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Autore: Cara_Sconosciuta    23/06/2009    9 recensioni
A Mike Allen piaceva aspettare. Stare fermo immobile nel mormorio sommesso del parco era qualcosa che semplicemente adorava e che, d’altro canto, faceva parte del suo lavoro esattamente come scattare fotografie e per questo si trovava a farlo piuttosto spesso. Sì. Quel pomeriggio, però, l’attesa stava diventando davvero troppa e lui non era abituato a passare dei secoli per un solo, misero scatto. Non sembrava esserci nessuno degno di essere fotografato, quel giorno, nessuno che attirasse la sua attenzione in modo particolare, forse perché, a modo loro, tutti erano troppo qualche cosa. Troppo depressa la dark con gli anfibi borchiati. Troppo fatto il rasta con i dreads lunghi fino alla vita. Troppo ben vestita la bambina sullo scivolo e troppo trasandato l’uomo con il giornale sulla panchina. Normalità, gli serviva solo un po’di sana normalità.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedicata alla 4, per inaugurare il suo Mike!!!

Un beso,

2

Photomodel
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A cosa serve un’adeguata profondità di campo

Se non c’è un’adeguata profondità di sentimento?

-Eugene Smith, fotografo-

 

A Mike Allen piaceva aspettare.

Stare fermo immobile nel mormorio sommesso del parco era qualcosa che semplicemente adorava e che, d’altro canto, faceva parte del suo lavoro esattamente come scattare fotografie e per questo si trovava a farlo piuttosto spesso.

Sì.

Quel pomeriggio, però, l’attesa stava diventando davvero troppa e lui non era abituato a passare dei secoli per un solo, misero scatto. Non sembrava esserci nessuno degno di essere fotografato, quel giorno, nessuno che attirasse la sua attenzione in modo particolare, forse perché, a modo loro, tutti erano troppo qualche cosa.

Troppo depressa la dark con gli anfibi borchiati.

Troppo fatto il rasta con i dreads lunghi fino alla vita.

Troppo ben vestita la bambina sullo scivolo e troppo trasandato l’uomo con il giornale sulla panchina.

Normalità, gli serviva solo un po’di sana normalità.

Svogliato, fece un paio di scatti a due bambini che discutevano in cima allo scivolo, probabilmente tentando di decidere chi dovesse scendere per primo.

Tra poco uno dei due sarebbe scoppiato a piangere e quella sarebbe stata decisamente una scena un po’più espressiva.

Ma no, nemmeno quella soddisfazione.

Andiamo, quali bambini sani e normali fanno pace con un semplice pari o dispari, quali?

Certo, il titolo che l’editore aveva pensato per l’articolo dove dovevano comparire i suoi lavori non era dei più brillanti e di certo non aiutava... People of America.

L’idea era anche buona: un ritratto fedele dei tipici individui del mondo America con pregi, difetti e palle varie.

Bello.

Per scriverci davvero interessante.

Ma al povero fotografo non ci pensava mai nessuno, vero?

“Ciao piccolo uomo.” Lo salutò una voce familiare alle sue spalle e, poco dopo, il sangue gli gelò nelle vene al percepire un peso non indifferente posarsi dove fino a un attimo prima c’era il suo obbiettivo per il grand’angolo.

“Chris...” Mormorò con voce strozzata. “Non l’hai fatto, vero?”

“Fatto che cosa?” Domandò l’altro, spostandosi sulla testa gli occhiali da sole e piazzandosi sul naso quelli da vista, fino ad allora appesi al taschino della sua camicia, per poi raccogliersi le gambe al petto.

L’obbiettivo, urtato dal suo piede, rotolò di lato.

E Mike tornò a respirare.

“Niente... solo ricordati che quello da solo vale il tuo stipendio di un mese.”

“Cosa, il tubo?”

Mike sbatté un paio di volte le palpebre, per poi decidere che non ne valeva la pena: aveva perso ogni speranza di iniziare Christian al mondo della fotografia.

“Sì, Chris, il... tubo.” Esalò, rassegnato.

“Uhuh, qualcuno ha la luna storta, oggi?” Scherzò, scombinandogli i capelli nel momento esatto in cui uno dei due bambini aveva finalmente deciso di scoppiare in lacrime.

Foto mossa.

Eccezionale.

“Tanto non mi piaceva...” Biascicò, rivolto a se stesso.

Forse avrebbe dovuto sospettare che l’altro non se ne sarebbe rimasto in silenzio...

“Che cosa non ti piaceva? Ti ho fatto fare qualcosa di sbagliato? Ti...”

“Christian, io starei lavorando!” Esclamò, forse con più cattiveria di quanta avrebbe voluto mettercene.

Chris si zittì all’istante, abbassando gli occhi chiari sul prato verdissimo e prendendo a studiare con attenzione la fauna del parco.

Ecco, ora si sentiva in colpa.

Però quell’espressione... quella posa...

Il flash lo colpì inaspettatamente, facendolo sobbalzare e facendo sì che il suo occhio destro vedesse solamente a pois per cinque minuti buoni.

“Ma che accidenti...” Voltandosi, vide solo il sorriso soddisfatto di Mike. “Che hai fatto?”

“Niente.” Rispose lui, con l’espressione più innocente di questo mondo. “Ho solo immortalato un tipico esemplare di trentenne italoamericano.”

“Capisco la mia dirompente bellezza, ma potevi almeno avvertirmi: mi sarei dato una sistemata!”

“Assolutamente no! Naturalezza, ecco cosa cercavo!”

Chris annuì, non proprio convinto, poi allungò una mano per afferrare la macchina fotografica, ma l’altro gliela sottrasse alla velocità della luce.

“Beh? Non mi fai vedere nemmeno come sono venuto?”

Mike sbatté un paio di volte le palpebre, senza capire.

“Vedere?” Domandò, inclinando appena la testa da un lato. “E come, se posso?”

“Nello schermino lì in basso.” Spiegò Christian, inarcando un sopracciglio.

Mike ammutolì.

“Tu...” Esalò, il fiato corto. “Tu pensi che io potrei...che io userei...”

“Mike, respira o diventerai blu.” Disse il biondo, afferrando un filtro rosato ed usandolo per fare aria al più giovane che, ovviamente, glielo strappò dalle mani seduta stante.

“Non mi vedrai mai usare una di quelle cose distruttrici della fotografia!” Esclamò Mike d’un fiato, riponendo il filtro nella scatola.

“Cosa?”

“Una macchina digitale, idiota.”

“Ehi, vacci piano!”

“Piano, mi hai praticamente insultato!”

“E io che ne sapevo che chiederti di vedere una foto equivalesse ad insultarti, scusa?”

“Avresti dovuto saperlo!”

“E perché, scusa?”

“Perché.... perché....” Già, perché, si domandò Mike, strabuzzando gli occhi.

“Non posso saperlo...” Ripeté Christian, gattonando in direzione del fotografo con una luce pestifera negli occhi. “Perché tu...”

Flash.

“La smetti con queste foto a tradimento?” Domandò, sbattendo le palpebre.

Mike lo ignorò, posando la macchina sul prato ed estrasse dalla tasca del giubbotto un pacchetto di sigarette e un accendino.

“Cosa stavi dicendo, prima di strisciare verso di me con fare cospiratore.”

“Stavo dicendo.” Rispose il più vecchio, contrariato. “Che tu non mi parli mai del tuo lavoro, perché probabilmente mi ritieni troppo stupido per capirci qualcosa. E ora...” Aggiunse, rubandogli il pacchetto e gettandolo lontano. “Sto dicendo che se non la smetti di fumare ti trovi qualcun altro da baciare, perché io non ho intenzione di soffocare ogni volta che ti gira di fare il romantico.”

“Dio santo, Christian, sei insopportabile!” Esclamò Mike, reinfilandosi l’accendino in tasca e recuperando la macchina fotografica, per poi dare le spalle a Chris e riprendere la sua caccia al soggetto... anche se, in tutta onestà, era più che convinto di aver già scattato la sua foto di copertina.

Un bel bianco e nero... magari con gli occhi del loro colore naturale, o forse di un azzurro un po’più vivido.

Si voltò appena, sbirciando il volto di Christian da dietro la propria spalla... no, decisamente del colore naturale: non ne avrebbe potuto trovare uno più bello nemmeno elaborandolo con tutti i migliori programmi di grafica.

“Che cosa cerchi, esattamente?”

Mike scattò una fotografia ad una madre che prendeva in braccio suo figlio, poi posò la macchina a terra e rispose.

“Ma niente di particolare, solo...”

“Mike, non sono stupido. Dimmi che ti serve... magari ti posso aiutare...”

Il più giovane sospirò, incrociando le gambe all’indiana.

E perché no?

“Semplicità, essenzialmente. In teoria dovrei ritrarre l’americano medio, persone il più normali possibili, capisci?”

Chris ridacchiò, spostandosi dietro di lui e cingendogli i fianchi con le braccia, per poi attirarlo verso di sé e costringerlo dolcemente ad appoggiare il capo alla sua spalla.

“Sono scomodo, lo sai?”

“Non è colpa mia se sei alto come un palo della luce. In ogni caso, tu cerchi normalità e fotografi me? Sei fuori strada, lo sai, vero?” Domandò, ravviandogli i corti capelli scuri.

“Che hai tu di anormale?”

“Gli occhiali, l’accento, il guardaroba, le preferenze sessuali e che altro... ah, sì, il fidanzato a malapena maggiorenne.”

“Io sono normalissimo!”

“Infatti io parlavo dell’altro fidanzato: il mio preferito.”

“Idiota...” Sibilò Mike, mollandogli una gomitata ad altezza stomaco. Poi si accomodò meglio tra le sue braccia, decidendo che, se non riusciva a lavorare, tanto valeva farsi coccolare un po’. “Quelle foto le devo consegnare domani pomeriggio...” Mormorò, mentre Christian si chinava a sfiorargli con le labbra il lobo dell’orecchio sinistro. “Chris, siamo in un parco pubblico.”

“E siamo nascosti perché tu devi giocare al paparazzo. Comunque... secondo me hai un approccio sbagliato con i soggetti che devi fotografare.”

“Ehi, ora vuoi insegnarmi a fare il mio mestiere?” Domandò il giovane, sulla difensiva, tornando a sedere normalmente.

“No, razza di rompipalle che non sei altro.” Rispose il biondo, alzando gli occhi al cielo. “Intendo solo dire che forse dovresti... non lo so... fotografare qualcosa che ti dia una qualche emozione, che ti tocchi...”

Mike inarcò un sopracciglio.

“Non c’è molto di emozionante in questa gente!” Esclamò il ragazzo, esasperato, passandosi intorno al collo di malavoglia il laccio della reflex.

“Chiudi gli occhi.” Mormorò Christian con voce suadente. Mike eseguì e il professore si mise carponi davanti a lui, catturandogli le labbra con le proprie. Nel frattempo, cercando di fare il più piano possibile, passò il laccio di pelle nera dal collo dell’altro al proprio.

Mike tentò debolmente di protestare, ma il suo mormorio di dissenso fu stroncato sul nascere dal modo piuttosto violento in cui Christian approfondì il bacio, per poi passare a dedicare la sua attenzione al collo di lui, spostandosi, nel frattempo, alle sue spalle.

“Christian, la mia...”

“La tua macchina sta bene... anche se pesa in un modo esagerato. Ti verrà un’ernia, prima o poi...”

Mh-mh....” Acconsentì Mike, portando un braccio all’indietro, circondando il collo di Christian. “Ma se bruci il rullino non sai che ti faccio.”

“Sai che questa tua affermazione può avere una duplice chiave di lettura, vero?” Domandò il biondo con un sorriso malizioso.

“Pervertito.”

Nessuna risposta.

E poi flash.

Fu il turno di Mike di sbattere le palpebre, sorpreso.

“Hai....tu hai....”

“Fatto una fotografia? Oh, sì.” Soffiò Chris all’orecchio di Mike. “Morirò per questo?”

“No, ma ti sarai slogato un polso a farla con una mano sola... è una punizione sufficiente.”

Chris rise di gusto, restituendo la macchina al suo ragazzo e scompigliandogli ancora una volta i capelli.

“Pagherei a peso d’oro una di quelle macchinette digitali che tanto odi.”

“Ti sorprenderà... ma credo che la pagherei almeno altrettanto.”

 

 

“Mi dia l’ultimo National Geographic, per favore.” Disse Christian all’edicolante.

Pagò in fretta e furia e non aspettò nemmeno di uscire dal tabacchino per cercare febbrilmente il titolo che gli interessava.

Ed eccolo lì, esattamente a metà giornale, People of America di Anthony Miller, foto di Michael J. Allen.

Due bambini sullo scivolo, una madre con suo figlio... il suo primo piano, tutto rigorosamente in bianco e nero. Esclusi i suoi occhi, notò, con un certo moto di soddisfazione.

Fotomodello... non male, come carriera.

Decisamente non da lui, ma non male.

“Ha visto la copertina? È una vergogna, sono davvero dappertutto!”

“Prego?” Domandò il professore, voltandosi verso lo scorbutico commerciante.

“Guardi, guardi la copertina! Quei maledetti finocchi sono davvero ovunque!”

Inarcando un sopracciglio e fingendo di non essere appena stato insultato, Christian chiuse il giornale, per poi strabuzzare gli occhi quando si rese conto di che foto vi era impressa.

Lui e Mike, abbracciati sul prato del parco, lui con un braccio teso a scattare.

La sua foto.

Non poté trattenere un sorriso: chissà che sacrificio doveva essere stato per il suo riservatissimo Mike far pubblicare quello scatto...

A lato, in piccolo, una nota: Il fotografo M.J. Allen dedica questa fotografia a chi, ieri, scattandola, gli ha regalato l’emozione e l’ispirazione più grandi.

“Allora, non è una vergogna?” Insistette l’ometto, sventolando una copia del giornale.

Chris gli rivolse un sorriso raggiante.

“Una vergogna, davvero... ma sono venuto bene, non trova?”

 

Attrezzatura e tecnica sono solo l’inizio.

È il fotografo che conta più di tutto.

-John hedgecoe-

 

   
 
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