione di secondo, avrebbe perso la calma.

Mickey avrebbe potuto perdere la testa per ognuna delle cose dette da Lip. Avrebbe potuto prenderlo a pugni per aver presupposto che a Mickey interessasse solo qualche sveltina, per aver pensato che a Mickey non importasse. Avrebbe potuto avventarsi su Lip dopo che si era permesso di giudicarlo, cazzo, dopo che si era permesso di dire la parola ‘gay’, una cosa che neanche Ian aveva mai detto di fronte a Mickey,  perché non era ancora pronto ad affrontare quella realtà. Era già arrivato ad accettare ciò che era, ma non aveva bisogno di persone che lo etichettassero, non adesso, non dopo che suo padre aveva di nuovo contaminato quelle parole oltre ogni rimedio. Mickey avrebbe potuto fare una ramanzina a Lip, dicendogli che non sapeva un cazzo, che non doveva ficcare il naso in faccende che non comprendeva. Ma non lo fece, perché le uniche parole su cui riuscì a focalizzarsi furono 'rinunciare al suo sogno'. Mickey sapeva tutto di Ian Gallagher e del suo sogno del cazzo, sapeva e lo odiava. Il pensiero che al suo Gallagher venisse fatto il culo a strisce in qualche Paese straniero lo spaventava, lo rendeva nauseabondo. Quindi perché il pensiero che lui rinunciasse a quel sogno lo faceva sentire ancora peggio? E perché Lip si comportava come se fosse colpa di Mickey?

"Ascolta, Mickey, se ti importa di mio fratello..." Lip iniziò a dire, ma Mickey non poteva stare a sentire. Non poteva sentirsi dire che l’unica cosa che potesse fare per assicurarsi che Ian seguisse il suo sogno fosse chiudere una volta per tutte,mettere fine a qualsiasi cosa fosse quella che avevano condiviso. Aveva già provato a darci un taglio, e aveva fallito, e ora non avrebbe mai voluto che finisse perché lo faceva stare così bene, cazzo, e lui era troppo dipendente da quella sensazione. Interruppe Lip saltando dal suo posto dietro al bancone. Lip indietreggiò, lontano da un potenziale attacco, ma Mickey non scattò. Superò Lip e uscì dalla porta, cacciando un grosso sospiro.
 

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"Che cazzo gli hai detto?" Ian irruppe nella casa dei Gallagher e, avvicinandosi a grandi falcate dalla cucina, bloccò Lip contro il muro. Non voleva gridare di fronte al resto della sua famiglia, ma non poteva farci nulla. Era fuori di sé dalla preoccupazione perché Mickey non rispondeva al telefono, lo stava di nuovo ignorando e Ian non poteva sopravvivere a tutto questo, non di nuovo. "Linda ha detto che Mickey è andato via dal negozio infuriato dopo che tu gli hai detto qualcosa, non è tornato e non mi parla da allora. Stava fottutamente bene stamattina, quindi che cazzo gli hai detto? " Ian non era mai stato così arrabbiato e Lip sapeva di non poter controbattere quando suo fratello si comportava così.

Tutti i Gallagher smisero di fare quello che stavano facendo, fissarono Ian con sguardi preoccupati quando videro Lip allontanare le mani del fratello dalla sua gola, per poter rispondere. "Ian, calmati, ok?" Supplicò.

"Vaffanculo, cosa hai fatto?" Ian era furibondo, ma anche turbato, aveva cercato Mickey da quando il suo turno era finito, ore fa. Le lacrime pizzicavano i suoi occhi mentre pensava a tutte le cose che potessero star passando nella mente di Mickey, a tutte le ragioni che Lip avrebbe potuto dargli per porre fine a ciò che c’era tra loro.

"Non ho avuto l’opportunità di fare un cazzo, se n’è semplicemente andato via." Lip inspirò profondamente quando Ian lasciò la presa su di lui e passò le sue mani tremanti nei ricci rossi.  Stava ancora ignorando gli altri Gallagher quando tornò a guardare Lip, con gli occhi che lo minacciavano di continuare con la sua spiegazione. "Ero andato lì solo per parlargli di te, è da anni che vai avanti con la storia di West Point, come se combattere per il tuo Paese del cazzo sia tutto quello che conta. Ora tutto d’un tratto ti stai perdendo i weekend del corpo di addestramento degli ufficiali di riserva e non presti attenzione ai tuoi voti. Non sono un idiota, Ian. So cosa l’ha provocato ed evidentemente lo sa anche Mickey, altrimenti non se ne sarebbe andato."

"Non sai un cazzo..." Ian iniziò a dire, prima che la porta si spalancasse ed entrasse Mandy Milkovich.

"Che cazzo gli è preso a mio fratello?" Pretese,  guardando con attenzione Ian.

Riusciva a vedere tutta la sua famiglia chiedere silenziosamente una spiegazione. Sapevano che Ian e Mickey lavoravano insieme, ma non sapevano come qualsiasi cosa che riguardasse il Milkovich potesse provocare una tale reazione in Ian. Fu salvato dallo spiegare tutto quando Mandy continuò con la sua ramanzina. "Ricevo questo fottuto sms strano di te che mi chiedi dov’è, dicendomi di consegnargli qualche criptico messaggio del cazzo quando lo vedo. Poi quando riesco a contattarlo e menziono il tuo nome, inizia ad urlare e mi riattacca il telefono in faccia. E che cazzo. Qualcosa sta succedendo da tempo ed è chiaro che nessuno di vuoi due mi dirà cosa diavolo è fin quando non lo chiedo. Quindi questa sono io che te lo domando."

"Ho solo bisogno di trovarlo, ho solo bisogno di parlargli per primo, ok? " Ian tentò di mostrare quanto disperatamente volesse che Mandy facesse cadere l’argomento. Se mai fosse riuscito a far sì che Mickey parlasse di nuovo con lui, avrebbe solo fatto realizzare al ragazzo più grande di avergli fatto praticamente outing, non solo con l’intera famiglia Gallagher, ma con la sua stessa sorella, e allora sarebbe stato certo di averlo perso per sempre.

"No, fanculo, cosa c’è di così fottutamente urgente?" Mandy poteva aver fatto la domanda, ma tutti nella stanza volevano la risposta, una risposta che Ian non aveva la forza di dare.

Ian non sapeva cosa fare, così guardò l’unica persona che sapeva tutto della situazione. Poteva anche essere furioso nei confronti di Lip, ma sperava comunque di trovare una soluzione sul suo volto. Lip diede una sola occhiata agli occhi disperati del fratello e alzò le mani in segno di resa.

"Ok, primo, è colpa mia, quindi lascia in pace Ian. Va bene, ho fatto una stronzata." Lip si guardò intorno, guardando tutti negli occhi e chiedendo la loro attenzione. Una volta ottenuta, vide Ian rilassarsi leggermente e prese un bel respiro prima di continuare la sua, dichiaratamente semplificata, versione dei fatti. "Ho solo notato che Ian aveva iniziato ad allentare la presa sulla sua iniziativa di West Point e sono andato in panico perché non voglio che rinunci al suo sogno, così, invece di parlarne con lui, me la sono presa con qualcun altro, qualcuno con cui non avrei dovuto. Ho detto delle cose a Mickey che non avrei dovuto dirgli, ok?" La sua confessione agli altri era un’ulteriore ‘scusa’ al fratello. I suoi occhi pregarono Ian di capire, di perdonare, ma Ian era troppo agitato, troppo perso. Aveva solo bisogno di Mickey, voleva solo sapere che ne era di loro, se stessero ancora
insieme.

"Sai che niente di tutto questo ha senso, vero?" Fiona si intromise, aveva le mani sui fianchi e la testa leggermente inclinata di lato. Vee era in piedi al suo fianco, una mano sulla sua spalla per impedirle di perdere la calma e di saltare a conclusioni affrettate.  Kev e Jimmy erano seduti al tavolo in cucina, con le birre in mano, fallendo miseramente nel tentativo di fingere di non essere interessati alla conversazione in atto nella stanza affianco. Carl e Debbie erano entrambi inginocchiati sul divano, i loro occhi si spostavano da Ian a Lip. Anche Liam era in silenzio, seduto sul pavimento di fronte al divano, alternando il provare a ficcarsi un intero pastello a cera in bocca e usare quest’ultimo per colorare il tavolo. "Stai dimenticando che cosa diavolo c’entra
Mickey Milkovich in tutto questo," si voltò verso Ian, "Perché diavolo hai rinunciato a West Point?"

"Col cazzo che ci rinuncia!"

Ian non aveva realizzato che Mandy avesse lasciato la porta aperta quando aveva fatto irruzione in casa. Non aveva notato Mickey entrare, non sapeva da quanto tempo stesse fermo lì, quanto avesse sentito. Ma sapeva di essere fottuto. Anche se non avesse sentito nulla se non l’ultima domanda di Fiona, era abbastanza per fargli capire che in quel momento tutti in casa Gallagher, compresa la sua fottuta sorella, sapevano che stava succedendo qualcosa ad Ian che coinvolgeva Mickey. Se questo non fosse stato abbastanza per allontanare il maggiore, sicuramente la precedente visita di Lip lo era stato. Ian voleva precipitarsi da lui e afferrarlo, assicurarsi che non potesse andarsene. Ma non voleva peggiorare le cose e sapeva che avrebbe dovuto mollare la presa ad un certo punto. Così rimase semplicemente in piedi, in silenzio e fermo; volendo che il Milkovich di fronte a lui dicesse qualcosa, qualsiasi cosa per mettersi l’anima in pace, ma temendo il peggio quando Mickey lo gelò solo con lo sguardo, silenzioso come sempre ma arrabbiato il doppio.

Lip aprì la bocca per parlare, ma Mickey si girò per averlo faccia a faccia, dicendogli silenziosamente di chiudere quella cazzo di bocca, poi rivolse nuovamente la sua attenzione ad Ian e finalmente parlò. "Non ti tirerai indietro proprio adesso, desideri West Point così tanto, cazzo. Beh, ci vai e basta." La rabbia di Mickey sembrò dissolversi in altro, Ian non sapeva bene cosa, ma sembrava un’approvazione, c’era una forza dietro le sue parole che non capiva. Aveva pensato che le persone sarebbero state felici al pensiero che non si sarebbe messo in marcia verso una cazzo di guerra. E con quella realizzazione, abbinata alla sparizione di Mickey, la sua rabbia tornò.

"Ho una cazzo di voce in capitolo?" Dimenticati tutti gli altri, il suo commento era diretto a Mickey e Mickey soltanto.

"Hai già fatto una scelta, che c’è? Te la stai facendo sotto? Cazzo, hai paura Gallagher?" Mickey sapeva quello che stava facendo, era bravo in questo. Irritare le persone, farle arrabbiare, renderle sincere.

"Vaffanculo, che diavolo ne sai tu Mr 'Fottuto a Vita'?" Ian stava soffrendo, sapeva che piega stava prendendo la conversazione e adesso stava innalzando le sue barriere, in modo tale che Mickey non potesse vederlo mentre cadeva a pezzi.

"Che c’è? Vuoi essere come me?" Mickey urlava, infuriato ma non offeso. Sapeva cosa era, sapeva anche che Gallagher era meglio di così.

"Non ci provare, cazzo!"

"A fare che? Ad essere fottutamente sincero? Pensavo volessi questo, Gallagher!"

"Come se sapessi cos’è l’onestà!" Ian gli lanciò una frecciatina.

"Eccoti qualcosa di onesto, sei un fottuto codardo!" Mickey urlò mentre alzava una mano per puntare il dito verso Ian.

"Oh," Ian sbuffò. "Detto dal ragazzo che non è stato sincero con se stesso neanche un giorno nella sua cazzo di vita!" Al diavolo l’autoconservazione, Ian era arrabbiato, voleva rendere pan per focaccia, ferire Mickey come lui era stato ferito. Era disperato perché non voleva che finisse, ma di certo non si sarebbe messo in ginocchio, perché sapeva che non avrebbe portato a nulla di buono.

"Almeno io so che cazzo sono. Tu, tu sei solo chiacchiere del cazzo. Ma quando arriva il momento, te ne scappi!"

"Non sto scappando, cazzo!"

"E come lo chiami allora? West Point è dietro il cazzo di angolo e tu te ne fuggi terrorizzato!"

"Cazzo, ti pare che ho paura di West Point?"

"No?"

"No!"

"Di che cazzo hai paura allora?"

"Oh, devo per forza essere spaventato di qualche cazzo solo perché non ci voglio andare?"

"Non è che tu voglia andarci, è che tu vuoi fare il tuo fottuto ritorno." Mickey urlò finalmente, avanzando nello spazio di Ian, guardando direttamente negli occhi del più giovane mentre continuava. "Vuoi tornare avendo fatto qualcosa di fottutamente spettacolare. Qualcosa di cui andare fiero, per rendere  fottutamente fieri tutti qui.  Come se dovessi loro questo, come se dovessi  a chiunque qualcosa, cazzo!" Mickey sputò, la collera che rifiutava di placarsi.

"Mickey..." Ian non sapeva quando avesse perso la sua rabbia, ma ora non ce n’era più traccia. Mickey gli stava parlando con una tale onestà che sentì di nuovo le lacrime agli occhi, le trattenne. "Per favore..."

"No, fanculo. Quando parli di voler andartene, di West Point, stai solo parlando a vanvera, cazzo, dici quello che devi per convincere tutti gli altri. E’ quando parli di ritornare, di tornare a casa in questo cazzo di letamaio, ecco quando sorridi davvero. Ecco quando i tuoi cazzo di occhi si illuminano e ti dimentichi di dover convincere gli altri. Ecco per cosa cazzo stai lavorando così tanto!" Mickey sostenne lo sguardo di Ian e lo sfidò a negare, a mettere in discussione ciò che aveva appena detto.

Poteva non avere torto, ma non significava neanche che avesse ragione. Ian non sapeva se lui avesse davvero capito. Doveva fargli capire. "Non sono solo loro, Mickey, da cui voglio ritornare… lo sai questo, vero?" Guardò il pavimento così da non dover vedere la reazione di Mickey, stava oltrepassando un confine mai superato fino ad allora. Lo sapeva, ma non era riuscito a fermarsi.

Mickey era inarrestabile, era troppo perso per rispondere alla domanda di Gallagher. Non pensava neanche di conoscere la risposta. O quello, oppure la conosceva e lo spaventava troppo. Così si comportò come se la domanda non fosse mai stata fatta, riprendendo da dove aveva lasciato. "Col cazzo che ci rinunci, Gallagher. Non di certo perché hai trovato una cazzo di nuova versione di ‘stabilità’ a cui non vuoi rinunciare." Non perché aveva trovato Mickey. "Andrai lì e non ti farai saltare il culo in aria, o giuro che ti ammazzo io con le mie cazzo di mani. Sarà fottutamente difficile e probabilmente vorrai abbandonare tutto un sacco di volte. Ma non lo farai. E poi, dopo che avrai finito di dimostrare qualche cazzo di cosa, tornerai e ci sarà una riunione da checche emotive, e dimenticherai di quanto sia stato difficile, e riavrai di nuovo un sorriso del cazzo su quella tua stupida faccia. I l sorriso che hai adesso al solo fottuto pensiero. Solo che allora sarà ancora più grande, perché non ci sarà alcuna preoccupazione o impazienza del cazzo. Hai un fottuto bisogno di quel sorriso, Gallagher… Ti meriti almeno quello, cazzo."

Mickey fece una pausa per respirare. Sapeva di aver detto troppo, di aver fatto vedere troppo, ma voleva che Gallagher avesse il mondo e sapeva di non poterglielo dare.

"Mick..." Ian, che ancora combatteva con le sue lacrime, non sapeva cosa dire, voleva solo che Mickey smettesse di parlare. Sapeva cosa avrebbe seguito, sapeva che questa era la scusa che Mickey stava cercando, la sua scusa per mollarlo.

"No! Questo..." sospirò, "Io... non merito quel cazzo di sogno in cui tu possa anche solo fottutamente PENSARE di rinunciare a quello per questo," agitò le braccia tra loro due, "Qualsiasi cazzo di cosa sia questa, e sappiamo finirà, ci metterò io una cazzo di fine prima che tu riesca anche solo a pensarci, merda. Hai capito?"

Il sollievo travolse Ian come uno tsunami, Mickey non aveva intenzione di scaricarlo. E poi realizzò ciò che Mickey stava ammettendo per la prima volta.

"Quindi questo tra noi è qualcosa?" Disse, osando un piccolo sorriso mentre guardava il ‘delinquente’dai capelli neri e gli occhi blu dinanzi a lui.

"Questo è tutto quello che hai tratto dal fottuto discorso?" Mickey guardò a sua volta Ian, incredulo.

"Mick, capisco. Ok? Lo capisco, e hai ragione, su tutto. È importante, e non ci rinuncerò. Né adesso, né  mai. Lo prometto." E Ian lo pensava davvero, ogni parola, perché ora aveva Mickey a coprirgli le spalle, aveva la forza per andare avanti. Ma aveva anche bisogno di essere chiaro; una determinazione si impadronì di lui prima che aprisse la bocca per parlare. "Ma... Mick... Non
sono solo loro le persone da cui voglio tornare. Lo capisci, vero?"

Non lo capiva, e non voleva farlo perché era tutto troppo bello per essere vero, e sarebbe finito tutto troppo dolorosamente. Era solo una questione di tempo.

"Sei troppo..."

Ian sapeva cosa stava per dire non appena smise di pensare e aprì la bocca per parlare. "No, fottiti." Urlò con rinnovata furia. 
"Non ne hai il diritto. Non hai il diritto di farmi la predica riguardo i miei cazzo di sogni e pensieri ed emozioni, e poi dirmi che sono troppo giovane per capire cosa provo per te. O che potrei cambiare idea una volta che me ne vado via da qui, da te! Non succederà!" Non era mai stato così sicuro nella sua vita, così si spinse oltre, "Ho bisogno di sapere questo qualcosa cos’è, perché non posso andarmene se vuol dire lasciarmelo alle spalle. Non posso andare se vuol dire non poter ritornare da tutto questo."

Ma Mickey era altrettanto testardo e molto meno ingenuo. Gallagher non l’avrebbe sopportato ancora a lungo e lui non sarebbe cambiato. Tutto ciò che doveva fare Mickey era ricordarglielo, aveva solo bisogno di respingerlo. "Almeno ti ricordi tutta la merda che ti ho causato?" Urlò senza reale malizia.
"Ricordo tutto, Mickey. Ricordo che mi hai restituito la pistola, ricordo che non mi hai allontanato quando sono venuto alla tua porta fottutamente a pezzi per colpa di Monica che si era rifatta viva. Ricordo il tracannarci birre, tu che ridevi e mi dicevi di quella volta che avevi pisciato sulla prima base, il tuo accettare il lavoro da Kash and Grab nonostante potessi guadagnare molto di più con il lavoro che Iggy ti aveva trovato. Ricordo te dare un pugno ad un poliziotto perché ti avevo pregato di non uccidere Frank. Ricordo quando mi hai detto che per te non ero nulla, se non una bocca calda."

Ian provò a raggiungere Mickey, per poggiare le mani sulle sue spalle, per avvicinarlo, o per almeno tenerlo fermo, ma Mickey se lo scrollò di dosso. Il Gallagher dai capelli rossi era una pericolosa miscela di rabbia ed agitazione. Mentre le sue lacrime minacciavano di cadere, le sue mani si chiusero in pugni pronti a mettere un po’ di buon senso nell’idiota che aveva davanti. Ma Mickey non lo guardava, e a sua volta lui non riusciva a guardare le persone che li stavano osservando e di cui era dolorosamente cosciente. Tutto ciò che riuscì a fare fu guardare il pavimento e fermare i ricordi dallo scorrere nuovamente.

"Basta..." Mickey abbaiò, non voleva più stare ad ascoltare. "Cazzo... Ne ho abbastanza," provò a non sembrare disperato, ma le parole di Ian gli risuonavano le orecchie. E non sembrava avesse intenzione di smettere.

"Ricordo entrambe le volte in cui sei andato in riformatorio per colpa mia. La prima volta non riuscivo a guardare nessun altro perché non riuscivo a smettere di pensarti. E la seconda volta, dopo che mi hai strappato il cazzo di cuore..." Ian fece una pausa a quel punto, perché non sapeva come Mickey avrebbe reagito. Non avevano mai parlato di quella volta, non avevano parlato di sentimenti, soprattutto davanti agli altri. Ma Mickey non reagì, guardò solo più intensamente il pavimento e si strinse un gomito con l’altra mano. "Ho dormito con chi cazzo mi pareva, solo per mandarti via dalla mia dannata testa. Perché avevo creduto ad ogni fottuta parola e ti odiavo per questo." Non appena Ian ricordò quella sensazione, si sentì nauseato, come se stesse per cadere di nuovo a pezzi.

"Non..." Quando Ian fece una pausa, Mickey provò a cogliere l’occasione per spiegarsi, ma Ian non aveva bisogno delle sue spiegazioni, non adesso che aveva qualcosa da dire.

"Poi mi ricordo di te saltare fuori dagli spalti del campetto e comportarti come se non fosse successo un cazzo. Avrei dovuto essere arrabbiato, avrei dovuto chiedere delle risposte. Ma tutto ciò che riuscivo a pensare in quel momento era il fatto che tu fossi tornato e che io mi sentissi di nuovo completo per la prima volta dopo mesi. Ricordo che mi dicesti che ti ero mancato e tutte la mia emozione era pronta ad esplodere in fottuta felicità, finché non hai fatto quello stupido commento sullo scopare in riformatorio e sull’essere felice di esserne uscito, come se tra noi fosse quello e basta. E come se nulla fosse, ero ritornato ad essere niente. Ricordo che ti scopavi Angie Zago e io stavo male per la rabbia, o per la gelosia, o forse per entrambe..." Guardò Mickey per provare a giudicare la sua reazione, per capire se la risposta fosse sul suo volto, ma Mickey non aveva nulla da dire al riguardo, così se ne stava in silenzio.

"... Poi ricordo te che mi prendevi in giro, quasi flirtando. Mi ricordo dei tuoi commenti su Lloyd e io che pregavo Dio fossero per la gelosia, perché avrebbe voluto dire che in fondo significavo qualcosa per te.  Poi ti sei presentato fuori al bar e neanche per un secondo ho pensato di non seguirti quando il tizio ha chiamato la polizia, perché l’unica persona a cui voglio stare accanto sei tu."

Non era mai stato così sincero in vita sua, ed era la cosa più reale che fosse successa da quando stavano insieme. Ian stava fermo, ma le sue gambe prudevano dalla voglia di avvicinarsi a Mickey, di tenerselo stretto in modo che non potesse scappare. Ma Mickey non sarebbe riuscito a scappare neanche se avesse voluto, perché non riusciva più a lasciare Gallagher. Però davvero non gli piaceva cosa si stava costruendo e non voleva più ricordare.

"Parli di queste stronzate come se non ci fossi stato anche io. Le ho vissute anche io, Gallagher. Me le ricordo… So tutto, cazzo."

"Oh, sì?" Ian sbuffò, perché Mickey come poteva sapere? Non ne avevano mai parlato, "Quindi sai che quel giorno in cui mi hai aiutato ad organizzare il percorso di guerra è stato uno dei migliori giorni della mia vita perché era tutto così naturale, così fottutamente facile per te sentirti a tuo agio nei miei paraggi. Sembravi fottutamente felice quel giorno, solo Dio sa quanto diavolo lo fossi io. E proprio quando avevo pensato che forse sarebbe andata così, che sarebbe stato sempre così tra noi, una cosa disinvolta, una cazzo di appagata amicizia che stranamente mi andava bene perché voleva dire che potevo averti almeno un po’; proprio quando avevo realizzato che avrei preferito non avere nulla con te piuttosto che tutto con qualcun altro, mi hai dato un cazzo di bacio e sono ritornato a sperare di avere di più." Una singola lacrima scivolò su ognuna delle sue guance al ricordo di giorni migliori, giorni più semplici, ma Ian se le asciugò e continuò. "Poi mi ricordo di quando mi hai chiesto se volessi andarmene dalla casa-famiglia, invitandomi da te per guardare dei film a cui non ho prestato davvero attenzione, perché tutto ciò che volevo guardare eri tu. Ricordo la notte più bella della mia fottuta vita," Ian inspirò profondamente mentre la sua voce si fece più scura, piena di rimpianto e paura, "Poi ricordo tuo padre."

"Basta così, cazzo." Mickey lo interruppe, non voleva che Gallagher ricordasse quello, non poteva proteggere nessuno dei due da quello che era successo, che l’aveva quasi fatto mollare; e lui aveva quasi fatto vincere suo padre, aveva quasi perso Ian. Non gli importava che gli altri nella stanza stessero ascoltando, gli unici che doveva proteggere da tutto quello erano se stesso ed Ian. Fece un passo in avanti e afferrò la maglietta di Gallagher, che tremava, "Fermati ora, mentre sei ancora in grado di respirare, Gallagher."

"No." Ian gridò con aria di sfida, perché non ricordava che Mickey l’avesse deluso, ricordava che il ragazzo più grande gli avesse salvato la vita, e aveva bisogno che Mickey la vedesse allo stesso modo. "Ricordo te saltare sulla sua schiena per togliermelo di dosso, attirare la sua attenzione, la sua furia, su di te ogni volta che mi guardava o che puntava la pistola nella mia direzione." Mickey non aveva deluso Ian, per quanto gli riguardava era proprio il contrario. "Ricordo di non essere riuscito a guardarti nonostante tu fossi l’unica cazzo di cosa che volessi vedere. E poi, la prima volta che ho provato a parlarti dopo l’accaduto, mi hai di nuovo strappato via il cuore, senza una fottuta parola questa volta, perché non volevi guardarmi, non volevi parlarmi, e di punto in bianco era finita. Te n’eri andato..." Le parole bloccate in gola quando nuove lacrime gli rigarono il volto.

"Gallagher..." Mickey sussurrò mentre allentava la presa sulla maglia dell’altro ragazzo, guardando nuovamente il pavimento.

"Ma poi ti ho ritrovato, e non era finita. E non sono mai stato così fottutamente felice nella mia intera vita. Perché siamo qualcosa, cazzo, lo so che lo siamo... Per favore... Mickey…" Lo stava implorando adesso, la voce ormai delicata e gentile, la rabbia rimpiazzata dall’angoscia. Posò le sue mani sui fianchi di Mickey, finalmente riuscendo ad avere il contatto che aveva bramato.

"Non me la sono scopata," guardava ancora a terra, poi Mickey approfondì, "Angie, non me la sono scopata."

Ian fece una risata infelice. "Questo è tutto quello che ne hai tratto?" Il suo sorriso svanì quasi all’istante. Anche se c’era stato un tempo in cui avrebbe così tanto voluto sentire quelle parole, in quel momento c’erano domande più importanti a cui serviva una risposta, aveva bisogno di sentire da Mickey cose più importanti. Ma quest’ultimo doveva pur iniziare da qualcosa, quindi Ian non insistette, lo lasciò proseguire, sperando oltre l’impossibile che ci fosse dell’altro.

"Quella fottuta pedo-stronza disse qualcosa riguardo al fatto che l’amore possa essere definito un errore, e io non c’ho più visto." Si fece uscire una risata sconfitta prima di continuare a dire "A quanto pare non riuscivo neanche a fingere di essere etero perché nell’attimo in cui misi piede nella sua cazzo di casa, bevvi tutto il whiskey di suo padre; poi quando salì di sopra nella sua stanza, le dissi che sarei salito dopo un minuto, e invece scappai dalla cazzo di porta."

"Bello, Mick. Molto di classe." Il suo sorriso durò di più questa volta, ma i suoi occhi spinsero Mickey a continuare.

"Non pensavo sul serio neanche ciò che ho detto." Alzò lo sguardo e incontrò di nuovo gli occhi di Ian. "Dopo che Frank ci ha visti, è diventato tutto troppo reale. Avevo bisogno che tu mi odiassi, cazzo, o che almeno mi dimenticassi. Oppure io avevo bisogno di dimenticare." Mickey si passò le mani tra i capelli, esausto dalla conversazione. "Che cazzo ne so." Grugnì frustrato, mentre i suoi occhi vagavano per la stanza, improvvisamente cosciente di tutte le facce scioccate che lo giudicavano. Poi Ian spostò il suo corpo in modo potesse essere l’unica cosa che il più grande potesse vedere, e Mickey continuò, volendo farsi uscire le parole prima di farsi prendere dalla paura. "Avevo bisogno di credere in quello che avevo detto," sospirò, "ma non ci sono riuscito, perché non è mai stato vero, cazzo."

Aveva perso il coraggio, non riusciva più a pensare. Non aveva più parole, ma c’erano fin troppi pensieri. Una piccola parte di lui sperava che Ian lasciasse perdere l’argomento, accettasse quello che gli aveva detto e andasse avanti, ma una parte di lui ancora più grande sapeva che non sarebbe successo.

"Mickey?" Ian non fece che supplicarlo di continuare. La sua voce tanto esausta quanto quella di Mickey, le lacrime che ancora gli pungevano gli occhi.

"Cazzo! Ok, va bene.  Hai ragione, siamo qualcosa. So che non è abbastanza, soprattutto per la tua fottuta famiglia che vuole il cazzo di mondo per te," gesticolò con le braccia verso la stanza, prima di graffiarsi la faccia per nascondere i suoi occhi supplicanti. "Ma è tutto ciò che ho, Ian. Forse tutto quello che mai avrò." I suoi occhi cercarono disperatamente quelli di Ian per avere la conferma che fosse abbastanza. Quando non riuscì a decifrare la reazione di Ian, dovette continuare, dare ancora un altro po’, dare tutto quello che sapeva dare. "Non finirà solo perché te ne vai, cazzo. E ci sarà ancora… merda... Ci sarò ancora quando porterai di nuovo il culo a casa." Quelle ultime parole uscirono più come una domanda che un’affermazione e Mickey voleva solo che Ian dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, per dargli qualche sorta di risposta.

Tutto ciò che Ian riuscì a sentire, all’inizio, fu il suo nome. Il suo nome sulle labbra di Mickey, come se appartenesse a loro. Era un suono che non aveva neanche realizzato di desiderare fino a quando Mickey non l’aveva pronunciato, così delicatamente, così spaventato. Quindi realizzò che Mickey era spaventato, semplicemente tanto impaurito quanto lo era lui, e che questa cosa che c’era tra di loro non riusciva ad essere controllata da nessuno dei due. Improvvisamente, il resto delle parole di Mickey arrivarono alle sue orecchie e semplicemente non riuscì più a controllarsi. Il resto del mondo, la loro storia incasinata, la sua famiglia e Mandy che li circondavano con sguardi di confusione, tutto sparì quando si lanciò in avanti e prese il viso di Mickey tra le mani. Attirò a sé il ragazzo più grande e sussurrò il suo nome prima di far scontrare le loro labbra. Era un bacio non più lungo di quello che Mickey gli aveva dato nel furgoncino, ma in qualche mondo era più intenso. Si separarono ansimando e Ian si rifiutò di lasciar andare la faccia di Mickey, per paura che cogliesse l’opportunità per scappare. Appoggiò la fronte su quella del suo amante e inspirò il suo profumo più che poté.

"Cazzo," ansimò, "è abbastanza, Mickey." Alzò gli occhi per incontrare gli altri ragazzi "è più che abbastanza, cazzo."

Il sollievo sommerse Mickey non appena Ian pronunciò quelle parole. La vicinanza che un tempo avrebbe fatto fuggire Mickey, ora era l’unica cosa che lo teneva lì. Ne aveva bisogno, aveva bisogno di Ian. Portò in alto le mani e le appoggiò sulle guance di Ian, imitando la presa che il più giovane aveva su di lui. Lo guardò dritto negli occhi per qualche secondo ancora, prima di avvicinare di nuovo le loro labbra. Diversamente dai precedenti baci, quest’ultimo durò fin quando i due ragazzi non ebbero il bisogno di staccarsi per riprendere fiato. Ian rispose prontamente ai movimenti di Mickey e separò le labbra per permettere a Mickey di approfondire il bacio. Era passionale e pieno di promesse. Una delle mani di Mickey era aggrappata alla nuca di Ian, mentre l’altra giaceva fermamente sul suo fondoschiena. Le braccia di Ian si mossero attorno al collo di Mickey, fino a fermarsi sulle sue spalle, non saldamente, ma con una presa sufficiente da impedire all’altro ragazzo di provare ad allontanarsi. Ma Mickey non si tirò indietro, neanche quando si separarono per respirare. Sorrise contro le labbra socchiuse di Ian e lo baciò ancora una volta: un bacio veloce che fece ridere il rosso  e gli fece aprire gli occhi per ricambiare lo sguardo di Mickey. Vide Mickey prendere coscienza delle persone che li circondavano, il maggiore espirò e poggiò la fronte contro quella di Ian.

"Ok, non fraintendermi, Gallagher, ma devo portare il culo fuori di qui." Il suo tono era dolce, le parole sussurrate, ma comunque in grado di riempire la stanza silenziosa. Si allontanò da Ian e la sua voce tornò normale quando continuò. "Ho bisogno di sparare a qualche cazzo di cosa, o colpire qualcosa. Merda, non lo so, ho solo bisogno di fare qualcosa, cazzo."

Ian non esitò prima di chiedere, quasi supplicando, "Posso venire?"

Mickey si girò per fare un sorrisetto al ragazzo più giovane. "Mi ascolteresti se ti rispondessi con un fottuto no?"
Ian ricambiò il sorrisetto, "Vorresti che lo facessi?"

"Beh, allora vieni, cazzo." Mickey disse senza alcuna malizia, il suo sorrisetto trasformandosi in un sorriso vero e proprio, contro la sua volontà.

Ian sorrise allegramente, un sorriso che solo Mickey riusciva a tirargli fuori. Seguì immediatamente il suo Milkovich, lasciando tutte le spiegazioni alla sua famiglia per un’altra volta. In quel preciso istante aveva bisogno di Mickey più di quanto loro necessitassero risposte.

 

   
 
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